TRIBUNALE DI NAPOLI – Ordinanza 25 settembre 2013
Locazione di immobili urbani – Contratti di locazione ad uso abitativo, comunque stipulati, non registrati entro il termine stabilito dalla legge – Disciplina applicabile a decorrere dalla tardiva registrazione – Fissazione del canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale (con adeguamento ISTAT dal secondo anno) in sostituzione del maggior importo eventualmente convenuto dalle parti – Previsione introdotta [contestualmente al regime della cedolare secca sugli affitti] da decreto legislativo in materia di federalismo fiscale – Denunciata estraneità ai principi e criteri direttivi della legge n. 42 del 2009 – Eccesso di delega – Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, art. 3, comma 8, lett. c) – Costituzione, art. 76; legge 5 maggio 2009, n. 42, artt. 2, commi 2, 11, 12, 13, 21 e 26.
Premesso che
L.G., quale proprietario di due unità immobiliari site in Afragola (NA) alla via (…), concesse in detenzione dal 2007 a D.N.G., ha chiesto dichiararsi l’occupazione sine titulo degli immobile in conseguenza della nullità del contratto di locazione intercorso tra le parti per difetto di forma scritta e/o per la mancata registrazione dello stesso, non potendosi attribuire alcun rilievo all’unilaterale iniziativa del conduttore di denunciare il contatto all’Agenzia delle Entrate, e, per l’effetto, condannarsi il D.N. al rilascio dei beni;
L.G. ha chiesto, in subordine la risoluzione del contratto per inadempimento per l’autoriduzione del canone pattuito, deducendo l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 nn. 8 e 9 decreto legislativo n. 23/2011 per violazione dell’art. 3 Cost.,degli artt. 41- 42 Cost. e per eccesso di delega;
D.N.G. si è costituito contestando l’avverso assunto; in particolare ha dedotto l’esistenza di contratti di locazioni scritti, depositati presso l’Agenzia delle Entrate in data 25 novembre 2011;
Disposto il mutamento del rito, vertendosi senza dubbio in materia di locazione, il ricorrente insiste nella non applicabilità alla fattispecie dell’art. 3 decreto legislativo n. 23/2011 e, in subordine, nella rimessione della questione di legittimità costituzionale del detto articolo alla Corte Costituzionale;
Osserva
La questione rilevante nel presente giudizio riguarda il disposto dell’articolo 3 comma 8 lett. c) del decreto legislativo n. 23/2011, che prevede che ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: …c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.
Nella controversia non rilevano, di contro, gli effetti della tardiva registrazione sulla durata del contratto o sulla disciplina della sua rinnovazione (lett. a e b del comma 8), né della registrazione di un contratto con canone inferiore a quello effettivo o di comodato fittizio (art. 9).
E’, invece, rilevante nella definizione della controversia la previsione della lettera c) del comma 8, poiché la riduzione del canone operata dal conduttore a partire dalla registrazione tardiva, avvenuta nella specie mediante denuncia unilaterale di contratto verbale (anche se un contratto scritto vi era), incide sulla sussistenza, consistenza e gravità dell’inadempimento dedotto come risolutivo.
Sempre sotto il profilo della rilevanza della questione, non può condividersi l’interpretazione sostenuta dal ricorrente secondo cui la disposizione in parola si applicherebbe solo ai contratti conclusi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 23/2011. Il comma 10 dell’art. 3, a tenore del quale la disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si riferisce proprio ai contratti stipulati anteriormente al 7 aprile 2011 (data di entrata in vigore del decreto legislativo citato) rimettendo in termini, per la utile registrazione ai fini che interessano, anche quelle locazioni per le quali era già spirato il termine per la tempestiva registrazione (30 giorni dalla stipula).
Nella specie la registrazione è avvenuta dopo il sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 23/2011 e, dunque, l’applicazione del comma 8 lett. c) dell’art. 3 appare certa e da essa non può prescindersi per la decisione.
Ciò posto, ritiene questo giudicante che la questione di costituzionalità per violazione dell’articolo 3 della Costituzione sollevata genericamente dall’attore sia manifestamente infondata non essendo prospettata la omogenea situazione diversamente disciplinata.
Parimenti manifestamente infondata appare la questione in riferimento agli articoli 41 e 42 della Costituzione, poiché non è affatto limitata la possibilità di disporre redditiziamente dei propri beni, salva l’imposizione di oneri tributari (nel caso de quo la registrazione).
Piuttosto fondato appare il dubbio di legittimità costituzionale avanzato in relazione all’articolo 76 Cost., cioè per eccesso di delega della norma in commento rispetto alla legge n. 42/2009 (delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 Costituzione).
Nel preambolo del decreto legislativo n. 23/2011 si specifica che si tratta dell’attuazione degli articoli 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della legge n. 42/2009.
Secondo la giurisprudenza costituzionale il controllo della conformità della norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici, l’uno relativo alla disposizione che determina l’oggetto, i principi ed i criteri direttivi della delega, l’altro relativo alla norma delegata da interpretare nel significato compatibile con questi ultimi. Il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega ed i relativi principi e criteri direttivi, nonché delle finalità che la ispirano, verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della medesima. I principi posti dal legislatore delegante costituiscono, poi, non soltanto base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l’interpretazione della loro portata e tali disposizioni devono essere lette, fintanto che sia possibile, nel significato compatibile con detti principi, i quali, a loro volta, vanno interpretati alla luce della ratio della legge delega. La delega legislativa non esclude ogni discrezionalità del legislatore delegato, che può essere più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega. Pertanto, per valutare se il legislatore delegato abbia ecceduto tali margini di discrezionalità occorre individuare la ratio della delega per verificare se la norma delegata sia con questa coerente. L’art. 76 Cost. non osta, infatti, all’emanazione di norme che rappresentino un ordinario sviluppo e, se del caso, un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, poiché deve escludersi che la funzione del legislatore delegato sia limitata ad una mera scansione linguistica delle previsione stabilite dal primo; dunque, nell’attuazione della delega è possibile valutare le situazioni giuridiche da regolamentare ed effettuare le conseguenti scelte, nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (in questi termini Trib. Firenze ord. 78/2013).
Orbene, l’art. 3 comma 8 decreto legislativo n. 23/2011 prevede la sostituzione della pattuizione tra le parti del canone con altro imperativamente stabilito, sostituzione che opera solo in senso favorevole al conduttore, poiché se il contratto prevede un canone inferiore a quello che deriva dalla triplicazione della rendita catastale resta valido il canone pattuito tra le parti. La norma è finalizzata, da un lato, a scoraggiare il proprietario dall’omettere la registrazione del contratto e, dall’altro, a rafforzare l’interesse del conduttore alla registrazione, ancorché tardiva, con il premio della riduzione del canone.
Di contro, nessun articolo della legge delega (2, 11, 12, 13, 21 e 26) contiene un principio che possa giustificare l’adozione, con il decreto legislativo, delle sanzioni previste nel comma 8 dell’art. 3 decreto legislativo n. 23/2011. Alcuni di essi sono completamente estranei alla materia del comma 8, in particolare gli artt. 11, 12 e 13 che riguardano ‘principi e criteri direttivì rispettivamente concernenti il finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane, il coordinamento e l’autonomia di entrate degli enti locali e l’entità ed il riparto di fondi perequativi per gli enti locali. L’art. 2 comma 2, pur se ispirato a garantire agli enti locali un adeguato e più proporzionale livello di entrata tributaria, non può dirigere l’attività legislativa delegata fino a modificare un regolamento di interessi privati (anche perché l’entrata tributaria dell’ente locale è in ogni caso assicurata).
L’art. 26, infine, pur contenendo un riferimento al contrasto all’evasione fiscale, riguarda forme collaborative degli enti pubblici, banche dati ed accertamenti incrociati; inoltra, se si volesse individuare in tale ultimo articolo l’ambito della legislazione delegata in cui si esplica l’art. 3 comma 8, non si comprenderebbe il motivo per cui tale ultima previsione si applichi solo alle locazioni ad uso abitativo (anche quelle ad uso diverso sono fiscalmente rilevanti e sotto tale profilo la previsione contrasterebbe con l’art. 3 Costituzione).
P.Q.M.
Visti gli artt. 134 e 137 Cost., 1 legge cost. 1/1948 e 1 e 23 legge 11 marzo 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 3 comma 8 lett. c) del decreto legislativo n. 23/2011 attuativo della legge delega 42/2009 per violazione dell’articolo 76 Cost.;
Ordina che il presente provvedimento sia notificato, a cura della cancelleria, alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicato al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati e, all’esito, trasmesso alla Corte costituzionale unitamente al fascicolo processuale;
Dichiara sospeso il presente giudizio.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 29 gennaio 2014, n. 5.
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