Nel processo tributario il giudicato non esaurisce i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio ma ha una potenziale capacità espansiva in altri giudizi tra le stesse parti, secondo le stesse regole che disciplinano, nel processo civile, il giudicato esterno.
Sul tema del giudicato esterno la Sprema Corte (vedi anche Cass. sentenza n. 23540 depositata il 2 agosto 2023) ha più volte ribadito che “… L’ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del “petitum” e della “causa petendi”, fermo restando il requisito dell’identità delle persone (Cass. n. 33021 del 2022); ancora, il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, ma non può spiegare i suoi effetti in ordine alle questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono (Cass. n. 6091 del 2020; Cass. n. 11493 del 2004). …”
Anche i giudici Unionali hanno “… osservato il carattere fondamentale del “principio della autorità della cosa giudicata” anche nell’ordinamento comunitario, tale per cui deve essere salvaguardata l’esigenza di garanzia della stabilità del diritto e dei rapporti giuridici assicurando che «le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili, o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi, non possano più essere rimesse in discussione» (Corte Giust. 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kobler; Corte Giust. 16 marzo 2006, C-234/04, Kapferer; Corte Giust. 3 settembre 2009, causa C-2/08, Olimpiclub), essendo stato in proposito perentoriamente puntualizzato che «Il diritto comunitario non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione» (cfr. Corte Giust, Kapferer, cit., punto 22; Corte Giust, Olimpiclub, cit., punto 23), rimanendo solamente escluso, con specifico riferimento ai giudizi tributari, che il vincolo di tale giudicato (violativo del diritto comunitario) possa esplicare effetto oltre la causa decisa, estendendosi anche ad altri giudizi in cui si controverta delle medesime questioni di diritto ma in relazione a differenti anni d’imposta ed a differenti atti impositivi (cfr. Corte Giust., Olimpiclub, cit., punti 29-32) …”
Con la sentenza n. 11833 depositata il 12 aprile 2022 la Suprema Corte, in tema di efficacia del giudicato, ha ribadito che “nel processo tributario, il giudicato formatosi tra il contribuente e l’agente della riscossione spiega in ogni caso effetti anche nei confronti dell’ente impositore, indipendentemente dalla “denunciatio litis” all’Agenzia delle entrate, la cui partecipazione alla lite deve essere sollecitata dall’agente e rileva unicamente nel rapporto interno ex art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, senza che costituisca requisito per l’apponibilità delle statuizioni, attesa la scissione tra titolarità ed esercizio del credito tributario”.
Giudicato esterno
Il Supremo consesso con l’ordinanza n. 4675 depositata il 1° febbraio 2024ha ribadito che “… nel processo tributario il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito, fermo restando che la forza degli effetti stabiliti dall’art. 2909 cod. civ. opera soltanto rispetto alle questioni – dedotte o deducibili – su cui il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato e non rispetto a statuizioni meramente apodittiche (Cass. 07/12/2021, n. 38767).
(…)
nel processo tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto, anche laddove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo ed il petitum del primo (Cass. 16/05/2019, n. 13152); nonché che nel processo tributario, il principio ritraibile dall’art. 2909 cod. civ. – secondo cui il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della causa petendi, intesa come titolo dell’azione proposta, e del bene della vita che ne forma l’oggetto (petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottata (petitum immediato) – è applicabile anche nel caso in cui gli atti tributari impugnati in due giudizi siano diversi (nella specie, un diniego di condono ed un avviso di accertamento relativo ad una delle annualità oggetto della richiesta di condono), purché sia identico l’oggetto del giudizio medesimo, riferito al rapporto tributario sottostante (Cass. 30/10/2017, n. 25798)….”
Le Sezioni Unite, con sentenza n. 13916 del 2006, basandosi sulla concezione dualistica del processo tributario, hanno sostenuto che il giudicato non esaurisce i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio ma ha una potenziale capacità espansiva in altri giudizi tra le stesse parti, secondo le medesime regole che disciplinano, nel processo civile, il giudicato esterno. Di conseguenza, il criterio dell’autonomia dei periodi di imposta non impedisce che il giudicato relativo ad uno di essi faccia stato anche per altri quando incide su elementi che siano rilevanti per più periodi di imposta e riguardi elementi costitutivi di fattispecie a carattere duraturo, ovvero fatti o qualificazioni giuridiche di fatti rimasti immutati nei diversi periodi di imposta (Cass. nn. 25681/2006, 16260/2007, 16258/2007, 14012/2007; Cass. sentenza n. 15690 del 23/06/2017).
Per cui nel processo tributario, come nel processo civile, l’assegnazione di un valore stabile ed immutabile al giudicato è espressione dei principi del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso (art. 111 Cost.) e corrisponde al superiore interesse non solo della giustizia, ma anche delle parti, poiché tutela anche il diritto di difesa delle stesse (art.24 Cost.).
La Corte Suprema (Cass. n. 28075/2017) ha precisato che la regola iuris fissata con efficacia di giudicato che involga un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto riguardante il medesimo rapporto d’imposta negli identici suoi riferimenti aggettivi.
L’intervento della Suprema Corte, in tema del superamento del divieto di ultrattività del giudicato fondato sull’autonomia dei singoli periodi d’imposta, aveva rilevato che questo divieto ” non si giustifica rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente”, con la precisazione che la capacità espansiva del giudicato” appare coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario quale norma agendi”.
Il giudicato esterno tributario, al pari di quello civile, per la funzione di certezza dei rapporti giuridici che garantisce, costituisce un’eccezione c.d. impropria rilevabile di ufficio, con l’unica condizione che sia prodotta in giudizio la precedente sentenza, come avvenuto nel presente giudizio, con l’attestazione di avvenuto passaggio in giudicato. Secondo il Supremo Consesso, predetta attestazione, attesa l’assimilabilità del giudicato ad un elemento normativo, non trova ostacolo nel divieto posto per la produzione dei documenti dall’art. 372 c.p.c. (Cass. n. 943/2016).
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20301 depositata il 14 luglio 2023 ha riaffermato, in tema di giudicato, che “… In tema di efficacia del giudicato esterno, qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta (Sez. U, 16 giugno 2006, n. 13916). Con riguardo a tale ultimo aspetto la medesima pronuncia ha infatti puntualizzato che, pur se tale autonomia comporta di regola l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un periodo d’imposta rispetto ai fatti che si siano verificati fuori dal periodo considerato, tale indifferenza trova giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e siano comunque variabili da periodo a periodo, ritenendo al contrario che facciano stato le qualificazioni giuridiche (residente o non residente, ente commerciale o non commerciale, ecc.) o altri elementi preliminari, capaci di avere una stabilità ultrannuale.
Può conseguentemente affermarsi che in relazione alle imposte periodiche l’effetto vincolante del giudicato esterno è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o fattispecie per le quali l’accertamento concerne la “qualificazione” di un rapporto ad esecuzione prolungata (cfr. Cass., 4 marzo 2021, n. 5939; 28 novembre 2019, n. 31084). Deve cioè trattarsi di elementi costitutivi della fattispecie, capaci di estendersi ad una pluralità di periodi di imposta, assumendo così carattere tendenzialmente permanente (cfr. Cass., 15 settembre 2017, n. 21395; inoltre 7 dicembre 2021, n. 38950; 3 marzo 2021, n. 5766; 10 ottobre 2019, n. 25516; si veda anche 16 maggio 2019, n. 13152). …”
Inoltre è stato affermato dalla giurisprudenza che il principio del giudicato esterno non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, con riguardo, in particolare, a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche o ad altri eventuali elementi caratterizzati dalla durevolezza nel tempo (cfr. Cass. n. 38950 del 2021; n. 15171 del 2020; Cass. n. 14509 del 2016; Cass. n. 4832 del 2015; Cass. sentenza n. 23724/2023).
Inoltre è stato ribadito che “… al fine di assicurare che il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria (Cass., 9 marzo 2017, n. 6024; 23 agosto 2018, n. 20974; 29 settembre 2021, n. 26310; 2 marzo 2022, n. 6868) e comunque del testo completo della motivazione (Cass., 24 novembre 2008, n. 27881; 19 settembre 2013, n. 21469; 29 novembre 2017, n. 28515) …” (Cass. ordinanza n. 20301/2023)
Giudicato esterno – condizioni per la sua efficacia
il giudicato esterno, per essere eccepito o rilevato comunque per la prima volta nel giudizio di legittimità, deve essere sopravvenuto rispetto alla sentenza impugnata con il ricorso. (Cass., sez. tributaria, ord. 7475 del 2024)
(Cass. n. 31092 del 2021 non massimata; Cass. sentenza n. 23724 del 2023) Le condizioni per riconoscere l’efficacia esterna ed espansiva del giudicato formatosi nel diverso procedimento sono costituite dalla:
- coincidenza di parti processuali;
- identità di causa petendi e petitum,
- identità di circostanze fattuali e delle questioni di diritto controverse.
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 32683 del 2023 ricorda che il giudicato formatosi in un determinato giudizio può spiegare ” efficacia riflessa” nei confronti di soggetti rimasti estranei al rapporto processuale a condizione che: a) i terzi non siano titolari di un diritto autonomo, scaturente da un distinto rapporto giuridico o costituito su un rapporto diverso da quello dedotto nel primo giudizio; b) i terzi non possano risentire un “pregiudizio giuridico” dalla precedente decisione; c) l’ efficacia riflessa riguardi soltanto l’affermazione di una situazione giuridica che non ammette la possibilità di un diverso accertamento (cfr. Cass. 23/04/2020 n. 8101).
Giudicato esterno: approfondimento
Il Supremo consesso, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 7475 depositata il 20 marzo 2024 ha osservato che la “… problematica della configurabilità, nel processo tributario, dell’istituto del giudicato esterno e della conseguente efficacia espansiva, questione che trova come punto di riferimento la pronuncia delle Sezioni Unite, 16 giugno 2006, n. 13916, alla quale si è uniformata la successiva giurisprudenza della Corte di legittimità, propone al riguardo un orientamento interpretativo, peraltro rigoroso, al quale si intende assicurare continuità. …”
Inoltre la giurisprudenza della Suprema corte, sul tema, ha scrutinato che “.. a) il processo tributario non è un giudizio sull’atto (da annullare), ma ha, invece, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente ed è quindi un giudizio che inevitabilmente si estende al merito e, dunque, anche all’accertamento del rapporto;
b) si deve escludere che il giudicato (salvo che il giudizio non si sia risolto nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione) esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato e se ne deve ammettere una potenziale capacità espansiva in un altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili – nei limiti della «specificità tributaria» – da quelle che disciplinano l’efficacia del giudicato esterno nel processo civile;
c) se è vero che l’autonomia dei periodi d’imposta comporta l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, è altrettanto vero che una siffatta indifferenza trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo (ad es. la capacità contributiva, le spese deducibili); vi sono, peraltro, anche elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta, quali le qualificazioni giuridiche (es. “ente commerciale”), assunte dal legislatore quali elementi preliminari per l’applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell’obbligazione per una pluralità di periodi d’imposta, ovvero la rendita catastale e la spettanza di una esenzione o agevolazione pluriennale;
d) va quindi escluso che il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta sia idoneo a «fare stato» per i successivi periodi in via generalizzata ed aspecifica, bensì solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche o ad altri eventuali elementi preliminari rispetto ai quali possa dirsi sussistere un interesse protetto avente il carattere della durevolezza nel tempo; e) nella fattispecie ivi considerata, concernente una esenzione pluriennale, il tempo costituisce un elemento referente della fattispecie medesima, assumendo la pluriennalità carattere costitutivo dell’esenzione (o agevolazione), in quanto il relativo arco temporale di estensione è stabilito in ragione di una considerazione unitaria di un insieme di periodi di imposta, trattati sostanzialmente come una sorta di maxiperiodo» (Cass., 7 dicembre 2018, n. 8138, in motivazione). …” (Cass., sez. tributaria, ord. 7475 del 2024)
Inoltre gli Ermellini hanno rilevato che “… il principio del giudicato esterno non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi, si giustifica solo in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo, e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente sì da potersi, a tal fine, considerare gli stessi come unicum e non come differenti periodi frazionati (Cass., 27 ottobre 2021, n. 38950; Cass., 20 febbraio 2020, n. 15171; Cass., 15 luglio 2016, n. 14509; Cass., 11 marzo 2015, n. 4832; Cass., 4 luglio 2011, n. 20029).
(…) Più specificamente, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il «petitum» del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale «norma agendi» cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta (Cass., Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 30 ottobre 2012, n. 24433; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37). …” (Cass., sez. tributaria, ord. 7475 del 2024)
2.7. In conclusione, deve escludersi che il giudicato intervenuto tra le stesse parti in relazione al medesimo tributo, e relativo ad un singolo periodo d’imposta, sia idoneo, ex se, a «fare stato», in via generalizzata, per ulteriori periodi, precedenti o successivi, potendo avere un tale effetto solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche, o ad altri eventuali elementi preliminari caratterizzati dalla durevolezza nel tempo. L’efficacia di giudicato su di un’annualità estende dunque i suoi effetti anche alle altre nel caso in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno durata pluriennale e sono idonei a produrre effetti lungo un arco temporale che comprende più periodi d’imposta; tali fatti sono allora suscettibili di essere considerati, ai presenti fini, come un unico periodo d’imposta (Cass., 24 maggio 2022, n. 16684).
Per i giudici di piazza Cavour “… nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno è limitato alle ipotesi in cui vengano presi in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata. E, tuttavia, qualora, invece, si abbiano accertamenti su più annualità, l’applicabilità del giudicato esterno deve essere valutata con riferimento all’autonomia dei singoli periodi d’imposta, al fine di stabilire se il giudicato formatosi su di un’annualità si estenda anche alle altre, oggetto di separato giudizio. In particolare, la sentenza del giudice tributario che accerta definitivamente il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato periodo d’imposta fa stato, quanto ai tributi dello stesso tipo da questi dovuti per gli anni successivi, solo per gli elementi che abbiano un valore «condizionante» inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata, mentre, laddove risolve una situazione fattuale riferita ad uno specifico periodo d’imposta, come nel caso in esame, essa non può estendere automaticamente i suoi effetti ad un’altra e diversa annualità. …”(Cass., sez. tributaria, ord. 7475 del 2024)
Giudicato interno
L’articolo 56 del D.Lgs. n. 546/1992 prevede l’’istituto processuale del c.d. giudicato interno o endoprocessuale. Il suddetto articolo recita: “Le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della Commissione tributaria provinciale che non sono specificatamente riproposte in appello s’intendono rinunciate”.
Il giudicato interno consiste nella preclusione processuale derivante dalla mancata riproposizione nelle forme processuali previste, in sede di gravame, delle questioni ed eccezioni rigettate, non esaminate o assorbite dal giudice adito (es. nullità della notifica dell’avviso d’accertamento; eccezione di merito di prescrizione, eccezione di merito di compensazione).
In altri termini esso è costituito da un capo della sentenza, ovvero da una decisione del giudice che abbia risolto una questione controversa tra le parti avente una propria individualità ed autonomia sì da integrare una decisione del tutto indipendente, che non sia stato impugnato, per violazione delle norme processuali o sostanziali, innanzi al giudice di merito investito dell’appello.
Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6686 depositata il 6 marzo 2023 ha ribadito che “… la formazione di un giudicato interno sulla giurisdizione del giudice ordinario, in difetto di eccezione di parte o rilievo d’ufficio, non si estende al merito della lite e dunque non impedisce al medesimo di qualificare diversamente il rapporto e di sottoporlo alla relativa disciplina (Cass. 07/09/2020, n.18580).
[…] affermarsi il seguente principio di diritto: Il giudicato interno sulla giurisdizione del giudice tributario (in luogo di quello ordinario), in difetto di eccezione di parte o rilievo d’ufficio, non si estende al merito della lite e dunque non impedisce al medesimo di qualificare diversamente il rapporto e di sottoporlo alla relativa disciplina anche condonistica, in particolare ai fini della valutazione dei presupposti di legge per l’applicazione della definizione agevolata e per la verifica di fondatezza del relativo diniego. …”
I giudice di legittimità in tema di giudicato interno, con l’ordinanza n. 6103 depositata il 1° marzo 2023, hanno precisato che “… Attraverso l’impugnazione di tutti i passaggi motivazionali della sentenza di primo grado, è esclusa la formazione di qualsiasi eventuale giudicato interno, nel solco dell’insegnamento della giurisprudenza di legittimità stando alla quale: “nel caso di assorbimento cd. improprio, ricorrente nel caso di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre, sul soccombente non grava l’onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, ma è sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento, contestando i presupposti applicativi e la ricaduta sulla effettiva decisione della causa“. (Cass.civ.sez.I.sent.14190/2016). …”
Inoltre la Cassazione con sentenza a SS.UU. n. 25246/2008 ha evidenziato che pur affermando che “… la parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole, è tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente ad impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., in sede di costituzione in appello (…)” – “… appare indubitabile che, ove tale critica venga svolta, la relativa deduzione, quale che ne sia la modalità, finisca per avere la sostanza dell’impugnazione e come tale debba essere valutata; e ciò, proprio in quanto proveniente dall’appellato ed avente ad oggetto questioni del tutto autonome rispetto a quelle oggetto dell’impugnazione principale, soprattutto in funzione delle condizioni di forma e di tempo della sua ammissibilità …”
Effetti del giudicato
In base alla giurisprudenza e dottrina normalmente, la sentenza emessa tra il creditore ed uno dei condebitori non ha effetto nei confronti degli altri condebitori (art. 1306, primo comma, cod. civ.), sempre che questi ultimi non abbiano partecipato al giudizio (Cass. n. 23422 del 2016, cit.; Cass. ordinanza n. 18410/2023);
Tale preclusione trova una deroga nel secondo comma dell’art. 1306 cod. civ. consente al condebitore estraneo alla sentenza emessa ‘tra il creditore ed altro condebitore, di avvalersene secundum eventum litis ove la stessa sia passata in giudicato (Cass. n. 12766 del 19/06/2015; Cass. n. 9577 del 19/04/2013; Cass. n. 8816 del 01/06/2012; Cass. ordinanza n. 18410/2023), non sia fondata su ragioni personali del debitore (per un’ipotesi di integrazione delle ragioni personali si veda, ad es., Cass. n. 25890 del 23/12/2015; Cass. ordinanza n. 18410/2023) e sia stata sollevata tempestivamente la relativa eccezione (Cass. n. 21170 del 19/10/2016; Cass. n. 25401 del 17/12/2015; Cass. ordinanza n. 18410/2023);
Infine l’effetto del giudicato esplica efficacia non solo rispetto agli atti impositivi in senso stretto, ma anche in caso di istanza di rimborso, fermo, rispetto a quest’ultima, il limite derivante dal maturare dell’eventuale decadenza o prescrizione, trattandosi di fatti ulteriori di carattere impedivo ed estintivo rispetto al diritto al rimborso (Cass. n. 16684 del 2022; Cass. sentenza n. 23724 del 2023).
Il Supremo consesso con l’ordinanza n. 31188 del 9 novembre 2023 ha ribadito il consolidato principio di legittimità per il quale: “… a) l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta; b) l’efficacia del giudicato rileva, tuttavia, solo rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente; c) l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica, quindi, soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo.
Tali principi sono stati riaffermati nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. U, n. 13916/2006, Rv. 589696-01 e tra le tante in termini Sez. 5, n. 09512/2009, Rv. 607614-01, Sez. 5, n. 24433/2013, Rv. 628862-01, Sez. 5, n. 13498/2015, Rv. 635809-01, Sez. 5, n. 00003/2019, Rv. 653736-01, Sez. 5, n. 13152/2019, Rv. 653736-01). …”
Effetto della sentenza definitiva nei confronti dei terzi
Sulla base di quanto disposto dall’art. 2909 c.c. da cui si ricava “… il principio della continuità soggettiva dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in cosa giudicata, il quale non vincola soltanto le parti del giudizio nel quale la sentenza è stata pronunciata, ma anche i loro eredi ed aventi causa. Poiché questi ultimi, sul piano sostanziale, sono i continuatori del rapporto giuridico di cui era parte il dante causa, rispetto ad essi detto vincolo non subisce limitazioni, non essendo richiesto, in particolare, che essi siano a conoscenza del giudicato contenuto nella sentenza fatta valere nei loro confronti. …” (cfr. Cass. 22548 del 2012; id. n. 13552 del 2006; id n. 145 del 2007; n. 3643 del 2013; Sez. 5, Sentenza n. 5605 del 2015; Cass. ordinanza n. 24349 del 2023)
Effetti del giudicato esterno
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21853 depositata il 21 luglio 2023 ha ribadito che “… Trattandosi della medesima operazione economica, il giudicato esterno non può non essere applicato nella specie, stante l’importanza attribuita al giudicato anche dal diritto dell’Unione, al fine sia di garantire tanto la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, nel caso in cui risultino esauriti i mezzi di ricorso disponibili ovvero siano elassi i termini previsti per i mezzi di impugnazione (CGUE, 20 aprile 2023, DIGI Communications, C-329/21, punto 58; CGUE, 14 maggio 2020, Orszagos Idegenrendeszeti Foigazgatosag Delalfoldi Regionalis Igazgatosag, C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, punto 185). Diversamente, l’applicazione del giudicato secondo la disciplina di diritto interno potrebbe ostare all’applicazione del diritto dell’Unione solo ove si verta in tema di pratiche abusive (CGUE, 3 settembre 2009, Olimpiclub, C2/08, punti 30, 32). Pratiche abusive che, nella specie, non risultano prospettate.
[…]
L’operazione economica è, pertanto, stata ricostruita escludendosi l’assoggettamento a imposta di registro proporzionale, sul presupposto che non si tratta di cessione di azienda ma di compravendita di beni. Il giudicato esterno riguarda, peraltro, la ricostruzione del fatto (esclusione della cessione di azienda) e non l’applicazione della norma di diritto di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, attesa la diversa base probatoria che assiste l’accertamento ai fini dell’imposta di registro – incentrato su “elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati” (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20) – rispetto all’accertamento ai fini IVA, che richiede “una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, che può comprendere la presa in considerazione delle intenzioni delle parti, purchè esse siano comprovate da elementi oggettivi deve essere effettuata secondo una valutazione globale delle circostanze, purchè queste siano comprovate da elementi oggettivi” (CGUE, 21 dicembre 2022, Fallimento Villa di Campo, C-250/22, punto 22; CGUE, 19 dicembre 2018, Mailat, C 17/18, punti 16 e 26; CGUE, 10 novembre 2011, Schriever, C-444/10, punti 32 e 38), specie laddove si tratti di un’operazione artificialmente scomposta in più parti (CGUE, 4 marzo 2021, Frenetikexito, C 581/19, punti 38 e 39). …”
Rilievo d’ufficio del giudicato
In base ai principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata impongono al giudice, anche in sede di legittimità, di rilevare d’ufficio l’esistenza di un eventuale giudicato esterno.
Pertanto alla luce dei sopra indicati principi costituzionali si evidenzia che il sotteso preminente interesse pubblico deve avvenire anche prescindendo da eventuali allegazioni in tal senso delle parti, e – qualora il giudicato si sia formato in seguito ad una sentenza della Corte di cassazione – facendo ricorso, se necessario, agli strumenti informatici ed alle banche dati elettroniche interne all’ufficio ove siano archiviati i ricorsi e le decisioni (Cass. 15/06/2007, n. 14014; Cass. ordinanza n. 23709/2023).
Il rilievo d’ufficio del giudicato esterno è confermato anche dalla sentenza della Suprema Corte n. 21853 del 21 luglio 2023 che ha precisato che “… il giudicato esterno può e deve essere rilevato di ufficio nel giudizio di cassazione, trattandosi di elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto (Cass., Sez. V, 5 aprile 2023, n. 9368; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2023, n. 6040; Cass., Sez. V, 13 luglio 2022, n. 22173; Cass., Sez. Lav., 21 aprile 2022, n. 12754; Cass., Sez. VI, 7 gennaio 2021, n. 48). …”
L’accertamento del giudicato esterno non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma corrisponde a un preciso interesse pubblico, volto a evitare la formazione di giudicati contrastanti, in ossequio al principio del ne bis in idem (Cassazione n. 16589/2021).
In particolare, l’eccezione di giudicato esterno non è soggetta a preclusioni per quanto riguarda la sua allegazione in sede di merito, in quanto prescinde da qualsiasi volontà dispositiva della parte e in considerazione del suo rilievo pubblicistico è rilevabile d’ufficio (Cassazione n. 48/2021).
Sentenza penale definitiva – effetti
In ordine agli effetti delle decisioni penali nel processo tributario, i giudici di legittimità ne escludono qualsiasi automatismo, l’orientamento è quello che prevede «nessuna automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente. Pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare» (cfr. Cass., 24 novembre 2017, n. 28174; Cass., 4 agosto 2020, n. 16649; Cass. ordinanza n. 4619 del 2023).
L’ordinanza n. 20490 del 2023 della Suprema Corte ha precisato che “… Ne discende che la sentenza, anche quando assolutoria per insussistenza del fatto, non solo non fa stato nel processo tributario, semmai costituendo fonte di prova, ma va considerata nell’alveo di una complessiva valutazione, adeguata alle specifiche circostanze e nel confronto con altri elementi di prova acquisiti al giudizio. …”
Su punto la legge delega della riforma fiscale (legge n. 111 del 9 agosto 2023) prevede all’articolo 20 di “rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario” ed in particolare, “nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale” debbono necessariamente fare “stato nel processo tributario quanto all’accertamento dei fatti medesimi”.
Inoltre per una parte della giurisprudenza di merito (vedasi Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia sentenza n. 2445, sez. 23 del 21 agosto 2023) ritiene che la riforma del processo tributario di cui alla legge n. 130/2022 che ha innovato il processo tributario sostiene che “… la sentenza penale irrevocabile assume efficacia vincolante e opera automaticamente nel processo tributario.
Si evidenzia che, a seguito della Legge n. 130/2022, recante “Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario”, il panorama normativo di riferimento è stato radicalmente modificato con evidenti ripercussioni sul rapporto tra giudicato penale e processo tributario e, in particolare, sul valore da attribuire alla sentenza penale irrevocabile che non assume più efficacia probatoria, bensì efficacia di giudicato automaticamente rilevabile nel processo tributario.
Ma la novità di maggior rilievo è senz’altro quella che fa venir meno il cosiddetto “doppio binario” tra processo penale e processo tributario. Si stabilisce infatti che la sentenza definitiva di assoluzione – perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso – faccia stato nel giudizio tributario, con riferimento ai fatti materiali accertati in sede penale. …”
Sentenza penale di assoluzione definitiva – effetti sulle sanzioni amministrative
Nella sentenza n. 21694 depositata l’ 8 ottobre 2020 Il Supremo consesso ha riaffermato il principio secondo cui “… nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, con correlativa inopponibilità del divieto di cui all’art. 372 c.p.c., non può trovare applicazione laddove la sentenza passata in giudicato venga invocata, ai sensi dell’art. 654 c.p.p., al solo fine di dimostrare l’effettiva sussistenza (o insussistenza) dei fatti.
(…)
è ammissibile, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., interpretato in conformità alle esigenze di effettività del diritto unionale, la produzione della decisione penale di assoluzione ai fini delle sanzioni in materia di Iva, dovendosi affermare il seguente principio di diritto:
in materia tributaria, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, relativa ai medesimi fatti oggetto della sanzione tributaria tuttora controversa, può essere prodotta in cassazione ex art. 372 c.p.c. ove la parte intenda far valere l’improcedibilità, l’improponibilità o, comunque, l’estinzione, in tutto o in parte, del giudizio stesso per la violazione – pur dedotta per la prima volta in sede di legittimità e semprechè pertinente alle questioni ritualmente in giudizio – di principi di ordine pubblico unionale (nella specie, del principio del ne bis in idem) …”
Inoltre, sempre con la sentenza n. 21694/2020, è stato affermato il seguente principio di diritto secondo cui “… In materia di IVA e in relazione a fatti oggetto delle disposizioni di cui al Titolo II, d.lgs. n. 74 del 2000:
a) va escluso che il procedimento amministrativo sanzionatorio debba essere dichiarato improcedibile in ragione dell’intervenuta senza penale irrevocabile di assoluzione ancorchè pronunciata con la formula ‘perché il fatto non sussiste’;
b) la sentenza irrevocabile di assoluzione con la formula ‘perché il fatto non sussiste’ determina l’ineseguibilità definitiva della sanzione, ferma la necessità di valutare l’identità del ‘fatto’ in relazione agli elementi costitutivi vuoi dell’illecito amministrativo tributario vuoi di quello penale; il relativo accertamento di fatto va operato, in concreto, nel giudizio avente ad oggetto l’eventuale riscossione avviata dall’Ufficio …”
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