CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9290 del 9 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PREVIDENZA – CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA PER INGEGNERI E ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI – EREDI DEL PROFESSIONISTA – CONTRIBUTI
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 263/2011, depositata il 2 marzo 2011, la Corte di appello di Firenze rigettava l’appello della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri e Architetti Uberi Professionisti (INARCASSA) nei confronti della sentenza del Tribunale di Lucca (n. 38/2009) che aveva accertato il diritto di L. T., coniuge superstite dell’ing. O. M. (deceduto il 6 luglio 2005), a ottenere la restituzione dei contributi dal medesimo versati nella misura di cui all’art. 40 dello Statuto della Cassa nel testo vigente anteriormente alle modifiche approvate con decreto interministeriale del luglio 2005 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2005.
La Corte di appello escludeva, in primo luogo, a sostegno della propria decisione, che la fattispecie potesse essere ricondotta, diversamente da quanto affermato dalla Cassa appellante, nell’ambito del precedente di cui a Cass. 8 febbraio 2006, n. 2762, il quale aveva ritenuto dirimente, ai fini del diritto alla restituzione dei contributi, in un caso che aveva riguardato la Cassa dei Geometri, il difetto di una domanda in tal senso da parte dell’interessato (assicurato o superstite); mentre, nel caso de quo, la necessità di presentare una “richiesta” era stata prevista soltanto con la modifica statutaria del 2005, che aveva eliminato la possibilità di ottenere la restituzione dei contributi versati peraltro prevedendo, in luogo della restituzione, una nuova “prestazione previdenziale contributiva reversibile”, per i professionisti che avessero compiuto il 65° anno di età senza aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia e che non fruissero di pensione di invalidità o di vecchiaia, a fronte di almeno cinque anni di iscrizione e contribuzione alla Cassa. Osservava, poi, la Corte che non si trattava, nella specie, della erogazione di alcuna prestazione previdenziale in senso stretto ma soltanto della restituzione dei contributi versati, che solo di fatto svolge una funzione previdenziale per gli aventi diritto, e che erano presenti, secondo la disciplina previgente alle modifiche statutarie, i presupposti necessari al riconoscimento del diritto, la domanda di parte riguardando la fase liquidativa e non certamente quella dell’integrazione della fattispecie astratta. Ha proposto ricorso per l’annullamento della sentenza INARCASSA con unico motivo. L. T. e R. M., figlia superstite dell’ing. O. M., hanno resistito con controricorso, con il quale hanno proposto altresì ricorso incidentale condizionato, a cui INARCASSA ha resistito a sua volta con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Con il motivo dedotto INARCASSA denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 1 e 20 I. 3 gennaio 1981, n. 6, degli artt. 40 e 42, comma 9, Statuto di INARCASSA, del principio della domanda in materia previdenziale e del principio tempus regit actum, nonché contraddittorietà della motivazione, ex art. 360 n, 5 c.p.c., avendo la Corte territoriale errato nel considerare che unico evento determinante per il sorgere del diritto alla restituzione dei contributi fosse il decesso del professionista iscritto e non anche la presentazione della relativa domanda, la cui necessità emergeva invece sia dalla legge citata che dalle norme statutarie.
Il ricorso principale è fondato e deve essere accolto.
Si deve preliminarmente rilevare che la domanda volta alla restituzione dei contributi risulta (pacificamente) presentata il 13 ottobre 2005 e, pertanto, in epoca successiva alla modifica dello Statuto INARCASSA (approvata il 22 luglio 2005 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2005) che, eliminando l’istituto della restituzione, ha introdotto la nuova “prestazione previdenziale contributiva reversibile”.
Tale domanda, di conseguenza, è da ritenersi priva di effetto, in quanto proposta per ottenere un beneficio (quello della restituzione dei contributi versati) ormai non più esistente, alla data della presentazione, nel regime previdenziale della Cassa.
D’altra parte, non può assegnarsi alla stessa, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il puro valore di momento e mezzo attinente alla fase di liquidazione, sul contestuale rilievo che la fattispecie attributiva resterebbe integrata al tempo e con il decesso del professionista iscritto.
La domanda dell’Interessato (assicurato o avente causa) costituisce, infatti, requisito necessario per il conseguimento di qualunque prestazione in materia previdenziale, sia che essa integri un trattamento pensionistico, sia che essa tenda, come nella specie, ad un rimborso, attesa la portata generale e sistematica del c.d. “principio della domanda”, secondo il quale “il diritto alla prestazione è espressamente subordinato, ai fini delta validità e della efficacia, all’assolvimento di oneri di comportamento da parte dell’Interessato ed in particolare ad un atto di iniziativa dell’assicurato, in mancanza del quale l’ente non può provvedere” (Cass. 24 maggio 2004, n. 9941).
Ne consegue che anche l’art. 1 I. 3 gennaio 1981, n. 6, recante “Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti”, laddove prevede che “tutte le pensioni sono corrisposte su domanda degli aventi diritto”, deve essere letto e interpretato nel senso che non soltanto l’erogazione dei trattamenti pensionistici in senso proprio, ivi espressamente indicati, ma anche la restituzione dei contributi a favore dell’iscritto (o dei suoi aventi causa) è subordinata alla presentazione di apposita domanda. Convergono nettamente in tal senso, sul piano letterale, l’art. 20 della stessa legge, nella parte in cui (comma 1, nel testo vigente all’epoca del decesso dell’ing. M.) era stabilito che “coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età e che cessino dall’iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto a pensione, possono ottenere il rimborso dei contributi di cui all’art. 9, nonché degli eventuali contributi individuali previsti dalla legislazione precedente”; ed altresì le disposizioni di cui al previgente testo dell’art. 40 dello Statuto, ove è reiterato l’uso del verbo “possono” (co. 1) ed esplicitamente evocata, parimenti ai fini del rimborso, la “richiesta” dell’interessato.
D’altra parte, la Cassa ha dimostrato, mediante il riferimento all’art. 40, comma 3, del proprio Statuto, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, che la restituzione non poteva avere ad oggetto la totalità dei contributi versati ma soltanto il 95% del loro ammontare complessivo e che tale importo era soggetto a rivalutazione secondo uno speciale procedimento definito dalla stessa norma: con la conseguenza di escludere la restituzione in questione dall’ambito delle operazioni contabili puramente restitutorie e di inserirla all’interno del sistema di tutela offerto dalla Cassa ai propri iscritti.
E’, inoltre, da rilevare che questa Corte di legittimità, in un caso riguardante la Cassa dei Geometri, ha già statuito che “l’impossibilità, di fatto, per gli eredi di ottenere il rimborso, per essere il professionista deceduto prima di aver raggiunto il 65° anno di età senza aver avanzato domanda di restituzione prima della data di entrata in vigore della legge n. 236 del 1990, non vale a costituire in loro favore alcun diritto verso la Cassa” (Cass. 8 febbraio 2006, n. 2762); con la precisazione, in motivazione, che “non ha fondamento la tesi che il diritto al rimborso dei contributi versati si sia consolidato alla data della cancellazione dall’Albo dei geometri (20 giugno 1990), con conseguente applicabilità ratione temporis del disposto dell’abrogato” art. 21 I. n. 773/1982, atteso che, anche sotto il vigore di tale norma, “il rimborso non conseguiva automaticamente alla cancellazione dell’iscrizione alla Cassa, ma richiedeva la domanda dell’interessato, che nella specie è intervenuta (da parte degli eredi) quando erano già cambiate le condizioni di legge per il rimborso”. Conforme Cass. 21 febbraio 2011, n. 4163.
In definitiva, accolto il ricorso principale e cassata conseguentemente la sentenza impugnata, ritiene questa Corte, pronunciando nel merito ai sensi dell’art. 384, comma secondo, c.p.c., che la domanda giudiziale debba essere respinta.
Quanto al ricorso incidentate condizionato, con il quale L. T. e R. M. hanno ribadito la domanda, già proposta in via subordinata nei due gradi di merito, volta ad ottenere la pensione indiretta ai sensi dell’art. 31 dello Statuto, nei testo approvato nel luglio 2005, se ne deve rilevare, in via preliminare, l’Inammissibilità, stante il difetto della previa domanda amministrativa.
La peculiarità e difficoltà della lite costituisce grave ragione per la compensazione delle spese per l’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; spese compensate per l’intero giudizio.
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