CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 1063 del 21 gennaio 2016
INFORTUNIO SUL LAVORO – LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – MALATTIA PROFESSIONALE – NESSO CONCAUSALE TRA DECESSO DELLA PERSONA ASSICURATA E MALATTIA PER CUI GODEVA DI RENDITA – ONERE DELLA PROVA
Non si può riconoscere ai familiari superstiti del lavoratore deceduto il diritto alla prestazione previdenziale quando non viene provato dai familiari del superstite il nesso causale tra l’attività lavorativa e la morte del dipendente.
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FATTO
La Corte d’appello di Caltanissetta, con la sentenza n. 471 del 2011, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda proposta con ricorso depositato il 30/9/2002 da S.C., volta ad ottenere dall’Inail la rendita ai superstiti in quanto coniuge di P.A., titolare di rendita per malattia professionale per tecnopatia polmonare, deceduto in data 23/4/2001.
La Corte argomentava che il consulente tecnico d’ufficio nominato nel secondo grado di giudizio aveva escluso la sussistenza di un nesso anche solo concausale tra il decesso del defunto assicurato e la malattia per cui godeva di rendita, così confermando l’esattezza dell’analogo giudizio medico-legale espresso dal secondo c.t.u. nominato nel primo grado di giudizio, parimenti evidenziando che il decesso era collegabile solo alle complicanze secondarie di un ictus cerebrale.
Per la cassazione della sentenza S.C. ha proposto ricorso, affidato a 4 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Inail. S.C. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
DIRITTO
1. I motivi di ricorso formulati dalla S.C. riguardano, sotto svariati profili (vizio di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 comma 2 n. 4 c.p.c, nullità della sentenza per violazione falsa applicazione degli artt. 116 e 132 comma 4 c.p.c.; nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360 comma 1 n. 5 c.p.c.), la motivazione della sentenza di merito laddove, recependo le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ha negato valore alla circostanza, valorizzata dal consulente tecnico di parte a pagina 5 della propria relazione e nelle note difensive depositate in data 7/10/2010, secondo la quale la malattia indennizzata si è rivelata causa determinante l’ipossiemia arteriosa di grado marcato che, trattata in modo inadeguato con tardiva somministrazione di ossigeno, aveva già determinato la compromissione delle funzioni organiche e quindi i danni a livello encefalico causa del decesso. Inoltre l’evoluzione della malattia, determinando naturalmente un’inarrestabile deterioramento delle condizioni fisiche dello stesso avrebbe certamente indotto un suo decesso.
2. Il ricorso non è fondato.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, le conclusioni del consulente tecnico d’ ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale sicché, in mancanza di detti elementi, le censure, configurando un mero dissenso diagnostico, sono inammissibili in sede di legittimità (cfr., ex multis, Cass. 4 maggio 2009, n. 10222).
Nel caso, le argomentazioni formulate dal consulente tecnico di parte e riportate nel ricorso, sono state ampiamente confutate nella sentenza della Corte d’appello nei passaggi riportati alla pag. 7 della motivazione, laddove ha rilevato che alla genesi ed evoluzione dell’aterosclerosi non aveva certamente contribuito la bronchite cronica professionale, come rilevato dai dati della letteratura internazionale, ed inoltre che l’ipossia era stata prontamente correttamente trattata ed in ogni caso ad essa non aveva fatto seguito alcun peggioramento del quadro clinico. Né tali argomentazioni sono puntualmente confutate con il richiamo a circostanze di fatto o dati della letteratura internazionale idonei a confutarle, sicché la ricorrente, pur sotto formalmente articolando diversi motivi, chiede soltanto una diversa valutazione del medesimo quadro fattuale già ampiamente ed adeguatamente esaminato dalla Corte d’appello.
3. Segue il rigetto del ricorso.
La natura del diritto azionato in giudizio determina l’esonero della parte soccombente dal pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.,, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003 (conv. in L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabili perché il deposito del ricorso di primo grado è anteriore al 3 ottobre 2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
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