CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 25778 depositata il 12 settembre 2023
Tributi – Doppie imposizioni – Istanza di rimborso – Residenza fiscale – IRPEF – Accoglimento parziale
Fatto
Avendo il sig. F.R. (d’ora in poi, anche “il ricorrente” o “il contribuente”) trasferito la residenza in (…), l’INPS provvide alla detassazione della pensione alla fonte dall’1/8/2013, in virtù della vigente Convenzione italo-tunisina contro le doppie imposizioni (Convenzione n. 388 del 25/5/1981).
Tuttavia, in relazione al periodo 1/1/2013 – 31/7/2013, l’INPS applicò la ritenuta alla fonte per un importo pari ad Euro 27.093,55. L’istanza di rimborso fu rigettata dall’Agenzia delle Entrate, con provvedimento prot. n. 49552/2016.
Il provvedimento di diniego del rimborso fu impugnato dal contribuente dinanzi alla C.T.P. di Pescara, che respinse il ricorso. La C.T.R. respinse l’appello del contribuente, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, articolato in sette motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Il contribuente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Diritto
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato “art. 360 c.p.c., n. 3.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Tunisia”, il contribuente deduce che, secondo la C.T.R, egli avrebbe dovuto produrre la prova dell’effettiva tassazione nel paese erogante (l’Italia), e quindi la ritenuta Irpef operata dall’INPS, ed un attestato ufficiale dello Stato contraente (Tunisia) in cui il contribuente è residente che certifichi la sussistenza delle condizioni richieste.
Orbene, il contribuente ritiene di aver soddisfatto tutti i requisiti documentali per comprovare la sua soggezione al fisco tunisino.
Peraltro, circostanza non valutata dalla C.T.R., il contribuente aveva prodotto anche documentazione non richiesta dalla Convenzione italo-tunisina, cioè la quietanza di pagamento delle imposte in Tunisia per l’anno d’imposta (…).
2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ” art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2700 c.c. Omessa valutazione della documentazione fiscale”, il contribuente si duole che, nonostante abbia prodotto un corredo probatorio ampio e di qualificata valenza probatoria, la C.T.R. non abbia affatto considerato la relativa documentazione.
3. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ” art. 360 c.p.c., n. 5: omesso esame circa fatti storici decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di contraddittorio tra le parti”, il contribuente si duole che la C.T.R. abbia ignorato i documenti da lui prodotti a sostegno del suo diritto al rimborso. In particolare, la C.T.R. avrebbe omesso di valutare il modello EP-I/2, l’attestazione di “residenza fiscale” rilasciata dal Centro regionale di controllo delle imposte di Tunisi, l’attestazione della “situazione fiscale”, sempre rilasciata dall’autorità tunisina, la quietanza di pagamento relativa alle ritenute fiscali subite da parte dell’autorità tunisina, oltre che l’attestazione dell’INPS delle ritenute subìte di cui aveva chiesto il rimborso.
4. Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ” art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 2 bis (rectius: art. 2, comma 2 bis, n.d.r.) del Tuir e art. 116 c.p.c.”, il contribuente si duole della falsa applicazione, da parte della C.T.R., della presunzione legale di residenza prevista dall’art. 2, comma 2bis, tuir: il giudice di appello avrebbe governato le regole del riparto dell’onere della prova come se la Tunisia fosse un paese a fiscalità privilegiata, qualità che nessun provvedimento dell’autorità italiana le ha mai attribuito.
5. Con il quinto motivo di ricorso, rubricato ” art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione di legge: artt. 115 e 116 c.p.c., 2679 c.c., omessa valutazione della documentazione sulla residenza, applicazione illegittima di una presunzione di legge”, il contribuente si duole che il giudice di merito non abbia valutato comparativamente gli indici fattuali addotti, rispettivamente, da lui e dall’Ufficio, per stabilire dove fosse residente.
Ma vi sarebbe di più: l’Ufficio non avrebbe in alcun modo provato elementi di fatto dai quali risulterebbe la residenza in Italia del contribuente.
5.1. I primi cinque motivi di ricorso, in virtù della loro stretta connessione, possono essere esaminati e decisi congiuntamente.
5.2. Il primo, il terzo, il quarto e il quinto sono fondati.
La C.T.R. ha deciso l’appello senza confrontarsi minimamente con il corredo probatorio prodotto dal contribuente a sostegno della sua deduzione di essere residente anche ai fini fiscali in Tunisia: è pervenuta alla reiezione del ricorso dopo aver declamato alcuni principi normativi e giurisprudenziali che però non si attagliano al caso di specie, in particolare ritenendo applicabile una presunzione legale relativa (fondata sull’art. 2, comma 2bis TUIR) di residenza in Italia del contribuente, nonostante che egli avesse dedotto e tentato di dimostrare (con documenti non valutati dal collegio d’appello) che fosse residente in un paese, la (…), che l’Italia non considera a fiscalità privilegiata.
In realtà, proprio il taglio astratto della motivazione fa sì che quest’ultima sia da considerarsi meramente apparente, con la conseguente esclusione della preclusione, derivante dalla cd. “doppia conforme” (art. 348ter c.p.c., comma 5, vigente ratione temporis), della censura di omesso esame di fatti decisivi e controversi, addotti e documentati dal contribuente, dai quali risulterebbe la residenza anche fiscale in (…) quale elemento costitutivo del diritto al rimborso fatto valere.
L’accoglimento del primo, del terzo, del quarto e del quinto motivo di ricorso, fondati essenzialmente sull’omesso esame del compendio probatorio prodotto dal contribuente e sulla falsa applicazione di una presunzione legale relativa in merito alla residenza, determina l’assorbimento del secondo motivo incentrato sulla violazione dei canoni di valutazione delle prove.
6. Con il sesto motivo, rubricato ” art. 360 c.p.c., n. 3 Violazione e/o falsa applicazione di legge: l. n. 241 del 1990, art. 3 motivazione postuma e art. 112 ultrapetizione”, il contribuente censura la sentenza impugnata in quanto avrebbe posto a sostegno del rigetto dell’appello la mancata produzione del documento di cui all’art. 27 della Convenzione italo-tunisina sulle doppie imposizioni, elemento (quello della mancata produzione del detto documento) non esplicitato nel diniego di rimborso impugnato.
6.1. Il motivo è infondato.
L’asserita mancata produzione del documento di cui all’art. 27 della Convenzione italo-tunisina sulle doppie imposizioni non implica una immutazione della prospettazione in fatto compiuta dall’ufficio nel diniego di rimborso, ma un motivo in iure del disconoscimento del diritto al rimborso, o meglio un motivo fondato sulla divisata assenza di un presupposto, previsto da una fonte giuridica (la Convenzione), per il conseguimento del rimborso auspicato (si tratta, dunque, di un caso diverso da quello in cui l’Ufficio muti la qualificazione in fatto di un elemento positivo o negativo del reddito rilevante ai fini impositivi, cfr. Cass. sez. T., ord., n. 5160 del 26/02/2020, Rv. 657338 – 01).
Ne consegue che al giudice di merito non è precluso, al di là delle difese dell’amministrazione, rilevare l’infondatezza della domanda di rimborso (e della impugnazione del diniego di rimborso) sulla base della carenza di documenti necessari ai sensi della Convenzione internazionale sulle doppie imposizioni.
7. Con il settimo motivo di ricorso, rubricato ” art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e/o falsa applicazione di legge; l. n. 211 del 2000, art. 6 comma 2 (ndr l. n. 212 del 2000, art. 6 comma 2). Omesso contraddittorio endoprocedimentale”, il contribuente si duole della mancata instaurazione del contraddittorio da parte dell’Ufficio prima dell’adozione del provvedimento impugnato.
7.1. Il motivo è infondato.
Occorre, innanzitutto, premettere che nella presente fattispecie si versa in tema di tributi non armonizzati (trattandosi di Irpef), e dunque occorre individuare una disposizione specifica che preveda l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale (Cass., Sez. 6-T, Ordinanza n. 27421 del 29/10/2018, Rv. 651437 – 01).
Orbene, tale disposizione non può essere individuata nell’art. 6, comma 2, dello Statuto del contribuente (L. n. 212 del 2000), che è una lex imperfecta, che non prevede una sanzione in caso di sua violazione, al contrario del successivo art. 12, comma 7, che stabilisce espressamente che “l’avviso di accertamento non può essere emanato” ed è dunque nullo (cfr. Cass., sez. T., ord., n. 23223 del 25/07/2022, Rv. 665293 – 01).
Del resto, basta considerare, a conferma della conclusione qui espressa, che i primi quattro commi della l. n. 212 del 2000, art. 6 contengono, tutti, disposizioni non “giustiziabili” con l’impugnazione degli atti impositivi cui esse si riferiscono, a differenza dello stesso art. 6, comma 5 che si chiude con l’espressa previsione della nullità dei provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni “di cui al presente comma”.
D’altronde, un obbligo di contraddittorio preventivo endoprocedimentale rispetto all’emanazione di qualsiasi atto sfavorevole al soggetto istante è previsto solo dalla legge generale sul procedimento amministrativo (l. n. 241 del 1990, art. 10bis), esplicitamente non applicabile, in parte qua, ai procedimenti tributari (l. n. 241 del 1990, art. 13 comma 2).
8. In definitiva, sono fondati il primo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.
Sono infondati il sesto e il settimo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, che esaminerà la documentazione prodotta dal contribuente alla luce delle disposizioni della Convenzione italo-tunisina.
9. Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Rigetta il sesto e il settimo motivo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, per nuovo esame, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio.
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