La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18372 depositata il 27 giugno 2023, intervenendo in tema di licenziamento di un dipendente pubblico per assenze ingiustificate, ha statuito che “… anche a fronte di una fattispecie legale quale quella di cui all’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001, nel valutare la legittimità della sanzione irrogata dall’Amministrazione, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle mancanze previste dalla norma, il licenziamento non è una conseguenza automatica e necessaria, conservando l’amministrazione il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, di graduare la sanzione da irrogare, potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento. …”
La vicenda ha riguardato una dipendente di un Comune assunta con contratto a tempo determinato ed a tempo parziale che veniva licenziata a seguito di un totale di 13 giorni di assenza nell’arco di un anno. La lavoratrice impugnava il licenziamento ed adiva al Tribunale. I giudici di prime cure respingeva il ricorso ritenendo che la mera richiesta di ferie non autorizzasse il dipendente ad assentarsi dal lavoro senza prima attendere la risposta dell’Amministrazione datrice. Avverso la decisione del Tribunale la dipendente proponeva ricorso in appello. I giudici di appello confermavano la decisione del Tribunale. Inoltre la Corte di Appello escludeva che la condotta della dipendente fosse connotata da buona fede atteso che costei poteva vantare “un credito di ferie di soli 4 giorni ed inoltre la dipendente non aveva provato la sussistenza di idonee giustificazioni delle proprie assenze. . La lavoratrice impugnava la sentenza della Corte di Appello con ricorso in cassazione fondato su cinque motivi.
Gli Ermellini accolgono i primi tre motivi di ricorso e rigetta gli altri.
Per i giudici di legittimità “… Il giudizio sulla proporzionalità e gravità del licenziamento non può mai essere implicito, anche là dove il fatto addebitato non sia ascrivibile a mera negligenza del lavoratore per essere la relativa condotta connotata, come nella specie, da una chiara consapevolezza dell’arbitrarietà della stessa.
Questa Corte ha evidenziato come anche a fronte di una fattispecie legale quale quella di cui all’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001, nel valutare la legittimità della sanzione irrogata dall’Amministrazione, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle mancanze previste dalla norma, il licenziamento non è una conseguenza automatica e necessaria, conservando l’amministrazione il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, di graduare la sanzione da irrogare, potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento.
Sul punto si è affermato (Cass. 19 settembre 2016, n. 18326; Cass. 24 maggio 2021, n. 14199; Cass. 15 febbraio 2023, n. 4800), con statuizione alla quale si intende dare continuità, che la suddetta norma cristallizza, dal punto di vista oggettivo, la gravità della sanzione prevedendo ipotesi specifiche di condotte del lavoratore, mentre consente la verifica, caso per caso, della sussistenza dell’elemento intenzionale o colposo, ossia la valutazione se ricorrono elementi che assurgono a scriminante della condotta. Ferma la tipizzazione della sanzione disciplinare (licenziamento) una volta che risulti provata la condotta, permane la necessità della verifica del giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso. …”
Inoltre viene precisato nella sentenza in commento che sulla base dell’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001 (anche alla luce dello sfavore manifestato dalla giurisprudenza costituzionale rispetto agli automatismi espulsivi ), il licenziamento non può essere automatico e necessario, esistendo in capo al datore di lavoro pubblico il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, di graduare la sanzione da irrogare, potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento.