CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2018, n. 4387
Personale del comparto scuola – Progressione economica riconosciuta ai dipendenti di ruolo – Docenti non di ruolo – Adeguamento – Contratti a termine – Supplenze sorrette da ragioni oggettive di carattere temporaneo
Rilevato
– che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della decisione del giudice di primo grado, ha accolto la domanda proposta nei confronti del MIUR da B.V., docente non di ruolo dipendente del Ministero, relativa all’adeguamento, sotto il profilo retributivo e contributivo, alla progressione economica riconosciuta ai dipendenti di ruolo, rigettando nel contempo le domande intese ad ottenere la declaratoria di illegittimità dei contratti a termine stipulati in successione tra le parti, l’immissione in ruolo e il risarcimento dei danni. Ha ritenuto la Corte territoriale che non potesse ravvisarsi alcun abuso, essendo le tipologie di supplenze sorrette da ragioni oggettive di carattere temporaneo, quale la necessità di espletamento del servizio scolastico nei casi di momentanea assenza del docente titolare della cattedra;
– che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la B. affidato a tre motivi, illustrati mediante memoria;
– che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è rimasto intimato;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
-che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;
Considerato
– che con il primo motivo la parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. – omesso esame – violazione dell’articolo 342 c. 1 n. 1 cod. proc. civ. Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..
Osserva che con l’atto di costituzione in appello aveva rilevato l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 342 c. 1 n. 1 cod. proc. civ. e che nulla si legge in merito nella decisione impugnata, con violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato;
– che le denunciate carenze dell’atto di appello non hanno impedito alla Corte territoriale di esaminare nel merito le censure del MIUR e di accoglierle, talché, sia pure implicitamente, deve ritenersi che la Corte territoriale abbia risolto la questione dell’ammissibilità dell’appello in senso positivo, con la conseguenza che la prospettata inammissibilità dell’appello comporta l’onere della parte interessata di impugnare la decisione anche con riguardo alla pronuncia implicita sulla validità dell’atto di appello (vedi, per tutte: Cass. 28 gennaio 1984, n. 711; Cass. 20 maggio 2008, n. 12746; Cass. 24 maggio 2013, n. 12923 Sez. L, Sentenza n. 2631 del 05/02/2014), laddove nella specie la ricorrente si è limitata a dedurre la mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
– che con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione del D.L.G.S. 368/2001 – falsa applicazione del D.lgs 165/2001 – violazione dell’art. 97 Cost. – omesso esame circa un fatto decisivo per la causa ex art. 360 c. 1 n. 4 cod. proc. civ. – falsa applicazione della direttiva 1999/70/CE – falsa applicazione della I. 129 del 1999, osservando che il protrarsi nel tempo, ben al di sopra della soglia dei trentasei mesi, del rapporto precario sconfessa di per sé solo la sussistenza del requisito della temporaneità, ed in tal senso depone, altresì, il mancato espletamento di procedure concorsuali in presenza di cattedra vacante e sottolineando la rilevanza nella materia del principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato;
– che deduce, ancora, falsa applicazione della clausola 4 e 5 della direttiva comunitaria 1999/70/CE – falsa applicazione dell’art. 6 D. Igs. 368/2001 – falsa applicazione degli articoli 1, 3 e 4 Cost. – Omesso esame circa un fatto importante per la decisione ex art. 360 c. 1 n. 4 CPC sul risarcimento del danno, rilevando l’abusività della reiterazione dei contratti a termine in forza della disciplina comunitaria;
– che gli ultimi due motivi (da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione) sono infondati ai principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. n. 5072 del 2016; Cass. n. 22552 del 07/11/2016; Cass. n. 22557/2016, ai cui principi occorre uniformarsi);
– che, in particolare, è stato affermato (punto 118. A della citata Cass. n. 22557/2016) che la disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal d.lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dall’art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;
– che è stato anche precisato (punto 119.B) che per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 1, e 11 della legge 3.5.1999 n. 124 e in applicazione della direttiva 1999/70/CE è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4, co. 1, e 11 della legge 3.5.1999 n. 124, prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal 10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa superiore a trentasei mesi;
– che è stato rimarcato (punto 120.C) che, ai sensi dell’art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del d.lgs. 165/2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;
– che è stato evidenziato che qualora trattasi (punto 124. G) di ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell’ art. 4, co. 1, I. n. 124/1999, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016;
– che è stato osservato (punti 102 e 125. H) che, invece, nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee, entrambe destinate a coprire posti che non sono tecnicamente vacanti ma che si rendano disponibili per varie ragioni (commi 2 e 3 dell’art. 4 I. 3 maggio 1999 n. 124), non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;
– che va rilevato che nella fattispecie dedotta in giudizio non è configurabile comunque alcuna abusiva reiterazione dei contratti a termine in quanto emerge dalla combinata lettura della sentenza impugnata e del ricorso per cassazione (in relazione all’elenco vi riportato e alle indicazioni in ordine alla durata delle singole supplenze) che si è trattato di numerose assunzioni a termine su posti di organico di fatto, con limitato ricorso ad assunzioni a termine su posti di organico di diritto per un tempo inferiore a trentasei mesi;
– che la parte ricorrente non ha mai dedotto né allegato – se non con apodittica e generica affermazione – che vi sia stato, nella concreta attribuzione delle supplenze sui posti in organico di fatto un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle concrete esigenze del servizio;
– che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
– che nessun provvedimento deve essere adottato con riferimento alle spese del giudizio, in ragione del mancato espletamento di attività difensiva da parte del Ministero;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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