La Corte di Cassazione sez. Tributaria con l’ordinanza n. 18388 del 31 luglio 2013 intervenendo in tema di accertamento sintetico ha statuito che è illegittimo l’accertamento basato sul redditometro notificato alla contribuente a carico del marito che dichiara al fisco un reddito elevato. Fra l’altro a queste condizioni è del tutto irrilevante che la donna, negli anni in cui non ha dichiarato redditi, abbia acquistato un immobile e iniziato a pagare le rate del mutuo.
Gli Ermellini hanno quindi accolto il ricorso di una contribuente alla quale era stato notificato un accertamento. Ribaltato il verdetto espresso dalla Commissione Tributaria Regionale che aveva invece ritenuto legittimo l’atto impositivo.
I giudici della Commissione Tributaria Regionale pronunciandosi sull’impugnativa di un avviso di accertamento IRPEF ex art. 38 D.P.R. n. 600/73, che aveva determinato in 27 mila euro il reddito della contribuente per l’anno 2002, accertava tale reddito nella misura di 18 mila euro. Il giudice dell’appello ha ritenuto inattendibile la situazione reddituale presentata dalla ricorrente (una casalinga) per gli anni 2001-2005, considerando parzialmente probante la documentazione allagata al ricorso e, in definitiva, ritenendo che per i predetti anni la stessa avesse realizzato un reddito inferiore a quello accertato col redditometro, ma non inferiore a quello del di lei marito (accertato in sentenza in euro 18 mila l’anno)
Sulla questione i giudici di legittimità hanno evidenziato come il nucleo della motivazione della sentenza di secondo grado consiste nell’affermazione che la contribuente, non avendo mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi per gli anni contestati, non disponeva di alcun reddito in questo periodo o comunque disponeva di un reddito familiare modesto. Da tale accertamento di fatto il giudice trae la conseguenza che, pur tenendo conto di quanto dedotto dalla contribuente con riferimento alla stipula di un mutuo, ai riscatti di polizze e ad altri disinvestimenti effettuati contestualmente, risulterebbe non provato come la donna potesse, in assenza di redditi personali, sostenere il servizio del mutuo.
La Suprema Corte su tale assunto afferma che “a prescindere dall’illogicità insita nell’argomentazione che pretende di desumere la presenza di redditi personali della contribuente nell’anno 2002 dal fatto che questa ha iniziato nel 2005 a sostenere le spese di servizio del mutuo e di mantenimento dell’immobile, appare comunque decisiva la considerazione che l’accertamento di fatto contenuto nella sentenza secondo cui il reddito familiare della contribuente negli anni dal 2001 al 2005 sarebbe ammontato a 18 mila euro contrasta con la circostanza menzionata dalla prima sentenza e cioè che dai modelli di dichiarazione dei redditi presentati per gli anni 2004 e 2005 dal coniuge della contribuente, e da quest’ultima prodotti nel giudizio di primo grado, emergerebbe che i redditi da quello dichiarati per i suddetti anni sarebbero ammontati, rispettivamente, ad € 79.060 e ad € 79.907”.
Tale circostanza, evidentemente decisiva ai fini dell’accertamento del reddito familiare della contribuente per il periodo dal 2001 al 2005, è stata totalmente ignorata dalla sentenza gravata. L’insufficiente motivazione sul punto ha quindi determinato l’accoglimento del ricorso, con rinvio al giudice del merito per nuovo esame.
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