La Corte di Cassazione con la sentenza n. 13312 del 29 maggio 2013 interviene in merito al trattamento dei “premi” di fine anno che il fornitore concede ai clienti affiliati (non soci) che hanno raggiunto determinati “target” in volumi di acquisti non sono soggetti a Iva (ai sensi dell’art. 2 co. 3 lett a) del dPR n. 633/72) poiché sono concretizzati in cessioni di crediti in denaro (“definite dalla prassi commerciale con il nome di ristorno differito o premio di fedeltà”, come ha affermato lo stesso contribuente nel ricorso). La Corte ha ricordato che la procedura di variazione prevista dall’art. 26 co. 2 del dPR n. 633/72 , con la quale il fornitore può rettificare l’imponibile e l’imposta, va applicata solo in caso di “abbuoni o sconti previsti contrattualmente”. Nella fattispecie il giudice di prime cure aveva escluso per le operazioni oggetto di controversia una previsione contrattuale inerente tali “premi”. Per cui non è ammissibile l’emissione di una nota di credito in proposito da parte del contribuente; è stato quindi corretto l’accertamento che aveva recuperato maggior Iva.
Gli Ermellini si sono occupati anche del trattamento della differenza tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita, sostenendo che non costituisce un’autonoma provvigione per l’attività di intermediazione commerciale svolta, in virtù del nesso di accessorietà previsto dall’art. 12 del DPR n. 633/1972 e, soprattutto, della nozione di prestazione unitaria desumibile dall’art. 11,comma 2, lett. b) della VI Direttiva comunitaria. La norma da ultimo richiamata comprende nella medesima base imponibile, le spese accessorie addebitate all’acquirente da parte del cedente con riferimento a prestazioni che non costituiscono per il cliente un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni della prestazione principale , in regime di dipendenza funzionale, onde ottenere una prestazione economica unica , indissociabile e solo artificiosamente scomponibile (Corte di Giustizia UE,causa C-88/09 e C-572/05), quale è, appunto, la rivendita di merci a prezzo maggiorato mediante “contributo spese”.In senso conforme depone anche l’art. 13 del DPR n.633/1972, per effetto del quale il corrispettivo pattuito con il committente deve essere considerato globalmente ed integralmente come prezzo dell’operazione economica (Cass. n.14780/2011), comprensivo delle spese di produzione del servizio.
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