La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27058 depositata il 3 dicembre 2013 intervenendo in materia di licenziamento ha precisato che il datore di lavoro, il quale provveda a cedere un “pacchetto” di dipendenti a fronte di un accordo sindacale, non potrà giustificarne il licenziamento seguendo una via diversa dal passaggio senza soluzione di continuità alla nuova azienda, sostenendo l’implicita accettazione del provvedimento espulsivo in ragione della scelta del lavoratore di farsi liquidare le spettanze di fine rapporto. In particolare, la Corte, ha precisato che deve considerarsi irrilevante il fatto che il prestatore risulti lavorare alle dipendenze della nuova azienda; ciò che va considerato è che il licenziamento non può intervenire per cause diverse da quelle previste dalla legge, come nel caso di specie. Per cui nel nostro ordinamento non possono ammettersi fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro non sottoposte al sistema legale di tutela dei licenziamenti.
La vicenda ha riguardato i dipendenti di una nota compagnia aerea che avendo acquisito una rotta aerea da altra società aveva concluso con le organizzazioni sindacali un accordo in cui era previsto il passaggio dei 38 lavoratori della precedente società. Uno dipendente interessato dal passaggio riceveva dalla vecchia compagnia aerea la comunicazione di risoluzione del rapporto. Il dipendente prendeva servizio presso la nuova società ma nel contempo impugnava inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, il provvedimento di licenziamento. In particolare, il lavoratore, lamentava che la vecchia società aveva attuato un licenziamento collettivo, senza rispettare la procedura prevista dalla legge n. 223 del 1991.
Il Tribunale adito accoglieva le doglianze del dipendente disponendo il reintegro nel posto di lavoro presso la vecchia società, in quanto ha ravvisato una violazione della legge n. 223/91.
La società avverso la decisione del giudice di prime cure proponeva ricorso alla Corte di Appello i cui giudici, accogliendo il gravame, riformavano integralmente la sentenza di primo grado. Infatti i giudici di appello hanno ritenuto che l’accordo sindacale configurasse un passaggio di personale non soggetto alla legge n. 223/91 di cui non ricorrevano i presupposti fattuali.
Il lavoratore per la cassazione della sentenza di appello proponeva ricorso, affidato a tre motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso del lavoratore cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno puntualizzato che nel nostro ordinamento non possono ammettersi ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro non previste dalla legge (ex aliis, Cass. n. 14387 del 2000; Cass. n. 6175 del 2000; Cass. n.14763/99), sottoposte al sistema legale di tutela dei licenziamenti applicabile alle varie fattispecie. Ed invero, nell’ambito del contratto di lavoro subordinato, l’autonomia privata si estrinseca essenzialmente nel consenso all’insorgenza del vincolo, mentre il contenuto è quasi esclusivamente determinato da fonti eteronome (la legge e le cd. fonti sociali), con salvezza soltanto della possibilità di pattuire condizioni di maggior favore per il prestatore d’opera. Vi sono, peraltro, casi (divenuti più frequenti nella legislazione recente) in cui le esigenze di tutela si ritengono compiutamente assicurate dalla contrattazione collettiva, con abilitazione di quest’ultima a derogare norme che restano imperative rispetto alla contrattazione individuale. Ma è necessaria, evidentemente, un’esplicita previsione della legge con specificazione dei settori e delle materie.
Inoltre i giudici del Palazzaccio hanno evidenziato come più volte, la Corte, ha affermato che anche ove un contratto (o accordo) collettivo preveda, per l’ipotesi di licenziamento dei dipendenti di un’impresa, una procedura per il passaggio diretto dei lavoratori licenziati alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro degli stessi soggetti con tale impresa non implica di per sé rinuncia al diritto di impugnare il licenziamento intimato dall’originario datore di lavoro (Cass. n. 4166 del 2006), chiarendo in particolare (Cass. n. 12613 del 2007; da ultimo Cass. n. 14010 del 2013) che detta tutela (con costituzione di un rapporto di lavoro con altra azienda) non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all’esercizio del suo potere di recesso, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. Né la scelta effettuata per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per sé, rinuncia all’impugnazione dell’atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l’acquiscenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta (e tanto meno dall’accettazione del t.f.r. da parte dell’impresa che ha disposto il licenziamento) in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l’atto risolutivo.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 524 depositata l' 11 gennaio 2023 - Il credito al trattamento di fine rapporto, se, in effetti, è esigibile soltanto con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, matura (ed è, come tale, certo nell’an e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 giugno 2022, n. 20536 - Nell'ambito della disciplina contenuta nel codice della navigazione, la qualificazione di un rapporto come a tempo indeterminato significhi semplicemente che non vi è predeterminazione del…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 gennaio 2020, n. 303 - In base alla vigente normativa non si può sostenere l'equiparazione tra le due categorie di personale, giacché il rapporto di lavoro dei docenti universitari è disciplinato dalla legge, mentre…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 gennaio 2020, n. 987 - In assenza di disposizioni derogatorie del principio di infrazionabilità dell'anzianità di servizio contenuta nel richiamato art. 2 del d.lgs n. 103 del 2000, deve ritenersi che la…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 maggio 2022, n. 16206 - La verifica del comportamento del lavoratore dovrà essere svolta dal giudice di merito in coerenza con le richiamate caratteristiche del rapporto di lavoro, dovrà essere condotta sulla base…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 novembre 2022, n. 34314 - Il contratto di lavoro intermittente è regolato dalla contrattazione collettiva la individuazione delle "esigenze" per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…