Il contratto di affidamento di reparto ha ad oggetto la creazione, all’interno della superficie di vendita di un ipermercato o di un grande magazzino, di un piccolo spazio, separato e diversificato dal resto dell’esercizio commerciale mediante appositi allestimenti ed arredamenti, in cui viene commercializzata, spesso con l’assistenza di un addetto, una specifica tipologia di prodotti oppure uno specifico marchio.
L’evoluzione dei moderni sistemi di vendita al dettaglio negli ultimi decenni si sono diffusi gli ipermercati e i grandi magazzini, caratterizzate da una proposta commerciale ampia e generalista e da modalità di vendita c.d. “a libero servizio”.
Si è sviluppato il fenomeno che viene generalmente indicato come “affidamento di reparto”, ossia la creazione, all’interno della superficie di vendita di un ipermercato o di un grande magazzino, di un piccolo spazio, separato e diversificato dal resto dell’esercizio commerciale mediante appositi allestimenti ed arredamenti, in cui viene commercializzata, spesso con l’assistenza di un addetto, una specifica tipologia di prodotti oppure uno specifico marchio.
Il fenomeno viene definito con varie terminologie, alcune mutuate dall’inglese – come “corner shop” o “shop in shop” – che ne esprimono bene la sostanza: un piccolo negozio specializzato (tipicamente con vendita assistita) posto all’interno di un grande negozio generalista (tipicamente con vendita a libero servizio).
Si è in presenza di una separazione fisica e di una proposta commerciale differenziata, ma anche di una gestione autonoma poiché il reparto generalmente è affidato dal titolare dell’esercizio commerciale ad un’altro soggetto affinché lo gestisca in proprio.
La fattispecie contrattuale non è definita né disciplinata dall’ordinamento giuridico poichè è stata elaborato nella prassi dagli operatori senza un preventivo inquadramento normativo. L’ordinamento giuridico ha preso atto della diffusione di tale fattispecie solo a posteriori e se ne è occupato solo a fini amministrativi, non anche a fini privatistici.
Le rare pronunce giurisprudenziali in cui viene menzionato il contratto di affidamento di reparto si limitano, per lo più, ad affrontare un’unica questione, peraltro di natura processuale e non di merito, ossia quella della distinzione del rapporto in parola dall’affitto d’azienda al fine di individuare il giudice territorialmente competente ex art. 21 C.P.C. ed il rito applicabile ex art. 447 bis C.P.C. (Cassazione civile, sez. VI, 13/11/2015, n. 23309; Cassazione civile, sez. III, 25/03/2010, n. 7171).
La fattispecie dell’affidamento di reparto è stata recepita nella legislazione regionale in quanto la materia del commercio è stata ricondotta alla competenza legislativa residuale delle Regioni di cui al 4° comma del novellato art. 117 Cost. e, generalmente, nelle fonti normative con cui le Regioni hanno disciplinato tale materia, viene riprodotto – pressoché testualmente – il riferimento all’affidamento di reparto che era contenuto nell’art. 41 del D.M. n. 375/1988.
L’affidamento di reparto non viene disciplinato come rapporto contrattuale tra privati ma come modalità organizzativa di un esercizio commerciale che consente al titolare della superficie di vendita di affidarne una porzione ad un terzo, liberandosi della relativa responsabilità amministrativa, senza tuttavia cedere la relativa autorizzazione.
A tal fine, le normative regionali richiedendo, in primo luogo, che l’affidatario sia in possesso dei requisiti specifici richiesti per il tipo di commercio esercitato nel reparto, che possono essere diversi a seconda che si tratti, ad esempio, di reparto di abbigliamento, di parafarmacia o di gastronomia. In secondo luogo, richiedono che l’affidamento di reparto venga comunicato agli ufficio competenti, che generalmente sono il Comune, il Registro delle imprese della Camera di Commercio e l’Ufficio IVA.
Alcune Regioni hanno introdotto delle specificazioni che non erano previste nell’art. 41 del D.M. n. 375/1988 e che, in qualche misura, possono incidere sulla disciplina privatistica del rapporto contrattuale tra affidante ed affidatario ponendo, quindi, dei limiti alla loro autonomia negoziale di cui le parti dovranno tenere conto nella redazione del contratto.
Una di queste Regioni è la Calabria che con il Regolamento attuativo del D.L. 114/1998 adottato con D.C.R. n. 409 del 18 gennaio 2000, all’art. 15, stabilisce che l’affidamento di reparto deve avere una durata minima non inferiore ad un anno e che il relativo contratto si perfeziona con la comunicazione dello stesso agli uffici competenti.
La Regione Liguria, con L.R. 3 gennaio 2007 n. 1 “Testo Unico in Materia di Commercio”, all’art.133, ha imposto il requisito che il reparto presenti un collegamento strutturale con l’esercizio commerciale in cui è collocato e non abbia un proprio accesso autonomo rispetto a questo.
La Regione Toscana, con la L.R. n. 28 del 7 febbraio 2005 “Codice del Commercio” (All. 1), oltre a richiedere anch’essa che il Reparto presenti un collegamento strutturale e non abbia un proprio accesso autonomo, impone anche che la comunicazione dell’affidamento di reparto agli uffici competenti debba contenere, tra le altre cose, la dichiarazione dell’impegno dell’affidatario di mantenere i «livelli occupazionali relativi al reparto affidato» e di rispettare i relativi contratti collettivi di lavoro».
I giudici amministrativi hanno statuito che «L’art. 1 comma 1-b del DL 24 gennaio 2012 n. 1 ha disposto, tra l’altro, l’abrogazione di tutte le norme che “impediscono, limitano o condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici”. Non possono quindi trovare applicazione le norme e la prassi che comprimevano in passato la gestione separata dei reparti di un esercizio commerciale. La scelta di utilizzare questo strumento organizzativo fa ormai parte delle libere strategie aziendali e non incontra alcun limite. In particolare, non si può esigere che i reparti dati in affido siano posizionati all’interno dell’esercizio principale, e neppure che rispettino i medesimi orari, o abbiano qualche forma di coordinamento di natura gestionale o merceologica» (TAR Lombardia – Brescia, Sezione 1 Sentenza 18 giugno 2015, n. 861).
Il D.Lgs. n. 114/1998, che ha abrogato e sostituito il D.M. n. 375/1988, non contempla la fattispecie dell’affidamento di reparto, la quale tuttavia era ed è presente nelle varie normative regionali.
Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato con la circolare n. 3467/C del 28 maggio 1999, con l’art. 12 – espressamente rubricato “Affido in gestione di reparto” – chiarisce che: «Il decreto n. 114 non menziona la fattispecie dell’affidamento in gestione di uno o più reparti di un esercizio commerciale organizzato in relazione alla gamma di prodotti trattati ed alle tecniche di prestazione del servizio. Ciò non significa che abbia inteso vietarla ritenendosi che la fattispecie sia rimessa all’autonomia negoziale delle parti. Di conseguenza, il titolare dell’esercizio può affidare uno o più reparti ad un soggetto in possesso dei requisiti prescritti, affinché li gestisca in proprio previa comunicazione al comune competente per territorio».
L’ordinamento giuridico pur riconoscendo la diffusione nella prassi della fattispecie contrattuale dell’affidamento di reparto si limita a indicarne la struttura essenziale, rimettendone integralmente la disciplina all’autonomia negozia privata.
Pertanto il contratto in commento è da classificare nella tipologia dei contratti atipici ai sensi dell’art. 1322 C.C., come ha ribadito anche il Ministero delle Attività Produttive con il Parere n. 549384 del 12 novembre 2002: «…i rapporti tra titolare dell’esercizio ed affidatario possono essere regolati dalle parti in base alla normativa dettata dal codice civile attraverso i principi dell’autonomia contrattuale delle parti».
Il Legislatore ha poi utilizzato nuovamente il concetto di reparto nel 2006, laddove, all’art. 5 del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, ha dettato la disciplina della vendita dei farmaci non soggetti a prescrizione negli esercizi commerciali diversi dalle farmacie.
La predetta norma statuisce che «Gli esercizi commerciali … possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione … e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l’esercizio» e che tale vendita «è consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio commerciale e deve essere effettuata nell’ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine».
La fattispecie regolata dall’art. 5 del D.L. 223/2006 (detta parafarmacia) ha tutti gli elementi caratteristici dell’affidamento di reparto:
- un apposito reparto separato dal resto dell’esercizio commerciale,
- la vendita di una sola tipologia di prodotti e l’assistenza di un addetto (che nel caso specifico deve essere un farmacista abilitato).
Lo stesso Ministero della Salute intervenendo con la Circolare n. 3 del 3 ottobre 2006, attuativa del citato D.L. n. 223/2006 nel precisare cosa si debba intendere per “apposito reparto” fornisce la seguente descrizione: «uno spazio dedicato esclusivamente alla vendita e conservazione dei medicinali» che «può assumere forme diverse in base al tipo di esercizio commerciale in cui ha luogo la vendita … purché gli spazi siano chiaramente separati in modo da escludere la commistione con altri tipi di prodotti».
Inoltre il Ministero dello Sviluppo Economico con la Risoluzione n. 6456 del 15 gennaio 2014 ha chiarito che il titolare dell’esercizio commerciale può affidare la gestione del reparto parafarmacia ad un soggetto terzo in forza di un accordo privato: «…è ammissibile la possibilità che il titolare dell’autorizzazione commerciale, previo accordo, affidi ad altro soggetto la gestione del reparto destinato alla vendita dei farmaci».
Sostanzialmente, anche questo intervento normativo sul reparto di parafarmacia ribadisce la possibilità che il titolare di un esercizio commerciale individui un reparto separato dal resto del negozio, lo destini alla vendita di un certo tipo di prodotti (in questo caso: farmaci) e ne affidi la gestione ad un altro soggetto, ossia ribadisce la struttura essenziale del contratto di affidamento di reparto per come configurato sopra. Tuttavia, anche in questa occasione, la disciplina del rapporto viene lasciata integralmente all’autonomia negoziale privata.
Affidamento di reparto e contratti tipici
Tra i primi chiarimenti sulla disciplina privatistica del contratto di affidamento di reparto è da individuarsi nella Risoluzione n. 103791 del 3 maggio 2012 del Ministero dello Sviluppo Economico. La Camera di Commercio chiedeva al Ministero se il contratto di affidamento di reparto richiedesse la forma scritta ad probationem e l’iscrizione al registro delle imprese come i contratti aventi ad oggetto un ramo d’azienda ex art. 2556 C.C.. Il Ministero rispondeva che «…l’affidamento in gestione di reparto sfugge alla previsione dell’art. 2556 del c.c. che prevede l’iscrizione nel registro delle imprese “dei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda” ed impone ad essi la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata (cfr. co. 2). Diversamente, nel caso in cui si tratti di cessione di ramo di azienda, per tale intendendo il trasferimento di un reparto commerciale ad altro soggetto che lo gestisca autonomamente anche dal punto di vista fiscale, sorge l’obbligo del rispetto dell’art. 2556 c.c. con la conseguente necessità del rispetto del requisito formale del contratto e del deposito dello stesso nel Registro delle Imprese ai fini dell’iscrizione (cfr. art. 2556, 2° co. c.c.)».
Gli elementi che si ricavano da tale dichiarazione del Ministero sono i seguenti:
- l’affidamento di reparto è un rapporto diverso dalla cessione e dall’affitto di azienda;
- ciò che distingue l’affidamento di reparto dalla cessione e dall’affitto di azienda è che in questi ultimi la gestione dell’azienda da parte del cessionario/affittuario sarebbe autonoma da tutti i punti di vista mentre nel primo la gestione dell’affidatario non sarebbe autonoma dal punto di vista fiscale;
- essendo una fattispecie diversa dalla cessione e dall’affitto di azienda, il contratto di affidamento di reparto non richiede la forma scritta ad probationem né la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese.
Lo spunto più interessante fornito dalla Risoluzione ministeriale in parola è quello per cui l’elemento che distingue l’affitto d’azienda dall’affidamento di reparto sarebbe la gestione autonoma “dal punto di vista fiscale”. Tuttavia la fonte in esame non precisa cosa si intenda per gestione fiscale autonoma.
Pare ragionevole intendere la gestione fiscale come la gestione degli oneri tributari gravanti sul reddito generato dalle vendite dei prodotti commercializzati nel reparto, sicché lo scriminante tra affitto d’azienda e affidamento di reparto sarebbe, in ultima istanza, l’imputazione fiscale di tali redditi: se il reddito generato dalle vendite del reparto compete direttamente all’affidatario, allora il rapporto sarebbe qualificabile come affitto d’azienda, se invece compete all’affidante, allora il rapporto sarebbe qualificabile come affidamento di reparto.
Questa considerazione offre lo spunto per osservare che, astrattamente, l’affidamento di reparto potrebbe assumere due declinazioni diverse, a seconda del soggetto cui è imputabile la vendita dei prodotti ai clienti finali: una declinazione prevede che sia direttamente l’affidatario a vendere i propri prodotti ai clienti finali nel reparto; mentre l’altra declinazione prevede che sia l’affidante il soggetto che vende i prodotti ai clienti finali e l’affidatario si limiti a curarne la commercializzazione nel reparto in nome e per conto del primo.
In altre parole, fermo restando che la commercializzazione dei prodotti nel reparto operativamente è gestita dall’affidatario, astrattamente potrebbero essere configurabili due ipotesi: la prima prevede che sia l’affidatario a vendere direttamente, in suo nome e per suo conto, i prodotti ai clienti finali, ricavandone il relativo profitto per sé; la seconda prevede che l’affidatario commercializzi i beni in nome e per conto dell’affidante e venga da questo retribuito per il servizio reso.
Nella prima ipotesi (in cui è l’affidatario che vende ai clienti) la struttura del rapporto è vicina a quella dell’affitto di azienda o della locazione commerciale perché, sostanzialmente, l’affidante concede all’affidatario la disponibilità del reparto e l’affidatario vi svolge la propria attività di vendita al pubblico. Nella seconda ipotesi (in cui è l’affidante che vende ai clienti) la struttura del rapporto è vicina all’appalto di servizi perché l’affidatario svolge un servizio a favore dell’affidante, curando nel suo interesse e per suo conto la commercializzazione dei prodotti nel reparto.
La prima ipotesi potrebbe essere ulteriormente complicata dalla previsione per cui – pur essendo l’affidatario il soggetto che vende i prodotti – i clienti finali ne paghino il prezzo all’affidante presso la barriera casse dell’esercizio commerciale (anziché all’affidatario stesso nel reparto). In questa fattispecie, sostanzialmente, l’affidante vende e incassa il prezzo dei prodotti in nome e per conto dell’affidatario agendo alla stregua di un commissionario ex art. 1731 C.C. (oltre che di affittante/locatore).
Dalla Risoluzione ministeriale citata sopra si potrebbe dedurre che, affinché la fattispecie sia qualificabile come affidamento di reparto, sarebbe necessario che il rapporto di compravendita dei prodotti ivi commercializzati, dal punto di vista giuridico e fiscale, intercorra tra l’affidante e il consumatore finale. Se, invece, giuridicamente e fiscalmente, è l’affidatario che vende direttamente i prodotti al consumatore, allora il rapporto dovrebbe essere qualificato come affitto d’azienda (oppure locazione commerciale).
La distinzione tra affitto d’azienda e affidamento di reparto, ovviamente, non è una mera questione formale relativa al nome del contratto, ma incide sulla disciplina sostanziale del rapporto. Qualificare la fattispecie come affitto d’azienda, piuttosto che come affidamento di reparto, comporta l’applicazione della relativa disciplina, che contempla, ad esempio, la successione nei contratti (art. 2558 C.C.) e nei rapporti di lavoro subordinato (art. 2112 C.C.) relativi al reparto.
Inoltre, in caso di affitto di ramo d’azienda, il titolare dell’esercizio commerciale è tenuto a volturare all’affittuario la relativa autorizzazione amministrativa, mentre in caso di affidamento di reparto questa rimane in capo all’affidante. Sul punto si veda da ultimo con la Risoluzione n. 122063 del 3 maggio 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico, laddove afferma che “…la gestione di reparto si differenzia dal subingresso per trasferimento in gestione dell’azienda in quanto, nel primo caso, l’azienda e l’autorizzazione correlata continuano a rimanere in capo al titolare mentre nel caso di sub ingresso il subentrante deve effettuare la SCIA ai fini dell’intestazione pro tempore del titolo legittimante l’esercizio dell’attività”.
L’altra fattispecie che presenta delle analogie con l’affidamento di reparto è la locazione commerciale. In entrambi i casi una parte concede all’altra parte un determinato spazio affinché vi svolga un’attività commerciale.
Tuttavia, le due fattispecie sono nettamente diverse.
In primo luogo, il reparto non è un mero spazio commerciale autonomo ma, come visto sopra, è uno spazio attrezzato che costituisce articolazione funzionale dell’esercizio commerciale in cui è collocato. Questa considerazione spiega anche il motivo per cui alcune normative regionali richiedano che il reparto non abbia un accesso proprio ma sia “incluso” nel relativo negozio.
In secondo luogo, proprio per questo legame funzionale tra il reparto ed il negozio circostante, l’affidatario non può svolgere qualsiasi attività commerciale nel reparto ma deve e può svolgervi solo quella particolare attività che le parti hanno convenuto nel contratto. Per questo motivo generalmente, come si vedrà sotto, i contratti di affidamento di reparto dettano una disciplina molto rigida dell’attività commerciale ivi svolta (modalità di vendita, brand o tipologia merceologiche in vendita, campagne promozionali, marchi e segni distintivi…).
L’affidamento di reparto, quindi, rappresenta un quid pluris rispetto alla mera locazione di uno spazio commerciale, così come evidenziato anche da Tar Puglia, Sezione II, 17.10.2001 n. 4372: «sussiste, infatti, notevole differenza tra le due fattispecie atteso che il reparto è un “quid pluris”, rispetto allo spazio, poiché comprende e include al suo interno l’elemento soggettivo del personale e quello oggettivo della struttura di vendita ed impiantistica che deficita della mera gestione dello spazio».
Come anticipato sopra, laddove l’affidatario, invece, si limiti a curare la commercializzazione dei prodotti che sono venduti dall’affidante ai clienti finali, il contratto in esame presenta anche affinità con il (o quanto meno contiene al suo interno elementi simili al) contratto di appalto di servizi, in quanto l’attività di gestione del reparto può essere configurato come un servizio che l’affidatario svolge a favore dell’affidante.
Tuttavia, si differenzia dall’affitto di azienda in quanto, mentre nel caso dell’affido di reparto l’autorizzazione commerciale resta in capo al titolare dell’esercizio; nel caso dell’affitto di azienda la titolarità dell’autorizzazione passa da un soggetto ad un altro: infatti il trasferimento – seppure temporaneo – dell’azienda comporta anche il passaggio automatico (c.d. voltura) dell’atto amministrativo. (vedasi in tal senso la sentenza n. 4372 del 17 ottobre 2001 del TAR Puglia sez. II )
Quindi, mentre nel caso dell’affitto di azienda la disciplina commerciale prevede il c.d. “subingresso”, ciò non avviene per l’affido di reparto, come precisato anche nella maggior parte delle leggi regionali.
La figura dell’affidatario della gestione di reparto va altresì tenuta distinta da quella dell’institore (art. 2203 cc.), il quale è considerato un collaboratore dell’imprenditore e, di regola, è un lavoratore subordinato con la qualifica di dirigente posto al vertice della gerarchia del personale.
La principale differenza tra le due figure è data dal fatto che, mentre nella preposizione institoria i rischi connessi all’attività d’impresa restano in capo all’imprenditore, nel caso dell’affidatario del reparto, invece, quest’ultimo assume in proprio i rischi relativi alla gestione del reparto.
Il Ministero delle attività produttive nella risoluzione dell’11 marzo 2003 n. 549384 e cioè che “per quanto di propria competenza, la scrivente fa presente di ritenere che in materia i rapporti tra titolare dell’esercizio ed affidatario possono essere regolati dalle parti in base alla normativa dettata dal codice civile attraverso i principi dell’autonomia contrattuale delle parti”.
La struttura del contratto di affidamento di reparto
Alla luce di quanto sopra, si può affermare che l’affidamento di reparto, pur essendo stato menzionato più volte dal Legislatore nazionale e da quello regionale, nel nostro ordinamento non è definito né regolamentato dal punto di vista privatistico ed è, quindi, un contratto atipico ai sensi dell’art. 1322 C.C..
La struttura e gli elementi essenziali di tale contratto si possono ricostruire esaminando sia le forme in cui la fattispecie viene declinata nella prassi operativa del commercio al dettaglio, sia gli spunti ricavabili dai riferimenti normativi che il Legislatore vi ha dedicato, a partire dal citato D.M. n. 375/1988 che, seppure abrogato, è alla base di tutte le successive previsioni normative in materia.
Le parti e la causa del contratto di affidamento di reparto
Come visto sopra, nell’originaria previsione del citato art. 41, commi 14 e 15, del D.M. n. 375/1988, il nucleo essenziale della fattispecie dell’affidamento di reparto era descritta così: «Il titolare di un esercizio commerciale organizzato su più reparti … può affidare uno o più di tali reparti, perché lo gestisca in proprio per il periodo di tempo convenuto, ad un soggetto che sia iscritto nel registro».
Tale scarna previsione consente di fare alcune considerazioni sugli elementi costitutivi della fattispecie in parola, a partire dalle parti del contratto. Tali risultano essere, da un lato, l’affidante, che deve essere titolare di un esercizio commerciale ai sensi della normativa sul commercio (ossia del D.Lgs. n. 114/1998), e, dall’altro lato, l’affidatario, che deve essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge per l’esercizio del commercio (il testo originario prevedeva che l’affidante dovesse essere iscritto nel R.E.C. – Registro degli Esercenti il Commercio, che però è stato successivamente abolito, sicché si deve oggi fare riferimento al possesso dei requisiti morali richiesto dal D.Lgs. 16 marzo 2010 n. 59).
Si tratterebbe, quindi, di un contratto soggettivamente qualificato che può essere stipulato solo ed esclusivamente da soggetti che abbiano le qualifiche indicate.
La causa del contratto risulta essere l’affidamento da parte dell’affidante all’affidatario di un reparto del proprio esercizio commerciale affinché quest’ultimo lo gestisca in proprio.
Per ricostruire tale “funzione economico-sociale” del contratto, per come ricavabile dalla fonte citata, è necessario sviscerare i tre elementi che la costituiscono, ossia:
1) il reparto,
2) il suo affidamento dall’affidante all’affidatario e
3) la gestione in proprio dell’affidatario.
La nozione di reparto
Dalla descrizione fornita dal D.M. n. 375/1988 si deduce che i reparti sono le unità organizzative nelle quali può essere articolato un esercizio commerciale “in relazione alla gamma dei prodotti trattati o alle tecniche di prestazione del servizio impiegate”.
Tale nozione ricalca ciò che si riscontra quotidianamente nei grandi esercizi commerciali, la cui superficie di vendita risulta suddivisa in porzioni, spesso tra loro separate fisicamente, differenziate le une rispetto alle altre per la specifica gamma di prodotti commercializzati o per la modalità di vendita ivi esercitate.
Gli elementi costitutivi del reparto risultano quindi essere due:
- elemento fisico: uno spazio della superficie di vendita circoscritto e distinguibile dal resto del negozio;
- elemento commerciale: una differenziazione della proposta commerciale basata, alternativamente o congiuntamente, su:
- tipologia di prodotto,
- modalità di vendita.
Con riferimento all’elemento fisico (spazio circoscritto), si osserva che, nella prassi, il reparto è generalmente costituito da un’area dell’esercizio commerciale che viene delimitata e separata dagli spazi circostanti mediante appositi allestimenti ed arredamenti, venendo così a formare una sorta di “negozio dentro il negozio”, differenziato e reso facilmente individuabile rispetto al contesto anche mediante apposite installazioni e specifici elementi comunicativi/grafici.
Alcune indicazioni su tale elemento si possono ricavare anche dai rari riferimenti normativi citati sopra.
La citata Circolare del Ministero della Salute n. 3 del 3 ottobre 2006, attuativa del citato D.L. n. 223/2006, con riferimento al reparto (sebbene in relazione alle sole c.d. parafarmacie), stabilisce quello che potrebbe essere considerato come limite minimo del reparto, precisando che “Può trattarsi di un apposito corner oppure di un singolo scaffale o anche di una parte di uno scaffale”.
Dal lato opposto, il Ministero delle Attività Produttive con il citato Parere n. 549384 del 12 novembre 2002 ha stabilito il limite massimo del reparto, precisando che “se si ricorre all’affidamento di reparti, in ogni caso ciò non può riguardare la totalità dei reparti perché ciò significherebbe svuotare di contenuto l’autorizzazione rilasciata per la struttura di vendita”.
L’elemento fisico del reparto, quindi, incontra i seguenti limiti (logici ancor prima che giuridici): può andare dal limite minimo (incluso) di una porzione di uno scaffale espositivo al limite massimo (escluso) della totalità del negozio.
A ciò si deve aggiungere che alcune delle normative regionali citate sopra, come si è visto, richiedono che il reparto sia privo di accesso autonomo rispetto all’esercizio commerciale in cui è collocato.
Pertanto, la determinazione del reparto dal punto di vista fisico-materiale risulta rimessa completamente all’autonomia negoziale delle parti, salvo il rispetto dei suddetti limiti minimo e massimo e salve eventuali prescrizioni specifiche poste dalle relative normative regionali.
Con riferimento all’elemento commerciale (differenziazione della proposta commerciale per tipologia di prodotto e/o per modalità di vendita), ciò che caratterizza il reparto – sia nei riferimenti normativi elencati sopra che nella prassi – è la vendita di una categoria merceologica specifica (un certo prodotto/servizio o un certo brand) rispetto alla generalità e varietà delle altre categorie merceologiche vendute nel resto del negozio e/o la vendita con modalità diverse rispetto a quelle ivi operate (si pensi ad un reparto con addetti alla vendita che assistono i clienti mentre nel resto del negozio la vendita è a libero servizio).
Se nel reparto si commercializzassero tutti i prodotti/servizi commercializzati nel negozio e con le medesime modalità di servizio, allora il reparto non sarebbe una articolazione organizzativa del negozio ma sarebbe una riproduzione ridotta del negozio medesimo, il ché non avrebbe evidentemente alcun senso.
Per le parafarmacie, la destinazione specifica del reparto alla vendita dei soli medicinali è espressamente richiesta dalla legge: la citata Circolare del Ministero della Salute n. 3 del 3 ottobre 2006 specifica che tale vendita deve avvenire in «uno spazio dedicato esclusivamente alla vendita e conservazione dei medicinali» e che tale spazio «può assumere forme diverse … purché gli spazi siano chiaramente separati in modo da escludere la commistione con altri tipi di prodotti».
Per chiarire il concetto di differenziazione del reparto, può essere utile richiamare alcuni esempi che si riscontrano quotidianamente: in un negozio di alimentari, il reparto può essere una mera corsia (elemento fisico) dedicata alla vendita di prodotti bio o vegan (differenziazione per tipologia di prodotto); in un ipermercato, può essere un box con pareti di vetro (elemento fisico) nel quale un addetto assiste i clienti (differenziazione per modalità di vendita) nell’acquisto di prodotti ottici o di gioielli (differenziazione per tipologia di prodotto); in un grande magazzino, può essere uno stand (elemento fisico) nel quale una promoter promuove la vendita (differenziazione per modalità di vendita) di un solo brand di profumi (differenziazione per tipologia di prodotto); in un supermercato, può essere il banco (elemento fisico) nel quale vengono serviti a peso (differenziazione per modalità di vendita) alimenti già cotti (differenziazione per tipologia di prodotto)…
La nozione di affidamento
Definita la nozione di reparto, il secondo elemento da definire per delineare la causa del contratto in esame è quello dell’affidamento del reparto all’affidatario da parte dell’affidante.
Su questo specifico aspetto, i riferimenti normativi disponibili non forniscono alcuna indicazione, sicché è necessario esaminare quello che avviene nella prassi.
Nei contratti di affidamento di reparto stipulati dagli operatori commerciali il concetto di affidamento del reparto viene tipicamente declinato – seppure con estensioni diverse – in due elementi: da una parte, la concessione all’affidatario della disponibilità materiale del reparto e, dall’altra parte, l’assunzione da parte sua delle relative responsabilità.
Per disponibilità materiale del reparto si intende il diritto dell’affidatario di svolgervi tutte le attività connesse all’utilizzo commerciale dello stesso, come ad esempio le: accedervi, allestirlo ed arredarlo, escludere l’accesso di terzi non autorizzati, esporvi prodotti, farvi operare propri collaboratori che promuovano le vendite ed assistano i clienti, sorvegliare e monitorare la relativa area, apporvi i propri segni distintivi…
A tale disponibilità degli spazi costituenti il reparto sono collegati rischi e responsabilità che generalmente con il contratto l’affidante trasferisce all’affidatario (almeno agli effetti dei loro rapporti privati), quali ad esempio: l’igiene e la sicurezza del posto di lavoro, la prevenzione incendi, la manutenzione degli arredi e degli allestimenti…
La nozione di gestione in proprio
Il terzo elemento da enucleare per inquadrare la causa del contratto in esame è quello della gestione del reparto in proprio in capo all’affidatario.
Tale elemento, pur essendo stato espressamente menzionato nel dato normativo, non trova in esso alcun approfondimento specifico, sicché la sua individuazione è rimessa all’autonomia negoziale degli operatori che, nella prassi, lo declinano nei modi più diversi.
Considerato che il reparto è uno spazio destinato alla vendita di prodotti e/o servizi, per “gestione” del reparto deve intendersi l’attività di direzione, organizzazione e amministrazione di tale vendita, ossia la determinazione delle scelte operative in base alle quali si svolge l’attività commerciale nel reparto. Ad esempio: quali prodotti e/o servizi vengono commercializzati nel reparto? A quali prezzi e secondo quali politiche e strategie commerciali? Come allestire ed arredare il reparto? Avvalersi di addetti alla vendita o esercitare vendita a libero servizio? Quali orari e giorni di apertura seguire? Come approvvigionarsi dei prodotti/servizi?
Se con il contratto in esame la gestione viene affidata all’affidatario, si direbbe che tutte queste determinazioni debbano essere rimesse esclusivamente a lui, anche perché è lui il soggetto che risponde amministrativamente dell’attività commerciale ivi svolta.
In realtà, il rapporto tra affidante ed affidatario è più complesso e l’autonomia gestionale di quest’ultimo, nella prassi contrattuale, viene limitata nell’interesse dell’affidante.
In proposito è necessario ricordare che il reparto costituisce parte integrante del più ampio esercizio commerciale dell’affidante, sicché è interesse essenziale ed imprescindibile di quest’ultimo che l’attività commerciale ivi svolta sia coordinata e sinergica con quella che viene svolta nel resto del negozio e che non sia in contrasto o in concorrenza con questa. In sostanza, attraverso il reparto affidato, l’affidante fornisce ai clienti del proprio negozio un ulteriore specifico servizio che deve rappresentare un valore aggiunto rispetto alla propria offerta commerciale.
Per questo motivo, anche se astrattamente nulla impedisce che la gestione del reparto sia rimessa esclusivamente all’affidatario, nella prassi, invece, le parti concordano – come elemento essenziale del contratto (in senso atecnico) – vari vincoli e vari limiti alla sua gestione.
Ad esempio, generalmente nel contratto di affidamento di reparto le parti concordano precisamente quali sono i prodotti e/o servizi che l’affidatario può commercializzare nel reparto, prevedendo espressamente il divieto di commercializzare altro, così come prevedono che l’affidatario sia obbligato ad attenersi tassativamente agli orari ed ai giorni di apertura del negozio in cui il reparto è inserito.
Al contrario, l’affidatario in genere è lasciato libero di determinare autonomamente i prezzi di vendita dei prodotti\servizi, di decidere dove e come approvvigionarsene, nonché di scegliere se esercitare vendita a libero servizio oppure fornire un servizio di assistenza con l’impiego di addetti alla vendita, assumendo in capo a sé i relativi rapporti di lavoro subordinato.
Per altri aspetti della gestione, invece, si riscontrano soluzioni intermedie. Ad esempio, tipicamente si prevede che l’affidatario sia libero di decidere le proprie politiche commerciali (campagne promozionali, sconti, svendite…) a condizione che le stesse siano preventivamente comunicate all’affidante e non siano in contrasto con quelle implementate da quest’ultimo per il resto del negozio.
Un particolare aspetto della gestione del reparto è quello relativo agli incassi dei corrispettivi dei prodotti del reparto acquistati dai consumatori.
Le alternative, in proposito, sono sostanzialmente due (considerando solo la fattispecie in cui è l’affidante il soggetto che vende i prodotti ai clienti finali, atteso che – come visto sopra – la fattispecie in cui è direttamente l’affidatario che vende ai clienti finali è più vicina all’affitto di azienda e alla locazione commerciale).
La prima ipotesi, la più semplice, prevede che il consumatore prelevi i prodotti dal reparto e si rechi alla barriera delle casse del negozio per pagarli unitamente al resto della spesa.
La seconda ipotesi prevede che il reparto si munito di propri registratori di cassa, che vengono operati dagli addetti dell’affidatario in nome e per conto dell’affidante.
In questo caso, il consumatore preleva i prodotti e li paga direttamente nel reparto all’affidatario, il quale poi verserà gli incassi all’affidante.
È evidente che questo modello presenta maggiori criticità in quanto il personale dell’affidatario si trova a maneggiare gli incassi dell’affidante.
Dall’altro lato, però, può risultare commercialmente alettante perché evita al cliente del reparto di doversi recare alle casse principali del negozio (dove magari c’è più congestione).
In proposito è stato espressamente richiesto al Ministero dello Sviluppo Economico se sia legittima la fattispecie che prevede il pagamento dei prodotti presso il reparto a mezzo dei registrati di cassa ivi collocati. Tuttavia il Ministero con la Risoluzione n. 122063 del 3 maggio 2016 ha semplicemente declinato la propria competenza al rispondere, rimettendo il quesito al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Entrambe le ipotesi, poi, possono prevedere delle articolazioni ulteriori.
Ad esempio, il sistema di vendita può prevedere che il cliente selezioni il prodotto nel reparto, si debba recare alle casse generali del negozio per pagarlo (tipicamente presentando un apposito coupon rilasciato dall’affidatario e contenente le indicazioni necessarie) e poi debba tornare al reparto per ritirarlo previa esibizione dello scontrino attestante il relativo pagamento.
Può anche accadere che alcuni prodotti commercializzati nel reparto affidato in gestione siano proposti in vendita anche nel resto del negozio: tipicamente in queste ipotesi, il prodotto acquistato e pagato nel reparto viene posto in un apposito contenitore sigillato per distinguerlo e separarlo dal resto della spese in modo che non ne venga richiesto il pagamento nelle casse generali del negozio.
Il rapporto sinallagmatico
I riferimenti normativi che parlano dell’affidamento di reparto, nel porre almeno la struttura essenziale del rapporto, non menzionano i corrispettivi dovuti dall’una all’altra parte.
Le parti, nella loro autonomia negoziale, sono quindi libere di regolare la questione nel modo che meglio si adatta alle loro esigenze. Astrattamente, infatti, sono possibili scenari completamente diversi, che effettivamente si riscontrano anche nella prassi.
Come anticipato sopra, l’affidamento di reparto potrebbe assumere due configurazioni diverse.
Una configurazione è vicina alla locazione commerciale o all’affitto d’azienda: l’affidante concede la disponibilità del reparto e l’affidatario vi svolge la propria attività commerciale vendendo i prodotti ai clienti e ricavandone il relativo profitto. In questa ipotesi, l’affidatario è tenuto a pagar un canone all’affidante quale corrispettivo per la disponibilità del reparto.
L’altra configurazione è vicina all’appalto di servizi e prevede che l’affidatario si limiti a curare la commercializzazione dei prodotti nell’interesse dell’affidante (che li vende ai consumatori). In questo caso, la gestione del reparto è un servizio che l’affidatario svolge a favore dell’affidante, sicché l’affidante è tenuto a pagare un compenso all’affidatario.
In entrambi i casi il compenso dovuto dall’una all’altra parte potrebbe essere determinato in misura fissa o in percentuale sul fatturato generato dal reparto.
Nella prassi commerciale, però, i rapporti tra le parti sono più complessi e strutturati.
Generalmente, il soggetto che vende i prodotti al consumatore finale è l’affidante e l’affidatario ne cura la commercializzazione, ma a tale rapporto di affidamento di reparto è collegato un parallelo rapporto di fornitura in forza del quale l’affidatario è il fornitore dei prodotti commercializzati nel reparto dallo stesso gestito. Sostanzialmente, l’affidatario è un fornitore che, oltre a somministrare i prodotti all’affidante, ne cura direttamente la commercializzazione nell’apposito reparto a lui affidato in gestione.
In questa ipotesi, oltre che l’interesse dell’affidante ad “esternalizzare” la gestione del reparto (appalto), assume rilevanza l’interesse dell’affidatario a disporre del reparto per commercializzare i propri prodotti (locazione/affitto). Generalmente le parti prevedono che l’affidante paghi all’affidatario – per i prodotti/servizi che quest’ultimo fornisce curandone altresì la vendita nel reparto – un compenso pari al prezzo di vendita pagato dal consumatore finale diminuito di percentuale concordata, che costituisce il margine di ricavo dell’affidante, mentre l’affidatario trova la propria remunerazione nella fornitura dei prodotti all’affidante.
Gli elementi del contratto
Si è visto sopra che, in difetto di una disciplina legale tipica, le parti dovranno espressamente e dettagliatamente definire, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, la struttura essenziale del rapporto, disciplinando almeno i seguenti elementi fondamentali:
- individuazione della porzione di esercizio commerciale che costituisce il reparto (collocazione, dimensione, separazione fisica, arredamenti ed allestimenti…);
- individuazione dei prodotti/servizi che possono e devono essere commercializzati nel reparto;
- determinazione delle modalità di commercializzazione (approvvigionamento, prezzi di vendita, politiche commerciali e promozionali, orari e giorni di apertura…);
- determinazione del corrispettivo, che può essere un canone fisso oppure una percentuale sul fatturato generato dal reparto.
Oltre a questi elementi fondamentali, che determinano la struttura essenziale del rapporto, è opportuno che le parti disciplinino specificamente anche tutti i diritti, i doveri e le responsabilità connesse all’affidamento in gestione del reparto, atteso che in difetto di una disciplina legale integrativa eventuali contrasti potrebbero risultare difficilmente componibili.
Senza pretesa di esaustività ci si limita ad elencare di seguito alcuni delle questioni che più frequentemente si presentano nell’ambito di un rapporto di affidamento di reparto:
- competenza ed oneri per il design e l’allestimenti del reparto;
- oneri relativi alle utenze del reparto (elettricità, telefonia, connessione internet..);
- gestione dei reclami da parte dei clienti per prodotti/servizi acquistatiti nel reparto;
- facoltà dell’affidante di spostare la collocazione del reparto e relativi oneri;
- manutenzione dei beni costituenti il reparto;
- facoltà di modificare allestimenti e arredamenti;
- vendita a libero servizio o vendita assistita;
- attuazione delle norme in materia di sicurezza ed igiene sul posto di lavoro;
- proprietà dei beni costituenti il reparto alla cessazione del rapporto;
- modalità e tempi per le consegne dei fornitori;
- accesso e utilizzo di eventuali locali di servizio del negozio (bagni, spogliatoi, magazzini); durata del contratto; diritto di recesso…
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