Corte di Cassazione sentenza n. 3536 del 13 febbraio 2013
CONGEDO PARENTALE – PREAVVISO AL DATORE DI LAVORO – CCNL – ASSENZA INGIUSTIFICATA – ASTENSIONE FACOLTATIVA
massima
______________
Il genitore, che intende ottenere il congedo parentale è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni.
______________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Perugia, riformando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda di M. D., proposta nei confronti della società E. in epigrafe, avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento intimatole da detta società.
La Corte del merito, premesso che risultava pacifico che la D. al termine del periodo di astensione post partum (18.1.2008), non aveva ripreso servizio e che aveva omesso d’informare il datore di lavoro del congedo che intendeva richiedere, informazione che avrebbe dovuto ex art. 32 D.Lgs. n. 151 del 2001 dare con preavviso di almeno quindici giorni, riteneva che la società del L. legittimamente aveva considerate ingiustificate le assenze dal 15.1.2008, rectius dal 18.1.2008. Né, sottolineava la predetta Corte, vi era elemento idoneo a suffragare la tesi della lavoratrice secondo la quale ella aveva informato la società dell’assenza, così come non era risultato dimostrato che la stessa aveva, così come sostenuto, presentato all’INPS richiesta di astensione facoltativa in data antecedente la lettera di contestazione. Pertanto, asseriva la Corte territoriale, la protratta assenza ingiustificata anche della lavoratrice madre dove considerarsi giusta causa di licenziamento. Le lettere di contestazione, rilevava, poi, la Corte del merito facevano ambedue riferimento alla carenza di giustificazione dell’assenza come attestato dalle successive giustificazioni del la D. che allegò di aver presentato domanda all’INPS di astensione facoltativa adducendo che il timbro sulla data di ricezione era stato imposto con notevole ritardo.
Avverso questa sentenza la D. ricorre in cassazione sulla base di cinque censure.
Resiste con controricorso la parte intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’eccezione, sollevata dalla parte resistente, secondo la quale il ricorso avverso sarebbe inammissibile non dando conto della ratio decidendi della sentenza impugnata.
Invero, poiché l’ammissibilità del ricorso, ai fini di cui trattasi, va valutata con riferimento al contenuto complessivo dell’atto, rileva la Corte che la ratio decidendi della sentenza di appello è desumibile in modo esaustivo dalla parte argomentativa del ricorso dove si dà atto,in relazione alle singole censure, delle ragioni giuridiche e di fatto poste a base della sentenza in parola.
Con la prima censura la ricorrente, deducendo violazione dell’art. 54 DLgs n. 151/2001 nel combinato disposto con l’art. 3 DPR n. “1026/1976 in correlazione con l’art. 169 CCNL settore turistico del 22.7.2003, allega che la Corte di Appello ha omesso di ricondurre la concreta dinamica della fattispecie allo schema previsto dalla norma collettiva (art. 169;che prevede il ripristino del rapporto nel caso in cui la lavoratrice, nel termine di novanta giorni, presenta il documento attestante il suo diritto alla conservazione del posto. Assume, inoltre, che la Corte del merito ha errato nel non ricondurre l’atto di recesso al suo presupposto storico e cioè alla domanda di congedo.
La censura è infondata.
Innanzitutto la questione concernente l’invocata applicazione del CCNL è del tutto nuova poiché, difettando la specificazione da parte della ricorrente di averla tempestivamente sottoposta al giudice del merito, (indicando i termini e l’atto processuale in cui è stata sollevata la tematica) e non essendo trattata nella sentenza impugnata, va considerata come sollevata per la prima volte in sede di legittimità e come tale è inammissibile (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).
Ma anche voler ritenere superabile siffatta causa d’inammissibilità osta all’esame della deduzione il mancato rispetto della prescrizione d’i cui all’art. 366 cpc n. 6 che impone di specificare in quale atto processuale è stato prodotto il CCNL (Cass. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. 23 settembre 2009 n. 20535, Cass. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161 e Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726) e tanto anche in funzione di quanto dispone l’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. prevedente, quale ulteriore requisito di procedibilità del ricorso, la produzione integrale del CCNL in socie di legittimità.
Relativamente al secondo profilo della censura in esame è sufficiente rilevare che la Corte del merito ha ricondotto la fattispecie per cui è causa alla ipotesi di assenza ingiustificata risultando la domanda di congedo presentata in epoca successiva alla contestazione e per porre rimedio all’addebito.
Pertanto il fatto storico non è, secondo l’accertamento di fatto condotto dalla Corte del merito in base ad un apprezzamento sorretto da adeguata motivazione e come tale sottratto al sindacato di questa Corte, la “domanda di congedo”, bensì l’ “assenza ingiustificata”.
Con la seconda critica la ricorrente, prospettando violazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 in correlazione con l’art. 169 CCNL del settore Turismo del 22.7.2003, sostiene che la Corte del merito ha violato il sistema di sanatoria previsto dalla Corte collettiva. Anche questa censura è inammissibile.
Valgono in proposito i rilievi svolti in precedenza circa la mancata osservanza, in riferimento alla dedotta violazione del CCNL, dell’art. 366 c.p.c. n. 6 in funzione altresì della prescrizione di cui all’art. 369, comma 2, n. 4.
Con la terza censura la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1175, 1375, 1363, 1364, 1366, 1365, 1371 c.c. in correlazione con l’art.128 CCNL del settore Turismo del 22.7.2003, assume l’erroneità della sentenza impugnata per aver la Corte di Appello:
1. ritenuto che le lettere del 19.1.2008 e del 5.2.2008 costituiscono contestazioni disciplinari senza considerare che queste non contenevano come oggetto “contestazione disciplinare” e non indicavano, in spregio al denunciato art. 128 n. 3 del CCNL, il termine entro il quale presentare le giustificazioni;
2. violato il principio della immutabilità della contestazione e quello della corrispondenza tra fatto contestato e addebito della contestazione facendo riferimento, la lettera di licenziamento ad un tema del tutto nuovo – ossia alla non conformità delle procedure adottate dalla lavoratrice a quanto previsto dalla legge in materia – non dedotto nelle precedenti missive;
3. non rispettate le denunciate norme di ermeneutica contrattuale, così come integrate dall’art. 128 del CCNL, nel collegare le varie dichiarazioni negoziali del procedimento disciplinare. Con la quarta critica la ricorrente, sostenendo difetto di motivazione, asserisce la insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in punto di ritenute giustificazioni da parte della lavoratrice e di chiaro contenuto delle comunicazioni qualificate come contestazioni delle missive datoriali.
Le censure, che in quanto strettamente connesse dal punto di vista logico e giuridico vanno trattate unitariamente, sono nei termini di seguito indicati fondate.
Innanzitutto va dichiarato inammissibile il profilo della censura con il quale si assume la violazione di norme del CCNL non risultando, come già sottolineato, rispettate la prescrizione dell’art. 366 cpc n. 6 in funzione altresì della disposizione di cui all’art. 369, comma 2, n. 4, Tanto rilevato ritiene questa Corte che il giudice di appello nel collegare le missive, qualificate come contestazioni disciplinari, aventi ad oggetto l’addebito dell’assenza ingiustificata, alla lettera di licenziamento, nella quale il recesso viene intimato perché “le procedure da lei adottate non sono conformi a quanto previsto dalla legge. In materia, violando il denunciato art. 1364 c.c. non ha considerato il distinto oggetto, tenuto conto del tenore letterale delle parole usate (Cass. 16 gennaio 1986 n.250) sul quale si è formata la volontà datoriale, nelle prime rispetto alla seconda, incorrendo in tal modo,altresì, nella violazione del principio della immutabilità della contestazione. Questo, infatti, preclude al datore di lavoro di far valere, a sostegno della legittimità del licenziamento, circostanze diverse rispetto a quelle contestate dovendosi garantire l’effettivo diritto di difesa che la normativa sul procedimento disciplinare, di cui all’art. 7 della legge n. 300 del 1970, assicura al lavoratore incolpato.
Né la Corte di appello dà conto adeguatamente dell’iter argomentativo posto a base dell’assunto secondo il quale la ricorrente presentò le sue giustificazioni in risposta alle missive e di come dette giustificazioni fossero riferibili a tali missive e, quindi, al precipuo oggetto delle stesse.
La sentenza impugnata va quindi cassata, rimanendo nell’esaminato profilo assorbiti, e gli altri, e il quinto motivo che, articolato in via subordinata, attiene al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia comunitaria per violazione della disciplina posta a tutela della maternità.
In conclusione, il terzo ed il quarto motivo vanno accolti per quanto di ragione, il quinto dichiarato assorbito e gli altri rigettati.
In relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio, anche per le spese dei giudizio di legittimità alla Corte di Appello indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie in parte il terzo ed il quarto motivo, dichiara assorbito il quinto, rigetta gli altri e cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio dì legittimità alla Corte di Appello di Roma.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 25 febbraio 2021, n. C-129/20 - L’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE, devono essere interpretate nel senso che esse…
- Modifiche alle disposizioni in materia di congedo di paternità obbligatorio e congedo parentale introdotte dal decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105 - Istruzioni per la compilazione del flusso Uniemens - INPS - Messaggio n. 659 del 13 febbraio 2023
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6782 depositata il 14 marzo 2024 - In tema di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la rinuncia del datore di lavoro al periodo di preavviso, a fronte delle dimissioni del lavoratore, non fa sorgere…
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 8 maggio 2019, n. C-486/18 - Quando un lavoratore assunto a tempo indeterminato e in regime di tempo pieno è licenziato nel momento in cui beneficia di un congedo parentale a tempo parziale, detto lavoratore riceva…
- Rilascio degli aggiornamenti procedurali per la presentazione delle domande di congedo parentale dei lavoratori dipendenti (fruizione giornaliera e oraria) del settore privato e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata, nonché per le domande di…
- Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- In caso di errori od omissioni nella dichiarazione
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10415 depos…
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…