Procedure concorsuali – Fallimento – Ammissione credito al passivo fallimentare – Rigetto – Fattispecie
In fatto e in diritto
1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che, con unico articolato motivo di ricorso ritualmente notificato, M.R.S. ha chiesto la cassazione del decreto depositato in data 2 dicembre 2013 con cui il Tribunale di Como ha rigettato l’opposizione da lei proposta avverso il rigetto dell’ammissione del proprio credito al passivo del fallimento della società F.S. di S.T., A., C. E G. S.N.C. nonché dei soci illimitatamente responsabili S.A., C. E G.;
che la curatela fallimentare resiste con controricorso nel quale chiede la declaratoria di inammissibilità e di infondatezza dell’avverso gravame;
considerato che il motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. per avere il Tribunale violato l’art. 2704 cod. civ. negando che le due scritture depositate in atti (raccomandata a mano con richiesta di pagamento delle proprie spettanze del 21 aprile 2007 e documento a firma A.S. del 29 novembre 2007 contenente un’asserita ricognizione del debito) avessero data certa e fossero opponibili al fallimento quali atti interruttivi della eccepita prescrizione del diritto di credito azionato dalla ricorrente; ritenuto che il Tribunale pare aver fatto retta applicazione di un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui, nella verifica del passivo fallimentare, l’accertamento dell’anteriorità della data della scrittura privata che documenta la pretesa creditoria è soggetto alle regole dell’art. 2704, primo comma, cod. civ., essendo il curatore terzo rispetto ai creditori concorsuali e allo stesso fallito, e la questione può essere rilevata d’ufficio dal giudice (Sez. U, Sentenza n. 4213 del 20/02/2013; Sez. 1, Sentenza n. 13282 del 26/07/2012), di talché -tenendo presente che, ai fini interruttivi, l’accertamento della data dell’atto (qualunque sia la sua natura giuridica) riveste rilevanza centrale- corretta appare la declaratoria di inutilizzabilità delle scritture richiamate in ricorso ai fini dell’interruzione del termine della dichiarata prescrizione del credito azionato; che la allegazione di un effetto interruttivo ricavabile da altri documenti versati in atti (bilanci, CUD, mastrini) sembra parimenti inammissibile per difetto di specificità dell’allegazione, in violazione dei requisiti previsti dall’art. 366, primo comma, n. 6) e dall’art. 369, secondo comma n. 4) c.p.c., non avendo la ricorrente riportato, né specificamente indicato, i documenti cui fa riferimento per argomentare la fondatezza delle sue censure, così da non consentire a questa Corte di procedere alla verifica di quanto lamentato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012);
che, pertanto, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ. per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato.”
2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letta la memoria di parte ricorrente e sentite le parti, condivide la proposta del relatore. Non condivisibile, al contrario, si mostra il principio, esposto anche in memoria dalla ricorrente, secondo cui la prova della data degli atti interruttivi in questione si avrebbe nel momento in cui il documento è stato unilateralmente formato. Ciò varrebbe ad esonerare l’opponente dal provare un elemento essenziale della pretesa creditoria da lei effettuata nei confronti della massa, cioè dei terzi: l’essere stata la eccepita prescrizione del suo diritto utilmente interrotta con atto scritto (avente tale inequivoco contenuto) compiuto nella data ivi indicata, non risultando d’altra parte tale riferimento temporale in alcun modo provato in atti.
Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della parte soccombente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore della Curatela resistente delle spese di questo giudizio, in € 2.800,00 (di cui € 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.
Dà inoltre atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.