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CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 30193 depositata il 22 novembre 2024 – L’unica deroga rispetto alla previsione dell’innalzamento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia è stata disposta esclusivamente in favore dei lavoratori non vedenti (comma 7) e degli invalidi in misura superiore all’80% (comma 8), fermo restando che anche nei confronti di questi ultimi si applicano le modifiche dipendenti dall’incremento della speranza di vita

L’unica deroga rispetto alla previsione dell’innalzamento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia è stata disposta esclusivamente in favore dei lavoratori non vedenti (comma 7) e degli invalidi in misura superiore all’80% (comma 8), fermo restando che anche nei confronti di questi ultimi si applicano le modifiche dipendenti dall’incremento della speranza di vita

Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 28022 depositata il 30 ottobre 2024 – Il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio ai fini del redditometro, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente

Il giudice tributario, una volta accertata l'effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall'Ufficio ai fini del redditometro, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 29768 depositata il 19 novembre 2024 – In considerazione del principio generale secondo cui tempus regit actum e dell’interpretazione restrittiva delle disposizioni derogatorie di cui all’art. 24, commi 14-15, d.l. n. 201/2011 (conv. con l. n. 214/2011) e succ. mod. e integraz. (tra cui, in specie, l’art. 22, comma 1, d.l. n. 95/2012, conv. con l. n. 135/2012), l’opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico di vecchiaia esclusivamente con le regole del sistema contributivo, che sia stata esercitata successivamente alla modifica dell’art. 1, comma 23, l. n. 335/1995, da parte dell’art. 24, comma 7, d.l. n. 201/2011, cit., non può consentire all’optante di mantenere il più favorevole regime di accesso alla prestazione di vecchiaia precedente alle modifiche introdotte con il d.l. n. 201/2011, cit.

In considerazione del principio generale secondo cui tempus regit actum e dell’interpretazione restrittiva delle disposizioni derogatorie di cui all’art. 24, commi 14-15, d.l. n. 201/2011 (conv. con l. n. 214/2011) e succ. mod. e integraz. (tra cui, in specie, l’art. 22, comma 1, d.l. n. 95/2012, conv. con l. n. 135/2012), l’opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico di vecchiaia esclusivamente con le regole del sistema contributivo, che sia stata esercitata successivamente alla modifica dell’art. 1, comma 23, l. n. 335/1995, da parte dell’art. 24, comma 7, d.l. n. 201/2011, cit., non può consentire all’optante di mantenere il più favorevole regime di accesso alla prestazione di vecchiaia precedente alle modifiche introdotte con il d.l. n. 201/2011, cit.

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 29178 depositata il 12 novembre 2024 – Ai fini della misurazione dell’orario di lavoro, l’art. 1, co. 2, lett. a), d.lgs. n. 66/2003 attribuisce espresso ed alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro, sicché deve considerarsi orario di lavoro l’arco temporale comunque trascorso dal lavoratore all’interno dell’azienda nell’espletamento di attività prodromiche ed accessorie allo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi o non assoggettato al potere gerarchico

Ai fini della misurazione dell'orario di lavoro, l'art. 1, co. 2, lett. a), d.lgs. n. 66/2003 attribuisce espresso ed alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro, sicché deve considerarsi orario di lavoro l'arco temporale comunque trascorso dal lavoratore all'interno dell'azienda nell'espletamento di attività prodromiche ed accessorie allo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi o non assoggettato al potere gerarchico

CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 28805 depositata l’ 8 novembre 2024 – La validità della cessione dell’azienda non è condizionata alla prognosi della continuazione dell’attività produttiva e, di conseguenza, all’onere del cedente di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario, poiché, se il legislatore ha predisposto, a garanzia dei lavoratori, una serie di cautele che vanno dalla previsione della responsabilità solidale del cedente e del concessionario in relazione ai crediti maturati dai dipendenti all’intervento delle organizzazioni sindacali, nondimeno, nessun limite, neppure implicito, sanzionato con l’invalidità e inefficacia dell’atto, è stato posto alla libertà dell’imprenditore di dismettere l’azienda, nel rispetto dell’art. 41 Cost.

La validità della cessione dell'azienda non è condizionata alla prognosi della continuazione dell'attività produttiva e, di conseguenza, all'onere del cedente di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario, poiché, se il legislatore ha predisposto, a garanzia dei lavoratori, una serie di cautele che vanno dalla previsione della responsabilità solidale del cedente e del concessionario in relazione ai crediti maturati dai dipendenti all'intervento delle organizzazioni sindacali, nondimeno, nessun limite, neppure implicito, sanzionato con l'invalidità e inefficacia dell'atto, è stato posto alla libertà dell'imprenditore di dismettere l'azienda, nel rispetto dell'art. 41 Cost.

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Sentenza n. 29779 depositata il 19 novembre 2024 – Con l’impugnazione, in sede di legittimità, della sentenza d’appello non può essere messa in discussione l’ammissibilità della costituzione nel procedimento di secondo grado, sotto il profilo del difetto di ritualità e validità della procura conferita dalla parte, ove la questione non sia stata tempestivamente sollevata nello stesso secondo grado di giudizio, nel quale il giudice non abbia ritenuto d’ufficio di dovere richiedere alla parte la dimostrazione dell’effettività e della legittimità dei relativi poteri rappresentativi

Con l'impugnazione, in sede di legittimità, della sentenza d'appello non può essere messa in discussione l'ammissibilità della costituzione nel procedimento di secondo grado, sotto il profilo del difetto di ritualità e validità della procura conferita dalla parte, ove la questione non sia stata tempestivamente sollevata nello stesso secondo grado di giudizio, nel quale il giudice non abbia ritenuto d'ufficio di dovere richiedere alla parte la dimostrazione dell'effettività e della legittimità dei relativi poteri rappresentativi

CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 29774 depositata il 19 novembre 2024 – Nell’ipotesi che, nel corso di un esercizio sociale di una società in nome collettivo ovvero di un’associazione e per analogia anche alle società di capitali, a ristretta base azionaria, si sia verificato un mutamento della compagine sociale con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i maggiori rediti accertati di tale i società devono essere imputati, ritenendo dirimente la considerazione della compagine sociale (con le quote di partecipazione dei singoli consociati) al 31 dicembre del periodo d’imposta, perché è in quel momento (mancando una delibera di distribuzione degli utili, in quanto non transitati in bilancio) che il risultato economico viene conosciuto dai soci ed è possibile quantificare l’entità degli utili

Nell'ipotesi che, nel corso di un esercizio sociale di una società in nome collettivo ovvero di un'associazione e per analogia anche alle società di capitali, a ristretta base azionaria, si sia verificato un mutamento della compagine sociale con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i maggiori rediti accertati di tale i società devono essere imputati, ritenendo dirimente la considerazione della compagine sociale (con le quote di partecipazione dei singoli consociati) al 31 dicembre del periodo d'imposta, perché è in quel momento (mancando una delibera di distribuzione degli utili, in quanto non transitati in bilancio) che il risultato economico viene conosciuto dai soci ed è possibile quantificare l'entità degli utili

Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 30613 depositata il 28 novembre 2024 – L’assenza di qualunque scrupolo per le esigenze aziendali in chi ricopre il ruolo di direttore del punto vendita esclude la riconducibilità della condotta alle norme collettive che puniscono con sanzione conservativa l’assenza dal lavoro, la mancata presentazione o l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro, non viene in rilievo la sola assenza ingiustificata ma una condotta di vero e proprio abuso del diritto

L'assenza di qualunque scrupolo per le esigenze aziendali in chi ricopre il ruolo di direttore del punto vendita esclude la riconducibilità della condotta alle norme collettive che puniscono con sanzione conservativa l’assenza dal lavoro, la mancata presentazione o l'abbandono ingiustificato del posto di lavoro, non viene in rilievo la sola assenza ingiustificata ma una condotta di vero e proprio abuso del diritto

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