CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2018, n. 28140
Contratto di lavoro part time – Dipendente Inps – Indennità di funzione – Spettanza
Rilevato che
la Corte d’Appello di Milano, a conferma della pronuncia del Tribunale, ha riconosciuto il diritto all’indennità di funzione in capo ad A. C., dipendente dell’Inps con contratto di lavoro part time;
la Corte territoriale ha riconosciuto la spettanza di tale diritto in capo all’appellato dalla natura della predetta indennità, la quale, a norma delle fonti legali e contrattuali che ne hanno previsto l’istituzione, risulta collegata non già all’adozione di un determinato regime orario della prestazione, bensì alla natura della funzione svolta; per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un motivo, cui resiste con tempestivo controricorso A.C.
Considerato che
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 e n. 5, parte ricorrente deduce ” Violazione dell’art. 36 Cost.: violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 2, L. n. 88/89, dell’art. 4 d.lgs. n. 61/2000 e dell’art. 45 d.lgs. n. 165/2001; Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del c.c.n.l. 1998/2001, in relazione all’art. 63, comma 5, d.lgs. n. 165/2001; Violazione e falsa applicazione dell’art. 28 c.c.n.l. 1998-2001. Motivazione contraddittoria e insufficiente su punto decisivo della controversia”. Contesta l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui l’indennità di funzione non avrebbe natura strettamente retributiva, ritenendo che, alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale, all’epoca dei fatti (2001- 2006), l’elemento retributivo di cui si controverte era corrisposto con cadenza fissa e continuativa. Lamenta, inoltre, che la Corte territoriale non abbia tenuto conto del fatto che il C., fin da epoca anteriore all’aprile 2001 aveva cessato di ricoprire qualunque incarico di capoufficio o altra nuova posizione organizzativa; anche a voler seguire il ragionamento della Corte d’Appello, però, l’Inps ritiene che la sentenza abbia violato le norme contrattuali, in particolare l’art. 23 del c.c.n.l. 1998/2001, il quale stabilisce che il trattamento retributivo accessorio va computato in proporzione alla prestazione lavorativa quando è collegato all’orario di lavoro, ed è applicato ai dipendenti in misura non frazionata o non direttamente proporzionale rispetto al regime di orario adottato, soltanto quando non è collegato alla durata della prestazione;
il motivo di ricorso è infondato;
l’art. 4, co. 2 lett b) ult. periodo del dlgs. 25 febbraio 2000, n. 61 (attuativo della Direttiva 97/81/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (concluso da UNICE; CEEP, CES) stabilisce che, in applicazione del principio di non discriminazione “Il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa;
l’importo della retribuzione feriale; l’importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità. Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all’art. 1, co. 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale”;
il CCNL per il personale degli enti pubblici non economici per il quadriennio 1998/2001, prevede, all’art. 23, comma 5, che “I trattamenti accessori collegati al raggiungimento degli obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa, sono applicati ai dipendenti a tempo parziale anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato”;
detta previsione, perciò, rientra legittimamente nella facoltà accordata dall’art. 4, co. 2, lett. b) del d.lgs. n. 61/2000 alle parti sociali, di derogare alla regola generale, di cui al comma 4 dello stesso art. 23, del CCNL di comparto, secondo cui “Il trattamento economico, anche accessorio del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale è proporzionale alla prestazione lavorativa, con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche (…) spettanti al personale con rapporto di lavoro a tempo pieno con la stessa posizione di inquadramento professionale”;
in base al CCNL di comparto, dunque, l’indennità di funzione, prevista dall’art. 15 della I. 8 marzo 1989, n. 88 “Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”,
essendo attribuita “per l’effettivo espletamento delle funzioni” deve essere corrisposta ai dipendenti a tempo parziale indipendentemente dal regime di orario adottato (in tal senso Cass. n. 6170/1989; n. 4297/2000);
quanto alla misura della corresponsione dell’indennità, questa va computata per intero, così come statuito dalla sentenza impugnata, la quale si pone in linea di continuità con la giurisprudenza di questa Corte che, in ipotesi sovrapponibile, ha affermato che “I trattamenti economici (…) nonché altri istituti non collegati alla durata della prestazione sono applicati ai dipendenti a tempo parziale anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime di orario adottato” (Cass. n. 16284/2005).
In definitiva, essendo il motivo infondato, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 4500 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art.13.
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