La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25396 depositata il 29 agosto 2023, intervenendo in tema di contratti preliminari di vendita in ui il promittente si deceduto dopo la stipula del preliminare, ha statuito che “… La prestazione di trasferire la proprietà di un bene in comproprietà non è stata infatti considerata avente natura solidale ma collettiva, “non potendo operare il principio stabilito dall’articolo 1292 c.c., secondo cui ciascuno degli obbligati in solido può adempiere per l’intero e l’adempimento dell’uno libera gli altri, atteso che i promittenti sono in grado di manifestare il consenso relativo alla propria quota e non quello concernente le quote spettanti agli altri” (Cass. n. 2613/2021).
Diversamente dai corollari desunti dal giudice di appello, la domanda di adempimento deve essere rivolta nei confronti di tutti i promittenti venditori (in aggiunta alle decisioni già citate cfr. Cass. n. 1050/1999), determinando un litiscorsorzio necessario, che si genera nei confronti di tutti gli eredi anche quando, promosso il giudizio ex art. 2932 cod. civ. per l’esecuzione specifica dell’obbligo a contrarre, sopravvenga il decesso di uno dei promittenti venditori, trattandosi di cause inscindibili (Cass. n. 8225/2011). …”
In altri termini, quando un immobile oggetto di un contratto preliminare di compravendita cada in successione, il definitivo deve essere stipulato con il consenso di tutti gli eredi anche se si tratta di un bene indivisibile ed in caso di inadempimento la domanda di esecuzione in forma specifica deve essere rivolta a tutti gli eredi del promittente deceduto instaurando un litiscorsorzio necessario.
La vicenda nasce dalla stipulato di un contratto di vendita di un immobile da parte della madre, deceduta alcuni anni dopo, a favore di uno dei suoi figli. In seguito al decesso della madre il soggetto a favore del quale era stato stipulato il preliminare di vendita aveva dato esecuzione al suddetto preliminare, stipulando il contratto definitivo senza la partecipazione necessaria di esso istante, coerede comproprietario. Uno dei fratelli conveniva in giudizio innanzi al Tribunale i suoi fratelli per ottenere la declaratoria di nullità della scrittura privata di compravendita. Il Tribunale adito dichiarava la nullità dell’atto di compravendita a causa della mancata partecipazione alla stipula di tutti i comproprietari-coerede. La parte soccombente proponeva appello avverso la decisione dei giudici di prime cure. La Corte Territoriale in accoglimento del primo motivo di appello, escludeva la nullità dell’atto di compravendita affermando la validità del rogito pur se stipulato da uno solo dei soggetti coobbligati, vincolati dalla promessa di vendita manifestata in vita dalla de cuius. Avverso la decisione dei giudici di appello la parte soccombente, in appello, proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini accolgono i primi due motivi di ricorso e dichiarano assorbito il terzo.
I giudici di legittimità hanno argomentato la loro decisione ribadendo il principio della indivisibilità del bene con quello della negozialità dell’adempimento del contratto preliminare affermando che “… La promessa di vendita di un bene in comunione è, di norma, considerata dalle parti attinente al bene medesimo come un unicum inscindibile e non come somma delle singole quote che fano capo ai singoli comproprietari, di guisa che questi ultimi – salvo che l’unico documento predisposto per il detto negozio venga redatto in modo tale da farne risultare la volontà di scomposizione in più contratti preliminari in base ai quali ognuno dei comproprietari si impegna esclusivamente a vendere la propria quota al promissario acquirente, con esclusione di forme di collegamento negoziale o di previsione di condizioni idonee a rimuovere la reciproca insensibilità dei contratti stessi all’inadempimento di uno di essi – costituiscono un’unica parte complessa e le loro dichiarazioni di voler vendere si fondono in un’unica volontà negoziale. Ne consegue che, quando una di tali dichiarazioni manchi (o sia invalida), non si forma (o si forma invalidamente) la volontà di una delle parti del contratto preliminare, escludendosi, pertanto, in toto la possibilità del promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 cod. civ. nei confronti dei soli comproprietari promittenti, sull’assunto di una mera inefficacia del contratto stesso rispetto a quelli rimasti estranei” (Cass. S.U. n. 7481/1993; Cass. S.U. n. 239/1999).
E ancora: “in tema di promessa di vendita di un bene immobile indiviso, appartenente a più comproprietari, allorché nell’unico documento predisposto per il negozio non risulti la volontà dei comproprietari di stipulare più contratti preliminari relativi esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di essi è titolare, le dichiarazioni dei promittenti venditori, che costituiscono un’unica parte complessa, danno luogo a un’unica volontà negoziale, sicché sono parti necessarie del giudizio ex art. 2932 cod. civ. tutti coloro che, concorrendo a formare la volontà negoziale della parte promittente, si sono obbligati a prestare il consenso necessario per il trasferimento del bene considerato come un unicum inscindibile e nei cui confronti deve spiegare effetto la sentenza costitutiva” (Cass. n. 6162/2006; e cfr. Cass. n. 1866/2015 per l’affermazione che nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno dei comproprietari sono prive di una specifica autonomia e destinate a fondersi in un’unica manifestazione negoziale). …”
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