Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, sentenza n. 180 depositata il 20 febbraio 2023
possibile rinegoziare offerta aggiudicataria per aumento costi dei materiali prima della stipulazione del contratto : presupposti
FATTO e DIRITTO
1. La S. S.p.A. ha bandito una gara per manutenzione ordinaria e straordinaria del Polo Depurativo “Castiglione Torinese, Chieri e Pecetto Torinese”, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per un importo a base di gara di euro 2.500.000,00, di cui € 100.000,00 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso, con termine di presentazione delle offerte al 24.11.2021 (CIG 89226378FA).
Con provvedimento n. 63 dell’8.04.2022 (comunicato il 19.04.2022) la gara è stata aggiudicata al R.T.I. R.C. (mandataria) – RDR S.p.a. (mandante), che ha presentato un ribasso pari al 22% (conseguendo un punteggio complessivo di 78,327) mentre seconda classificata risulta la M. Group SpA (con un ribasso del 30,235% ed un punteggio complessivo di 77,635).
A seguito di una istanza di proroga dei termini per gli adempimenti post aggiudicazione /in particolare per il deposito della garanzia definitiva) da parte dell’aggiudicataria, la stazione appaltante, con nota del 11.05.2022, ha chiesto conferma di validità dell’offerta presentata di 180 giorni e l’estensione temporale della polizza relativa alla cauzione provvisoria.
L’aggiudicataria, con nota del 18.05.2022, ha manifestato l’esigenza di rinegoziare l’offerta presentata in gara e di non voler confermare la stessa, a seguito dell’intervenuto aumento dei costi dei materiali per le lavorazioni.
La vicenda si è poi sviluppata in uno scambio epistolare che si è concluso con la nota del 17.06.2022 (prot. n. 40986) con cui la stazione appaltante nega il ricorso ad una generica rinegoziazione dell’offerta, pur aprendo alla possibilità, laddove dovuta per legge, della applicazione delle disposizioni speciali previste nel cd. decreto “aiuti” (con particolare riferimento all’art. 26 del DL n. 50/2022) e, contestualmente, dichiara la decadenza dall’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 103, comma 3, del D.Lgs. n. 50/2016. Tale decisione è stata poi confermata, a seguito di istanza di autotutela da parte del RTI aggiudicatario, con nota del 15.07.2022 (prot. n. 48627), con cui si denega il ritiro della precedente nota e si conferma la decadenza disposta.
2. Avverso tali provvedimenti è insorta la R.C. SpA con ricorso, notificato in data 18.07.2022 e ritualmente depositato avanti questo Tribunale, con cui si lamentano, in tre motivi, violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili e si formula altresì istanza cautelare.
La stazione appaltante ha provveduto a segnalare, in data 20.07.2022, all’ANAC l’avvenuta decadenza ai fini delle rituali annotazioni sul casellario inforM.co della Banca Dati dei Contratti Pubblici.
Avverso tale atto è insorta il ricorrente, con ricorso per motivi aggiunti notificato il 25.08.2022, in cui lamenta in cinque motivi violazione di legge ed eccesso di potere ed insta per il rilascio di misure cautelari.
Per resistere al gravame si è costituita la S. SpA (il 28.07.2022) depositando memoria (il 5.09.2022).
Questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare con ordinanza n. 828/2022, riformata da Consiglio di Stato (con ordinanza n. 5044/2022).
Ha fatto seguito il deposito di memoria del ricorrente (il 21.01.2023) e della resistente (il 23.01.2023).
Alla udienza pubblica del 8.02.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il ricorso è fondato.
4. Il Collegio ritiene di partire, per ragioni di priorità logica, con lo scrutinio del terzo motivo del ricorso originario e del quinto del ricorso per motivi aggiunti, trattati congiuntamente per ragioni di connessione oggettiva, con cui si lamenta violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, degli artt. 30 e 32 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 97 Cost; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, travisamento, sviamento, ingiustizia manifesta, violazione dei principi di buon andamento.
Il RTI ricorrente deduce il difetto istruttorio e motivazionale sostenendo che, a fronte della istanza di rinegoziazione delle condizioni contrattuali avanzata in data 18.05.2022, la stazione appaltante avrebbe dovuto interrompere il procedimento e condurre una istruttoria sulla persistenza della congruità dell’offerta e conseguentemente sulla sostenibilità dell’appalto. Ciò, peraltro, avrebbe impedito il decorso del termine per gli adempimenti post-aggiudicazione, rendendo oltremodo illegittimo il provvedimento di decadenza.
Nella motivazione del provvedimento non sarebbe comprensibile se e in che modo il citato art. 26 del DL n. 50/2022 (nella versione vigente all’epoca dei fatti, ancora non convertito in legge) avrebbe potuto portare ad un effettivo riequilibrio, visto che l’appalto riguarda i cd. settori speciali (non disciplinati dalla novella normativa). La ricorrente contesta altresì la fondatezza del provvedimento nella parte in cui sostiene l’inalterabilità dell’importo della polizza fideiussoria relativa alla garanzia definitiva. La ricorrente sostiene che l’istruttoria sulla rinegoziazione richiesta avrebbe dovuto assumere carattere pregiudiziale sia per la stipula del contratto che per il rilascio definitivo della polizza.
I motivi sono fondati.
Nella istanza del RTI aggiudicatario veniva richiesto il riequilibrio delle condizioni contrattuali “entro i limiti dell’alea normale ai sensi dell’art. 1467 c.c. e secondo il principio di buona fede ex art. 1375 cc. attraverso: l’adeguamento compensativo del corrispettivo d’appalto che tenga conto, tra l’altro, dell’incremento del costo dei materiali e, a titolo esemplificativo, delle seguenti voci: acciaio, conglomerati bituminosi e cementizi apparecchiature e materiali di finitura; la rimodulazione dei tempi e cronoprogramma delle prestazioni contrattuali”.
L’amministrazione in una prima comunicazione (del 18.05.2022, cfr. doc. n. 11 di parte resistente) non ha negato di poter procedere a tale valutazione ma, come già sopra riportato, ha richiesto la conferma della validità dell’offerta di gara per ulteriori 180 giorni e l’adeguamento della cauzione provvisoria.
L’aggiudicataria, con nota del 19.05.2022 (doc. n. 7 allegato al ricorso), evidenzia la priorità logica della valutazione della rinegoziazione rispetto alla conferma dell’offerta originaria e diffida l’amministrazione dall’assumere iniziative espulsive. Stesse argomentazioni sono utilizzate in una successiva nota per giustificare il mancato invio dell’originale della polizza fideiussoria definitiva che, allo stesso modo, risentirebbe degli esiti della rinegoziazione (cfr. nota del 23.05.2022 doc. n. 14 di parte resistente).
Nella impugnata nota del 17.06.2022 la stazione appaltante conferma l’impegno ad allinearsi alla normativa in materia di compensazione prezzi (riportando l’allora vigente art. 26, comma 3, del DL n. 50/2022), esclude la possibilità della “generica” rinegoziazione dei termini contrattuali, evidenzia che nel caso concreto l’adeguamento dei prezzi non altererebbe l’importo complessivo del contratto e di conseguenza dell’importo della cauzione definitiva, prende atto del mancato invio della documentazione e comunica la decadenza dell’affidamento.
L’aggiudicataria con istanza del 6.07.2022 – dopo aver evidenziato che la vincolatività dell’offerta era spirata al 24.05.2022, che il provvedimento di decadenza interveniva tardivamente quando l’impresa non era più tenuta ad alcun adempimento verso la stazione appaltante e che sussistevano i citati obblighi di istruttoria sulla rinegoziazione proposta – chiedeva l’annullamento del provvedimento di decadenza.
L’amministrazione con nota del 15.07.2022 confermava il contenuto della precedente decisione e non dava seguito alla istanza di autotutela.
Nel corso del giudizio l’amministrazione ha evidenziato che, prima di giungere alla adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, ha svolto, di propria iniziativa, la valutazione di congruità chiedendo (con nota del 3.02.2022) le giustificazioni relative alle principali voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo dell’appalto indicati nell’offerta presentata entro la scadenza del termine del 24.11.2021. Tali giustificativi sono stati resi in data 23.02.2022.
Il RUP, prendendo atto della correttezza e della completezza dei giustificativi, ne ha attestato la congruità (cfr. nota del 8.03.2022, doc. n. 4 di parte resistente) e, con verbale del 16.03.2022, si è verificata la disponibilità dei mezzi d’opera (cfr. doc. n. 5).
L’aggiudicazione definitiva è intervenuta in data 19.04.2022 e la prima richiesta di rinegoziazione è stata presentata il 18.05.2022.
L’amministrazione nelle proprie difese sostiene che la richiesta di rinegoziazione delle condizioni contrattuali, oltre a non essere corredata da alcun supporto documentale o principio di prova, non poteva essere considerata credibile in considerazione della verifica di congruità svolta a fine marzo 2022 (circa quattro mesi dopo la presentazione dell’offerta). Sostiene inoltre che la mera richiesta di revisione delle condizioni contrattuali presentata il 18 maggio 2022 poteva apparire pretestuosa, anche alla luce della sopravvenienza della normativa di cui al D.L. n. 50/2022 (entrato in vigore il 17 maggio2022).
Le argomentazioni della stazione appaltante non sono condivisibili nel particolare caso concreto.
Da un lato l’esigenza congiunturale dell’aggiornamento dei prezzi nell’ambito dei lavori pubblici, esplicitata a livello norM.vo dall’art. 26 del DL n. 50/2022, è successiva alla valutazione di congruità condotta dalla stazione appaltante; dall’altro non vi è prova che tale verifica abbia preso in considerazione i costi aggiornati dei prezzi dei materiali. Al contrario nella relazione del RUP si parla di giustificazione dei prezzi offerti “relativi alle principali voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo dei lavori”.
Ciò significa che la valutazione di sostenibilità e remuneratività condotta dall’amministrazione in sede di verifica di congruità è riferibile ad un contesto non più attuale riferito ai prezziari utilizzati per la progettazione della gara.
Tale valutazione risulta inadeguata a sostenere la non credibilità o la pretestuosità di una richiesta di rinegoziazione, a fronte di una sopravvenienza normativa che palesa proprio l’evoluzione dei prezzi e la necessità diffusa di un loro incremento.
La normativa citata, infatti, partendo dal presupposto della presenza di aumenti eccezionali dei costi dei materiali da costruzione, stabilisce l’obbligo di aggiornamento dei prezzi da applicare ai SAL contabilizzati nel 2022 (poi esteso anche al 2023 dalla L. n. 197/2022) sulla base dell’aggiornamento (analitico o forfettario) dei prezziari regionali e, nella versione modificata dalla legge di conversione, di quelli utilizzati dalle stazioni appaltanti operanti nei settori speciali per l’anno 2022.
Tale incremento dei prezzi deve essere applicato ai valori indicati nelle offerte relative ad appalti con termine di presentazione finale al 31.12.2021 (come avvenuto nel caso di specie).
Il legislatore, pertanto, prende in espressa considerazione l’ipotesi che, a far data dal 1.1.2022 e sino al 31.12.2022, i valori delle offerte presentate al 31.12.2021 non possano più risultare congrui. Detto in altri termini la singolarità della congiuntura in cui versa il paese (prima a seguito della crisi pandemica e poi a fronte dei noti eventi bellici internazionali) rende la realtà economico sociale molto più instabile. Di conseguenza è ragionevole presumere che i prezzi delle offerte presentate alla scadenza fissata dalla legge possano aver subito incrementi importanti e non essere più affidabili anche a distanza di pochi mesi.
La non pretestuosità della richiesta di aggiornamento dei prezzi, peraltro, è rinvenibile anche dal raffronto, documentato dal ricorrente, tra i prezziari 2021 e 2022 della S. (cfr. doc. n. 1 depositato il 18.01.2023). In tale analisi emerge che dal 2021 al 2022 la stessa S. ha registrato un incremento medio dei prezzi relativi alle proprie lavorazioni del 47% (dato non confutato dalla resistente).
Ciò significa che la stazione appaltante avrebbe dovuto prima istruire la richiesta di rinegoziazione delle condizioni contrattuali e, di conseguenza, assumere le decisioni del caso accettando o meno le condizioni proposte dalla aggiudicataria.
Tale esigenza, peraltro, si manifestava ancora più impellente in ragione della natura dell’appalto che contempla lavorazioni a misura e non a corpo (come emerge dal disciplinare di gara, cfr. doc. n. 2 di parte resistente).
L’eventuale carenza documentale della richiesta non poteva portare ex se ad un diniego, ma avrebbe postulato quantomeno l’esigenza di un supplemento istruttorio.
La credibilità della richiesta di rinegoziazione genera altresì un effetto sospensivo del termine assegnato per gli adempimenti post aggiudicazione, anche quando questo assume valore perentorio (nel caso di specie l’interlocuzione tra le parti e la richiesta di adempimenti nei confronti dell’aggiudicataria è proseguita ben oltre l’originario termine perentorio di 15 giorni assegnato in prima battuta dall’amministrazione per gli adempimenti post aggiudicazione).
Ciò è ancora più vero alla luce del fatto che le disposizioni di cui all’art. 26 citato non prevedevano inizialmente l’applicazione obbligatoria dei meccanismi di revisione ai settori speciali. Solo con la legge di conversione, entrata in vigore il 16.07.2022, e l’introduzione del comma 6-bis, ne è stata estesa l’applicazione anche a tali settori ed alle stazioni appaltanti che non utilizzano i prezziari regionali. La necessità di valutare la reale portata della sopravvenienza normativa e l’originaria incertezza sulla applicabilità ai settori speciali non previsti nei prezziari regionali avrebbe dovuto condurre la stazione appaltante ad un approfondimento istruttorio sulla tenuta dell’equilibrio delle condizioni contrattuali, fermi i ribassi presentati in gara.
Ciò risponde alla generale necessità di affidare un contrato in condizioni di equilibrio e costituisce principio generale dell’ordinamento dei contratti pubblici.
Il Collegio è cosciente che sul punto non vi sia unità di vedute, anche in giurisprudenza.
Secondo un primo e più tradizionale orientamento, infatti, non può trovare accoglimento la domanda di modifica delle pattuizioni prima di procedere alla stipulazione del contratto. Secondo tale indirizzo il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni dell’appalto modifiche che lo rendano sostanzialmente diverso rispetto alla sua configurazione iniziale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 31/10/2022, n 9426 che richiama la sentenza della CGCE del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C-454/06, EU:C:2008:351, punti da 34 a 37).
È pur vero che a tale orientamento se ne affianca un altro, che il Collegio ritiene di condividere, che parte dalla constatazione per cui la legislazione in materia di appalti pubblici è sì ispirata al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, ma è anche informata ai criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d’esecuzione che prima della stipula del contratto (Cons. Stato, sez. V, 11.04.2022, sent. n. 2709).
Costituisce oramai consolidato principio quello secondo il quale l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e le variazioni contrattuali non violano sempre e comunque i principi fondamentali in materia di evidenza pubblica (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14).
Questo Tribunale ha già avuto modo di statuire che sussiste “un legittimo margine di valutazione (il cui ambito, come infra chiarito, per le rinegoziazioni risulta obiettivamente circoscritto dalla normativa) in capo all’amministrazione tra l’alternativa di rifare appello al mercato (con le diseconomie e i rischi già evidenziati) ovvero tentare (nei limiti consentiti dall’art. 106) di ricondurre il contratto ad utilità […] la scelta dell’amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l’accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all’amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell’aggiudicatario” (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 28/06/2021, n. 667).
Più di recente è stata affermata la legittimità della rinegoziazione delle offerte nella fase precedente la stipula del contratto. “Il Collegio condivide altresì gli assunti dottrinali favorevoli a questa seconda impostazione ermeneutica, che richiamano, da un lato, la correttezza del ricorso all’analogia essendovene tutti presupposti, di cui all’art. 12 disp. prel. c.c., quali la lacuna dell’ordinamento, in quanto non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto e l'”eadem ratio”; dall’altro, la corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell’amministrazione (richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), perché scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s’imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni” (T.A.R. Sardegna, 16.11.2022, sent. n. 770).
Ciò conduce a sostenere altresì che una richiesta di rinegoziazione deve essere presa in considerazione, al ricorrere di particolari circostanze di fatto che ne evidenzino la ragionevolezza e la plausibilità, risultando irragionevole accettare l’azzeramento degli esiti di una procedura di affidamento in assenza di specifiche e sostanziali illegittimità che la affliggano, come nel caso di specie.
La stessa stazione appaltante, del resto, ha preso in considerazione e si è resa disponibile ad aggiornare i prezzi del successivo contratto in corso di esecuzione, accettando il rischio di avviare prestazioni contrattuali in condizioni di disequilibrio economico che ragionevolmente sono foriere di contestazioni in corso d’opera e generano ostacoli al raggiungimento del risultato atteso, vale a dire il buon funzionamento dell’infrastruttura in manutenzione.
Tale opzione oltre a non tutelare maggiormente l’interesse alla parità di trattamento degli altri operatori e, in generale, il regolare svolgersi del gioco concorrenziale, non garantisce neanche l’efficacia dell’azione amministrativa.
Le considerazioni cui giunge la giurisprudenza citata, pertanto, si attagliano al caso di specie, in cui risulta apprezzabile il tempo intercorso tra la formulazione/presentazione dell’offerta e l’avvio delle prestazioni contrattuali. È chiaro che la considerazione e le valutazioni in ordine alla incidenza del tempo trascorso debbano essere considerate caso per caso, in relazione al contesto economico in cui gli operatori si trovano ad operare e possono variare anche sensibilmente da un momento storico all’altro.
Costituisce pertanto onere dell’amministrazione assicurarsi di giungere alla stipula di un contratto in condizioni di equilibrio, valutando ogni sopravvenienza segnalata dagli operatori economici partecipanti alla gara che, alla luce del quadro norM.vo vigente e del contesto socio economico, appaia in grado di alterare tali condizioni, adottando le misure necessarie a ristabilire l’originario equilibrio contrattuale.
Resta fermo che debba trattarsi di sopravvenienze imprevedibili, estranee anche al normale ciclo economico, in grado di generare condizioni di shock eccezionale, come avvenuto nel caso di specie.
E’ invece preclusa la negoziazione di modifiche che non mirino al recupero dell’equilibrio iniziale del contratto che la gara stessa perseguiva ma che si presentino in grado di estendere in modo considerevole l’oggetto dell’appalto ad elementi non previsti, alterare l’equilibrio economico contrattuale originario in favore dell’aggiudicatario, rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto (nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, avrebbe potuto verosimilmente risultare aggiudicatario un altro offerente oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi).
Da quanto precede, quindi, si può concludere che le censure di difetto di istruttoria e di motivazione sollevate dalla ricorrente siano fondate giacché l’amministrazione ha omesso di avviare i necessari approfondimenti per verificare le sopravvenienze evidenziate dall’aggiudicataria nella istanza del 18.05.2022, senza considerare l’effetto che le stesse hanno avuto sui termini assegnati all’operatore, seppure in via perentoria, per gli adempimenti post aggiudicazione.
In punto di tutela ed ai fini dell’effetto conformativo, l’annullamento dei provvedimenti impugnati implica che la stazione appaltate riediti il proprio potere, istruendo e valutando la proposta di negoziazione allo scopo di ristabilire l’originario equilibrio contrattuale, salva ogni ulteriore decisione nel merito che la stessa assumerà.
5. Le considerazioni che precedono consentono di assorbire il primo ed il secondo motivo del ricorso originario ed i primi quattro motivi del ricorso per motivi aggiunti, per la cui trattazione non residua interesse concreto.
6. Conclusivamente il ricorso originario e quello per motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti. Per l’effetto i provvedimenti impugnati con i due ricorsi sono annullati ai fini del riavvio dell’istruttoria e delle valutazioni di cui in motivazione.
7. In considerazione della novità delle questioni sussistono i presupposti per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati agli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.