AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 novembre 2019, n. 503
Articoli 86 e 170 del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Valutazione antibuso di una cessione di immobile plusvalente a seguito di trasformazione societaria progressiva
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante è stata costituita il (…) con oggetto sociale rappresentato dal “…” con espressa previsione, tra l’altro, della possibilità di “…”.
La società, costituita tra il genitore (…) ed i figli (…) e (…) e con il loro apporto personale, ha svolto per un lungo periodo di tempo, il commercio di …
Successivamente la società ha ampliato l’attività ricomprendendo la …
Nel 1993 il socio A ha ceduto le quote ai figli.
Nel 2007 venivano cedute le attività di … e l’attività societaria proseguiva con oggetto la “…”.
Attualmente, così come dichiarato in istanza, il patrimonio della società è costituito dai seguenti beni:
1. Immobile (magazzino) (per i dettagli identificativi si rinvia all’istanza);
2. Immobile fatiscente denominato ” ” (per i dettagli identificativi si rinvia all’istanza);
3. Appartamento a destinazione residenziale (per i dettagli identificativi si rinvia all’istanza).
I ricavi della società sono costituiti esclusivamente dai canoni di locazione commerciale dell’immobile indicato al punto 1).
I dati contabili relativi ai tre asset della società sopra identificati sono indicati a pagina 4 dell’istanza, cui si rinvia; le passività della società sono rappresentante fondamentalmente da debiti per mutui verso banche e per finanziamenti a medio/lungo termine, pari ad euro (…).
Ciò premesso, i soci hanno recentemente deciso di procedere ad una riorganizzazione societaria consistente nella trasformazione della ALFA da società di persone a società a responsabilità limitata per le seguenti ragioni.
Gli attuali soci accomandatari, B, di anni 75, e C, di anni 74, per ragioni anagrafiche e di salute non intendono, né sono in grado, di prestare attività personale a favore della società, né intendono rimanere soci illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali.
I soci hanno quindi valutato la possibilità di trasformare la società in una società di capitali con cessazione dell’obbligo di prestazioni lavorative da parte degli accomandatari e attribuzione ai soci di quote che consentano, mediante la disposizione delle stesse, un razionale ricambio generazionale con possibilità di inserimento dei propri congiunti.
Con ciò i soci intendono procedere alla razionalizzazione del loro patrimonio; la programmata riorganizzazione, ad avviso dell’istante, consentirà a ciascun socio di decidere liberamente la distribuzione delle quote senza preclusioni, di migliorare la gestione aziendale, etc.
In questa situazione e nelle more della formalizzazione della trasformazione èsorta l’opportunità di vendere in tempi brevi l’immobile inutilizzato, rappresentato nello specifico da un edificio inagibile ed inabitabile per i quali elementi identificativi si rinvia all’istanza.
Come sopra anticipato, la vendita dell’immobile determinerebbe una plusvalenza tassabile, corrispondente all’intero corrispettivo da cessione.
Con documentazione integrativa del (…), prot. n. (….), l’istante precisa che il prezzo proposto dall’acquirente è di (…..) euro.
La suddetta vendita, qualora eseguita prima della concordata trasformazione,comporterebbe l’assoggettamento della plusvalenza a tassazione progressiva Irpef in capo ai soci, con aliquota pari allo scaglione più elevato (43 per cento); qualora la cessione avvenisse post trasformazione, la plusvalenza sarebbe assoggettata all’aliquota flat IRES del 24 per cento, il tutto con carico fiscale diverso in seguito al diverso regime impositivo.
Il minor carico fiscale, tuttavia, sarebbe limitato alla sola società in quanto la successiva distribuzione di utili ai soci sconterebbe l’ulteriore imposta sostitutiva del26 per cento, con un carico impositivo complessivo superiore a quello ante trasformazione.
Inoltre, l’istante precisa che la plusvalenza, nel caso di realizzazione post trasformazione, sarebbe assoggettata a tassazione ai fini IRAP con aliquota determinata annualmente dalla Provincia Autonoma di Trento.
Nel caso in cui la plusvalenza fosse realizzata da società di persone, la stessa non concorrerebbe alla formazione della base imponibile ai fini IRAP.
Tutto ciò premesso, in considerazione di quanto previsto dall’articolo 10-bisdello Statuto del contribuente, secondo cui “resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali differenti offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”, l’istante chiede chiarimenti in merito all’eventuale abusività dell’operazione di trasformazione della società in accomandita semplice a responsabilità limitata, seppur in prossimità della vendita di un immobile sociale fatiscente, allo stato non utilizzato né utilizzabile.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che la progettata trasformazione non costituisca abuso del diritto o elusione fiscale ai sensi dell’art. 10-bis della legge 27 luglio 2000 n. 212, pur comportando l’operazione un momentaneo minor carico fiscale, conseguenza del diverso regime impositivo cui sarebbe soggetta la plusvalenza post trasformazione rispetto a quello applicabile ante trasformazione.
L’operazione è, peraltro, a parere dell’istante, sostenuta da validi motivi quali:
– la cessazione dell’obbligo di prestare attività personale in capo ai soci accomandatari non più in grado di provvedervi per ragioni di età e di salute;
– la riorganizzazione aziendale con progettazione di una gestione più snella ed efficace;
– la cessazione della responsabilità illimitata in capo ai soci accomandatari;
– l’assenza di vincoli al trasferimento delle quote in caso di successione;
– la possibilità di ingresso di nuovi soci, salvo la clausola di gradimento, e la possibilità della cessione anche della mera nuda proprietà.
A parere dell’istante, infatti, la forma di società a responsabilità limitata, a differenza di quella in società in accomandita semplice, consentirà, in caso di decesso di uno dei due attuali soci, l’automatico acquisto della qualifica di socio da parte degli eredi, salvo i limiti eventualmente posti dallo statuto.
Nessuna facoltà di scelta è quindi concessa ai soci superstiti in ordine alla possibilità di evitare il trasferimento agli eredi delle partecipazioni sociali del socio defunto; neppure gli eredi possono pretendere la liquidazione in denaro della partecipazione.
Pertanto, la trasformazione in società di capitali risponde alla doppia esigenza di garantire agli attuali soci la futura partecipazione al capitale sociale degli eredi e di evitare l’obbligo di procedere alla liquidazione delle quote sociali con evidenti ripercussioni negative sul patrimonio finanziario della società.
L’aggiornamento dello statuto consentirà inoltre l’inserimento della c.d. “clausola di gradimento”, da esercitare a cura del consiglio d’amministrazione, all’ingresso nella compagine sociale di soci terzi al fine di limitare la frammentazione del patrimonio familiare.
Si fa altresì presente che i soci avvertono la necessità di separare il patrimonio personale da quello societario per evitare che autonome scelte del locatario dell’immobile a reddito possano determinare situazioni di crisi aziendale: è invero interesse dei soci accomandatari di cessare di essere illimitatamente e solidalmente responsabili delle obbligazioni sociali.
A corroborare le ragioni dell’operazione di trasformazione, la società evidenzia un aspetto finanziario di particolare rilevanza consistente nella possibilità di destinare il corrispettivo incassato dalla vendita dell’immobile di cui sopra al pagamento,secondo le scadenze del contratto bancario, dei debiti bancari a medio/lungo termine.
Pertanto, ad opinione dell’istante, qualora la cessione avvenisse prima della prospettata trasformazione, vi sarebbe il concreto rischio di limitare le risorse finanziarie a disposizione della società per l’abbattimento del debito bancario (in tal senso, infatti, i soci dovrebbero ricorrere a ingenti prelievi di utili al fine di onorare il pagamento delle imposte, limitando di fatto le disponibilità liquide aziendali).
La società sottolinea inoltre come l’unico reddito della società sia rappresentato dai ricavi generati dall’unico contratto di locazione precisando in proposito che,nell’ipotesi in cui in locatario decidesse di risolvere anticipatamente il contratto o di non rinnovarlo alla scadenza, la società si troverebbe nella difficoltà, quantomeno immediata, di generare ricavi necessari a ripianare i debiti bancari e, quindi,l’operazione di vendita dell’immobile consentirebbe di accantonare a riserva tutto l’utile dell’esercizio generato dalla plusvalenza; ciò determinerebbe la patrimonializzazione della società e consentirebbe a questa di far fronte ad eventuali e non programmati azzeramenti dei ricavi.
Risulta, ad avviso dell’istante, la coerenza della prevista trasformazione con dette conseguenze, “a normali logiche di mercato” come richiamate dall’art. 10-bis. Con riferimento ai c.d. “vantaggi fiscali indebiti”, l’istante precisa che la società passa esclusivamente da un regime di imposizione fiscale (Irpef) ad un altro (Ires), pagando comunque le imposte previste e stabilite dall’ordinamento.
In definitiva, l’istante ritiene che, nel caso in esame, non ricorrono i presupposti di cui all’art. 10-bis, affinché l’operazione possa qualificarsi come abusiva; ciò in quanto per aversi abuso del diritto “deve sussistere la violazione della ratio delle norme o dei principi generali dell’ordinamento (…) fermo restando che la ricerca della ratio e la dimostrazione della violazione di essa deve costituire il presupposto oggettivo imprescindibile per distinguere il perseguimento del legittimo risparmio d’imposta dall’elusione” con la precisazione secondo cui “i vantaggi fiscali indebitiche si realizzano per effetto dell’operazione priva di sostanza economica devono essere fondamentali rispetto a tutti gli altri fini perseguiti dal contribuente, nel senso che il perseguimento di tale vantaggio deve essere stato lo scopo essenziale della condotta stessa”.
Peraltro, l’istante evidenzia che “non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”;diversamente, l’operazione prospettata è supportata dalle diverse motivazioni sopraelencate. Con riferimento, poi, alla non marginalità delle ragioni extrafiscali occorre guardare all’intrinseca valenza di tali ragioni rispetto al compimento dell’operazione di cui si sindaca l’abusività.
In questo senso, le valide ragioni economiche extrafiscali non marginali sussistono solo se l’operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza. Occorre, appunto, dimostrare che l’operazione non sarebbe stata compiuta in assenza di tali ragioni: circostanza non dimostrabile attesa la palesata intenzione di procedere alla trasformazione a prescindere dalla vendita dell’immobile.
Non ultimo, secondo l’istante, è il fatto che resta “ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.
La norma, in argomento, riconosce al contribuente il diritto di perseguire legittimamente un “risparmio” di imposta, esercitando la propria libertà di iniziativa economica, attraverso la scelta degli atti, dei fatti e dei contratti meno onerosi sotto il profilo impositivo, senza che questo comporti, di per sé, un’ipotesi di abuso.
Invero, perché si possa parlare di abuso, non è (più) sufficiente il mero riscontro di un vantaggio fiscale, occorrendo piuttosto che il vantaggio fiscale risulti indebito.
Affinché un’operazione possa essere considerata abusiva occorre che, non risulti semplicemente fiscalmente più vantaggiosa rispetto ad altra, ugualmente idonea a realizzare il medesimo assetto sostanziale, ma anche e soprattutto che detto vantaggio fiscale si ponga in contrasto con la ratio delle norme oppure con i principi dell’ordinamento.
Occorre, quindi, che per effetto dell’operazione in parola si determini, ad esempio, un salto di imposta, nella forma di una doppia deduzione o di nessuna tassazione, oppure venga incrinata una simmetria impositiva. Solamente in questi specifici casi, quando cioè il vantaggio confligge con precise e individuate finalità eratio fiscali, il vantaggio diventa indebito e, come tale, deve essere contrastato. Non è il vantaggio fiscale in sé, ossia la circostanza che una data operazione consenta di ottenere un carico fiscale inferiore rispetto ad altra, come neppure è il carattere più o meno articolato, inusuale o complesso dell’operazione posta in essere, rispetto ad altra di struttura e conformazione più ordinari, a costituire elementi sufficienti per integrare un’ipotesi di abuso.
Occorre il carattere indebito del vantaggio, in assenza del quale, prima di ogni ulteriore valutazione, anche con riferimento alla sussistenza o meno di un interesse extrafiscale, non può essere invocato l’abuso del diritto.
I principi espressi, precisa l’istante, sono stati confermati dall’Agenzia delle Entrate che, con diverse risoluzioni, cui si rinvia, ha indicato alcuni comportamenti che non costituiscono violazione della normativa sull’ abuso del diritto.
Tutto ciò premesso, l’istante è dell’avviso che la progettata trasformazione “non possa configurare sotto alcun profilo abuso del diritto o elusione fiscale e che pertanto l’Amministrazione non possa disconoscere eventuali vantaggi in termini di possibili riduzione di tributi quali conseguenza dell’ intervenuta trasformazione di ALFA s.a.s. da società di persone a società a responsabilità limitata, seppur in prossimità alla vendita di un immobile sociale fatiscente, allo stato non utilizzato né utilizzabile”.
Parere dell’agenzia delle entrate
Si rappresenta, innanzitutto, che, per richiedere il parere dell’Agenzia delle entrate in ordine alla abusività di una determinata operazione o fattispecie, le istanze di interpello, come specificato con la circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, debbono – fra l’altro – indicare:
– il settore impositivo rispetto al quale l’operazione pone il dubbio applicativo;
– le puntuali norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto con riferimento all’operazione rappresentata.
In via preliminare, si evidenzia che esula dall’analisi della scrivente la corretta determinazione e quantificazione delle poste contabili e dei valori fiscali indicati in istanza, nella documentazione integrativa e nei vari allegati prodotti dal contribuente,nonché la corretta applicazione delle norme fiscali applicabili anche alle fattispecie incidentalmente citate in istanza per le quali rimangono fermi i poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria.
Tutto ciò premesso, di seguito si procederà, esclusivamente ai fini delle imposte dirette (Irpef e Ires), rispetto alle quali l’istante ha posto il dubbio, alla valutazione antiabuso richiesta.
L’operazione di riorganizzazione descritta nell’istanza ha come principale e dichiarato fine quello di cedere l’immobile fatiscente e plusvalente nell’ambito del regime fiscale di una società a responsabilità limitata anziché di una società di persone; ciò al fine di fruire di un’aliquota impositiva in misura proporzionale (al 24%)rispetto ad aliquote progressive in capo ai soci in conseguenza dell’applicazione del principio della trasparenza.
Non si ritiene che detto vantaggio fiscale risulti indebito, dal momento che non risulta violata alcuna ratio legis impositiva riguardante le plusvalenze sui beni immobili. Che la cessione dell’immobile sia effettuata nell’ambito di una società trasparente ai fini fiscali (società di persone) o nell’ambito di una società opaca(società di capitali), non muta la base imponibile su cui calcolare l’imposta.
È la scelta del regime impositivo (trasparente o opaco) che comporta, nello specifico caso in esame, un risparmio di aliquota di imposta, scelta che non appare sindacabile in ottica anti-abuso risultando posta dall’ordinamento tributario su un piano di pari dignità.
È appena il caso di precisare che qualora, a seguito della trasformazione da società di persone a società di capitali, fosse deliberata la ri-trasformazione da società di capitali a società di persone risulterebbe integrato il requisito dell’indebito risparmio d’imposta, risultando la momentanea trasformazione in società di capitali meramente strumentale al conseguimento dello stesso.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati,assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Si ribadisce, altresì, che resta impregiudicato, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in istanza, per effetto di eventuali altri atti, fatti e/o negozi a esso collegati e non rappresentati dall’istante, possa condurre a identificare un diverso censurabile disegno abusivo.
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