CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9150 depositata il 6 maggio 2016
IVA – TRASPORTO INTERNO INBOUND CON CLAUSOLA FRANCO DESTINO- RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
Lo svolgimento del processo
1. A seguito di verifica fiscale della Guardia di Finanza, culminata nel p.v.c. notificato in data 18/09/2008, venivano emessi quattro avvisi di accertamento a carico della societa’ FEDERAL EXPRESS EUROPE INC. (FedEx) – filiale italiana (appartenente al gruppo multinazionale facente capo alla FedEx Corporation) con riguardo ai servizi di trasporto c.d. inbound da essa effettuati, consistenti nel prendere in carico le spedizioni provenienti dal circuito internazionale e provvedere alla successiva consegna ai destinatari sul territorio italiano.
2. In particolare, con l’avviso n. (OMISSIS) (da cui origina la presente controversia) veniva ripresa a tassazione, per all’anno 2007, una maggiore IVA di Euro 1.913.970,00 con applicazione di sanzioni per Euro 5.167.719,01 a titolo di “omessa fatturazione di operazioni imponibili” e “dichiarazione di imposta inferiore a quella dovuta”, per non avere la societa’ assoggettato ad IVA i corrispettivi del trasporto al destinatario di documenti e beni di valore trascurabile (c.d. piccole spedizioni, di valore inferiore, allora, a 22 Euro), nonostante esse non avessero scontato l’IVA in Dogana, poiche’ non soggette a tale imposta L. n. 479 del 1992, ex art. 1, (oltre che non soggette ai dazi, ex art. 27, Reg. CEE 918/83 – ora art. 23, Reg. n. 1186 del 2009).
3. Cio’ sulla base di una contestata interpretazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 2, in combinato disposto col successivo art. 69, comma 1, ispirata all’art. 144 della Direttiva Iva n. 2006/112/CEE, per cui, ai fini dell’esenzione da IVA dei servizi di trasporto eseguiti in Italia di simili beni, sarebbe stata sufficiente l’inclusione dei relativi corrispettivi nella base imponibile all’importazione, ai fini del pagamento dell’IVA – tanto sui beni importati quanto sui servizi ad essi accessori – solo se dovuta, e senza duplicazione d’imposta.
4. L’avviso veniva impugnato dalla contribuente sia sotto il profilo formale, per violazione dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 12, commi 5 e 7 stante il protrarsi della verifica per oltre 379 giorni (di cui 59 non consecutivi di effettiva permanenza presso la sede della societa’) e la mancata valutazione delle osservazioni mosse ai rilievi del p.v.c. – sia sotto il profilo sostanziale, per una serie di eccezioni: 1) l’infondatezza della interpretazione data dall’Agenzia delle entrate al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 2, – per cui il mancato assoggettamento ad IVA delle c.d. piccole spedizioni rendeva necessario l’assolvimento della relativa imposta sui corrispettivi dei servizi di trasporto quando con Circolari Ministeriali n. 26 del 3 agosto 1979 e n. 12 del 9 aprile 1981 la stessa Amministrazione finanziaria aveva distinto l’importazione con modalita’ “franco destino”, come quella di specie (in cui le spese di trasporto sul territorio nazionale sono incluse nella base imponibile in dogana), da quella “franco confine” (ove viceversa quella mancata inclusione comporta l’imponibilita’ dei relativi corrispettivi); 2) l’erroneita’, nel quantum, dell’IVA pretesa, poiche’ calcolata anche sui servizi doganali espletati in forza del Service Agreement stipulato con FedEx International, pacificamente non imponibili, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 4); 3) quanto alle sanzioni, l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, sul cumulo giuridico nonche’ l’impropria applicazione della recidiva ex art. 7 commi 1 e 2, D.Lgs. cit..
4.1. In subordine, la contribuente formulava richiesta di sospensione del giudizio e rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla compatibilita’ della normativa interna con l’art. 144 della Direttiva IVA.
5. Con sentenza del 27/03/2013 la Commissione tributaria provinciale di Milano respingeva le eccezioni formali ma accoglieva, nel merito, il ricorso della contribuente, la quale presentava anche ricorso alla Commissione Europea per l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica Italiana, ex art. 258 T.F.U.E., a fronte di un trattamento IVA dei corrispettivi per il trasporto di beni importati, di valore trascurabile, non conforme all’art. 86, comma 1, lett. b) e art. 144, Direttiva 2006/112/CEE, ottenendo dapprima un parere favorevole del Comitato IVA (“Working paper n. 711” del 18/10/2011), poi l’avvio della procedura di infrazione in data 27/09/2012, ufficializzata con la Reasoned Opinion del 20/11/2013, ed infine (come emerge da successivo ed analogo giudizio pendente tra le parti) l’adeguamento della normativa interna, culminato nell’inserimento (ad opera della L. 29 luglio 2015, n. 115, art. 12, comma 1) del n. 4-bis) all’interno del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, in base al quale sono ora esenti da IVA “i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE del Consiglio dell’Unione Europea sempreche’ i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi dell’art. 69 e ancorche’ la medesima non sia stata assoggettata ad imposta”.
6. La sentenza veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, poiche’ l’interpretazione dell’Amministrazione era in “evidente contrasto” con l’art. 144, Direttiva IVA 2006, e faceva dipendere il regime IVA sul trasporto delle piccole spedizioni dalla insindacabile decisione della Dogana di applicare o meno l’IVA all’importazione, tanto piu’ che nella fattispecie concreta si trattava di beni in importazione “franco destino”, e non “franco confine”.
7. Per la cassazione della sentenza d’appello n. 2878/2014 del 28/05/2014, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui la societa’ contribuente ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato a due motivi, corredato da memoria conclusiva ex art. 378 cod. proc. civ..
I motivi di ricorso in cassazione.
1. Con il primo motivo di ricorso principale, l’Agenzia delle entrate deduce la nullita’ della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – in quanto il giudice di appello avrebbe ritenuto non imponibili ai fini IVA, per difetto del requisito della territorialita’, le prestazioni di trasporto di documenti e beni di trascurabile valore “meramente in transito in Italia”, quando era invece pacifico tra le parti che si trattasse di trasporti effettuati all’interno dell’Italia, dagli spazi aeroportuali sino al destinatario.
2. Con il secondo motivo, l’amministrazione ricorrente deduce – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 7, 9 e 69, della L. n. 479 del 1992, art. 1, nonche’ degli artt. 86 e 144 della Direttiva del Consiglio 2006/112 CE.
2.1. In particolare, la ricorrente lamenta: “che la L. n. 479 del 1992, art. 1 – in attuazione di direttiva comunitaria – prevede la non applicabilita’ – in Dogana dell’IVA (e l’art. 1 Reg. CEE 918/83 prevede la franchigia dai dazi) alle importazioni di merci oggetto di piccole spedizioni (id est documenti o altri beni di trascurabile valore, id est non superiore a 22 Euro)”; che “il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, n. 2 prevede la non imponibilita’ dei trasporti relativi a beni di importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta (IVA; NDD) a norma del primo comma” del successivo art. 69, il quale a sua volta “prevede che in Dogana l’IVA si applica sul valore dei beni aumentato – fra l’altro – delle spese di trasporto all’interno della comunita’ – sino al luogo di destinazione”; che, pertanto, condizione della non imponibilita’ a fini IVA dei servizi di trasporto “interno” e’ che l’IVA su detti servizi sia stata applicata ed assolta in Dogana.
2.2. Secondo parte ricorrente, una simile lettura delle norme interne non si porrebbe in contrasto con la Direttiva del Consiglio 2006/112 CE, sia perche’, non essendo essa self-executing, la relativa applicazione avrebbe decorrenza dal 1 gennaio 2008, sia perche’ la fattispecie concreta sarebbe fuori dal campo di applicazione tanto dell’art. 144 della Direttiva – che esenta le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni il cui valore e’ compreso nella base imponibile – quanto dell’art. 86 della stessa – che fa rientrare nella base imponibile il trasporto fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato, in quanto: a) l’importazione ed il trasporto internazionale sono stati effettuati dalla FedEx (casa madre), mentre la filiale italiana ha effettuato solo il successivo trasporto interno; b) le merci in questione non sono soggette ad applicazione dell’IVA in Dogana.
2.3. Difetterebbero dunque i presupposti sia del trasporto internazionale (in quanto la prestazione in oggetto ha avuto inizio nello spazio aeroportuale, dopo che il trasporto internazionale aveva avuto termine, con le operazioni di “sdoganamento”), sia della inerenza o accessorieta’ della prestazione (in quanto effettuata da soggetto diverso da quello che ha effettuato il trasporto internazionale, ed in favore di quest’ultimo, non gia’ del destinatario finale).
3. Nel controricorso, la societa’ FedEx Inc. – filiale italiana ritiene le suddette censure fondate su una interpretazione del diritto nazionale difforme dalle disposizioni comunitarie e sollecita questa Corte, in caso di persistenti incertezze sul trattamento IVA dei corrispettivi delle prestazioni di trasporto di beni di valore trascurabile e di documenti, a sospendere il giudizio e riferire il caso alla Corte di Giustizia UE. Propone altresi’, per il caso di accoglimento del ricorso principale, ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.
3.1. Con il primo deduce – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – la falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, n. 4) e art. 12, comma 2, per avere l’Ufficio illegittimamente computato nella maggiore IVA accertata anche quella afferente ai servizi di sdoganamento resi da FedEx Italia nell’ambito della propria “custom activity”, pacificamente non imponibili ai sensi del citato art. 9.
3.2. Con il secondo contesta – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – la falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 e art. 7, commi 1, 2 e 3, per avere l’Ufficio applicato il criterio del cumulo giuridico alle violazioni ripetute su piu’ periodi di imposta, nonche’ aumentato le sanzioni nonostante la correttezza e trasparenza della condotta della contribuente, oltre che per avere impropriamente applicato sanzioni accessorie a fronte di questioni meramente valutative, non gia’ di comportamenti fraudolenti o evasivi.
4. Ritenuto preliminarmente di dover respingere, per infondatezza, la censura di nullita’ della sentenza impugnata di cui al primo motivo del ricorso principale – in quanto il giudice d’appello riferisce chiaramente la tesi dei beni “semplicemente in transito sul territorio nazionale (donde la mancanza del presupposto/requisito della territorialita’ ex art. 7 stesso DPR)” ad una pretesa “lettura che la ricorrente/appellata offre del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 2)”, mentre nei successivi capoversi della motivazione espone la propria (diversa) lettura – questa Corte reputa invece necessario affrontare in via pregiudiziale la questione della corretta interpretazione, alla luce delle disposizioni comunitarie, delle norme interne sul trattamento ai fini IVA dei corrispettivi delle prestazioni di trasporto sul territorio nazionale (dagli spazi aeroportuali ai destinatari italiani, con la clausola “franco destino”) di documenti e beni importati c.d. di valore trascurabile (non superiore ad Euro 22,00).
I riferimenti normativi comunitari.
1. L’art. 27 del Regolamento del Consiglio del 28 marzo 1983, n. 918/83/CEE (in vigore dal 26 aprile 1983), relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (Gazz.Uff. CEE n. 105 del 23 aprile 1983) nel testo consolidato all’i dicembre 2008, con Reg. (CE) n. 274/2008 stabilisce: “Fatto salvo l’art. 28, sono ammesse in franchigia dai dazi all’importazione le spedizioni composte di merci di valore trascurabile spedite direttamente da un paese terzo ad una persona che si trova nella Comunita’. Per “merci di valore trascurabile” si intendono le merci il cui valore intrinseco non eccede complessivamente 150 Euro per spedizione” (valore originario 22 ECU, poi cosi’ modificato dall’art. 1, comma 3, Reg. (CE) n. 274/2008).
2. L’art. 22 della Direttiva 28 marzo 1983 n. 83/181/EEC – cui corrisponde, ora, l’art. 23 della Direttiva 19 ottobre 2009, n. 2009/132/CE (Gazz. Uff. UE n. 292 del 10 novembre 2009 Serie L, versione codificata, che determina l’ambito d’applicazione dell’art. 143, lett. b) e c), della Direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni (in vigore dal 30 novembre 2009) – stabilisce che “sono ammesse in esenzione le importazioni di beni di valore totale non superiore a 10 EUR. Gli Stati membri possono ammettere in esenzione le importazioni di beni di valore totale compreso fra 10 e 22 EUR. Tuttavia gli Stati membri possono escludere dall’esenzione di cui al comma 1, prima frase, i beni importati nell’ambito di una vendita per corrispondenza”.
3. La Direttiva del Consiglio 5 ottobre 2006, n. 2006/79/CE (Gazz. Uff. UE n. L 286 del 17 ottobre 2006), relativa alle franchigie fiscali applicabili all’importazione di merci oggetto di piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai paesi terzi (in vigore 6 novembre 2006) esordisce affermando: “1) La direttiva 78/1035/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’importazione di merci oggetto di piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai paesi terzi e’ stata modificata in modo sostanziale e a piu’ riprese. A fini di razionalita’ e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. 2) Sarebbe opportuno esentare dalle imposte sulla cifra d’affari e dalle imposizioni indirette interne l’importazione in piccole spedizioni a carattere non commerciale provenienti dai paesi terzi. 3) A questo riguardo per ragioni pratiche i limiti entro i quali si applica questa franchigia dovrebbero essere per quanto possibile uguali a quelli previsti per il regime comunitario delle franchigie doganali dal regolamento (CEE) n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali”.
3.1. Dopo questa premessa, la suddetta Direttiva all’art. 1 prevede: “1. Le merci oggetto di piccole spedizioni, prive di carattere commerciale, spedite da un paese terzo da un privato e destinate ad un altro privato che si trovi in uno Stato membro, godono all’importazione di una franchigia dalle imposte sulla cifra di affari e dalle altre imposizioni indirette interne. 2. Ai sensi del paragrafo 1, si considerano come “piccole spedizioni prive di carattere commerciale” le spedizioni che nel contempo: a) presentano carattere occasionale; b) riguardano esclusivamente merci riservate all’uso personale o familiare dei destinatari e che, per la loro natura o quantita’, escludano qualsiasi interesse di ordine commerciale; c) riguardano merci il cui valore globale non superi 45 EUR; d) sono inviate dallo speditore al destinatario senza pagamento di alcun genere”.
3.2. L’art. 2 della stessa Direttiva aggiunge, inoltre, che per prodotti quali tabacco, bevande alcoliche, profumi, caffe’ e te’, la franchigia opera solo entro precisi limiti quantitativi, restando nella facolta’ degli Stati membri ridurre o escludere dal beneficio della franchigia detti prodotti. Il successivo art. 3 dispone poi che le predette tipologie di merci, laddove oggetto di una piccola spedizione priva di carattere commerciale, ma in quantita’ superiore a quelle previste dalla direttiva, sono totalmente escluse dal beneficio della franchigia.
4. La Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 (in prosieguo “Direttiva Iva”), relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1) entrata in vigore il 1 gennaio 2007 – come modificata dalla direttiva 2007/75/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2007 – che ha sostituito la Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (in prosieguo “Sesta Direttiva”) in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1) come modificata dalla direttiva 2005/92/CE del Consiglio, del 12 dicembre 2005 – contiene, nel Titolo 9, Capo 5 (“Esenzioni all’importazione”), le disposizioni di seguito indicate.
4.1. L’art. 143 della Direttiva Iva – corrispondente l’art. 14, par. 1, e art. 28-quater, parte D, della Sesta Direttiva – prevede (tra l’altro) che “1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: a) le importazioni definitive di beni la cui cessione da parte di soggetti passivi e’, comunque, esente nel loro rispettivo territorio; b) le importazioni definitive di beni disciplinate dalle direttive 69/169/CEE, 83/181/CEE e 2006/79/CE del Consiglio”.
4.2. L’art. 144 della Direttiva Iva – corrispondente all’art. 14, par. 1 e 2, della Sesta Direttiva – prevede che “Gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni e il cui valore e’ compreso nella base imponibile, conformemente all’articolo 86, paragrafo 1, lettera b)”.
4.3. L’art. 86, primo paragrafo, della Direttiva Iva – corrispondente all’art. 11, parte B, par. 3, Sesta Direttiva – dispone: “1. Devono essere compresi nella base imponibile, ove non vi siano gia’ compresi, gli elementi seguenti: a) le imposte, i dazi, i prelievi e le altre tasse dovuti fuori dello Stato membro d’importazione, nonche’ quelli dovuti per l’importazione, ad eccezione dell’IVA da riscuotere; b) le spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d’importazione, nonche’ quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella Comunita’, qualora quest’ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell’imposta”.
I riferimenti normativi nazionali.
1. Circa il regime IVA delle importazioni, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto) non contiene – nel testo vigente all’epoca dei fatti – specifiche disposizioni sui beni oggetto di causa all’interno dell’art. 68 (“Importazioni non soggette all’imposta”), nel quale infatti non figura la categoria dei “beni di valore trascurabile”, se non limitatamente alle “importazioni di campioni gratuiti di modico valore, appositamente contrassegnati” (lett. b), accanto ad altre categorie come le c.d. cessioni all’esportazione (lett. a) ovvero “ogni altra importazione definitiva di beni la cui cessione e’ esente dall’imposta o non vi e’ soggetta a norma dell’articolo 72” (lett. c), con riferimento ai trattati e accordi internazionali).
1.1. In adeguamento alle Direttive 83/181/CEE e 83/183/CEE del 28 marzo 1983 (come modificate, rispettivamente, dalle Direttive 88/331/CEE, del 13 giugno 1988, e 89/604/CEE, del 23 novembre 1989) – concernenti le franchigie fiscali applicabili a talune importazioni definitive di beni – e’ stata invece emanata la Legge 26 novembre 1992, n. 479 (GU Serie Generale n. 295 del 16/12/1992, entrata in vigore il 31/12/1992), recante all’art. 1 la sostituzione dell’art. 12 delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali d’importazione, approvata con D.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, come segue: “Art. 12. – 1. Salvo quanto previsto dal regolamento (CEE) 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, e senza pregiudizio delle maggiori facilitazioni stabilite dagli accordi internazionali, e’ concessa l’importazione definitiva in esenzione dai diritti di confine, diversi da quelli contemplati dal suddetto regolamento, delle merci per le quali risultano soddisfatte le medesime condizioni prescritte, per la franchigia daziaria, dal regolamento stesso. 2. Non sono soggette all’imposta sul valore aggiunto le importazioni di merci per le quali l’esenzione dal predetto tributo e’ disposta, con carattere di obbligatorieta’, dalle direttive del Consiglio delle Comunita’ Europee adottate in materia di armonizzazione delle disposizioni riguardanti la franchigia dalle imposte sulla cifra di affari riscosse all’importazione nel traffico internazionale dei viaggiatori, ovvero le franchigie applicabili all’importazione delle merci oggetto di piccole spedizioni a carattere non commerciale, o quelle applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro, nonche’ dalle direttive del Consiglio delle Comunita’ Europee adottate in materia di determinazione del campo di applicazione dell’art. 14, paragrafo 1, lett. d), della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977”.
2. Con riguardo invece al regime IVA dei servizi di trasporto, lo stesso D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevede (sempre nella versione vigente ratione temporis):
2.1. all’art. 7, comma 1, lett. c), il criterio della territorialita’ proporzionale, secondo cui “le prestazioni di trasporto si considerano effettuate nel territorio dello stato in proporzione alla distanza percorsa”;
2.2. all’art. 7, comma 4, che “non si considerano effettuate nel territorio dello Stato le cessioni all’esportazione, le operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione e i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali di cui ai successivi artt. 8, 8 bis e 9”;
2.3. all’art. 9, comma 1, n. 2), che “costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili” – tra l’altro – “i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonche’ i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma dell’art. 69, comma 1”;
2.4. all’art. 69, comma 1, che, per le importazioni di beni soggette all’IVA, “l’imposta e’ commisurata, con le aliquote indicate nell’art. 16, al valore dei beni importati, determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto, nonche’ dell’ammontare delle spese d’inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunita’ che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo (…).
La procedura di infrazione.
1. La Commissione Europea, ritenendo incompatibile con gli artt. 143 e 144 della Direttiva 2006/112/CE il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, ha avviato a carico dell’Italia la Procedura di infrazione n. 2012/2088, con riferimento alla disciplina IVA dei costi accessori – come i costi di trasporto relativi ad importazioni di valore modesto.
2. A tale riguardo, in data 20 novembre 2013 la stessa Commissione ha inviato all’Italia un Parere motivato, nel quale faceva presente: che secondo l’art. 86 della Direttiva IVA, nella base imponibile dei beni importati in un Paese UE da uno Stato terzo devono essere conteggiati, oltre al corrispettivo, anche le spese accessorie, ivi comprese quelle dovute per il trasporto; che in caso di importazione di un bene da uno Stato terzo, l’IVA puo’ essere pagata dall’importatore direttamente alla dogana, cioe’ all’ingresso nello Stato membro dell’Unione; che in base all’art. 144 della Direttiva IVA, alla soggezione ad IVA dei servizi resi dietro corrispettivo fanno eccezione i casi in cui gli stessi servizi, in quanto connessi alle importazioni, siano stati gia’ compresi nella base imponibile IVA sul bene importato, al momento del pagamento di quest’ultima alla dogana, essendo la ratio della norma evitare una doppia imposizione (laddove uno stesso servizio, gia’ oggetto di imposizione IVA al passaggio della dogana, venga nuovamente tassato durante l’esecuzione del trasporto nello Stato membro); che l’art. 143 della Direttiva IVA, in combinato disposto con l’art. 23 della direttiva 2009/132/CE e con l’art. 1 della Direttiva 2006/79/CE, stabilisce che siano esenti da IVA le importazioni, da Paesi terzi, di beni aventi valore non superiore a 10 Euro (innalzabile fino a 22 Euro dallo Stato membro) ovvero oggetto di piccole spedizioni prive di carattere commerciale; che, di conseguenza, anche i servizi di trasporto – accessori a tali importazioni esenti da IVA – devono beneficiare della stessa esenzione.
3. La Commissione ha dunque rilevato che, al contrario, la normativa italiana disciplina i suddetti servizi accessori (segnatamente di trasporto) allo stesso modo di quelli accessori ad importazioni soggette ad IVA, stabilendo che essi debbono essere soggetti ad imposta, potendo considerarsi esenti solo se l’IVA stessa sia stata gia’ pagata alla dogana (e quindi non anche quando le importazioni siano ex se’ esenti). In effetti, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, comma 1, n. 4), i costi accessori di trasporto relativi alle importazioni di beni – anche di valore modesto – sono ritenuti non imponibili solo ove siano stati gia’ assoggettati ad IVA all’atto dell’importazione.
Le modifiche normative sopravvenute.
1. Al dichiarato fine dell’archiviazione della sopra indicata Procedura di infrazione n. 2012/2088, il legislatore italiano ha adottato, all’interno della L. 29 luglio 2015, n. 115 (legge Europea 2014), l’art. 12 – intitolato “Modifiche alla disciplina dell’imposta sul valore aggiunto relativa a talune importazioni di merci di valore modesto. Procedura di infrazione n. 2012/2088”, in vigore dal 18 agosto 2015 – con il quale ha modificato il trattamento fiscale dei servizi accessori relativi alle piccole spedizioni a carattere non commerciale, nonche’ alle spedizioni di “valore trascurabile” di cui alle direttive 2006/79/CE e 2009/132/CE.
2. In particolare, il comma 1 dell’art. 12 ha modificato il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, comma 1, (e successive modificazioni), inserendo dopo il numero 4) il seguente numero: “4-bis) I servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sempreche’ i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi dell’art. 69 del presente decreto e ancorche’ la medesima non sia stata assoggettata all’imposta”.
2.1 Il comma 2 ha invece previsto che “Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 3, sono apportate modifiche al regolamento recante norme in tema di franchigie fiscali, di cui al decreto del Ministro delle finanze 5 dicembre 1997, n. 489, con le quali si stabilisce che, nel caso di applicazione della franchigia alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sono ammessi alla franchigia dai diritti doganali anche i relativi servizi accessori indipendentemente dal loro ammontare”.
3. Nei lavori preparatori della legge si da atto che, in base alla direttiva 2006/79/CE, le merci oggetto di piccole spedizioni prive di carattere commerciale, ove spedite da un paese terzo ad un privato e destinate ad un altro privato che si trovi in uno Stato membro, godono all’importazione di una franchigia dalle imposte sulla cifra di affari e dalle altre imposizioni indirette interne. Al riguardo si precisa che sono considerate “piccole spedizioni prive di carattere commerciale” quelle che contemporaneamente: 1) hanno carattere occasionale; 2) riguardano esclusivamente merci riservate all’uso personale o familiare dei destinatari e, per la loro natura o quantita’, escludano qualsiasi interesse di ordine commerciale; 3) riguardano merci il cui valore globale non superi 45 Euro; 4) sono inviate dallo speditore al destinatario senza pagamento di alcun genere. Vengono poi richiamati i limiti quantitativi previsti per determinati prodotti (tabacco, bevande alcoliche, profumi, caffe’, te’), il cui superamento comporta l’esclusione dal beneficio della franchigia.
4. Viene altresi’ rammentato che, a norma dell’art. 131 e dell’art. 143, lett. b) e c), della Direttiva IVA, gli Stati membri esentano – ferme restando le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi stabilite per prevenire elusioni, evasioni e abusi – le importazioni definitive di beni che fruiscono di una franchigia doganale diversa da quella prevista dalla tariffa doganale comune.
5. Con la direttiva 2009/132/CE si e’ inteso quindi definire l’ambito d’applicazione di siffatte esenzioni dall’imposta, individuando le categorie di beni che godono di tale trattamento agevolato; in particolare, come gia’ anticipato, l’art. 23 ammette in esenzione IVA le importazioni di beni di valore “trascurabile”, ovvero non superiore a 10 EUR, salva la facolta’ degli Stati membri di ammettere in esenzione le importazioni di beni di valore totale compreso fra 10 e 22 EUR e di escludere dall’esenzione detti beni se importati nell’ambito di una vendita per corrispondenza. Il successivo art. 24 esclude espressamente dall’esenzione: 1) i prodotti alcolici; 2) i profumi e l’acqua da toletta; 3) i tabacchi e i prodotti del tabacco. La giurisprudenza nazionale.
1. Di recente questa Corte (Cass. Sez. 5, 11 novembre 2015, n. 23034) ha avuto occasione di esaminare una questione che presenta (solo) alcuni profili in comune con la fattispecie in esame, facendo applicazione proprio del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 7, 9 e 69, nella versione vigente prima delle riferite modifiche normative.
2. In quell’occasione si e’ affermato:
2.1. che la non imponibilita’ ai fini IVA per i servizi connessi agli scambi internazionali di cui all’art. 9, comma 1, n. 2), con specifico riguardo ai “trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma dell’art. 69, comma 1”, si giustifica solo perche’ la prestazione corrispondente alla tratta nazionale – che, in ragione del principio di territorialita’ D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 7, costituirebbe in tesi una operazione imponibile – e’ stata gia’ oggetto di tassazione in Dogana, grazie alla prescrizione per cui le spese d’inoltro fino al luogo di destinazione (all’interno del territorio della Comunita’) devono concorrere a formare la base imponibile ai fini della dichiarazione di valore che l’importatore e’ tenuto a rendere all’atto dello sdoganamento dei beni importati;
2.2. pertanto, la previsione di non imponibilita’ di tali corrispettivi e’ diretta a scongiurare che la medesima prestazione sia tassata due volte, dapprima in sede doganale, e poi in sede di effettuazione del trasporto, allorche’ l’imposta diviene esigibile;
2.3. che e’ onere del vettore dimostrare che la relativa prestazione, avendo formato oggetto di dichiarazione doganale, e’ gia’ stata sottoposta a tassazione, poiche’ il coordinamento tra il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9 e l’art. 69 e’ diretto a scongiurare il rischio di una doppia imposizione, ma non puo’ finire per legittimare una indebita sottrazione di materia imponibile;
2.4. che in tale contesto assume rilevanza se il trasporto sia stato convenuto “franco confine” – nel qual caso le spese relative da dichiarare in sede doganale corrisponderanno solo al costo del trasporto dal luogo di partenza fino all’ingresso nel territorio dello Stato, ed il successivo trasporto dal confine alla destinazione finale costituira’ un’operazione ordinariamente tassabile – ovvero “franco destinazione”, comprensivo cioe’ anche del servizio corrispondente alla tratta territoriale, nel qual caso le spese relative, da dichiarare ai fini doganali, saranno quelle occorrenti per l’inoltro dei beni fino al luogo di destinazione finale;
2.5. che, in conclusione, solo le importazioni “franco destino” sono operazioni non soggette a imposizione, poiche’, in quel caso, le spese di trasporto rilevano ai fini della determinazione dell’imposta da assolvere in dogana.
Le ragioni del rinvio pregiudiziale.
1. Nel caso di specie, e’ pacifico che i trasporti de quibus sono stati effettuati con la clausola “franco destino”; ma e’ anche pacifico – di qui la problematica sulla quale si richiede l’interlocuzione della Corte di giustizia – che i beni oggetto di importazione non sono imponibili ai fini IVA.
2. Come visto, l’amministrazione finanziaria assume che la contribuente avrebbe dovuto fatturare come imponibili i corrispettivi per i servizi di trasporto c.d. inbound relativi ai documenti e agli altri beni di valore trascurabile (cioe’ non superiore a 22 Euro), proprio in quanto essi non erano stati assoggettati ad imposta. E cio’ perche’ la ratio della non imponibilita’ stabilita dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 2), – attraverso il suo riferimento al successivo art. 69, comma 1 – sarebbe appunto (e solo) quella di evitare una doppia imposizione, con la conseguenza che il mancato assoggettamento dei beni ad IVA, al momento dell’importazione, farebbe riespandere la regola generale della imponibilita’ delle connesse prestazioni di trasporto sul territorio nazionale.
3. Che una simile interpretazione delle norme previgenti non sia palesemente infondata, e’ testimoniato non solo dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte, ma anche dalla stessa necessita’ di un intervento del legislatore (sulla spinta della procedura di infrazione di cui si e’ detto) per addivenire ad una diversa conclusione; invero, solo grazie al nuovo n. 4-bis) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, comma 1, e’ stato espressamente affermato, come visto, che “i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009” non sono imponibili, alla sola condizione che i relativi corrispettivi abbiano concorso alla formazione della base imponibile, ai sensi del citato art. 69 – il quale, si noti, disciplina la determinazione dell’imposta per le importazioni di beni che sono soggette ad IVA – ma senza che sia piu’ necessario un concreto ed effettivo assoggettamento all’imposta, come puo’ verificarsi, appunto, nell’ipotesi in cui i beni importati siano a loro volta non imponibili (o esenti).
4. Resta quindi da chiarire se la normativa interna applicabile al caso di specie, vigente prima della modifica intervenuta nel 2015, sia compatibile con l’art. 144 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 corrispondente all’art. 14, par. 1 e 2, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 – laddove prevede che “gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni e il cui valore e’ compreso nella base imponibile, conformemente all’art. 86, paragrafo 1, lett. b)”, il quale a sua volta dispone – in corrispondenza all’art. 11, parte B, par. 3, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 – che “devono essere compresi nella base imponibile, ove non vi siano gia’ compresi”, tra l’altro, “le spese accessorie quali le spese di (…) trasporto (…) che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d’importazione”.
5. In altri termini, occorre verificare la compatibilita’ con l’ordinamento comunitario del combinato disposto delle norme interne di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 2), e art. 69, comma 1, laddove essi – ai fini della non imponibilita’ ai fini IVA dei corrispettivi per i servizi di trasporto connessi agli scambi internazionali – pongono una condizione ulteriore, rispetto agli artt. 144 e 86 della Direttiva IVA sopra richiamati, pretendendo non solo che le spese di inoltro fino al luogo di destinazione siano incluse nella base imponibile alla Dogana, ma anche che esse siano in concreto assoggettate all’imposta, percio’ escludendo la non imponibilita’ – nonostante la loro accessorieta’ – in tutti i casi in cui si tratti di importazioni di beni a loro volta non imponibili, come appunto per i documenti ed i beni di valore trascurabile (inferiore a 22 Euro).
6. Al riguardo va evidenziato che, nel momento in cui l’art. 9 fa riferimento, ai fini della non imponibilita’ ai fini IVA dei servizi di trasporto connessi agli scambi internazionali, al successivo art. 69 – il quale disciplina le modalita’ di applicazione dell’imposta per le importazioni di beni che sono soggette all’IVA esso sembrerebbe riguardare (solo) operazioni di importazione imponibili; ed entro questi limiti pare indubbiamente corretta la lettura dell’amministrazione finanziaria, che individua la ratio delle norme in questione nell’esigenza di evitare una duplicazione di imposta.
7. Il problema si pone invece, come visto, proprio per le importazioni di beni che non sono imponibili (o sono esenti) ai fini IVA: venendo certamente meno, in quel caso, ogni rischio di doppia imposizione, occorre stabilire se riprenda vigore, per i relativi servizi di trasporto interno, l’ordinaria soggezione ad IVA, in forza del principio di territorialita’; ovvero se la natura accessoria di quelle prestazioni le renda non imponibili ai fini IVA per le stesse ragioni – in ultima analisi, un’esigenza di semplificazione – che sono alla base della non imponibilita’ delle importazioni di documenti e beni di trascurabile valore (cfr. Corte giustizia UE 2 luglio 2009, causa C-7/08, Har Vaessen Douane Service, punti 34-38).
8. Peraltro, i servizi di trasporto in questione (quand’anche effettuati direttamente in favore del destinatario e da soggetto diverso dal vettore internazionale, come asserito, in ricorso, dell’amministrazione) paiono integrare delle “prestazioni accessorie”, anche alla luce recente sentenza della CGUE 16 luglio 2015, C-584/13, Mapfre warranty SpA, la quale ha ribadito (punti 49 ss.):
8.1. che anche se “ai fini dell’IVA, ciascuna operazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente, come risulta dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva (v. sentenze Aktiebolaget NN, C-111/05, EU:C:2007:195, p.to 22; Field Fisher Waterhouse, C- 392/11, EU:C:2012:597, p.to 14, e BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, p.to 29)”, tuttavia, “in determinate circostanze piu’ prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dare cosi’ luogo separatamente a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti”;
8.2. che “si e’ in presenza di un’operazione unica, in particolare, quando due o piu’ elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono cosi’ strettamente collegati da formare, oggettivamente, un’unica prestazione economica inscindibile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso. Cio’ accade anche nel caso in cui uno o piu’ elementi debbano essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale mentre, al contrario, uno o piu’ elementi debbano essere considerati alla stregua di una o piu’ prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale (v. sentenza BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 30 e giurisprudenza ivi citata)”;
8.3. che pur non apparendo le prestazioni nel caso concreto (vendita di un veicolo usato e garanzia per guasti meccanici prestata da altro operatore economico) “cosi’ strettamente connesse da costituire un’operazione unica” (poiche’ la loro considerazione separata “non puo’ costituire, di per se’, una scomposizione artificiosa di un’operazione economica unica, tale da alterare la funzionalita’ del sistema dell’IVA”), resta comunque in capo al giudice nazionale di rinvio il compito di valutare “se esistano ragioni specifiche relative alle circostanze di cui ai procedimenti principali che possano indurre a ritenere che gli elementi in questione costituiscano un’operazione unica (v., in tal senso, sentenza BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 40)”;
8.4. che in definitiva, con riguardo alla nozione giurisprudenziale di operazione unica, “una prestazione e’ considerata accessoria a una prestazione principale, in particolare, quando costituisce per la clientela non gia’ un fine in se’, ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale (v. sentenza BG2 Leasing, C-224/11, EU:C:2013:15, punto 41)”; presupposto, questo, che come anticipato sembrerebbe ricorrere appunto nella fattispecie qui in esame.
9. Alla luce di tutto quanto precede, questa Corte ritiene necessario, ai fini della decisione, rimettere pregiudizialmente alla Corte di giustizia la questione di interpretazione delle norme comunitarie sopra menzionate – segnatamente gli artt. 144 e 86 della Direttiva IVA – per stabilirne la corretta applicazione, senza margini di ragionevole dubbio, tenendo conto che, nella versione vigente ratione temporis, le norme nazionali – segnatamente il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 9 e 69 ne riproducono il contenuto, aggiungendo pero’ un ulteriore requisito valevole ai fini dell’esenzione dall’imposta.
10. In concreto, a fronte di operazioni di importazione di beni “franco destino”, da uno Stato terzo in un Paese UE, non imponibili ai fini IVA in quanto concernenti documenti e beni c.d. di trascurabile valore, occorre appurare se, per assumere la non imponibilita’ (anche) dei relativi servizi di trasporto interno: 10.1. sia necessario e sufficiente che il corrispettivo di detti servizi sia conteggiato – quali “spese accessorie” – nella base imponibile IVA dei beni importati, ai sensi del combinato disposto degli artt. 144 e 86 della Direttiva IVA, a prescindere dal loro concreto assoggettamento ad imposta, peraltro da escludere anche in ragione della loro natura di prestazioni accessorie alla prestazione principale, non imponibile;
10.2. ovvero, essendo la ratio delle suddette disposizioni solo quella di evitare una doppia imposizione, i corrispettivi di tali servizi di trasporto debbano restare imponibili in difetto dell’ulteriore requisito – previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 4) – del loro assoggettamento ad IVA all’atto dell’importazione, ossia del concreto pagamento, in dogana, dell’IVA (anche) su tali “spese accessorie”.
La questione pregiudiziale.
In conclusione questa Corte, essendo giudice di ultima istanza e non avendo rinvenuto una specifica soluzione nella giurisprudenza comunitaria, intende domandare alla Corte di giustizia dell’Unione Europea – previa sospensione del presente giudizio – di pronunciarsi in via pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sulla seguente questione: “Se il combinato disposto dell’art. 144 e art. 86, primo paragrafo, della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 (corrispondenti agli artt. 14, paragrafi 1 e 2, ed 11, parte B, paragrafo 3, della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977) possa essere interpretato nel senso che unica condizione per la non imponibilita’ ai fini IVA delle prestazioni connesse, consistenti nel servizio di trasporto interno c.d. inbound – dagli spazi aeroportuali sino a destinazione, nel territorio dello Stato membro, e con la clausola “franco destino” – e’ che il loro valore sia compreso nella base imponibile, a prescindere dal loro effettivo assoggettamento ad imposta in dogana, all’atto dell’importazione dei beni; e che quindi non sia compatibile con le suddette disposizioni comunitarie una lettura del combinato disposto delle norme interne di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, comma 1, n. 2), e art. 69, comma 1, nella versione allora vigente, ratione temporis, in base alla quale in ogni caso, e quindi anche nelle ipotesi di importazioni non imponibili ai fini IVA – come nella specie, trattandosi di documenti e beni di trascurabile valore – debba essere soddisfatto l’ulteriore requisito del loro effettivo assoggettamento ad IVA (e del concreto versamento dell’imposta in dogana) all’atto dell’importazione dei beni medesimi; e cio’ eventualmente anche in considerazione del rapporto di accessorieta’ dei servizi di trasporto rispetto alle prestazioni principali (importazioni) e della ratio di semplificazione sottesa ad entrambe le operazioni”.
P.Q.M. LA CORTE DI CASSAZIONE
Visto l’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, chiede alla Corte di giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla questione di interpretazione del diritto comunitario indicata in motivazione.
Visto l’art. 295 cod. proc. civ., ordina la sospensione del processo e dispone che copia della presente ordinanza sia trasmessa alla cancelleria della stessa Corte di giustizia, all’indirizzo di Rue du Fort Niedergrunewald, L-2925 Lussemburgo, mediante plico raccomandato.
Dispone altresi’ l’invio di copia del fascicolo della causa (sentenza impugnata, ricorso, controricorso, memorie difensive delle parti) ai sensi dell’art. 30 della nota informativa della Corte di Giustizia 2011/C 160/01.
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