CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 10 luglio 2014, n. C-198/13
LAVORO SUBORDINATO – TUTELA DEI LAVORATORI SUBORDINATI IN CASO DI INSOLVENZA DEL DATORE DI LAVORO – DIRITTO ALL’INDENNIZZO DI UN DATORE DI LAVORO NEI CONFRONTI DI UNO STATO MEMBRO RELATIVO ALLE RETRIBUZIONI VERSATE A UN DIPENDENTE DURANTE IL PROCEDIMENTO DI CONTESTAZIONE DEL LICENZIAMENTO – DISCRIMINAZIONE DEI LAVORATORI CHE SONO STATI OGGETTO DI UN LICENZIAMENTO NULLO
1. La domanda di decisione pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU L283, pag.36), e dell’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la “Carta”).
2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposti, da una parte, i sigg.Julian Hernández, Eddine Adel, Morales Ciudad, Madrid Madrid, Selles Orozco, Martí Juan e Debbaj, e, dall’altra, il Reino de España (Subdelegación del Gobierno de España en Alicante) (Regno di Spagna (Subdelegación del governo spagnolo ad Alicante); in prosieguo: la “Subdelegación”) nonché la Puntal Arquitectura SL, la Obras Alteamar SL, la Altea Diseño y Proyectos SL, i sigg.Muñoz Sánchez e Orozco Miro, con riguardo al pagamento di una somma di importo corrispondente a quello delle retribuzioni dei ricorrenti nel procedimento principale maturate durante il procedimento di contestazione del licenziamento di questi ultimi, dopo il 60º giorno lavorativo successivo al deposito del loro ricorso di contestazione del licenziamento e sino alla notifica della decisione dichiarativa della nullità di tali licenziamenti.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3. Ai sensi dei considerando 3 e 7 della direttiva 2008/94:
“(3) Sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e per assicurare loro un minimo di tutela, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati, tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero creare un organismo che garantisca ai lavoratori interessati il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati.
(…)
(7) Gli Stati membri possono stabilire limitazioni alla responsabilità degli organismi di garanzia, limitazioni che devono essere compatibili con l’obiettivo sociale della direttiva e possono tener conto dei diversi livelli dei diritti”.
4. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/94, “(l)a presente direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1”.
5. L’articolo 2 di tale direttiva così recita:
“1. Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza quando è stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro, prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di uno Stato membro, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga e quando l’autorità competente, in virtù di dette disposizioni:
_) ha deciso l’apertura del procedimento, oppure
b) ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento.
2. La presente direttiva non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini “lavoratore subordinato”, “datore di lavoro”, “retribuzione”, “diritto maturato” e “diritto in corso di maturazione”.
(…)
4. La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di estendere la tutela dei lavoratori subordinati ad altre situazioni di insolvenza, come la cessazione di fatto dei pagamenti in forma permanente, stabilite mediante procedure diverse da quelle di cui al paragrafo 1, previste dal diritto nazionale.
(…)”.
6. L’articolo 3 della stessa direttiva prevede:
“Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale.
I diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri”.
7. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2008/94:
“1. Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia di cui all’articolo 3.
2. Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, fissano la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. Questa durata tuttavia non può essere inferiore ad un periodo, riferito alla retribuzione degli ultimi tre mesi, di rapporto di lavoro che si colloca prima e/o dopo la data di cui all’articolo 3, secondo comma.
Gli Stati membri possono iscrivere questo periodo minimo di tre mesi in un periodo di riferimento la cui durata non può essere inferiore a sei mesi.
Gli Stati membri che prevedono un periodo di riferimento di almeno diciotto mesi possono limitare ad otto settimane il periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. In tal caso, per il calcolo del periodo minimo sono presi in considerazione i periodi più favorevoli per i lavoratori subordinati”.
8. L’articolo 5 della direttiva di cui trattasi così dispone:
“Gli Stati membri fissano le modalità di organizzazione, di finanziamento e di funzionamento degli organismi di garanzia (…)
(…)”.
9. A termini dell’articolo 11, primo comma, della direttiva medesima, quest’ultima “non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare e di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli per i lavoratori subordinati”.
Il diritto spagnolo
La Costituzione
10. A termini dell’articolo 121 della Costituzione, “(i) danni causati da un errore giudiziario, come quelli conseguenti a un anormale funzionamento dell’amministrazione della giustizia, daranno diritto a un indennizzo a carico dello Stato, conformemente alla legge”.
Lo Statuto dei lavoratori
11. L’articolo 33 del testo consolidato dello Statuto dei lavoratori (texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores), adottato con regio decreto legislativo 1/1995 (Real Decreto Legislativo 1/1995), del 24 marzo 1995 (BOE n.75, del 29 marzo 1995, pag.9654), nella versione in vigore all’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale (in prosieguo: lo “Statuto dei lavoratori”), così recita:
“1. Il Fondo di garanzia salariale, organismo autonomo dipendente dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, dotato di personalità giuridica e della capacità di agire per adempiere i propri obiettivi, versa ai lavoratori l’importo delle retribuzioni che non è stato possibile versare loro in ragione dell’insolvenza del loro datore di lavoro o di una procedura concorsuale di liquidazione del passivo cui questi è assoggettato.
Ai fini del precedente comma, si intende per retribuzione l’importo riconosciuto come tale nell’atto di conciliazione o nella decisione giudiziaria per tutti gli aspetti previsti nell’articolo 26, paragrafo 1, nonché le retribuzioni maturate nel corso del procedimento di contestazione di un licenziamento nei casi previsti dalla legge in cui il Fondo non può versare, a qualsivoglia titolo, congiuntamente o separatamente, una somma superiore all’importo risultante dalla moltiplicazione del triplo della retribuzione minima interprofessionale giornaliera, compresa la quota proporzionale dei premi, per il numero di giorni di retribuzione non pagati, entro il limite di cinquanta giorni.
2. Nei casi di cui al paragrafo precedente, il Fondo di garanzia salariale versa le indennità riconosciute con sentenza, ordinanza, atto di conciliazione giudiziale o decisione amministrativa a favore dei lavoratori a causa del licenziamento o dello scioglimento del contratto conformemente agli articoli 50, 51 e 52 della presente legge e in conformità all’articolo 64 della legge 9 luglio 2003, n.22, sul fallimento, nonché le indennità per cessazione dei contratti temporanei o a tempo determinato nei casi previsti dalla legge. In ogni caso, tale pagamento si effettua entro il limite massimo di un’annualità, fermo restando che la retribuzione giornaliera, che serve come base di calcolo, non può eccedere il triplo della retribuzione minima interprofessionale, compresa la quota proporzionale dei premi.
(…)
6. Ai fini del presente articolo, il datore di lavoro è considerato insolvente qualora, una volta esperita la procedura esecutiva ai sensi della legge relativa al processo del lavoro, i crediti da lavoro rimangano insoddisfatti (…)”.
12. L’articolo 53 dello Statuto dei lavoratori, rubricato “Forma ed effetti dell’estinzione per cause oggettive”, dispone quanto segue:
“1. L’adozione del provvedimento estintivo ai sensi dell’articolo precedente è subordinata all’osservanza dei seguenti requisiti:
a) notifica scritta al lavoratore in cui sono esposti i motivi del licenziamento;
b) pagamento al lavoratore, contemporaneamente alla comunicazione scritta, di un’indennità corrispondente a venti giorni per anno di servizio, indennità che sarà calcolata pro rata temporis in ragione del numero di mesi per i periodi inferiori a un anno, e per un massimo di dodici mensilità.
(…)
4. Qualora il datore di lavoro non soddisfi i requisiti di cui al paragrafo 1 di detto articolo o il licenziamento sia fondato su una causa di discriminazione vietata dalla Costituzione o dalla legge, ovvero comporti una violazione di diritti fondamentali e di libertà pubbliche riconosciute al lavoratore, il provvedimento estintivo è nullo e tale nullità deve essere dichiarata d’ufficio dal giudice. (…)
(…)”.
13. L’articolo 55, paragrafo 6, lettera c), di detto Statuto prevede quanto segue:
“La nullità di un licenziamento ha per effetto l’immediata reintegrazione del lavoratore, nonché il versamento dei salari non percepiti”.
14. In forza dell’articolo 56, paragrafo 1, dello stesso Statuto:
“Qualora il licenziamento venga dichiarato illegittimo, il datore di lavoro, entro cinque giorni dalla notifica della sentenza, potrà optare tra la reintegrazione del lavoratore con contestuale versamento degli arretrati salariali previsti dalla lettera b) del presente paragrafo 1 e il pagamento delle seguenti somme, che dovranno essere stabilite nella sentenza:
a) un’indennità equivalente a quarantacinque giorni di retribuzione per anno di servizio, essendo contabilizzati pro rata i periodi inferiori ad un anno su base mensile fino ad un massimo di quarantadue mensilità;
b) un importo pari alla somma dei salari non percepiti dalla data del licenziamento sino alla notifica della sentenza che dichiara l’illegittimità del licenziamento o finché il lavoratore non abbia trovato un nuovo impiego, nel caso in cui tale assunzione preceda detta sentenza ed il datore di lavoro fornisca la prova delle somme percepite dal lavoratore, che saranno quindi dedotte dalla somma dei salari non percepiti”.
15. L’articolo 57, paragrafo 1, dello Statuto dei lavoratori così dispone:
“Qualora la sentenza che dichiara l’illegittimità del licenziamento sia stata pronunciata oltre sessanta giorni lavorativi dopo la data del ricorso, il datore di lavoro può chiedere allo Stato di versare al lavoratore l’importo di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera b), corrispondente al periodo che eccede i suddetti sessanta giorni”.
La LPL
16. L’articolo 116 del testo consolidato della legge relativa al processo del lavoro (texto refundido de la Ley de Procedimiento Laboral), adottata con regio decreto legislativo 2/1995 (Real Decreto Legislativo 2/1995), del 7 aprile 1995 (BOE n.86, dell’11 aprile 1995, pag.10695), nella versione vigente all’epoca del procedimento principale (in prosieguo: la “LPL”), dispone quanto segue:
“1. Qualora tra la data di deposito della domanda di contestazione del licenziamento e quella della sentenza del Juzgado o del Tribunale che dichiara per la prima volta l’illegittimità del licenziamento siano trascorsi più di sessanta giorni lavorativi, il datore di lavoro, dopo il passaggio in giudicato di detta sentenza, può chiedere allo Stato il rimborso delle retribuzioni versate al lavoratore per il periodo eccedente il suddetto termine.
2. Qualora il datore di lavoro si trovi in stato insolvenza temporaneo, il lavoratore può chiedere direttamente allo Stato le retribuzioni di cui al paragrafo precedente non corrisposte dal datore di lavoro”.
17. L’articolo 279, paragrafo 2, della LPL così recita:
“Entro i tre giorni successivi il giudice adotta un’ordinanza con la quale, salvo che nessuna delle due circostanze allegate dall’esecutante risulti dimostrata:
a.dichiara l’estinzione del rapporto di lavoro alla data di tale provvedimento;
b.ordina il pagamento al lavoratore delle indennità di cui all’articolo 110, paragrafo 1, della presente legge (…);
c.condanna il datore di lavoro a versare le retribuzioni non corrisposte afferenti al periodo compreso tra la data di notifica della sentenza che ha dichiarato per la prima volta l’illegittimità del licenziamento e la data del suddetto provvedimento”.
18. A termini dell’articolo 284 della LPL:
“Fatto salvo quanto disposto agli articoli precedenti, qualora risulti impossibile reintegrare il lavoratore a causa della cessazione dell’attività o della chiusura dell’impresa obbligata, il giudice dichiara estinto con ordinanza il rapporto di lavoro alla data di tale provvedimento e ordina il pagamento al lavoratore delle indennità e delle retribuzioni non ancora percepite di cui all’articolo 279, paragrafo 2”.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
19. Il 16 dicembre 2008, i ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ricorso dinanzi al Juzgado de lo Social n.1 di Benidorm, contestando il loro licenziamento avverso i loro datori di lavoro, vale a dire la Puntal Arquitectura SL, la Obras Alteamar SL, la Altea Diseño y Proyectos SL nonché i sigg.Muñoz Sánchez e Orozco Miro.
20. Con decisione del 2 ottobre 2009, detto giudice, da una parte, ha dichiarato la nullità di tali licenziamenti e, dall’altra, ha dichiarato estinto il rapporto di lavoro tra i ricorrenti nel procedimento principale e la Obras Alteamar SL nonché la Altea Diseño y Proyectos SL in ragione della cessazione dell’attività di queste ultime. Con detta decisione, tali due società sono state condannate a versare ai ricorrenti nel procedimento principale le indennità di licenziamento e le retribuzioni dovute dal loro licenziamento, anche durante il procedimento di contestazione dei licenziamenti stessi. Con tale decisione, lo stesso giudice ha parimenti condannato il Fondo de Garantía Salarial (Fondo di garanzia salariale, in prosieguo: il “Fogasa”) a garantire, in subordine, il pagamento di tali somme a concorrenza della quota fissata ex lege.
21. L’11 giugno 2010, è stato dichiarato lo stato di insolvenza provvisoria di tali due società.
22. Dopo aver perseguito con esito negativo l’esecuzione della decisione del Juzgado de lo Social n.1 di Benidorm del 2 ottobre 2009 contro le stesse società, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto al Fogasa il versamento, a concorrenza della quota fissata ex lege, delle somme stabilite da tale decisione.
23. Successivamente, hanno chiesto alla Subdelegación il versamento di una somma di importo corrispondente a quello delle retribuzioni dovute durante il procedimento di contestazione del loro licenziamento, dopo il 60º giorno lavorativo successivo alla data del deposito del loro ricorso di contestazione e sino alla data della notifica della decisione che dichiara la nullità del licenziamento stesso. Tale domanda è stata respinta con decisione della Subdelegación del 9 novembre 2010 in base al rilievo che, secondo detta decisione, tali licenziamenti non erano illegittimi, bensì nulli.
24. Il 25 novembre 2010, i ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ricorso dinanzi al Juzgado de lo Social n.1 di Benidorm avverso detta decisione, chiedendo la condanna della Subdelegación al pagamento di detta somma.
25. Dato che la normativa nazionale prevede il pagamento, da parte dello Stato spagnolo, delle retribuzioni dovute dopo il 60º giorno successivo al deposito del loro ricorso di contestazione del licenziamento nei soli casi in cui il licenziamento sia stato dichiarato illegittimo, escludendo i casi in cui sia dichiarata la nullità del licenziamento, il giudice del rinvio chiede se tale differenza di trattamento tra i lavoratori che hanno subìto un licenziamento illegittimo e i lavoratori che hanno subìto un licenziamento nullo debba essere considerata in contrasto con l’articolo 20 della Carta.
26. Al riguardo, detto giudice precisa che, secondo la normativa nazionale, la differenza fondamentale tra il licenziamento illegittimo e quello nullo consiste nel fatto che, nel primo caso, si ammette che il datore di lavoro possa, anziché reintegrare il lavoratore, estinguere il rapporto versandogli un’indennità, mentre, nel secondo caso, il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore. Ciò detto, nell’ipotesi di cessazione dell’attività del datore di lavoro, il giudice nazionale potrebbe sostituire l’obbligo di reintegrare il lavoratore il cui licenziamento sia stato dichiarato nullo con l’obbligo di pagamento di un’indennità in seguito all’accertamento dell’estinzione del rapporto di lavoro. In tutte queste ipotesi, il datore di lavoro sarebbe tenuto a versare al lavoratore le retribuzioni dovute durante il procedimento di contestazione del licenziamento.
27. Per quanto riguarda l’obbligo dello Stato spagnolo di pagare le retribuzioni dovute durante il procedimento di contestazione del licenziamento dopo il 60º giorno lavorativo successivo alla data di deposito del ricorso di contestazione, il giudice del rinvio afferma che, secondo la giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema), il creditore principale di tale obbligo è il datore di lavoro, che non deve subire le conseguenze di taluni ritardi giudiziari. Solo per surrogazione in tale diritto del datore di lavoro, nell’ipotesi di insolvibilità di quest’ultimo, ove tali retribuzioni non siano state pagate, i lavoratori possono chiederne direttamente allo Stato spagnolo il versamento ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 2, della LPL.Dato che il datore di lavoro non può chiedere allo Stato spagnolo il pagamento delle retribuzioni versate in caso di licenziamento nullo, i lavoratori che abbiano subìto un siffatto licenziamento non potranno, per surrogazione nei diritti del loro datore di lavoro insolvente, far valere un credito nei confronti dello Stato quanto alle retribuzioni che non sono state loro versate.
28.Il Juzgado de lo Social n.1 di Benidorm ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
“1) Se l’articolo 57 (dello Statuto dei lavoratori), in combinato disposto con l’articolo 116, paragrafo 2, del testo consolidato della (LPL), in forza del quale lo Stato (spagnolo) versa direttamente ai lavoratori, in caso di insolvenza del datore di lavoro, le retribuzioni maturate durante la procedura di contestazione del licenziamento a decorrere dal 60º (…) giorno lavorativo successivo alla presentazione del ricorso dinanzi al giudice competente, rientri nell’ambito di applicazione della (direttiva 2008/94), e in particolare degli articoli 1, paragrafo 1, 2, paragrafi 3 e 4, nonché 3, 5 e 11 della medesima.
2) In caso di risposta affermativa, se la prassi dello Stato (spagnolo) di versare direttamente ai lavoratori, in caso di insolvenza del datore di lavoro, le retribuzioni maturate durante la procedura di contestazione del licenziamento a decorrere dal 60º (…) giorno lavorativo successivo al deposito del ricorso, ma solo per i licenziamenti dichiarati illegittimi e non per quelli dichiarati nulli, debba essere considerata incompatibile con l’articolo 20 della (Carta) e, in ogni caso, con il principio generale di uguaglianza e di non discriminazione sancito dal diritto dell’Unione (…)
3) Del pari, se un organo giurisdizionale quale il giudice del rinvio possa disapplicare una normativa che consentirebbe allo Stato (spagnolo) di versare direttamente ai lavoratori, in caso di insolvenza del datore di lavoro, le retribuzioni maturate durante la procedura di contestazione del licenziamento a decorrere dal 60º (…) giorno lavorativo successivo al deposito del ricorso, ma solo per i licenziamenti dichiarati illegittimi e non per quelli dichiarati nulli, considerato che tra le due ipotesi non si rilevano differenze oggettive sotto tale profilo (con riferimento alle) retribuzioni maturate durante la procedura di contestazione del licenziamento”.
Sulle questioni pregiudiziali
29. Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale il datore di lavoro può chiedere allo Stato membro interessato il versamento delle retribuzioni che sono maturate durante la procedura di contestazione di un licenziamento dopo il 60º giorno lavorativo successivo al deposito del ricorso e in forza della quale, se il datore di lavoro non ha versato tali retribuzioni e versa in stato di insolvenza provvisoria, il lavoratore interessato può, in forza di una surrogazione ex lege, chiedere direttamente a tale Stato il pagamento di dette retribuzioni, ricada nella sfera di applicazione della direttiva 2008/94, se l’articolo 20 della Carta osti a tale normativa in quanto essa si applica solo in caso di licenziamento illegittimo, e non in caso di licenziamento nullo, e se detta normativa possa essere disapplicata da parte del giudice nazionale adito di un ricorso contro un licenziamento nullo.
30. In limine, occorre rilevare che, se è pur vero che uno Stato membro può designare se stesso come debitore dell’obbligo di pagamento dei crediti salariali garantiti ai sensi della direttiva 2008/94 (v., in tal senso, sentenza Gharehveran, C-441/99, EU:C:2001:551, punto 39), il Regno di Spagna ha istituito il Fogasa quale istituto di garanzia conformemente a tale direttiva. Dagli atti di cui dispone la Corte risulta che, conformemente all’articolo 33 dello Statuto dei lavoratori, il Fogasa ha versato ai ricorrenti nel procedimento principale, a concorrenza della quota fissata ex lege, le retribuzioni maturate, segnatamente, durante il procedimento di contestazione dei loro licenziamenti e delle indennità di licenziamento che non sono state pagate da parte dei loro datori di lavoro in stato di insolvenza. Risulta parimenti da tali atti che detti pagamenti del Fogasa rispettavano l’obbligo di tutela minima dei lavoratori dipendenti in caso di insolvenza del datore di lavoro, imposto dalla direttiva 2008/94, ove tale verifica spetta tuttavia al giudice del rinvio.
31. Le questioni riguardano solo il diritto, risultante dagli articoli 57 dello Statuto dei lavoratori e 116 della LPL, di chiedere allo Stato spagnolo il pagamento delle retribuzioni maturate dopo il 60º giorno lavorativo successivo alla data di inizio della procedura di contestazione del licenziamento e la circostanza che tale diritto è previsto solo nelle ipotesi di licenziamenti illegittimi, con l’esclusione delle ipotesi di licenziamenti nulli.
32. Occorre rilevare che tali disposizioni di diritto spagnolo devono essere lette alla luce dell’articolo 20 della Carta a condizione che ricadano nella sfera di applicazione della direttiva 2008/94. Infatti, ai sensi del suo articolo 51, paragrafo 1, le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. In virtù del paragrafo 2 della medesima disposizione, le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri solo in quanto essi applichino il diritto dell’Unione. A termini del paragrafo 2 dello stesso articolo, la Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né “introduce competenze nuove (…) per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati”. Così, la Corte è chiamata ad interpretare, alla luce della Carta, il diritto dell’Unione nei limiti delle competenze che le sono attribuite (sentenze McB., C-400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 51; Dereci ea., C-256/11, EU:C:2011:734, punto 71, nonché Siragusa, C-206/13, EU:C:2014:126, punto 20).
33. Come risulta dai chiarimenti relativi all’articolo 51 della Carta, che devono essere debitamente presi in considerazione ai sensi del suo articolo 52, paragrafo 7, la nozione di attuazione prevista da tale articolo 51 conferma la giurisprudenza della Corte relativa all’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione quali principi generali del diritto dell’Unione elaborati precedentemente all’entrata in vigore della Carta (sentenze Wachauf, 5/88, EU:C:1989:321, ERT, C-260/89, EU:C:1991:254, e Annibaldi, C-309/96, EU:C:1997:631), secondo la quale l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si impone agli Stati membri solo quando agiscono nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 18).
34. Al riguardo, occorre ricordare che la nozione di “attuazione del diritto dell’Unione”, di cui all’articolo 51 della Carta, richiede l’esistenza di un collegamento tra un atto di diritto dell’Unione e il provvedimento nazionale in questione che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra (v., in tal senso, sentenze precedenti all’entrata in vigore della Carta Defrenne, 149/77, EU:C:1978:130, punti da 29 a 32; Kremzow, C-299/95, EU:C:1997:254, punti 16 e 17; Mangold, C-144/04, EU:C:2005:709, punto 75, nonché sentenza Siragusa, EU:C:2014:126, punto 24).
35. In particolare, la Corte ha affermato che erano inapplicabili i diritti fondamentali dell’Unione ad una normativa nazionale per il fatto che le disposizioni dell’Unione nella materia in questione non imponevano alcun obbligo agli Stati membri in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale (v. sentenze Maurin, C-144/95, EU:C:1996:235, punti 11 e 12, nonché Siragusa, EU:C:2014:126, punti 26 e 27).
36. Nello stesso senso, la Corte ha già avuto modo di affermare che l’articolo 13CE (divenuto articolo 19TFUE) non è di per sé idoneo a collocare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ai fini dell’applicazione dei diritti fondamentali quali principi generali del diritto dell’Unione, una misura nazionale che non rientri nell’ambito delle misure adottate sulla base di detto articolo (v., in tal senso, sentenze Bartsch, C-427/06, EU:C:2008:517, punto 18; Kücükdeveci, C-555/07, EU:C:2010:21, punto 25, e Römer, C-147/08, EU:C:2011:286, punto 61). Pertanto, il solo fatto che una misura nazionale ricada in un settore nel quale l’Unione è competente non può collocarla nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione e, quindi, comportare l’applicabilità della Carta (v., in tal senso, sentenze Gueye e Salmerón Sánchez, C-483/09 e C-1/10, EU:C:2011:583, punti 55, 69 e 70, nonché Pringle, C-370/12, EU:C:2012:756, punti 104, 105, 180 e 181).
37. Secondo costante giurisprudenza della Corte, per stabilire se una misura nazionale rientri nell’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta occorre verificare, inter alia, se la normativa nazionale in questione abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere e se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell’Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest’ultimo, nonché se esista una normativa di diritto dell’Unione che disciplini specificamente la materia o che possa incidere sulla stessa (v. sentenze Annibaldi, EU:C:1997:631, punti da 21 a 23; Iida, C-40/11, EU:C:2012:691, punto 79; Ymeraga ea., C-87/12, EU:C:2013:291, punto 41, nonché Siragusa, EU:C:2014:126, punto 25).
38. Per quanto riguarda, in primo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla normativa oggetto del procedimento principale, risulta dalle indicazioni contenute negli atti trasmessi alla Corte e dai chiarimenti del governo spagnolo all’udienza che tale normativa prevede un regime di responsabilità dello Stato spagnolo in caso di “funzionamento anomalo” dell’amministrazione giudiziaria. A tal fine, gli articoli 57 dello Statuto dei lavoratori e 116, paragrafo 1, della LPL concedono al datore di lavoro, se la durata del procedimento di contestazione di un licenziamento è superiore a 60 giorni, il diritto di chiedere allo Stato spagnolo il pagamento delle retribuzioni versate dopo il 60º giorno lavorativo successivo alla data di inizio di tale procedimento. Se, ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 2, della LPL, il lavoratore può chiedere direttamente allo Stato spagnolo il pagamento di tali retribuzioni quando il datore di lavoro versi in stato di insolvenza provvisoria e non abbia ancora versato tali retribuzioni, è per effetto di una surrogazione ex lege nel diritto che è stato costituito in capo al datore di lavoro nei confronti dello Stato spagnolo.
39. Ne consegue che l’articolo 116, paragrafo 2, della LPL non è relativo al riconoscimento di un credito del lavoratore risultante dai suoi rapporti di lavoro e sussistente nei confronti del suo datore di lavoro, cui è applicabile la direttiva 2008/94 in forza del suo articolo 1, paragrafo 1, bensì al riconoscimento di un diritto di diversa natura, vale a dire quello del datore di lavoro di chiedere allo Stato spagnolo l’indennizzo del danno subìto in ragione di un “funzionamento anomalo” dell’amministrazione della giustizia, risultante dal fatto che la normativa nazionale obbliga il datore di lavoro a versare le retribuzioni durante il procedimento di contestazione del licenziamento. Risulta quindi che, se è pur vero che l’articolo 116, paragrafo 2, della LPL fa sorgere il diritto al pagamento di una somma di importo pari alle retribuzioni maturate successivamente al 60º giorno lavorativo di tale procedimento, tale somma costituisce un indennizzo concesso al datore di lavoro dal legislatore spagnolo, alla quale il lavoratore può avere accesso solo per effetto di una surrogazione ex lege.
40. Inoltre, occorre rilevare che il diritto che deriva dagli articoli 57 dello Statuto dei lavoratori e 116 della LPL non riguarda le retribuzioni maturate nel corso dei primi 60 giorni lavorativi del procedimento di contestazione di un licenziamento. In tal senso dette disposizioni, in quanto non fanno sorgere il diritto ad alcun pagamento quando la durata del procedimento di contestazione di un licenziamento non supera i 60 giorni lavorativi, non garantiscono il pagamento della retribuzione durante il periodo minimo degli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, di cui agli articoli 3 e 4, paragrafo 2, della direttiva 2008/94. Per contro, durante il periodo che decorre dal 60º giorno lavorativo fino alla notifica della decisione che dichiara l’illegittimità del licenziamento, tale diritto ricomprende tutte le retribuzioni senza alcun massimale.
41. Da tali caratteristiche della normativa oggetto del procedimento principale risulta che essa persegue un obiettivo diverso dalla garanzia di una tutela minima dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, di cui alla direttiva 2008/94, vale a dire quello di provvedere all’indennizzo, da parte dello Stato spagnolo, dei danni derivanti dalla durata dei procedimenti giudiziari superiori ai 60 giorni lavorativi.
42. Se è pur vero che l’importo delle somme versate ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 2, della LPL può essere superiore a quello dei crediti retributivi garantiti dal Fogasa, dalle osservazioni del governo spagnolo risulta, da una parte, che tale circostanza dipende dal fatto che detta disposizione fa sorgere un diritto all’indennizzo il cui importo non ha alcun massimale, con l’obiettivo di acclarare la responsabilità dello Stato spagnolo per la durata eccessiva del procedimento giudiziario, e, dall’altra, che non si tratta dell’espressione di una decisione del legislatore spagnolo di concedere ai lavoratori dipendenti una tutela supplementare rispetto alla garanzia del Fogasa.
43. Occorre rilevare, in secondo luogo, che le domande di pagamento sottoposte al giudice del rinvio dai ricorrenti nel procedimento principale sul fondamento dell’articolo 116, paragrafo 2, della LPL non si riferiscono a un periodo coperto dalla garanzia del Fogasa, ma vanno oltre detta garanzia. Come risulta dal punto 30 supra, tali lavoratori hanno ottenuto dal Fogasa versamenti di crediti retributivi, a concorrenza del tetto legale, che rispettavano l’obbligo di tutela minima dei lavoratori dipendenti in caso di insolvenza del datore di lavoro, imposto dalla direttiva 2008/94. In tale contesto, il fatto di concedere o meno ai ricorrenti nel procedimento principale il diritto derivante dall’articolo 116, paragrafo 2, della LPL non può né incidere sulla tutela minima che lo Stato spagnolo ha garantito loro da parte del Fogasa, conformemente agli articoli 3 e 4 di tale direttiva, né limitare detta tutela.
44. Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’articolo 11, primo comma, di detta direttiva, al quale fa riferimento il giudice del rinvio nella sua decisione di rinvio, tale decisione si limita a constatare che la direttiva 2008/94 “non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare e di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli per i lavoratori subordinati”. Alla luce del suo tenore letterale, tale disposizione, che si trova nel capo V, rubricato “Disposizioni generali e finali”, non conferisce agli Stati membri una facoltà normativa derivante dal diritto dell’Unione, ma si limita, a differenza dalle facoltà previste dai capi I e II della stessa direttiva, a riconoscere il potere degli Stati membri, in forza del diritto nazionale, di prevedere siffatte disposizioni più favorevoli al di fuori del contesto del regime previsto da tale direttiva.
45. Ne consegue che non può ritenersi che una disposizione di diritto nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che si limiti a concedere ai lavoratori dipendenti una tutela più favorevole risultante dall’esercizio della sola competenza degli Stati membri, confermata dall’articolo 11, primo comma, della direttiva 2008/94, ricada nella sfera di applicazione della direttiva stessa.
46. Peraltro, in forza della giurisprudenza della Corte citata al punto 36 supra, il solo fatto che la normativa oggetto del procedimento principale ricada in un settore nel quale l’Unione è competente ai sensi dell’articolo 153, paragrafo 2, TFUE non può comportare l’applicabilità della Carta.
47. Infine, occorre ricordare che il perseguimento dell’obiettivo della tutela dei diritti fondamentali nel diritto dell’Unione, per quanto riguarda sia l’attività dell’Unione sia l’attuazione del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri, è motivato dalla necessità di evitare che una tutela dei diritti fondamentali variabile a seconda del diritto nazionale considerato pregiudichi l’unità, il primato e l’effettività del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze Internationale Handelsgesellschaft, 11/70, EU:C:1970:114, punto 3; Melloni, C-399/11, EU:C:2013:107, punto 60, e Siragusa, EU:C:2014:126, punti 31 e 32). Orbene, alla luce delle considerazioni di cui ai punti 40, 41 e 43 supra, la normativa oggetto del procedimento principale non presenta tale rischio.
48. Risulta da tutti questi elementi che non può ritenersi che l’articolo 116, paragrafo 2, della LPL attui il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta e, pertanto, esso non può essere esaminato alla luce delle garanzie della Carta e, segnatamente, del suo articolo 20.
49. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate affermando che una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale il datore di lavoro può chiedere allo Stato membro interessato il versamento delle retribuzioni che sono maturate durante la procedura di contestazione di un licenziamento dopo il 60º giorno lavorativo successivo al deposito del ricorso e in forza della quale, se il datore di lavoro non ha versato tali retribuzioni e si trova in stato di insolvenza provvisoria, il lavoratore interessato può, in forza di una surrogazione ex lege, chiedere direttamente a tale Stato il pagamento di dette retribuzioni, non ricade nella sfera di applicazione della direttiva 2008/94 e non può, pertanto, essere esaminata alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta e, segnatamente, del suo articolo 20.
Sulle spese
50. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
Dichiara:
Una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale il datore di lavoro può chiedere allo Stato membro interessato il versamento delle retribuzioni che sono maturate durante la procedura di contestazione di un licenziamento dopo il 60º giorno lavorativo successivo al deposito del ricorso e in forza della quale, se il datore di lavoro non ha versato tali retribuzioni e si trova in stato di insolvenza provvisoria, il lavoratore interessato può, in forza di una surrogazione ex lege, chiedere direttamente a tale Stato il pagamento di dette retribuzioni, non ricade nella sfera di applicazione della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, e non può, pertanto, essere esaminata alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, segnatamente, del suo articolo 20.