Corte di Cassazione ordinanza n. 27192 depositata il 15 settembre 2022
doppia conforme – vizio di travisamento della prova non può essere denunciato in caso di cd. doppia conforme
RILEVATO CHE
– I ricorrenti hanno impugnato con due motivi la sentenza in epigrafe indicata che, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto legittimi gli avvisi di liquidazione n. 2014T000304000 e 2014T000305000, fatta eccezione per la parte relativa alle sanzioni.
– con i predetti avvisi erano stati liquidati, rispettivamente, l’imposta di registro ipotecaria e catastale in relazione ad un contratto di compravendita di un immobile acquistato pro quota dai ricorrenti per l’importo complessivo di€ 445,98 e l’imposta sostitutiva di operazioni di credito a medio e lungo termine ex art. 15 e ss. del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601 per l’importo di € 8.754,08. La ragione dell’emissione degli avvisi era la decadenza dall’agevolazione “prima casa”, in quanto l’immobile era stato considerato dall’Agenzia delle Entrate di lusso, ai sensi dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, essendo la superficie complessiva dell’immobile di circa mq 505,52;
– la CTR ha ritenuto: la legittimità degli avvisi di liquidazione sul presupposto che si trattasse di un unico immobile, tenuto conto della superficie, superiore a 240 mq e clel collegamento interno tra i piani, due semiinterrati e uno mansardato; legittima era l’applicazione del d.m. 2 agosto del 1969, in quanto gli atti oggetto di i1T1posizione erano antecedenti all’introduzione della nuove disposizioni che hanno fatto riferimento alle nuove cateçiorie catastali Al, A8, A9; irrilevante era, poi, la circostanza della contitolarità del bene tra i ricorrenti, dovendosi prendere in considerazione, ai fini delle imposte in esame, solo le caratteristiche oggettive del bene;
– l’Agenzia si costituiva controricorso, mentre i ricorrenti hanno presentato istanza per l’inserimento nel fascicolo di una perizia relativa all’immobile per cui è causa.
RILEVATO CHE
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 360, comma 1, 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo e per mancata motivazione. Si dolgono che la sentenza impugnata non abbia preso in esame la pronuncia della CTP di Torino 971/17/91 emessa nei confronti del precedente proprietario dell’immobile che ne ha escluso la caratteristica di lusso. Pur riconoscendo che la stessa non sia stata indicata negli atti di causa, i ricorrenti ritengono che essa fosse ben nota alla controparte e all’organo giudicante, in quanto depositata unitamente all’istanza di sospensione.
Il motivo è inammissibile. Nel caso in esame la CTR ha confermato la decisione del giudice di primo çirado sulla base dello stesso percorso argomentativo.
Si ritiene sul punto di confermare quanto già espresso in sede di legittimità, secondo cui ricorre l’ipotesi di « doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo, quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6 – 2, n.7724/2022, Rv. 664193 – 01).
Nella specie, non essendo state messe in evidenza, agli effetti dell’art. 348 ter, comma 5 c.p.c., le eventuali differenze tra le ragioni di fatto poste a base della sentenza di appello rispetto a quelle poste a base della sentenza di primo grado, il motivo è inammissibile (Cass. Sez. 6 – 2, n.8320/2022, Rv. 664432-01). Deve essere, infatti, ribadito che: nel ricorso di cassazione, il travisamento della prova, che presuppone la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito, ritenuto valutabile in sede di legittimità qualora dia luogo ad un vizio logico di insufficienza della motivazione, non è più deducibile a seguito della novella apportata all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, che ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Ne consegue a fortiori che tale vizio non può essere denunciato in caso di cd. doppia conforme, stante la preclusione di cui all’art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c. (Cass. Sez. L, n. 24935/2020, Rv. 659540-01, Sez. 6 – 3, n. 15777/2022, Rv. 665052 – 01).
In questo senso la giurisprudenza di legittimità, già da tempo ha affermato che in ipotesi di cd doppia conforme in fatto a cognizione sommaria, ex art. 348 ter, comma 4, c.p.c., è escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito. Ciò comporta che il sindacato di legittimità del provvedimento di primo grado è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affettai da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili, ipotesi da escludere nel caso di specie e comunque neanche oggetto di motivo di doglianza da parte di ricorrenti (Cass. Sez. 6 – 3, n. 26097/2014, Rv. 633883- 01)
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 p.c. Ritengono in proposito che la sentenza avrebbe dovuto riconoscere all’immobile in oggetto le caratteristiche previste dall’art. 5 del citato d.nn. e ribadiscono che l’immobile non è una singol1a unità immobiliare, ma un immobile costituito da più unità “in un sol corpo avente le caratteristiche di casa padronale o villino”.
Il motivo è inammissibile. L’Agenzia ha eccepito che esso è stato proposto per la prima volta in app,1 II0 e su tale circostanza nulla hanno replicato i ricorrenti, i quali, quindi, non hanno chiarito se esso sia stato proposto in primo grado. Non essendoci contestazione sul punto deve ritenersi che, in quanto introdotto solo in appello per la prima volta, esso debba ritenersi inammissibile.
Sotto altro profilo si osserva che con il motivo in esame i ricorrenti, tendono sostanzialmente a sollecitare un accertamento in fatto precluso in sede di legittimità.
3. Da quanto esposto segue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13 comma 1 quat:er del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti a pagare in favore dell’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio, che liqùida nell’importo di € 3.5000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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