La normativa sostanziale di riferimento è contenuta nell’articolo 43 del D.P.R. 600/1973, come modificato dall’articolo 1, della Legge 208/2015, in vigore dal 1 gennaio 2016, a mente del quale gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. In caso di omessa presentazione del modello redditi o di presentazione della dichiarazione nulla,l’avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Pertanto in base al predetto art. 43 fino alla scadenza dei termini di decadenza l’avviso di accertamento da parte dell’ufficio può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle Entrate. Vi è l’obbligo, a pena di nullità, della specifica indicazione dei nuovi elementi sopravvenuti.
L’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della CTR proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Amministrazione finanziaria riaffermando in tema di accertamento delle imposte sui redditi, i dati non ancora in possesso dell’ufficio fiscaleche ha emesso l’avviso di accertamento al momento dell’adozione di esso costituiscono, ai sensi dell’articolo 43, comma 3, del D.P.R. 600/1973, elementi sopravvenuti che legittimano l’integrazione o la modificazione in aumento dell’avviso di accertamento, mediante notificazione di nuovi avvisi.
Per i giudici di legittimità “dovendosi limitare il contenuto preclusivo della norma al solo divieto di fondare il suddetto avviso integrativo sulla base di una mera rivalutazione o di un maggior apprendimento di dati già originariamente in possesso dell’ufficio procedente (Sez. 5, n. 576 del 15/01/2016).” Per la Corte Suprema inoltre “in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale. (Sez. 5, n. 15824 del 29/07/2016; Sez. 6 – 5, n. 25271 del 28/11/2014).”
Inoltre, sempre in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale.