La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 4622 depositata il 21 febbraio 2024, intervenendo in tema di omologazione dei piani del consumatore nelle procedure di sovraindebitamento, ha ribadito l’orientamento ormai consolidato, che ha superato il precedente, secondo cui “… negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall’omologazione previsto dall’art. 8, comma 4, della legge n. 3 del 2012, e di là dalle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, purché sia data loro la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore. (si vedano Cass. n. 17834/19; n. 17391/20; n. 22291/20) …”
Inoltre, rileva il Supremo consesso, che al suddetto orientamento va integrato con l’aggiunta che “… è omologabile, in assenza di specifica disposizione di legge sul termine massimo per il compimento dei pagamenti, la proposta di piano del consumatore per la soluzione della crisi da sovraindebitamento che preveda una dilazione dei pagamenti di significativa durata, anche superiore ai cinque o sette anni, non potendosi escludere che gli interessi dei creditori risultino meglio tutelati da un piano siffatto in quanto la valutazione di convenienza è pur sempre riservata ai creditori, cui deve essere assicurata la possibilità di esprimersi sulla proposta, anche alla luce del principio di origine comunitaria della cd. “second chance” in favore degli imprenditori, ispiratore della procedura (Cass. n. 27544/19). …”
La vicenda ha riguardato una debitrice, che aveva stipulato un mutuo fondiario con una banca e che non aveva onorato. La banca creditrice aveva ottenuto un decreto a cui la creditrice si era opposta ed aveva proposto, in pendenza di procedura esecutiva immobiliare sulla propria unica abitazione, un piano del consumatore come previsto dalla normativa per i debitori non fallibili. L’OCC ne attestò la veridicità, la sostenibilità e la fattibilità e il giudice fissò l’udienza per la comparizione delle parti, disponendo che i creditori prelazionari, in relazione ai quali era stata prevista la dilazione ultrannuale per il pagamento, manifestassero i propri intendimenti sulla convenienza della proposta. Solamente la banca creditrice ipotecaria, pur senza costituirsi nel procedimento, espresse parere contrario. Il giudice omologò il piano ed escluse la sussistenza di un divieto di dilazionamento ultrannuale dei crediti privilegiati, purché si fosse riconosciuto a quei creditori la possibilità di esprimersi in ordine alla proposta. La banca creditrice propose reclamo contro il decreto di omologazione lamentando la violazione dell’art. 8, comma 4, della l. n. 3/12, nonché l’infattibilità pratica del piano, che prevedeva rate mensili d’importo ritenuto insostenibile per la debitrice. Il tribunale accolse il reclamo e dichiaro inammissibile il piano, rigettando la richiesta di omologazione, in considerazione del dissenso del creditore prelazionario, per il quale era contemplato un pagamento con dilazione ultrannuale. La debitrice avverso il provvedimento del Tribunale propose ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini rigettano il primo motivo di ricorso, accogliendo il secondo evidenziando che “… Il piano del consumatore ha sì una base negoziale, che non lo pone, tuttavia, al di fuori dell’area delle procedure concorsuali. Anzi, rilevanti sono proprio i tratti di vicinanza con la procedura di concordato preventivo, come anche la Corte costituzionale ha evidenziato (cfr. Corte cost. n. 245/19), in piena sintonia con l’indirizzo di questa Corte: entrambe le procedure sono pervase dal principio della parità di trattamento dei creditori concorsuali; prevedono il blocco delle iniziative esecutive individuali in danno del patrimonio del proponente (ex art. 168, comma 1, l. fall. e art. 10, comma 2, lettera c, della l. n. 3/12); impongono, sin dall’ammissione e fino all’omologazione, un parziale spossessamento della capacità di disporre dei beni (art. 167 l. fall. e art. 10, comma 3-bis, l. n. 3/12), nonché la cristallizzazione degli accessori (ex artt. 55, cosi come richiamato dall’art. 169, comma 1, l. fall. e 9, comma 3-quater, della l. n. 3/12); infine le procedure suddette risultano sottoposte alla verifica giurisdizionale, in sede di ammissione e di successiva omologa, dalla quale ultima promana la vincolatività della decisione per tutti creditori, anche quelli contrari alla approvazione.
Sia l’accordo proposto dal debitore non fallibile sia la proposta di concordato, inoltre, si muovono lungo le direttrici comuni a entrambi della fattibilità (intesa come effettiva possibilità di realizzare il programma predisposto dal debitore per giungere all’adempimento prospettato) e della convenienza della proposta rispetto alla possibile alternativa liquidatoria; convenienza che diviene regola di giudizio imprescindibile e non solo momento di valutazione rimesso alla scelta ponderata della maggioranza dei creditori, allorquando vi sia una contestazione specifica da parte di un creditore dissenziente in sede di omologazione o qualora sia previsto il pagamento in percentuale di crediti muniti di prelazione. ...”
Pertanto alla luce delle motivazioni e dei principi contenuti nella sentenza in commento i giudici di legittimità hanno ritenuto, anche alla luce del principio eurounitario di second chance, che il piano del consumatore ha si una base negoziale ma è soggetto al controllo del giudice all’ammissione e per l’omologa e tale decisione vincola anche i creditori contrari.
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