
La Corte di Cassazione, sez. penale, con la sentenza n. 11491 del 13 marzo 2017 intervenendo in tema di riciclaggio ha puntualizzato che commette reato di riciclaggio il coniuge, senza aver partecipato al reato di sottrazione e illecita commercializzazione di idrocarburi commesso da un congiunto, che utilizza le somme provenienti da delitti commessi da un congiunto. Inoltre è configurabile il reato di riciclaggio in capo al rappresentante legale e al socio della società che fanno transitare temporaneamente nella contabilità, come finanziamento soci non oneroso, le somme provenienti da tale reato (successivamente restituite).
La vicenda ha riguardato i soci e rappresentanti legali di alcune società che erano stati condannati per il delitto di riciclaggio in quanto avevano utilizzato i proventi di tali illeciti nelle attività economiche delle società loro riconducibili facendo temporaneamente transitare dette somme nella contabilità sociale a titolo di finanziamento soci . Gli imputati avevano così ripulito i proventi dell’attività illecita e ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro utilizzato.
La consapevolezza della provenienza illecita delle somme e la mancata giustificazione della loro provenienza da parte degli imputati convincevano i Giudici di legittimità a respingere il ricorso chiarendo che il dolo nel reato di riciclaggio può configurarsi anche nella forma eventuale allorché all’agente si rappresenta la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto e investito.
L’Autore ritiene che una condotta del genere non sia qualificabile come riciclaggio, in quanto manca un elemento essenziale di tale reato, e cioè l’idoneità della condotta ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene. Il reato da configurare in tali ipotesi dovrebbe essere quello di reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita di cui all’art. 648-ter c.p., giacché per configurare tale fattispecie non è necessario che la condotta di reimpiego abbia una concreta idoneità dissimulatoria (cfr. Cass. n. 37678/2015. Nel medesimo senso, Cass. nn.9026/2014 e 16432/2013. Contra, peraltro, Cass. nn. 13085/2014, 3397/2013, 39756/2011 e 1470/2008).
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