La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 8474 depositata il 28 marzo 2024, intervenendo in tema di abuso del diritto, ha affermato che non vi è alcun risparmio fiscale, in ordine a contratti preliminari, “… tenuto conto che la fatturazione anticipata rispetto al pagamento costituisce un’operazione di per sé stessa lecita e consente la detrazione dell’IVA (Cass. n. 29892 del 30.12.2020) e che detta detrazione viene meno con la successiva emissione della nota di credito a storno della fattura (Cass. n. 14716 27.05.2021). …”
In altri termini, per il Supremo consesso, non costituisce un illecito vantaggio fiscale qualora, come nel caso di specie, a seguito del pagamento di un corrispettivo, il cedente di un contratto di leasing diminuisce il suo credito Iva, mentre il cessionario utilizza il medesimo importo per ridurre il suo debito annuale, anche se l’intera operazione l’anno successivo viene meno per risoluzione consensuale.
La vicenda ha riguardato una società a responsabilità limitata, a cui l’Agenzia delle entrate notificava un avviso di accertamento per IVA e sanzioni inerente una fattura emessa quale “Prima rata del corrispettivo pattuito per la cessione del contratto di locazione finanziaria immobiliare” (nell’anno successivo interamente stornata con l’emissione di una nota di credito a seguito della risoluzione consensuale del contratto) ritenuta emessa in violazione del divieto di abuso del diritto per indebito vantaggio fiscale. La società contribuente impugnava tale atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure accolsero le doglianze della contribuente. L’Agenzia delle Entrate propose appello avverso la sentenza di primo grado. I giudici di appello accolsero l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, rideterminando, tuttavia, le sanzioni nel minimo edittale. Per i giudici di secondo grado l’accertamento era legittimo, in quanto la condotta era “fiscalmente abusiva”, rientrando la fattispecie nell’ambito di operazioni caratterizzate dall’utilizzo di strumenti formalmente legittimi, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dalla mera aspettativa di risparmio fiscale, che giustifichino complessivamente l’operazione. La contribuente, avverso tale decisione proponeva ricorso in cassazione fondato su sei motivi.
I giudici di piazza Cavour accolsero il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettarono il primo e il secondo, assorbiti i restanti.
Gli Ermellini evidenziano che la “… Corte di giustizia dell’Unione Europea è intervenuta diverse volte sulla questione dell’abuso del diritto riguardante l’IVA, in quanto tributo armonizzato, affermando che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme dell’Unione (sentenza 21 febbraio 2006, in C-255/02, H. e a., punti 68 e 69 e giurisprudenza ivi citata; nonché le sentenze 13 marzo 2014, in C-155/13, SICES e a., punti 29 e 30, e 22 novembre 2017, in C-251/16, E.C. e a., punti 30 – 33); per la configurazione di una pratica abusiva è necessario un elemento oggettivo che si manifesta in un insieme di circostanze da cui risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da detta normativa non è stato raggiunto (Corte di Giustizia, sentenza 14 dicembre 2000, in C-110/99, E.S., punto 52, nonché Corte di Giustizia, sentenza 13 marzo 2014, SICES, cit. punto 32), e un elemento soggettivo, nel senso che deve risultare da un insieme di circostanze oggettive che lo scopo essenziale delle operazioni controverse è ottenere un vantaggio indebito, anche indirettamente non voluto dal sistema tributario, non vietato peraltro da una disposizione espressa, mediante la creazione artificiosa delle condizioni richieste per il suo conseguimento.
Secondo la giurisprudenza unionale richiamata, quindi, il risultato raggiunto dal contribuente, attraverso il percorso realizzato, deve essere contrario alle disposizioni tributarie e lo scopo “essenzialmente” perseguito è quello di ottenere un (indebito) vantaggio fiscale. …”
I giudici di legittimità hanno ricordato come la giurisprudenza della Corte Suprema, sulla scia di quella unionale, abbia “… (Cass. n. 9135 del 2.04.2021), affermando che l’abuso del diritto in campo tributario si manifesta quando l’operazione economica ha quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera se esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio anche implicitamente non consentito di imposta. In tal caso, sull’Amministrazione finanziaria incombe la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, mentre è posto a carico del contribuente l’onere di dedurre e provare le giustificazioni economiche poste a base dell’operazione, diverse dal mero risparmio tributario.
(…) è stato, quindi, evidenziato (Cass. n. 21221 del 29/09/2006; Cass. n. 33593 del 18/12/2019) che la “rigorosa applicazione del principio dell’abuso del diritto comporta, quindi, che l’operazione deve essere valutata secondo la sua essenza, sulla quale non possono influire ragioni economiche meramente marginali o teoriche, tali, quindi, da considerarsi manifestamente inattendibili o assolutamente irrilevanti, rispetto alla finalità di conseguire un risparmio d’imposta“.
(…) Ne deriva che il risparmio è sempre “illecito” quando rappresenti l’essenza (la parte preponderante, se non essenziale comunque prevalente) dell’oggetto del contratto o degli accordi nel loro complesso (Cass. n. 9135/2021 cit.).
(…) L’elemento integrante l’indebito vantaggio fiscale per contrarietà allo scopo perseguito dalle norme tributarie eluse è stato descritto come “una o più costruzioni di puro artificio” (Cass. n. 27158 del 2021) ovvero come “uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta” (Cass. n. 18239 del 2021; Cass. n. 1372 del 2011; Cass. n. 11236 del 2011; Cass. n. 653 del 2014), come “meccanismo giuridico contorto” (Cass. n. 8487 del 2009; n. 12788 del 2011) o “modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato” (Cass. n. 21390 del 2012).
7.6 La prevalenza delle esigenze antielusive determina così la regressione dei concetti privatistici di autonomia negoziale a semplici elementi della fattispecie tributaria, dovendosi apprezzare l’operazione nella sua “essenza”, per privilegiarne l’intrinseca natura e gli effetti giuridici rispetto al titolo e alla forma apparente (Cass. n. 9135/2021 cit.).
(…) L’accertamento della condotta abusiva muove, dunque, dall’attenta valutazione delle “ragioni economiche” delle operazioni negoziali che sono poste in essere, in quanto, se le stesse sono giustificabili in termini oggettivi, in base alla pratica comune degli affari, minore o del tutto assente è il rischio della pratica abusiva; se, invece, tali operazioni, pur se effettivamente realizzate, riflettono, attraverso artifici negoziali, assetti di “anormalità” economica, può verificarsi una ripresa fiscale là dove è possibile individuare una strada fiscalmente più onerosa (Cass. n. 27158 del 2021).
(…) E’ stato altresì osservato che “In ambito tributario, non assurge ad elusione fiscale – non integrando la fattispecie dell’abuso del diritto – bensì costituisce legittimo risparmio d’imposta, la scelta del contribuente, tra più operazioni volte ad assicurargli una finalità economica, di quella che gli garantisce il trattamento fiscalmente meno oneroso, purché questo non culmini in un risparmio d’imposta illecito; non è, infatti, in contrasto con una norma generale di antielusione il comportamento attraverso il quale il soggetto passivo d’imposta abbia pianificato e ottimizzato la sua attività aziendale perseguendo un risparmio d’imposta unitamente ad un reale obiettivo economico” (Cass. n. 10121 del 2020). …”