AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 19 ottobre 2020, n. 481
Articoli 73 e 149 TUIR; articolo 15, comma 1, lett. h) e i), TUIR e articolo 100, comma 2, lett. a), TUIR; dall’articolo 3, comma 2, del d.P.R. 31 ottobre 1990, n. 346
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Fondazione ALFA dichiara di essere una fondazione riconosciuta di diritto italiano iscritta nel Registro delle Persone Giuridiche tenuto presso l’Ufficio Territoriale del Governo-Prefettura di XXX. La Fondazione non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità solidaristiche e di utilità sociale, supportando finanziariamente una pluralità di enti ed iniziative non profit.
Le attività svolte dalla Fondazione nel perseguimento delle proprie finalità sono classificabili in tre principali aree:
a) attività ricorrenti finalizzate a favorire l’accesso di giovani meritevoli agli studi (“Attività tradizionali a favore dei giovani”);
b) attività ricorrenti di sviluppo e promozione del panorama culturale, artistico e musicale (“Attività culturali”);
c) altre attività sociali rientranti nelle finalità solidaristiche della Fondazione (” Altre iniziative”).
Al fine di promuovere e pubblicizzare la propria attività, la Fondazione svolge altresì una marginale attività commerciale di vendita di libri e dvd descrittivi dei progetti dalla stessa finanziati. Tale attività (unica avente natura commerciale) è del tutto accessoria rispetto all’attività non commerciale svolta dalla Fondazione.
La principale fonte di finanziamento della Fondazione sono le erogazioni liberali ricevute per grande maggioranza dai soci fondatori nonché da società facenti parte del gruppo societario riconducibile al Fondatore.
Dal 2015 al 2018, la Fondazione ha ricevuto erogazioni liberali per oltre XY milioni di euro.
Tali erogazioni liberali sono state sempre utilizzate esclusivamente nel perseguimento delle finalità di utilità sociale della Fondazione.
Al fine di dotarsi di una fonte costante di introiti che le consenta di ottenere maggiore autonomia di spesa da destinare al finanziamento dei propri progetti, la Fondazione detiene l’intera proprietà dal 20xx della Alfa S.r.l. e, dal 20xx, della Beta S.r.l, entrambe aziende agricole che, benché rivestano la forma di società di capitali, hanno quale oggetto sociale esclusivo l’esercizio di attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile. In relazione alle predette partecipazioni, viene precisato che:
− le acquisizioni sono state effettuate al fine esclusivo di dotare la Fondazione di maggiore solidità patrimoniale e finanziaria;
− la Fondazione si limita ad una gestione del tutto statica dei propri investimenti.
Le predette partecipazioni rappresentano oggi larga parte del patrimonio immobilizzato della Fondazione.
L’attività filantropica svolta dalla Fondazione è in progressiva espansione e necessita di crescenti disponibilità finanziarie. Attualmente, tuttavia, la Fondazione non è finanziariamente autonoma, ma dipende strettamente dalle descritte erogazioni liberali. In ragione di tale situazione, i Fondatori intendono donare alla Fondazione alcune partecipazioni sociali, al fine di dotare la stessa di una maggiore solidità patrimoniale e di una fonte costante e autonoma di entrate, rappresentate dagli utili che verranno prodotti e distribuiti dalla società donata.
Più precisamente, i Fondatori dichiarano di voler donare congiuntamente alla Fondazione il 100% delle azioni della Gamma S.p.A..
Mediante la donazione, inoltre, i Fondatori conseguiranno l’ulteriore obiettivo di vincolare l’impiego dei dividendi derivanti dalle partecipazioni all’esclusivo perseguimento delle finalità sociali della Fondazione, soggetta agli ordinari controlli pubblicistici applicabili agli enti no profit.
A seguito di tale descrizione, la Fondazione chiede conferma che:
(i) a seguito della donazione, la detenzione del 100% di Gamma, società intermediaria nella circolazione di beni e attiva nel commercio all’ingrosso di minerali metalliferi, metalli ferrosi e prodotti semilavorati, non muterà la propria qualificazione di ente non commerciale;
(ii) la donazione sia esente dall’imposta di successioni e donazioni;
(iii) anche a seguito della donazione, la Fondazione continuerà a soddisfare i requisiti affinché coloro che effettuino erogazioni liberali a suo favore possano usufruire dei benefici di cui all’articolo 15, comma 1, lettera h) e i), TUIR e all’articolo 100, comma 2, lettera a), TUIR.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Fondazione ritiene che, anche a seguito della donazione, continuerà ad essere qualificabile come ente non commerciale in quanto continuerà a svolgere esclusivamente attività di utilità sociale e a finanziare la stessa mediante entrate non derivanti da esercizio di attività commerciale.
La Fondazione dichiara che effettuerà una gestione meramente passiva e conservativa della partecipazione societaria in Gamma, limitandosi a trarre i fondi necessari per il perseguimento delle proprie finalità di utilità sociale. Si tratta in altri termini di una gestione statica, in cui la Fondazione si limiterà alla mera percezione dei relativi frutti e, per quanto strettamente necessario, all’esercizio dei diritti amministrativi, senza comunque in alcun modo ingerire nelle scelte gestorie quotidiane della società partecipata.
L’ente istante evidenzia inoltre che la qualificazione della Fondazione come ente non commerciale non comporterebbe alcun vantaggio di carattere fiscale ai fini delle imposte dirette ma, anzi, sarebbe fortemente penalizzante.
Ciononostante, la Fondazione, avuto riguardo delle finalità perseguite e delle attività concretamente esercitate, ritiene che quella di ente non commerciale sia la qualificazione più corretta da adottare nel caso di specie e di integrare i requisiti affinché essa possa qualificarsi come ente non commerciale anche a seguito della donazione oggetto del quesito.
Conseguentemente, essa è del parere che:
– anche a seguito della donazione, la Fondazione continuerà a qualificarsi come ente non commerciale ai sensi degli articoli 73 e 149 TUIR;
– la donazione sia esente dall’imposta di successioni e donazioni ai sensi dell’articolo 3 TUS in quanto trasferimento effettuato a favore di una fondazione riconosciuta che persegue finalità meritevoli di tutela;
– la Fondazione soddisfi e continui a soddisfare, anche a seguito della donazione, i requisiti affinché quanti effettuino erogazioni liberali in suo favore possano godere dei benefici di cui all’articolo 15, comma 1, lett. h) e i), TUIR e all’articolo 100, comma 2, lett. a), TUIR.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) individua i soggetti passivi, ai fini IRES, fra i quali, alla lettera c), “gli enti pubblici e privati diversi dalle società (…) che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (…) residenti nel territorio dello Stato”. Rientrano in tale categoria sia gli enti che non svolgono alcuna attività commerciale, sia quelli che, pur effettuando anche attività commerciale, non la svolgono in modo prevalente, essendo la loro attività principale di natura non commerciale.
Per gli enti non commerciali il reddito complessivo è costituito, ai sensi dell’articolo 143 del TUIR, “dai redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione”. Per detti enti, pertanto, i redditi d’impresa si configurano come una delle categorie reddituali che concorrono a formare il reddito complessivo da assoggettare ad imposizione.
Costituiscono redditi d’impresa, ai fini IRES, ai sensi del comma 1 dell’articolo 55 del TUIR “quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali” ovvero “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’articolo 2195 c.c. (…) anche se non organizzate in forma d’impresa”.
Ai sensi del successivo comma 2 “sono inoltre considerati redditi d’impresa: a) i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 c.c.”.
Ai fini della determinazione del reddito degli enti non commerciali, l’articolo 143 del TUIR dispone che “per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione”.
Al riguardo, come chiarito con la risoluzione 11 ottobre 2007, n. 286/E, un’attività si considera effettuata con organizzazione in forma di impresa quando, per lo svolgimento della stessa, viene predisposta un’organizzazione di mezzi e risorse funzionali all’ottenimento di un risultato economico. La commercialità dell’attività svolta, quindi, sussiste qualora detta attività sia caratterizzata dai connotati tipici della professionalità, sistematicità ed abitualità, ancorché non esclusiva. La qualifica di imprenditore sussiste anche in presenza del compimento di un unico affare, in considerazione della rilevanza economica dello stesso e della complessità delle operazioni in cui si articola, implicanti la necessità di compiere una serie coordinata di atti economici.
Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell’ente non commerciale, la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l'”assenza del fine di lucro” o la destinazione dei risultati (cfr. circolare n. 124/E del 1998).
In merito alla nozione di impresa, per quanto di interesse in questa sede, occorre richiamare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (cfr. sentenza 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04) secondo la quale “il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare un’attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, quando tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene”.
La stessa Corte ha precisato che “Viceversa, un soggetto che, titolare di partecipazioni di controllo in una società, eserciti effettivamente tale controllo partecipando direttamente o indirettamente alla gestione di essa, deve essere considerato partecipe dell’attività economica svolta dall’impresa controllata”.
In tal senso, relativamente alla possibilità per l’ente non commerciale di detenere partecipazioni, anche totalitarie, in società commerciali – operando su dette partecipazioni una gestione statica – senza perdere il requisito della non commercialità, la Commissione europea, con la Comunicazione del 19 luglio 2016 (2016/C 262/01), sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea precisa che “Il semplice fatto che un ente detenga partecipazioni, anche di maggioranza, in un’impresa che fornisce beni o servizi su un mercato non significa che tale ente debba automaticamente essere considerata un’impresa ai fini dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Se tale partecipazione dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un attivo, tale ente non verrà considerato come un’impresa se non fornisce esso stesso beni o servizi sul mercato”.
Sulla base dei principi sopra espressi, dunque, un ente non commerciale può, in via generale, detenere una partecipazione, anche totalitaria, in società di capitali, a condizione che la detenzione della partecipazione societaria venga gestita con modalità operative e gestionali diverse da quelle tipiche dell’attività commerciale. In altri termini il ruolo effettivamente svolto dall’ente non commerciale deve sostanziarsi in una gestione statico-conservativa delle partecipazioni, in cui l’impiego delle risorse patrimoniali deve essere finalizzato alla percezione di utili da destinare al raggiungimento degli scopi istituzionali. In tale ultimo caso la detenzione di partecipazioni, acquisite anche tramite donazione, non configura l’esercizio di attività di impresa ed i dividendi percepiti costituiscono redditi di capitale.
Diversamente nell’ipotesi in cui la detenzione di partecipazioni societarie venga effettuata nell’ambito di un’attività gestita con i connotati tipici dell’attività commerciale (professionalità, sistematicità e abitualità), la stessa, produrrà reddito d’impresa. In tal caso, quindi, occorrerà verificare in concreto la prevalenza o meno dell’attività commerciale (in termini di attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari della fondazione, di immobilizzazioni, ricavi, redditi e costi) rispetto all’attività non commerciale in forza degli articoli 73 e 149 TUIR.
Con riferimento al caso di specie, l’istante precisa che “la Fondazione effettuerà una gestione meramente passiva e conservativa della partecipazione societaria” in Gamma “limitandosi a trarre i fondi necessari per il perseguimento delle proprie finalità di utilità sociale. (…) la Fondazione si limiterà alla mera percezione dei relativi frutti e, per quanto strettamente necessario, all’esercizio dei diritti amministrativi, senza comunque in alcun modo ingerire nelle scelte gestorie quotidiane della società partecipata. (…), in sede assembleare la Fondazione non assumerà in alcun modo le decisioni operative relative alla propria partecipata, ma si limiterà, secondo quanto previsto dallo statuto della partecipata stessa, ad esercitare i propri poteri di socio esclusivamente in relazione alla nomina e alla revoca degli amministratori e dei membri degli organi di controllo, riservando dunque agli amministratori in toto la gestione operativa della società”.
Al riguardo, si osserva, tuttavia, che la circostanza per cui i membri del consiglio di amministrazione della Fondazione sono in parte gli stessi soggetti (in particolar modo il Fondatore) che, a vario titolo, figurano e operano nel consiglio di amministrazione delle società partecipate Alfa e Beta – ma non anche nella società Gamma – dalla medesima Fondazione, con la possibilità di condizionare gli indirizzi strategici e gestionali delle medesime società, sono tuttavia indici di una possibile attività di gestione operativa delle partecipate e non di un’attività volta alla mera percezione dei dividendi.
Ciò considerato, nel presupposto della veridicità di quanto rappresentato in istanza e desumibile dallo Statuto della Fondazione, non verificabile in questa sede, attesa la necessità anche di una verifica di fatto delle concrete modalità di gestione delle partecipazioni in argomento, si ritiene che la detenzione delle partecipazioni da parte della Fondazione, se limitata ad una mera gestione statica nei termini sopra riportati, non muta la natura non commerciale dell’attività dall’ente istante.
In ordine alla tassazione indiretta, da applicare al prospettato trasferimento a titolo gratuito di partecipazioni societarie da parte dei Fondatori all’istante, si fa presente che a tale atto di donazione si applica la disciplina stabilita dall’articolo 3, comma 2, del d.P.R. 31 ottobre 1990, n. 346, in virtù della quale “i trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all’imposta di donazione se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma”.
Il successivo comma 3, inoltre, dispone che “Nei casi di cui al comma 2 il beneficiario della donazione deve dimostrare, entro cinque anni dall’accettazione dell’eredità’ o della donazione o dall’acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità’ indicate dal testatore o dal donante. In mancanza di tale dimostrazione esso è tenuto al pagamento dell’imposta con gli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata”.
Pertanto la suddetta donazione potrà beneficiare dell’agevolazione a condizione che nell’atto vengano esplicitate le finalità per cui il donante ha posto in essere l’atto di donazione.
Ne consegue che successivamente i beneficiari dovranno dimostrare, con la necessaria documentazione, che le utilità della donazione siano state utilizzate per gli scopi previsti nel medesimo atto di donazione.
Con riferimento all’ultimo quesito, si evidenzia che l’articolo 15, comma 1, lett. h) e i), del TUIR prevede la possibilità, per il contribuente persona fisica, di detrarre il 19 per cento degli oneri sostenuti per l’effettuazione di erogazioni liberali in danaro afavore di fondazioni riconosciute senza scopo di lucro che svolgano, rispettivamente: – attività di studio, di ricerca, o di documentazione di rilevante valore artistico o culturale (lett. h), e – attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture o per il restauro e potenziamento di strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo (lett. i) – in tal caso il diritto alla detrazione è riconosciuto nel limite del 2 per cento del reddito complessivo dichiarato).
Simile agevolazione è riconosciuta anche per le erogazioni liberali effettuate da parte di soggetti passivi IRES. L’articolo 100, comma 2, lett. a), del TUIR accorda, infatti, la possibilità di dedurre l’ammontare degli oneri sostenuti (nel limite del 2 per cento del reddito complessivo dichiarato) per l’effettuazione di erogazioni liberali a favore di persone giuridiche che perseguano “esclusivamente” finalità di educazione, istruzione, ricreazione o assistenza sociale e sanitaria.
In questo caso, le erogazioni liberali effettuate sono deducibili se il beneficiario dell’erogazione, oltre agli altri requisiti previsti dalla norma, persegue “esclusivamente” una o anche più finalità fra quelle previste (educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria, culto e ricerca scientifica).
Come precisato nelle Risoluzione 29 luglio 2014, n. 74/E, la deduzione è prevista per le imprese che effettuano erogazioni a soggetti con finalità di interesse pubblico che il Legislatore ha valutato meritevoli di sostegno, mentre non può trovare applicazione qualora il soggetto beneficiario svolga un’attività lucrativa e, pertanto, la deduzione non può spettare per erogazioni effettuate in favore di società commerciali.
Le predette finalità perseguite dai soggetti beneficiari, inoltre, devono essere verificate in forza delle norme primarie e regolamentari del settore di competenza e/o in base alle previsioni recate dagli statuti o atti costitutivi dei medesimi beneficiari, nonché in relazione alle concrete modalità di esplicazione delle medesime finalità.
La delimitazione dei destinatari delle erogazioni liberali sulla base delle finalità perseguite non preclude che l’ente beneficiario possa porre in essere attività che si qualificano, sotto il profilo fiscale, come attività commerciali, sempre che si tratti di attività svolte in diretta attuazione delle finalità indicate dalla medesima disposizione agevolativa e con finalità e modalità non lucrative nel rispetto dei limiti previsti dall’articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.
In particolare, l’assenza del fine di lucro che, come più volte chiarito, non coincide necessariamente con la “non commercialità” dell’ente, deve risultare da un’espressa previsione statutaria ed esplicitarsi nella concreta attività svolta, anche attraverso la destinazione del patrimonio e degli utili, di cui deve essere esclusa la ripartizione, alle stesse finalità sociali perseguite dall’ente.
Tanto premesso, tenuto conto che – come sostenuto dall’ente istante – la Fondazione non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità solidaristiche e di utilità sociale, supportando finanziariamente una pluralità di enti ed iniziative no profit, in conformità con le previsioni statutarie, si ritiene che la Fondazione istante abbia le caratteristiche oggettive per rientrare tra gli enti che possono beneficiarie delle erogazioni liberali di cui all’articolo 15, comma 1, lett. h) e i), e 100, comma 2, lett. a), del TUIR.
Ne discende che, laddove siano rispettate le condizioni disposte dalle citate disposizioni e sempre che sussistano gli altri requisiti di legge, coloro che effettuino erogazioni liberali a favore della Fondazione possano godere dei benefici previsti dalle predette norme di legge.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto. Resta impregiudicato ogni potere dell’amministrazione finanziaria volto all’accertamento dell’esatta qualificazione della fondazione come ente commerciale o non commerciale; qualora la qualificazione fiscale della fondazione istante assumesse natura diversa da quella dichiarata e quindi i fatti così come rappresentati nell’istanza non siano rispondenti a verità ed effettivamente posti in essere, il presente parere non produce alcun effetto giuridico, ivi compresi quello di cui al comma 3 del citato articolo 11 legge 27 luglio 2000, n. 212.
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