Corte CE-UE

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione sesta, sentenza n. 175 depositata il 13 marzo 2025 nella causa C-640/23 – Gli articoli 168 e 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 non ostano a una normativa o a una prassi amministrativa nazionale che non consente a un soggetto passivo di ottenere la detrazione dell’IVA pagata a monte su un’operazione che, a seguito di una verifica fiscale, è stata riqualificata dall’amministrazione tributaria come operazione non soggetta all’IVA, anche quando risulta impossibile o eccessivamente difficile per tale soggetto passivo ottenere, da parte del venditore, il rimborso dell’IVA così indebitamente pagata. Tali principi richiedono tuttavia che, in una situazione del genere, detto soggetto passivo possa rivolgere la sua domanda di rimborso direttamente all’amministrazione tributaria

Gli articoli 168 e 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 non ostano a una normativa o a una prassi amministrativa nazionale che non consente a un soggetto passivo di ottenere la detrazione dell'IVA pagata a monte su un'operazione che, a seguito di una verifica fiscale, è stata riqualificata dall'amministrazione tributaria come operazione non soggetta all'IVA, anche quando risulta impossibile o eccessivamente difficile per tale soggetto passivo ottenere, da parte del venditore, il rimborso dell'IVA così indebitamente pagata. Tali principi richiedono tuttavia che, in una situazione del genere, detto soggetto passivo possa rivolgere la sua domanda di rimborso direttamente all'amministrazione tributaria

Processi decisionali completamente automatizzati, compresa la profilazione, diritti dell’interessato ed obblighi del titolare

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, prima sezione, con la sentenza del 27 febbraio 2025 nella causa n. C-203/22, intervenendo in tema di rispetto della protezione dei dati personali di cui all'art. 15 del Regolamento (UE) 2016/679 nel processo automatizzato, ha statuito che "1)      L’articolo 15, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento [...]

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Prima Sezione, sentenza del 27 febbraio 2025 nella causa C‑203/22 – In caso di processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento, l’interessato può pretendere dal titolare del trattamento, a titolo di «informazioni significative sulla logica utilizzata», che quest’ultimo gli spieghi, mediante informazioni pertinenti e in forma concisa, trasparente, comprensibile e facilmente accessibile, la procedura e i principi concretamente applicati per utilizzare, con mezzi automatizzati, i dati personali relativi a tale interessato al fine di ottenerne un risultato determinato, come un profilo di solvibilità

In caso di processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento, l’interessato può pretendere dal titolare del trattamento, a titolo di «informazioni significative sulla logica utilizzata», che quest’ultimo gli spieghi, mediante informazioni pertinenti e in forma concisa, trasparente, comprensibile e facilmente accessibile, la procedura e i principi concretamente applicati per utilizzare, con mezzi automatizzati, i dati personali relativi a tale interessato al fine di ottenerne un risultato determinato, come un profilo di solvibilità

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione ottava, depositata il 19 dicembre 2024 nella causa C‑65/23 – L’articolo 88 del regolamento 2016/679 dev’essere interpretato nel senso che qualora un contratto collettivo rientri nell’ambito di applicazione di tale disposizione, il margine di discrezionalità di cui dispongono le parti di tale contratto per determinare il carattere «necessario» di un trattamento di dati personali, ai sensi dell’articolo 5, dell’articolo 6, paragrafo 1, nonché dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, non impedisce al giudice nazionale di esercitare un controllo giurisdizionale completo al riguardo.

L’articolo 88 del regolamento 2016/679 dev’essere interpretato nel senso che qualora un contratto collettivo rientri nell’ambito di applicazione di tale disposizione, il margine di discrezionalità di cui dispongono le parti di tale contratto per determinare il carattere «necessario» di un trattamento di dati personali, ai sensi dell’articolo 5, dell’articolo 6, paragrafo 1, nonché dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, non impedisce al giudice nazionale di esercitare un controllo giurisdizionale completo al riguardo.

Corte di giustizia dell’Unione Europea, Seconda Sezione, Sentenza depositata il 30 gennaio 2025 nella causa C-510/23 – Gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un’autorità nazionale responsabile dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all’impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell’asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell’illecito, e, dall’altro, sanziona l’inosservanza di tale termine con l’annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d’infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest’ultima di avviare una nuova procedura d’infrazione riguardante la stessa pratica

Gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, nell'ambito di un procedimento diretto all'accertamento di una pratica commerciale sleale condotto da un'autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, da un lato, impone a tale autorità di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento, mediante la comunicazione degli addebiti all'impresa interessata, entro un termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui essa viene a conoscenza degli elementi essenziali dell'asserita violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito, e, dall'altro, sanziona l'inosservanza di tale termine con l'annullamento integrale del provvedimento finale di detta autorità in esito alla procedura d'infrazione, nonché con la decadenza dal potere di quest'ultima di avviare una nuova procedura d'infrazione riguardante la stessa pratica

Corte di Giustizia dell’ Unione Europea, ottava Sezione, sentenza depositata il 5 dicembre 2024, Causa C‑680/23 – Non osta a una normativa nazionale la quale prevede che, quando un soggetto passivo cessa la propria attività economica, tale soggetto passivo non possa riportare ad un periodo successivo un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto dichiarata al momento di tale cessazione di attività e possa recuperare tale importo solo chiedendone il rimborso entro un termine di dodici mesi a decorrere dalla data di detta cessazione dell’attività, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività

Non osta a una normativa nazionale la quale prevede che, quando un soggetto passivo cessa la propria attività economica, tale soggetto passivo non possa riportare ad un periodo successivo un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto dichiarata al momento di tale cessazione di attività e possa recuperare tale importo solo chiedendone il rimborso entro un termine di dodici mesi a decorrere dalla data di detta cessazione dell’attività, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. 7, sentenza depositata il 28 novembre 2024, nella causa C‑622/23 – L’importo contrattualmente dovuto in seguito alla risoluzione, da parte del beneficiario di una prestazione di servizi, di un contratto validamente concluso avente ad oggetto la fornitura di tale prestazione di servizi, soggetta all’IVA, che il prestatore aveva iniziato a fornire e che era disposto a completare, deve essere considerato come costituente il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, ai sensi della direttiva IVA

L’importo contrattualmente dovuto in seguito alla risoluzione, da parte del beneficiario di una prestazione di servizi, di un contratto validamente concluso avente ad oggetto la fornitura di tale prestazione di servizi, soggetta all’IVA, che il prestatore aveva iniziato a fornire e che era disposto a completare, deve essere considerato come costituente il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, ai sensi della direttiva IVA

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. 4, sentenza depositata il 21 novembre 2024, nella causa C-297/23 – Affinché possa parlarsi di un comportamento abusivo, da un insieme di elementi oggettivi, deve risultare che le operazioni di cui trattasi hanno come scopo essenziale l’ottenimento di un vantaggio fiscale. Il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio, quale risulta dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, affinché la violazione del diritto di essere ascoltato possa comportare l’annullamento dell’atto in questione, deve sussistere la possibilità che il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato diverso

Affinché possa parlarsi di un comportamento abusivo, da un insieme di elementi oggettivi, deve risultare che le operazioni di cui trattasi hanno come scopo essenziale l’ottenimento di un vantaggio fiscale. Il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio, quale risulta dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, affinché la violazione del diritto di essere ascoltato possa comportare l’annullamento dell’atto in questione, deve sussistere la possibilità che il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato diverso

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