Corte di Cassazione ordinanza n. 22900 depositata il 27 luglio 2023
sovraindebitamento – piano del consumatore omologato – cancellazione delle formalità
RILEVATO CHE
1. – In data 14/07/201 (omissis) (omissis) avviò la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento ex legge n. 3 del 2012; con decreto del 02/08/2017 il Tribunale di Viterbo omologò il piano del consumatore presentato tramite (omissis) che prevedeva la soddisfazione integrale dei creditori ipotecari e la soddisfazione parziale (al 29,49%) dei chirografari, mediante il conferimento alla procedura del ricavato della vendita in sede esecutiva degli immobili di proprietà della debitrice siti in (omissis) nonché della somma di euro 40.000,00 da acquisire, entro sei mesi dall’omologa, tramite mutuo garantito da ipoteca di primo grado sull’immobile di residenza della debitrice sito in (omissis) sottoposto a procedura esecutiva (in vista della sua estinzione).
A tal fine il decreto di omologa recava la seguente statuizione:
«Autorizza la debitrice a procedere, entro sei mesi, alla stipula di un contratto di mutuo di € 40.000,00, ordinando la contestuale cancellazione di tutte le ipoteche e/o formalità negative iscritte sull‘immobile (omissis) con esonero del conservatore dei RR.II. da ogni responsabilità al riguardo, con risorse da versare/bonificare sul c/c che verrà attivato (omissis) o dal liquidatore e con spese tutte a carico della debitrice».
1.1 – A fronte delle difficoltà rappresentate nella relazione del Notaio incaricato della stipula del mutuo con la (omissis) reperita dalla debitrice ( (omissis) – nel senso che il decreto di omologa non indicava né gli estremi delle formalità da cancellare (i.e. l’ipoteca iscritta e il pignoramento trascritto da (omissis) (omissis) (omissis) ella (omissis) soc. Coop., cui è subentrata l’odierna controricorrente (omissis) (omissis) (omissis) é le modalità di cancellazione (v. doc. 12 del fascicoletto di parte ricorrente, trascritto in parte qua a pag. 9 del ricorso) – la debitrice propose in data 21/12/2017 istanza di correzione di errore materiale del decreto di omologa, che il giudice designato respinse, ritenendo ostativa la mancanza della certificazione ipotecaria da cui estrarre gli estremi delle formalità da cancellare, all’uopo non reputando sufficiente la CTU svolta in sede esecutiva.
1.2. – La debitrice presentò allora istanza di modifica del piano omologato, per impossibilità di esecuzione ad essa non imputabile, ai sensi dell’art. 13, comma 4-ter, n. 3/2012, e chiese – allegando stavolta la certificazione ipotecaria (della cui produzione si dà espressamente atto a pag. 3 della memoria di parte controricorrente) ed apposita relazione integrativa (omissis) che fosse inserito nel dispositivo del provvedimento di omologa la «specifica previsione della cancellazione delle formalità iscritte sull’immobile di cui al (omissis) così come indicate nella certificazione ipotecaria allegata, contestualmente alla stipula del mutuo di € 40.000,00» e che fosse poi concesso «ulteriore termine di mesi sei per il perfezionamento dello stesso mutuo», in quanto nel provvedimento di omologa si prevedeva che, «trascorsi sei mesi dal deposito del presente decreto ed in assenza della stipula del mutuo proposto, ogni creditore potrà chiedere la revoca del piano ai sensi dell art. 14 bis comma 2 della L. 3/12».
1.3. – La (omissis) (che frattanto aveva proposto reclamo avverso il decreto di omologazione) si rimise alla decisione giudiziale, dando comunque atto che l’istante aveva «già ottenuto che il mutuo previsto dal Piano fosse predeliberato da primario Istituto di credito». Il giudice designato non dispose però la modifica richiesta, limitandosi a rinviare l’udienza per consentire alla debitrice di documentare l’impegno di un istituto di credito a contrarre «un mutuo condizionato alla cancellazione delle formalità negative» gravanti sull’immobile in
1.4. – Non essendo la debitrice riuscita a trovare una (omissis) disponibile ad assumere un simile impegno, il giudice monocratico respinse l’istanza, in quanto non risultava «che la mancata stipula del mutuo sia dipesa unicamente dalla formulazione generica del decreto di omologa (formulazione imposta dalla mancata produzione ante omologa del certificato ipotecario delle formalità da cancellare)» e dovendosi invece ritenere, «in assenza di elementi contrari (...) che la mancata stipula del mutuo sia connessa alle difficoltà di rinvenire sul mercato un istituto disponibile all’erogazione», integrante «una causa imputabile alla sovraindebitata».
1.5. – Tale provvedimento venne reclamato dalla debitrice, la quale dedusse, tra l’altro, che dalla relazione notarile prodotta emergeva chiaramente che «la presenza delle formalità pregiudizievoli sui suoi immobili, già indicate nella relazione del CTU depositata in atti, le impediva di richiedere un mutuo condizionato, non potendo di fatto presentare alcuna garanzia».
1.6. – Il Tribunale di Viterbo, disattesa l’istanza di riunione con il reclamo proposto da (omissis) contro l’omologa del piano (il cui esito non è stato allegato dalle parti), ha respinto il reclamo della debitrice, osservando che: i) il ricorso originario non conteneva i dati relativi alle formalità da cancellare – non essendo utilizzabili a tal fine quelli risultanti dalla CTU espletata nella relativa procedura esecutiva immobiliare, in quanto priva di “funzione e valore certificativo” – sicché, quand’anche fosse stata proprio l’omessa indicazione delle formalità nel decreto di omologa ad impedire l’erogazione del mutuo, l’impedimento andrebbe ascritto unicamente alla debitrice (la quale aveva perciò rinunciato all’istanza di correzione del decreto di omologa); ii) la reclamante non aveva assolto l’onere di documentare la propria attivazione per conseguire il finanziamento, sicché era rimasta priva di prova la non imputabilità alla stessa della impossibilità di eseguire il piano; iii) l’istituto azionato è finalizzato a consentire al consumatore il superamento della crisi da sovraidebitamento, ma « (omissis) tener conto delle ragioni dei creditori, i quali subiscono la procedura senza possibilità di esprimere un voto contrario, per cui il controllo giudiziale non può non essere rigoroso».
1.7. – La decisione viene impugnata dalla (omissis) con ricorso straordinario per cassazione affidato a un motivo, illustrato da Resiste la(omissis)con controricorso, parimenti corredato da memoria. I restati intimati non svolgono difese.
CONSIDERATO CHE
2. – Con l’unico motivo, rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 4ter, della 3/2012», la ricorrente si duole del carattere “punitivo” delle decisioni rese nelle due fasi del procedimento ex art. 13, comma 4-ter, della legge n. 3 del 2012 – tali da «snaturare totalmente il senso stesso della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, in una pretesa ottica di tutela delle ragioni dei creditori che, invece, non avevano neppure mosso obiezioni all’accoglimento della domanda di modifica avanzata dalla debitrice» – essendo in discussione «una modifica del Piano omologato di natura meramente formale, il cui unico scopo è rendere tecnicamente eseguibile l’iscrizione di una ipoteca di primo grado» sull’immobile assoggettato a esecuzione, a garanzia della (omissis)chiamata a erogare il mutuo previsto nel piano, per offrire la somma mutuata ai creditori ed evitare, così, la procedura esecutiva sulla casa di abitazione del consumatore.
2.1 – In concreto, la ricorrente contesta che fosse suo onere allegare alla domanda originaria – in aggiunta alla CTU espletata in sede esecutiva – le visure e ispezioni ipotecarie ritenute necessarie dal tribunale per la cancellazione delle formalità, ai fini dell’esecuzione del piano del consumatore, e deduce di aver comunque prodotto, con l’istanza ex 13, comma 4-ter, l. 3/2012, l’apposita certificazione ipotecaria, che avrebbe ben consentito al giudice di integrare il decreto di omologa, contenente un generico ordine di «cancellazione di tutte le ipoteche e/o formalità negative iscritte sull immobile» in questione, specificando le formalità da cancellare.
2.2 – Nessun addebito poteva dunque rivolgersi alla debitrice, essendo stata proprio la mancata integrazione del decreto di omologa, sul punto estremamente generico, a impedirle di reperire una (omissis) disposta a erogare il mutuo, autorizzato dal tribunale, senza poter iscrivere ipoteca di primo grado sull’immobile, previa cancellazione delle formalità pregiudizievoli, peraltro di esclusiva pertinenza della (omissis) odierna controricorrente (iscrizione di ipoteca e trascrizione del pignoramento che aveva dato avvio alla procedura esecutiva immobiliare pendente).
3. – Il ricorso merita accoglimento.
4. – Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 111, comma 7, Cost. sollevata dalla controricorrente per difetto dei requisiti di decisorietà e definitività del provvedimento impugnato.
4.1. – In tema di procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate dalla legge 3 del 2012 (e succ. mod.), questa Corte ha più volte affermato l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione tutte le volte in cui il provvedimento impugnato rivesta i caratteri della decisorietà e definitività, in quanto idoneo ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile lo stato di sovraindebitamento.
4.2. – In particolare, i caratteri della decisorietà e definitività sono stati rinvenuti non solo nelle ipotesi di ricorso avverso i provvedimenti di contenuto latamente omologatorio – come nel caso di accoglimento del reclamo contro il rigetto della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. 35976/2022), nonché di rigetto del reclamo contro l’omologazione dell’accordo di composizione o del piano del consumatore (Cass. 30948/2021) e infine di accoglimento del reclamo contro l’omologazione del piano del consumatore (Cass. 10095/2019, a superamento di 19117/2017, giunto a diversa conclusione sul rilievo che in quel caso non sarebbe precluso al debitore, ancorché nei limiti temporali previsti dall’art. 7, comma 2, lett. b), della legge n. 3 del 2012, di proporre altro e diverso accordo o piano di ristrutturazione dei suoi debiti) – ma anche nel caso di “doppia negativa”, ossia di rigetto del reclamo contro il diniego di omologa (Cass. 28013/2022 e Cass. 4451/2018, con riguardo al piano del consumatore; v. anche Cass. 17391/2020, che ha cassato il rigetto del reclamo contro il diniego di omologa di una proposta di accordo di composizione della crisi ritenuto non fattibile per la dilazione ultrannuale del pagamento di un credito ipotecario, con implicito superamento di Cass. 4499/2018, che in un caso analogo aveva ritenuto il provvedimento non ricorribile per cassazione).
4.3. – In particolare, con riguardo a quest’ultima fattispecie si è fatto riferimento alla categoria della definitività “rebus sic stantibus” declinata dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U, 32359/2018 rispetto ai provvedimenti “de potestate” emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 333 cod. civ., in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi), tenuto conto delle condizioni concretamente offerte dal debitore.
4.4. – Diversamente, i caratteri della decisorietà e definitività non sono stati riscontrati nel provvedimento di rigetto del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. 27301/2022, 4500/2018, 20917/2017, 1869/2016, 6516/2017), ovvero nel decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, in relazione al quale non è prevista alcuna forma di impugnazione (Cass. 30534/2018), in ogni caso sul rilievo della riproponibilità della domanda anche prima del decorso del termine preclusivo quinquennale ex art. 7, comma 2, lett. b), della legge n. 3 del 2012, ritenuto operante nella sola ipotesi in cui il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura.
4.5. – La ricorribilità per cassazione, ex 111 Cost., è stata invece affermata da questa Corte (cfr. Cass. 26567/2020) anche con riguardo ad alcune tipologie di provvedimenti resi nella fase esecutiva del concordato preventivo omologato (che presenta talune affinità con la fase esecutiva delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento), ad esempio quando essi: i) non abbiano natura meramente ordinatoria, ma siano idonei a pregiudicare in modo definitivo e con carattere decisorio i diritti soggettivi delle parti, «in contrasto con i dettami della sentenza di omologazione del concordato e le relative modalità di liquidazione», sì da poter essere inquadrati nel novero dei cd. “atti di giurisdizione esecutiva” (Cass. 5993/2011, con riguardo al «decreto del giudice delegato che aveva autorizzato la vendita a trattativa privata di un complesso industriale, prevedendo che una parte del relativo prezzo fosse pagata con la compensazione del credito, privilegiato e chirografaro ed in realtà oggetto di contestazione giudiziale, vantato verso il debitore concordatario dall’acquirente») o comunque assimilati ad una opposizione ex art. 615 c.p.c. (Cass. 8966/2014, con riguardo al rigetto di una «azione proposta dal debitore che, opponendosi alla prosecuzione della liquidazione, abbia chiesto la sospensione del concordato preventivo e la restituzione dei beni residui dopo il soddisfacimento dei creditori nella percentuale a suo avviso asseritamente liberatoria dagli obblighi concordatari»); ii) siano incompatibili con diritti di terzi medio tempore maturati (Cass. 17835/2019; cfr. Cass. 5447/2019); iii) risultino “abnormi”, perché viziati da carenza assoluta di potestà decisionale (Cass. 19858/2010; da ultimo, Cass. 2058/2023).
4.6. – Nel caso di specie, la decisione impugnata presenta tratti di abnormità, poiché ha negato l’integrazione del “decreto” di omologazione del piano del consumatore – mediante la semplice specificazione delle formalità di cui si era già genericamente ordinata la cancellazione («con esonero del conservatore dei II. da ogni responsabilità al riguardo») – adducendo l’impossibilità di modificare la “proposta”, ai sensi dell’art. 13, comma 4-ter, legge n. 3 del 2012, per asserita imputabilità alla debitrice della sopravvenuta impossibilità di esecuzione del piano, invece derivante proprio dalla inesattezza e incompletezza di quel decreto.
Si tratta comunque di un provvedimento reso a conclusione del procedimento di reclamo, nel contraddittorio delle parti, che, lungi dal risultare di natura meramente ordinatoria, è riconducibile nel novero dei c.d. “atti di giurisdizione esecutiva”, in quanto idoneo a pregiudicare in modo definitivo il diritto soggettivo della debitrice a porre in esecuzione il piano del consumatore già omologato, in contrasto con le stesse statuizioni del decreto di omologazione.
5. – Nel merito, la censura è fondata.
5.1. – Va premesso che la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore, disciplinata dalla legge 3 del 2012 (e successive modifiche), è senza dubbio improntata ad una particolare tutela del debitore, che si realizza attraverso una costante assistenza dell’Organismo di composizione della crisi ((omissis) ad un marcato intervento officioso del giudice.
5.2. – In particolare, per quanto rileva ai fini della presente decisione, l’art. 7, comma 1-bis cit. prevede che il consumatore sovraindebitato può proporre un piano di ristrutturazione dei debiti (e soddisfazione dei (omissis) contenente le previsioni di cui al comma 1, «con l’ausilio» del competente (omissis) ausilio che si concretizza soprattutto nella relazione da allegare alla proposta di piano del consumatore, la quale deve contenere, tra l’altro, «la valutazione sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda» (art. 9, comma 3-bis, lett. c, l.cit.).
L’art. 9, comma 3-ter l.cit. prevede altresì che «il giudice può concedere un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti».
Lo stesso giudice è tenuto a verificare che la proposta di piano del consumatore soddisfi i requisiti di cui agli artt. 7, 8 e 9 nonché a valutare l’ammissibilità e la fattibilità del piano, prima di procedere alla sua omologazione (art. 12-bis, commi 1 e 3 l.cit.).
5.3. – In fase di esecuzione del piano omologato, l’art. 13, comma 2, l.cit. dispone che sia (omissis) a risolvere le eventuali difficoltà insorte e a vigilare sul suo esatto adempimento, ferma restando la competenza del giudice a decidere sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi (oltre che la sostituzione del liquidatore per giustificati motivi).
La stessa norma attribuisce al giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell’atto dispositivo all’accordo o al piano del consumatore, il potere di autorizzare lo svincolo delle somme e di ordinare «la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo» (comma 3).
Il successivo comma 4-ter prevede poi che il consumatore – sempre «con l’ausilio» (omissis) può modificare la proposta quando l’esecuzione del piano «diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore», con applicazione delle norme dettate dall’art. 12-bis l. cit. in tema di procedimento di omologazione ed effetti del piano omologato.
5.4. – Infine, l’art. 14-bis, comma 2, b) l.cit. dispone che, quando il proponente non adempie gli obblighi derivanti dal piano del consumatore, o le garanzie promesse non vengono costituite, o comunque «l’esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore», il tribunale dichiara cessati gli effetti dell’omologazione del piano, su istanza proponibile da ogni creditore, «a pena di decadenza, entro sei mesi dalla scoperta e, in ogni caso, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto» (comma 4).
Ove la cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore sia dichiarata per «cause imputabili al debitore», ai sensi dell’art. 14-bis, comma 2, lettera b), il giudice, su istanza del debitore o di un creditore, dispone la conversione della procedura di composizione della crisi in procedura di liquidazione del patrimonio (art. 14-quater), con decreto di apertura della liquidazione contenente, tra l’altro, l’ordine di consegna o rilascio dei beni facenti parte del patrimonio del consumatore, costituente titolo esecutivo e da intendersi equiparato all’atto di pignoramento (art. 14-quinquies comma 2, lett. e) e comma 3, l.cit.).
Tale procedura di liquidazione è destinata a rimanere aperta sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione e, in ogni caso, per i quattro anni successivi al deposito della domanda, ai fini di cui all’art. 14-undecies (v. art. 14-quinquies, comma 4).
6. – Dalle disposizioni citate emerge in primo luogo che il controllo sulla documentazione necessaria per l’omologazione del piano del consumatore compete innanzitutto (omissis) e quindi, in ogni caso, al giudice, con la conseguenza che la pronuncia del provvedimento di omologazione per un verso presuppone che quel controllo sia stato effettuato, per altro verso impedisce che l’incompletezza della documentazione necessaria alla sua attuazione possa essere imputata al consumatore, il quale pertanto non può essere chiamato a sopportarne le conseguenze negative, come è invece accaduto all’odierna ricorrente.
6.1. – Peraltro, nel caso in esame è pacifico che la debitrice (cui, come detto, non poteva essere nemmeno ascritta l’incompletezza della documentazione presentata) aveva comunque allegato alla prima istanza di correzione dell’errore materiale del decreto di omologa (per sopperire alla mancata specificazione delle formalità di cui era stata ordinata la cancellazione) la CTU espletata nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare, e poi, non avendo ottenuto tutela per tale via, aveva allegato alla successiva istanza di modifica della proposta di piano del consumatore, ex art. 13, comma 4-ter, apposita certificazione ipotecaria.
6.2. – I superiori rilievi danno corpo ai prospettati tratti di abnormità del provvedimento impugnato, soffermatosi impropriamente a valutare la mancata osservanza di oneri probatori che, per quanto osservato, non gravavano sul consumatore, cui è stato così impedito di dare attuazione al piano già omologato, e al quale è stato altresì addossato il rischio di subire la conversione nella procedura liquidatoria, con perdita della disponibilità dell’abitazione che la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento mirava a scongiurare.
7. – La decisione impugnata va quindi cassata con rinvio al Tribunale di Viterbo, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Viterbo, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.
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