AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 22 marzo 2022, n. 149
Imposta sui servizi digitali. Servizio di veicolazione di pubblicità mirata
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società Alfa (in breve, “ALFA” o “istante”), facente parte dell’omonimo Gruppo, oltre all’attività di direzione e coordinamento delle società controllate e di offerta dei servizi centralizzati, è impegnata anche nella fase editoriale di produzione e commercio di giornali, quotidiani, periodici, libri e servizi editoriali del Gruppo.
Tra le attività svolte da ALFA, rientra anche la cessione di spazi pubblicitari online, da cui ritrae ricavi che possono essere distinti in base a:
A) Tipologia di targeting. Nello specifico, si possono riscontrare: i) pubblicità non oggetto di profilazione; ii) pubblicità associata all’utente specifico che consulta l’interfaccia, che viene profilato in base a informazioni dallo stesso fornite; iii) pubblicità associata ai contenuti presenti sulla stessa e non ai dati relativi all’utente;
B) Controllo da parte dell’editore (ossia ALFA) o dell’inserzionista della tipologia di targeting applicata;
C) Canale di vendita. Al riguardo, si differenziano i seguenti canali:
a. Tradizionale (c.d. ” classic” o “reservation“), in cui la negoziazione avviene direttamente tra ALFA (o i suoi agenti) e l’inserzionista (o i suoi agenti). In tal caso, l’istante ha il controllo sull’eventuale processo di profilazione dell’utente.
b. Programmatic, in cui la compravendita degli spazi pubblicitari è intermediata dall’utilizzo di piattaforme digitali. Nello specifico, l’incontro di domanda e offerta avviene tramite piattaforme tecnologiche denominate ” Ad-Exchange” a cui gli inserzionisti e gli editori non accedono direttamente, ma attraverso intermediari specializzati denominati ” Demand Side Platform” (DSP) per gli inserzionisti e ” Sell Side Platform” (SSP) per gli editori.
In relazione al canale programmatic, a seconda della strategia di vendita, la pubblicità può ulteriormente dividersi in:
1) ” Deals” (o ” programmatic direct”), ossia accordi conclusi direttamente tra editore e inserzionisti analogamente a quanto avviene nella vendita tradizionale, ma con la differenza che le parti si avvalgono di piattaforme tecnologiche per la negoziazione, gestite da AD Network. Nell’ambito di questi accordi, l’editore può o meno avere il controllo sui criteri di targeting utilizzati. Nell’ambito dei Deals, peraltro, è possibile operare una distinzione tra:
1.1 ” Programmatic Guaranteed“, in cui la configurazione degli utenti, qualora ricorra, è interamente gestita e controllata da ALFA;
1.2 ” Preferred Deals“, in cui ALFA controlla la fase di vendita, mentre le variabili di targeting sono controllate direttamente dall’inserzionista.
2) ” Open Auction” (o ” Open Market” o ” Real-Time Bidding“), ossia una modalità di compravendita di spazi pubblicitari on line attraverso un meccanismo di offerta ad asta in tempo reale, in cui ALFA non ha alcun rapporto con gli inserzionisti, poiché le operazioni sono svolte tramite le SSP e le DSP. La pubblicità oggetto di ” Open Auction” generalmente è basata su profilazione, ma l’istante dichiara di non essere in grado di conoscere se tale profilazione si basi sui dati dell’utente o sul contenuto della pubblicità stessa.
ALFA, inoltre, osserva che, nell’ambito dei criteri di targeting, tra i dati relativi agli utenti che possono essere utilizzati vi è anche la geolocalizzazione.
In particolare, i dati sulla geolocalizzazione possono essere forniti volontariamente dallo stesso utente, ovvero possono essere ricavati in via automatica dall’Internet Service Provider (ISP), tramite il quale l’utente accede alla rete internet.
I dubbi interpretativi prospettati dall’istante riguardano l’applicazione, al caso di specie, dell’imposta sui servizi digitali (“ISD”), regolata dall’articolo 1, commi da 35 a 50, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (di seguito, “legge di bilancio 2019” o “normativa primaria”).
Le questioni vengono sollevate anche alla luce del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2021, prot. n. 13185/2021 (di seguito, “Provvedimento”), che detta le regole operative per l’applicazione dell’ISD, e dei chiarimenti resi nella circolare 23 marzo 2021, n.3/E (nel prosieguo, “Circolare”).
Nello specifico, i dubbi interpretativi riguardano l’applicabilità dell’ISD ai ricavi derivanti dalla:
1) pubblicità programmatic (Primo Quesito). Il dubbio si pone in ragione del fatto che ALFA non dispone sempre del controllo dei criteri di targeting utilizzati nella compravendita degli spazi pubblicitari;
2) pubblicità riferita alla geolocalizzazione dell’utente, quando la stessa è basata unicamente sui dati forniti dall’ISP (Secondo Quesito). L’incertezza interpretativa attiene alla minore accuratezza del dato rispetto a quello fornito, consapevolmente o non consapevolmente, dall’utente.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In relazione al Primo Quesito, ALFA ritiene che l’ISD debba essere applicata unicamente ai ricavi che derivano dalla cessione di spazi pubblicitari attraverso modalità di vendita che consentano all’istante di appurare se la pubblicità sia basata o meno su una forma di profilazione dell’utente.
A parere di ALFA, tale riscontro può essere effettuato nell’ambito della pubblicità Programmatic Guaranteed, in cui l’istante controlla il processo di targeting.
Diversamente avviene nell’ambito dei canali Preferred Deals e Open Auction, in cui le compravendite avvengono attraverso modalità che non consentono a ALFA di verificare se la pubblicità sia connotata da una qualche forma di profilazione e, in caso affermativo, di quale tipo. I ricavi derivanti da questi ultimi canali di vendita, quindi, dovrebbero essere esclusi dalla base imponibile dell’ISD.
A supporto delle tesi esposte, l’istante osserva che nella nozione di pubblicità mirata, come chiarita in Circolare, rientrano esclusivamente i messaggi pubblicitari che sfruttano i dati personali degli utenti, mentre sono esclusi quelli connessi ai contenuti presenti sull’interfaccia. Ciò in quanto l’imposta è volta a colpire l’extravalore derivante dalla personalizzazione della pubblicità in funzione delle caratteristiche di ciascun soggetto che accede all’interfaccia e che si traduce in un incremento dei ricavi derivanti dalla cessione di spazi pubblicitari da parte dell’editore.
Nel caso dei canali Preferred Deals e Open Auction, l’editore (ALFA) non ha contezza dell’uso di criteri di targeting basati sui dati personali degli utenti, con la conseguenza che non è in grado di qualificare se e quanta parte di pubblicità possa considerarsi “mirata”.
Pertanto, a parere dell’istante, l’indistinto assoggettamento a ISD di tutti i ricavi da pubblicità programmatic (includendo Preferred Deals e Open Auction) potrebbe tradursi nell’inclusione di ricavi che non integrano il presupposto impositivo, dando luogo a censure di legittimità costituzionale.
Peraltro, una tassazione generalizzata in capo all’editore di tutti i ricavi da pubblicità programmatic genererebbe un effetto distorsivo rispetto all’applicazione dell’ISD da parte dell’AD Network. Quest’ultimo soggetto, infatti, ha il controllo della profilazione della pubblicità commercializzata e può applicare l’ISD solo sui ricavi derivanti dallo sfruttamento dei dati dell’utente.
In merito al Secondo Quesito, l’istante ritiene che l’ISD debba essere applicata solo ai ricavi derivanti da pubblicità basata sulla geolocalizzazione individuata facendo riferimento a dati che l’utente accetta di mettere a disposizione.
Soltanto in tal caso si realizzerebbe quella partecipazione dell’utente alla creazione del valore che, come evidenziato in Circolare, rappresenta l’elemento caratterizzante i servizi digitali.
I ricavi derivanti da pubblicità che sfrutta la geolocalizzazione in base all’ISP dovrebbero, invece, rimanere esclusi dal tributo in esame, proprio in ragione della mancanza di una partecipazione o un contributo da parte dell’utente.
In conclusione, quindi, ALFA ritiene che debbano essere esclusi dalla base imponibile dell’ISD i ricavi derivanti dalla pubblicità:
– programmatic realizzata attraverso i canali ” Preferred Deal” e ” Open Auction“;
– basata sulla geolocalizzazione da ISP.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’imposta sui servizi digitali è stata introdotta dall’articolo 1, commi da 35 a 50, della legge di bilancio 2019, come modificato dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160(legge di bilancio 2020). Le modalità applicative dell’imposta sono state ulteriormente disciplinate dal citato Provvedimento del 15 gennaio 2021, oltre che oggetto di chiarimenti interpretativi resi con la menzionata Circolare.
L’ambito di applicazione soggettivo del tributo è caratterizzato da un duplice criterio identificativo: lo svolgimento di attività d’impresa e il contestuale superamento di due soglie dimensionali.
Riguardo a tale ultimo requisito, il citato comma 36 della norma primaria, replicato nel punto 1, lettera b) del Provvedimento, richiede che l’esercente l’attività d’impresa, singolarmente o a livello di gruppo, nell’anno solare antecedente a quello di determinazione della base imponibile, consegua:
a) un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750.000.000 euro (c.d. “prima soglia”); e
b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a 5.500.000 euro (c.d. “seconda soglia”).
Una volta riscontrata la qualifica di soggetto passivo del tributo, la base imponibile è costituita dai ricavi derivanti dai servizi digitali individuati dal comma37, articolo 1, della normativa primaria.
Nello specifico, si considerano servizi digitali rilevanti ai fini dell’ISD:
a) la veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
b) la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
c) la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
La qualificazione di un servizio come digitale rileva sia ai fini del riscontro del superamento della seconda soglia (nell’anno n-1), sia ai fini della determinazione della base imponibile (nell’anno n).
Per quanto concerne la fattispecie rappresentata in istanza, il servizio reso da ALFA è riconducibile a quello di veicolazione di pubblicità mirata indicato sub a).
Infatti, come disposto dal Provvedimento, ” per “veicolazione” s’intende quel servizio specifico delle interfacce digitali che trasferiscono su siti di terzi o ospitano pubblicità mirata, percependo un corrispettivo per tale intermediazione o per tale prestazione”.
Come ulteriormente precisato in Circolare, l’attività di veicolazione, quindi, include anche la cessione di spazi pubblicitari da parte dei cosiddetti publisher, tra i quali è annoverabile ALFA.
Tanto premesso, con riferimento al Primo Quesito, si osserva quanto segue.
Nell’ambito della compravendita di spazi pubblicitari, la stessa Circolare prende in considerazione proprio l’ipotesi del programmatic advertising, in cui la cessione non avviene direttamente tra editore e inserzionisti, ma avvalendosi di diversi intermediari, secondo schemi negoziali e modalità tecnologiche in continua evoluzione.
Più precisamente, nella Circolare si chiarisce che la veicolazione intesa nell’accezione di pubblicità “ospitata” richiede che l’utente (consumatore o impresa) acceda con il proprio dispositivo all’interfaccia digitale ove la pubblicità mirata è ospitata (es: sul sito del publisher) per apparire sul dispositivo dell’utente stesso.
Quando, inoltre, vi è anche veicolazione intesa quale intermediazione, è necessaria la ulteriore presenza di altra interfaccia digitale (o anche più di una) ove accedono gli utenti (ossia l’acquirente ed il venditore, in conto proprio o in conto terzi, della pubblicità mirata). In particolare, nel documento di prassi viene menzionato il caso (analogo a quello oggetto di istanza) in cui, nella veicolazione di pubblicità mirata, intervengano sia Ad Network, sia Ad Exchange.
L’esistenza di una pluralità di operatori coinvolti nella veicolazione della pubblicità mirata non consente di per sé di escluderne qualcuno dall’applicazione del tributo, rimanendo tutti soggetti passivi dell’ISD qualora ne integrino i presupposti.
Sul punto, la circolare fornisce chiarimenti per eliminare eventuali fenomeni di doppia o plurima imposizione (cosiddetti “effetti a cascata”) in sede di determinazione della base imponibile.
Occorre, altresì, rilevare che non tutta l’attività di veicolazione della pubblicità rientra nell’ambito di applicazione della ISD.
La normativa primaria circoscrive, infatti, l’ambito applicativo dell’imposta alle sole prestazioni che riguardano la “pubblicità mirata”, ossia i messaggi pubblicitari collocati su un’interfaccia digitale in funzione dei dati relativi a un utente che accede a tale interfaccia.
Al riguardo, la circostanza che ALFA non abbia il controllo della profilazione dell’utente nell’ambito dei canali Preferred Deal e Open Auction, non vale a escludere che la prestazione riguardi pubblicità mirata.
Tale circostanza, infatti, prescinde dalla immediata consapevolezza in capo all’editore dello sfruttamento dei dati inerenti agli utenti, riguardando la circostanza oggettiva che i messaggi pubblicitari siano o meno profilati rispetto ai soggetti che accedono all’interfaccia.
Stante la necessità, imposta dalla normativa primaria, di verificare se il servizio offerto dal publisher è qualificabile quale veicolazione di pubblicità mirata, le informazioni sulla profilazione dell’utente possono essere oggetto di puntuali pattuizioni negoziali, ovvero di specifica richiesta all’inserzionista o alla DSP che gestisce il targeting e acquisite, seppure in un secondo momento, per ricostruire correttamente la quota parte di ricavi derivanti da servizi digitali rilevanti ai fini dell’ISD.
In sede di interpello, peraltro, tale riscontro non può essere operato, involgendo esami fattuali estranei alla funzione consulenziale dell’amministrazione ed esperibili solamente in sede di controllo.
Si ritiene, quindi, che l’istante, in qualità di editore, renda un servizio digitale ai sensi dell’articolo 1, comma 37, lettera a), della legge di bilancio 2019 in tutti i casi in cui il servizio offerto sia oggettivamente qualificabile come veicolazione di pubblicità mirata, e sia soggetto passivo d’imposta in relazione ai ricavi che ne derivano.
L’effettiva ricorrenza di tale circostanza e l’idoneità delle misure di due diligence poste in essere dall’operatore al fine di verificare la natura della pubblicità veicolata sullo spazio da esso messo a disposizione sono questioni di fatto che non possono essere riscontrate in sede di interpello.
Quanto al Secondo Quesito, nella Circolare si precisa come, nell’ambito della pubblicità mirata, rilevano i dati degli utenti che riguardano aspetti relativi alla vita degli stessi, quali preferenze, gusti, comportamenti (compresi quelli digitali, come gli acquisti o la digitazione di ricerche su motori di ricerca), nonché ubicazione geografica.
Tra gli esempi di pubblicità mirata riportati nel documento di prassi, si cita espressamente il targeting geografico, che consente di offrire annunci agli utenti in base alla loro posizione ricavata attraverso gli indirizzi IP, l’uso di una connessione wifi e i dati GPS (cfr. par. 3.1).
Rilevano, quindi, per la qualificazione della pubblicità come mirata, i dati sulla geolocalizzazione che siano raccolti tramite l’ISP, quali, ad esempio, l’Internet Protocol del dispositivo, a prescindere dal fatto che l’utente ne abbia consapevolezza e indipendentemente dall’accuratezza della posizione geografica rilevata.
Inoltre, la geolocalizzazione dell’utente può essere ricavata anche applicando metodi induttivi che non garantiscono una puntuale individuazione della posizione geografica, esponendosi a margini di approssimazione.
Non si condivide, quindi, l’impostazione dell’istante secondo cui la geolocalizzazione può essere stabilita solo in base ai dati espressamente forniti dall’utente.
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