CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 settembre 2018, n. 21670
Licenziamento collettivo – Soppressione del posto di capo reparto – Attività affidata all’esterno – Esigenze organizzative
Rilevato che
1. La Corte di appello dell’Aquila ha accolto l’appello proposto dalla s.r.l. L. S. ed in riforma della sentenza del Tribunale di Teramo ha rigettato le domande proposte da T. Di G., compensando tra le parti le spese del giudizio.
2. Il giudice di appello, ritenuto ammissibile il gravame, ha poi accertato che la scelta di licenziare il Di G. – licenziamento intimato nell’ambito della seconda procedura di licenziamento collettivo delle tre adottate dalla società per far fronte alla crisi del settore di attività – era stata determinata dall’avvenuta soppressione del posto di capo reparto, presso il reparto presse e levigatura la cui attività, consistentemente ridotta, era stata in parte affidata all’esterno. La Corte ha verificato che in sede di accordo era stato stabilito che in caso di mancanza di adesione all’esodo, si sarebbero applicati i criteri dettati dall’art. 5 della legge n. 223 del 1991. Conseguentemente, ritenute sussistenti le esigenze organizzative che avevano determinato la soppressione del posto di capo reparto nel settore a cui era addetto il De G., ha ritenuto superflua la comparazione con altre posizioni di capo reparto atteso che la eliminazione di tale posizione, cui pacificamente era addetto il lavoratore, risultava già dall’Allegato 1 alla comunicazione iniziale della procedura. Ha quindi sottolineato che è ben possibile procedere alla riduzione di personale in ambito più ristretto rispetto all’intero contesto aziendale ove risulti dimostrata l’esistenza di specifiche esigenze organizzative e che la scelta imprenditoriale concordata con le organizzazioni sindacali non è sindacabile dal giudice.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre T. Di G. che articola tre motivi ai quali resiste con controricorso la s.r.l. L. S. che propone ricorso incidentale condizionato.
Considerato che
4. Il primo motivo del ricorso principale è fondato restando assorbito l’esame delle altre censure, mentre il ricorso incidentale deve essere rigettato.
4.1. Erra la Corte di merito nel ritenere assorbente, nella scelta del lavoratore da licenziare, tra quelli indicati dall’art. 5 comma 1 della legge n. 223 del 1991, il criterio delle ragioni organizzative senza considerare, invece,che sarebbe stato onere della società provare che quel settore utilizzava professionalità specifiche portatrici di mansioni infungibili.
4.2. In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui all’art. 4, terzo comma, I. 223/1991, restando onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata (Cass. n. 21476 del 21/10/2015, n. 4678 del 09/03/2015, n. 203 del 12/01/2015, n. 22655 del 11/12/2012, n. 2429 del 20/02/2012).
Solo qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva, le esigenze di cui all’art. 5, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, riferite al complesso aziendale, possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare, purché il datore indichi nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 citata, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti.
Qualora, come nel caso in esame, la comunicazione faccia riferimento a più settori ed individui il dipendente da licenziare in relazione alle sue funzioni ( nello specifico di capo reparto del settore presse) e non per effetto della soppressione del reparto stesso ( che risulta essere stato esternalizzato solo per alcune sue specifiche funzioni) il licenziamento intimato è illegittimo per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali (cfr. Cass. 09/03/2015 n. 4678). Peraltro,anche qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale e tuttavia il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti.
Non può essere ritenuta legittima la scelta del lavoratore solo perché impiegato nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative (Cass. 12/01/2015 n. 203, 03/05/2011 n. 9711).
4.3. Per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza cassata deve essere rinviata alla Corte di merito, che si individua nella Corte di appello di Roma, che dovrà , alla luce dei principi sopra ricordati, ponendo a raffronto la sua posizione con quelle degli altri lavoratori con mansioni fungibili e tenendo conto della specifica professionalità del Di G., verificare in concreto, in applicazione dei criteri di legge dell’art. 5 citato in concorso tra loro, se il licenziamento era giustificato.
5. Quanto al ricorso incidentale condizionato, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 commi 48-57 legge 28 giugno 2012 n. 92 in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. va rilevato che, in disparte l’astratta idoneità della statuizione contenuta nell’ordinanza resa all’esito della fase sommaria del giudizio ai sensi dell’art. 1 comma 48 e ss della legge n. 92 del 2012, ritiene il Collegio che una volta conseguita, seppur a mezzo della correzione dell’ordinanza resa nella fase sommaria, la reintegrazione il ricorrente non era tenuto a proporre opposizione all’ordinanza neppure in via incidentale,non avendovi alcun interesse.
6. in conclusione il primo motivo del ricorso principale deve essere accolto, restando assorbito l’esame delle altre censure mentre il ricorso incidentale condizionato della società deve essere rigettato. La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di Roma in diversa composizione alla quale è demandata altresì la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri. Rigetta il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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