CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 dicembre 2017, n. 29058
Licenziamento disciplinare – Allontanamento dal punto vendita durante l’orario – Comportamento di sviamento della clientela – Varietà dei comportamenti inadempienti e loro concentrazione in un breve lasso di tempo – Assenze in prossimità dell’inizio o della fine del turno – Riduzione arbitraria dell’orario di lavoro
Fatti di causa
Con sentenza dell’8 ottobre 2015, la Corte d’Appello di L’Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Teramo, rigettava la domanda proposta da R. M. nei confronti di G. Italy S.r.l.., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli per condotte concretatesi nell’allontanamento dal punto vendita cui era addetto durante l’orario di servizio per consumare alimenti, nella scorretta gestione dei rapporti con i clienti, nel ritardato inizio del turno di lavoro.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto irrilevante in relazione ai tempi di assenza l’invocata prassi legittimante assenze per pause protratte per qualche minuto; sussistente l’addebitato comportamento di sviamento della clientela; non valorizzarle al fine di escludere il consistente ritardo nell’inizio del turno di lavoro il giorno 9.6.2011, la circostanza dell’individuazione nel regolamento aziendale di fasce orarie significative ai fini della presenza del personale nella specie osservate dal lavoratore; sussistente in relazione alla varietà dei comportamenti inadempienti e della loro concentrazione in un breve lasso di tempo l’invocato giustificato motivo. Per la cassazione di tale decisione ricorre il M., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società, che ha poi presentato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 I. n. 604/1966 e degli artt. 2697 e 2729 c,c., imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova per aver ritenuto sussistente l’addebito concernente le assenze sistematiche a fronte di rare e non dimostrate situazioni di abuso del riconosciuto diritto all’allontanamento nonché quello relativo alla gestione infedele della clientela a fronte di una incerta ricostruzione della vicenda e per essere stato da ciò condizionata nella valutazione del ritardo del giorno 9.6.2011.
Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 , 2106 e 1375 c.c., contesta il giudizio di proporzionalità tra la sanzione irrogata e gli addebiti mossi, assumendone la difformità rispetto ai criteri accolti da questa Corte e comunque stigmatizza la ritenuta irrilevanza della malafede della Società.
Il primo motivo si appalesa infondato, non ravvisandosi alcuna delle denunciate violazioni delle regole sull’onere della prova, atteso che il convincimento maturato dalla Corte territoriale in ordine alla raggiunta dimostrazione dei fatti addebitati, quantomeno nella loro consistenza materiale, risulta fondato sulla valutazione dei mezzi istruttori offerti dalla Società datrice e nei limiti delle loro risultanze, ove si consideri che i rilievi mossi dal ricorrente circa il superamento dei medesimi derivano dal travisamento delle argomentazioni di cui alla motivazione dell’impugnata sentenza; ciò in quanto la sistematicità rilevata dalla Corte territoriale relativamente al primo addebito risulta riferita non alle assenze in sé, così da indebitamente connotare le stesse in termini di maggiore gravità, quando viceversa la Corte medesima ha correttamente tenuto conto dei soli episodi oggetto della contestazione, bensì al fatto che le stesse assenze avessero luogo sempre in prossimità dell’inizio o della fine del turno, con riduzione arbitraria dell’orario di lavoro, non giustificata da alcuna prassi contraria, mentre il riferimento dalla stessa Corte operato alla circostanza per cui il ricorrente non era stato in grado di fornire alcuna spiegazione alternativa degli episodi qualificati come di sviamento della clientela, lungi dall’essere assunto come elemento probante del carattere illecito degli stessi, vale esclusivamente a corroborare il convincimento in ordine all’equivocità del contegno del ricorrente stesso nella gestione della clientela maturato dalla Corte territoriale in relazione a quanto accertato dalla stessa in ordine allo svolgimento degli episodi medesimi e sufficiente a fondarne la valutazione di illiceità degli stessi.
Parimenti infondato si rivela il secondo motivo, atteso che, mentre, quanto al controllo cui la Società ha sottoposto l’attività del ricorrente, appare logica, a fronte della non ravvisabilità di elementi tali da indurre a riconoscerne, come si prospetta nel ricorso, il carattere subdolo e strumentale al fine di espellere il ricorrente, la ritenuta irrilevanza da parte della Corte territoriale della malafede della Società datrice, il giudizio di proporzionalità del tutto plausibilmente mira a valorizzare, ai fini della valutazione del venir meno del vincolo fiduciario, la gestione disinvoltamente autonoma della propria prestazione lavorativa da parte del ricorrente, correttamente desunta dalla varietà e concentrazione temporale delle mancanze addebitate, suscettibile di riflettere un generale atteggiamento di renitenza alla disciplina aziendale, non recuperabile sul piano del rapporto e dell’impatto sull’ambiente di lavoro.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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