Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 10415 depositata il 17 aprile 2024
Tributi – cartella – IRAP – Lavoratore autonomo
Rilevato che:
nella controversia originata dall’impugnazione da parte di T.F., avvocato, di cartella, ex art. 36 bis del d.P.R. n.600 del 1973, portante IRAP dell’anno di imposta 2008, la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava, rigettando l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente. In particolare, il Giudice di appello riteneva che il contribuente aveva legittimamente emendato la propria dichiarazione nei termini (di quattro anni) assegnati all’Ufficio per procedere ad accertamento. Rilevava, ancora, che l’Ufficio per contestare il credito di imposta portato dal contribuente (e rinveniente dall’IRAP versata nell’anno precedente, pur in mancanza dei presupposti impositivi essendo il contribuente privo di autonoma organizzazione) avrebbe dovuto emettere un avviso di accertamento, non essendo sufficiente allo scopo l’iscrizione a ruolo ex art 36 bis.
La C.T.R. riteneva, pertanto, che la mancata emissione di un atto presupposto comportasse la declaratoria di nullità dell’iter procedimentale, con conseguente nullità della cartella.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, su tre motivi, l’Agenzia delle Entrate.
T.F. resiste con controricorso.
Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. ha depositato controricorso chiedendo che questa Corte confermi la legittimità dell’operato del Concessionario
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio.
Considerato che:
1. con il primo motivo -rubricato: violazione dell’art. 36, secondo comma n.4 d.lgs. n.546/92 (in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.)- la ricorrente censura la sentenza impugnata di motivazione apparente laddove la C.T.R. aveva affermato che il thema decidendum fosse da identificarsi nel diritto di emendare la dichiarazione mentre la fattispecie, in esame, verteva sull’esistenza dei presupposti quali definiti dall’art.2, comma 8 bis del d.P.R. n. 322 del 1998.
1.1 La censura è infondata. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., ex multis, Cass. n. 6758 del 01/03/2022; id. n. 13977 del 2019) <<ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture>>.
1.2. Nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata esplicita, compiutamente, il percorso motivazionale seguito dal giudice di merito per giungere alla sua decisione, che potrà pure non essere condivisibile ovvero reputata erronea, ma che, in ogni caso, è parvente rendendo edotto il lettore delle ragioni poste a suo fondamento.
2 Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.36 bis del d.P.R. n.600 del 1973 perpetrate dalla C.T.R. nell’avere ritenuto che la cartella impugnata, per disconoscere un credito di imposta, avrebbe dovuto essere preceduta da un avviso di accertamento. Evidenzia, all’uopo, la ricorrente che l’Ufficio aveva liquidato la prima dichiarazione, nella sua versione originale, senza procedere ad alcuna correzione mentre, invece, non aveva liquidato la dichiarazione integrativa, avendola ritenuta nulla e inefficace per mancanza dei presupposti di legge.
3. La violazione dell’art.2, c.8 bis d.P.R. n.322/98 (in relazione all’art-360 n.3 c.p.c.) viene dedotta dalla ricorrente con il terzo motivo. Secondo la prospettazione difensiva, nel caso in esame caratterizzato dall’avere il contribuente rinnegato, ritenendo non presente l’autonoma organizzazione, la debenza dell’IRAP che prima, con libera manifestazione di volontà aveva riconosciuto, non solo non si verteva nelle ipotesi di errore emendabile ma per di più l’esistenza del presupposto impositivo emergeva dagli stessi dati esposti dal contribuente nella sua dichiarazione.
4. Il secondo motivo di ricorso è fondato con assorbimento del terzo.
4.1. La giurisprudenza di questa Corte, in materia di dichiarazione integrativa, sulla scia dei principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13378 del 2016, è ferma nel ritenere che <<in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa per la loro correzione deve essere presentata, ex art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante. In caso di avvenuto pagamento di maggiori somme rispetto a quelle dovute, il contribuente, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, senza però poter opporre in compensazione tali somme alle maggiori pretese di quest’ultima, e può chiederne il rimborso entro il termine di quattro anni dal versamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, decorso il quale non può più domandarne la restituzione nel corso del giudizio instaurato avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso, atteso che il principio della deducibilità, anche in giudizio, di suoi eventuali errori nella dichiarazione dei redditi non può essere utilizzato per eludere i termini decadenziali espressamente previsti dalla legge>> (v. Cass. n. 30151 del 20/11/2019 e, di recente, Cass.n.15211 del 30/05/2023). Si è, inoltre, statuito che << In materia di IRAP, l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (ex art. 2, comma 8- bis d.p.p. n. 322 del 1998), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (ex art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, dall’altro, operano su piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso)>> (cfr. Cass. n. 19002 del 16/07/2019). E, ancora, costituisce, altrettanto punto fermo della giurisprudenza di questa Corte (v., ex multis, Cass. n. 6239 del 05/03/2020) quello per cui <<in tema di IRAP, nel giudizio d’impugnazione della cartella di pagamento emessa dall’Amministrazione finanziaria ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 per omesso versamento dell’imposta nella misura indicata nella dichiarazione dei redditi, spetta al contribuente che “ritratti” la propria dichiarazione provare il fatto impedivo dell’obbligazione tributaria (asserita mancanza dell’autonoma organizzazione), determinandosi, altrimenti, un’irrazionale disparità di trattamento tra coloro che chiedono il rimborso di un’imposta versata e non dovuta, onerati di fornire la prova del diritto alla restituzione, e coloro che, dopo essersi dichiarati soggetti ad imposizione ed averne indicato l’ammontare in dichiarazione, ne omettono, in tutto o in parte, il versamento>>.
4.2 La sentenza impugnata -nel capo in cui la C.T.R. ha ritenuto che, a fronte della ritrattazione da parte del contribuente della precedente dichiarazione a mezzo della dichiarazione integrativa, fosse necessaria l’emissione da parte dell’Ufficio di un avviso di accertamento prodromico quale prima manifestazione di una pretesa tributaria- si discosta dai principi sopra esposti onde, sul punto, va cassata con rinvio al Giudice di merito il quale provvederà al riesame, adeguandosi, e regolerà le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
Rigettato il primo motivo di ricorso, in accoglimento del secondo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania-Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese processuali del giudizio di legittimità.