CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 ottobre 2018, n. 27234
Rapporto di lavoro – Reiscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli – Controversia – Tariffe professionali – Compenso
Fatti di causa
1. L’attuale ricorrente, premesso di aver lavorato alle dipendenze dell’azienda agricola “M. di C. G.&C.” s.a.s. nell’anno 2002 per 102 giornate, conveniva l’I.N.P.S. dinanzi al Giudice del lavoro di Salerno e chiedeva la reiscrizione del proprio nominativo negli elenchi dei braccianti agricoli del Comune di residenza per tale anno.
2. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava parte resistente al pagamento della metà delle spese di lite, compensate per la restante metà e liquidate in euro 600,00.
3. Avverso tale decisione proponeva impugnazione l’attuale ricorrente in relazione alla non corretta determinazione del compenso professionale e alla parziale compensazione.
4. La sentenza della Corte di appello di Salerno, che aveva dimezzato gli onorari e compensato per giusti motivi le spese del grado di appello, veniva cassata con rinvio da questa Corte (sentenza n. 21686 del 2011).
5. Pronunciando in sede di rinvio, con la sentenza ora impugnata la Corte di merito, in accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha rideterminato le spese di lite del primo grado in euro 2.479,50 oltre rimborso spese generali del 12,5 per cento e, per quanto in questa sede rileva, sulla condivisibilità del rilievo dell’I.N.P.S. in ordine alla sussistenza di un comportamento necessitato dell’istituto a fronte, tra l’altro, di una condotta datoriale violativa di obblighi giuridici, reputava assistita da validi motivi, in deroga al principio della soccombenza, la totale compensazione delle spese dei gradi successivi al primo.
6. Avverso tale sentenza ricorre L.A.M. sulla base di unico motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui ha opposto difese l’I.N.P.S.
Ragioni della decisione
7. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando il malgoverno delle spese processuali delle fasi successive al primo grado, compensate per intero dal giudice del gravame malgrado la evidente soccombenza dell’INPS.
8. Il ricorso è meritevole di accoglimento.
9. Deve premettersi che il giudizio è stato introdotto con ricorso depositato in data 23 aprile 2008, sicché trova applicazione l’art. 92, secondo comma, cod.proc.civ., nel testo, applicabile ratione temporis, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2,comma 1, lett. a) e prima della riforma introdotta dalla L. n. 69 del 2009.
10. La disposizione (che recita: «se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti») è stata interpretata da questa Corte nel senso che la motivazione sulle spese è censurabile in sede di legittimità soltanto se sia illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v. per tutte, Cass. 24 marzo 2017, n. 7682 ed altri precedenti ivi richiamati).
11. La motivazione addotta dalla Corte d’Appello, nel fare riferimento, quale ragione per la compensazione, a non meglio chiarite vicende estranee al giudizio, viola, con motivazione non adeguata, il richiamato precetto normativo atteso che i giusti motivi non possono essere tratti da elementi estranei al processo in riferimento ad interessi pubblicistici perseguiti ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non in considerazioni che, nella specie, non rispecchiano la specificità della questione devoluta, limitata alla misura delle spese liquidate in primo grado.
12. Quanto alla liquidazione delle spese, secondo la regola della soccombenza, in continuità con il principio affermato da Cass., Sez. U, 12 ottobre 2012, n. 17405 e riaffermato, fra le altre, da Cass. 19 dicembre 2017, n. 30529, si applicano i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto, che detti parametri abbia rideterminato, e si riferisca al compenso spettante al professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio, e si sia in parte svolta, vigenti le tariffe abrogate dall’art.9, comma 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata.
13. Al tal fine, pronunziata sentenza di cassazione con rinvio, il giudice di rinvio procede alla regolamentazione delle spese tenendo conto dell’esito globale del processo e, quando, come nella specie, riformi altresì la sentenza di primo grado, provvede sulle spese dell’intero giudizio, rinnovandone totalmente la delibazione in conseguenza di un apprezzamento necessariamente unitario.
14. Il compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario, che ha riguardo all’opera professionale complessivamente svolta dal difensore nei pregressi gradi o fasi del processo fino al momento in cui la prestazione professionale si esaurisce.
15. Tale interpretazione è del resto coerente con l’interpretazione che si dà costantemente in riferimento al momento della decisione della lite o comunque dell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento fu conferito l’incarico dal cliente, ai fini della decorrenza della prescrizione triennale per le competenze dovute agli avvocati (art. 2957, comma 2, c.c.; v., in termini, Cass. n. 30529 del 2017 cit.).
16. Nella specie la prestazione professionale si è completata vigente il decreto del Ministero della Giustizia 8 marzo 2018, n. 37, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2018, recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
17. Va, inoltre, ribadito che, per il divieto di reformatio in pejus, la liquidazione dei compensi per il giudizio di primo grado deve tener conto della liquidazione già operata non potendo scendersi al di sotto di quanto già liquidato dal primo giudice.
18. Infine, quanto all’attribuzione delle spese, deve darsi atto dell’esplicita rinuncia formulata, con la memoria illustrativa depositata ex art.378 del codice di rito, dall’avvocato F.A. mentre non può provvedersi all’attribuzione in favore dell’avvocato T.A., in considerazione della non autosufficienza della relativa istanza, sia perché non proveniente dal difensore anticipatario sia perché, atteso il valore meramente illustrativo della memoria ex art. 378 cod.proc.civ., non vengono richiamati gli atti da cui risulti la dichiarazione del predetto avvocato T.A.
19. Tanto premesso, la sentenza impugnata va cassata in parte qua e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, liquida, come in dispositivo, le spese, per tutti i gradi e le fasi del giudizio, secondo la regola della soccombenza, in considerazione del valore della causa, solo apparentemente indeterminabile vertendo il giudizio sul riconoscimento del rapporto agricolo per sole 102 giornate.
20. Anche le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese, per compensi professionali, del giudizio di primo grado, in euro 600,00, dei giudizi di appello e di rinvio in euro 500,00, dei due giudizi di legittimità in euro 600,00, oltre esborsi di euro 200,00 per ciascun giudizio e accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.
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