La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata il 28 marzo 2024, intervenendo in tema di licenziamento disciplinare, ha statuito che “… In tema di licenziamento disciplinare, nella nuova disciplina prevista dall’art. 18 st.lav. riformulato, infatti, il giudice deve preliminarmente accertare se ricorrano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, quali presupposti condizionanti la legittimità del recesso secondo previsioni legali non modificate dalla riforma e, solo ove ravvisi la mancanza della causa giustificativa, deve provvedere a selezionare la tutela applicabile ed in particolare se si tratti di quella generale ex comma 5 ovvero quella ex comma 4, operante nei soli casi ivi previsti …”

La vicenda ha riguardato un dipendente a cui, in seguito alla contestazione dell’INPS che non aveva rinvenuto il dipendente al proprio domicilio per effettuare la visita di controllo durante il periodo di malattia, il datore di lavoro notificava il provvedimento di licenziamento. Il dipendente impugnava il licenziamento. Il Tribunale adito, in veste di giudice del lavoro, ha annullato ai sensi del quarto comma dell’art. 18 della legge n. 300/70 come modificato dalla legge n. 92 del 2012 il licenziamento condannando la società YYY Spa a reintegrare il XXX nel posto di lavoro ed a pagare una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Avverso la decisione dei giudici di prime cure il datore di lavoro propose appello. La Corte Territoriale accolse le doglianze del datore di lavoro. Il dipendente proponeva ricorso, avverso la decisione di appello, in cassazione. I giudici di legittimità accolsero le doglianze del lavoratore cassando la sentenza di appello con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione. Il giudice del rinvio, preso atto che l’assenza non era ingiustificata, avendo il dipendente comunicato all’INPS l’indirizzo di reperibilità, mentre aveva ravvisato in capo al lavoratore un obbligo di comunicare all’azienda ogni mutamento della propria dimora. Per cui la Corte del rinvio aveva ritenuto che presupposto per l’applicabilità alla fattispecie della tutela reale prevista dall’art. 18, comma 4 della legge n. 300 del 1970 era una valutazione di proporzionalità al fatto addebitato della sanzione conservativa tipizzata dalla contrattazione collettiva. Ha quindi accertato che l’art. 225 CCNL (rubricato “Provvedimenti disciplinari”) prevede una sanzione conservativa (quella della multa) qualora il lavoratore “non dia immediata notizia all’azienda di ogni mutamento della propria dimora, sia durante il servizio che durante i congedi”. Il datore di lavoro avverso tale decisione proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità nel rigettare il ricorso della società precisano che l’irreperibilità del lavoratore alla visita fiscale richiesta dal datore, dovuta ad un cambio di dimora comunicato solo all’INPS, non può integrare l’illecito disciplinare dell’assenza ingiustificata.

Gli Ermellini evidenziano che “… Nel corso del giudizio si era invece accertato che il lavoratore aveva comunicato all’Inps l’indirizzo al quale andava eventualmente effettuato il controllo e per tanto in fatto era risultato provato che non vi era stata alcuna assenza ingiustificata. Al contrario era stato poi accertato che il lavoratore sarebbe venuto meno all’obbligo di comunicare al datore di lavoro l’indirizzo in cui era reperibile. È stato poi accertato che tale violazione era punibile, ai sensi dell’art. 224 c.c.n.l. con la sanzione della multa …”