INPS – Circolare 02 agosto 2022, n. 95
Assegno per il nucleo familiare. Nuove disposizioni per il riconoscimento del diritto alla prestazione familiare ai lavoratori cittadini di Paese extracomunitario, titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, per i familiari residenti in Paese terzo. Applicazione della Sentenza della Corte Costituzionale n. 67 dell’11 marzo 2022
SOMMARIO: Con la presente circolare si forniscono le istruzioni amministrative in materia di assegno per il nucleo familiare ai sensi del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 67 dell’11 marzo 2022, per i familiari – residenti nel Paese di origine o altro Paese terzo – di lavoratore extracomunitario, cittadino di Paese terzo, titolare di permesso unico lavoro o soggiornante di lungo periodo.
INDICE
1. Il quadro di riferimento
2. Requisiti del nucleo e reddituali per l’Assegno per il nucleo familiare
3. Documentazione e autocertificazioni
4. Diritto e misura dell’Assegno per il nucleo familiare per familiari residenti in un Paese terzo
5. Indicazioni ulteriori
1. Il quadro di riferimento
L’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, disciplinando la tutela dell’Assegno per il nucleo familiare (ANF), prevede che il riconoscimento e la misura della prestazione ANF avvengano sulla base del numero dei componenti il nucleo familiare e del relativo reddito complessivo.
La normativa in esame individua la nozione di nucleo familiare, con valenza generale, al comma 6 dell’articolo 2 del citato decreto-legge prevedendo che il nucleo familiare sia composto “dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte, alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti”.
Il successivo comma 6-bis del citato articolo 2 prevede che: “Non fanno parte del nucleo familiare di cui al comma 6 il coniuge ed i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che dallo Stato di cui lo straniero è cittadino sia riservato un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia. L’accertamento degli Stati nei quali vige il principio di reciprocità è effettuato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Ministro degli affari esteri”.
Nel contesto normativo delineato, connotato dalla perdurante vigenza dell’articolo 2, comma 6- bis, del decreto-legge n. 69 del 1988, a seguito di alcuni giudizi proposti dall’Istituto in sede di legittimità concernenti l’applicazione di tale norma, la Corte di Cassazione si è rivolta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con lo strumento del rinvio pregiudiziale interpretativo, ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, ponendo un quesito riguardo alla compatibilità del citato articolo 2, comma 6-bis, con la direttiva 2003/109/CE del Consiglio del 25 novembre 2003 e la direttiva 2011/98/UE del Parlamento e del Consiglio del 13 dicembre 2011.
Entrambe le direttive impongono, infatti, la parità di trattamento tra le categorie in esse indicate e i cittadini italiani, avuto riguardo alle prestazioni sociali.
In particolare, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE prevede che “il soggiornante di lungo periodo” gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale.
L’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE prevede che “i lavoratori dei paesi terzi di cui all’art. 3, paragrafo 1, lettere b) e c)” della medesima direttiva beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Sulla questione la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con le sentenze C-302/2019 e C- 303/2019, depositate in data 25 novembre 2020, ha affermato che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE e l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE, ostano a una normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi in considerazione i familiari del soggiornante di lungo periodo e i familiari del titolare di un permesso unico di soggiorno che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un Paese terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in un Paese terzo.
In entrambe le sentenze, rese a seguito del duplice rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha concluso nel senso della incompatibilità dell’articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge n. 69 del 1988 con le disposizioni contenute nell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE, e nell’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE.
Concluso l’iter del rinvio pregiudiziale con le citate due decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea, la Corte di Cassazione ha ritenuto necessario investire la Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge n. 69 del 1988.
La Corte rimettente ha ritenuto, infatti, di non potere dare direttamente attuazione al diritto dell’Unione europea, come interpretato nelle sentenze rese dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, non potendo procedere alla disapplicazione della disposizione, considerato che, con riferimento alla prestazione sociale in oggetto, il diritto europeo non detta una disciplina in sé compiuta da applicare in luogo di quella dichiarata incompatibile.
La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 67 dell’11 marzo 2022, ha dichiarato inammissibili, per carenza di rilevanza, le sollevate questioni di legittimità dell’articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge n. 69 del 1988 precisando, inoltre, che occorre procedere alla disapplicazione di tale disposizione.
La Corte Costituzionale ha ritenuto, infatti, inammissibili per carenza di rilevanza le questioni di legittimità sollevate, rammentando “la competenza esclusiva della Corte di giustizia nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati” che “comporta, in virtù del principio di effettività delle tutele, che le decisioni adottate sono vincolanti, innanzi tutto nei confronti del giudice che ha disposto il rinvio”.
Evidenzia, poi, la Corte Costituzionale, come la Corte di giustizia abbia “affermato che il giudice nazionale ha l’obbligo di garantire la piena efficacia delle norme europee dotate di effetto diretto, «disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale»”
La Corte Costituzionale ha quindi ribadito la necessità, anche nel caso di specie, della disapplicazione della normativa nazionale.
Pertanto, posto quanto sopra, considerata la pronuncia della Corte Costituzionale, nonché il tenore della stessa, la prestazione di Assegno per il nucleo familiare erogata dall’Inps ai lavoratori del settore privato e ai titolari di prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente spetta anche ai cittadini extracomunitari, titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, per i familiari residenti in un Paese estero per cui non vige alcuna convenzione in materia di trattamenti di famiglia, alle condizioni previste nell’articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 1988.
Con la presente circolare si forniscono le indicazioni amministrative in merito alla documentazione da acquisire e alle verifiche da effettuare per la definizione del diritto e della misura dell’Assegno per il nucleo familiare ai fini del recepimento della sentenza sopra richiamata.
2. Requisiti del nucleo e reddituali per l’Assegno per il nucleo familiare
Al fine di potere erogare la prestazione familiare anche ai cittadini extracomunitari occupati in Italia, titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, per i familiari residenti in un Paese estero, occorre verificare, al pari dei cittadini italiani con familiari residenti all’estero, che siano rispettate le disposizioni previste nell’articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 1988.
Si ricorda, a tale fine, che il riconoscimento e la determinazione dell’importo dell’Assegno avvengono tenendo conto di:
– tipologia di nucleo familiare;
– numero dei componenti il nucleo familiare;
– reddito complessivo del nucleo familiare.
La prestazione è, infatti, erogata per importi decrescenti in base a scaglioni crescenti di reddito e cessa in corrispondenza di soglie di esclusione diverse a seconda della tipologia familiare.
Sono previsti aumenti degli scaglioni di reddito per i nuclei che comprendono soggetti inabili e per i nuclei monoparentali.
Circa la composizione del nucleo, la legge vi comprende i coniugi e i figli ed equiparati ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore ai 18 anni ovvero senza limiti di età qualora siano inabili assolutamente e permanentemente a proficuo lavoro; ne esclude, invece, il coniuge legalmente ed effettivamente separato.
Possono inoltre fare parte del nucleo, alle stesse condizioni dei figli ed equiparati, i fratelli, le sorelle e i nipoti di età inferiore ai 18 anni, ovvero senza limiti di età se inabili assolutamente e permanentemente a proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti.
Riguardo al reddito familiare, assume rilievo quello assoggettabile all’IRPEF (nonché i redditi di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva, se superiori a euro 1032,91) che sia stato conseguito dai predetti componenti nell’anno solare immediatamente precedente il 1° luglio di ciascun anno; esso ha valore per la corresponsione delle prestazioni fino al 30 giugno dell’anno successivo, salvo le variazioni del nucleo familiare.
L’Assegno in esame non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale che derivi da lavoro dipendente risulti inferiore al 70 per cento del reddito complessivo del nucleo familiare.
3. Documentazione e autocertificazioni
Al fine di potere procedere con la verifica e l’accertamento del diritto, nonché della misura della prestazione familiare descritta al precedente paragrafo 2, l’acquisizione della documentazione necessaria, in gran parte dei casi, avviene mediante le autocertificazioni del richiedente la prestazione, in ottemperanza di quanto previsto dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
Infatti, il legislatore, con il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al citato D.P.R. n. 445 del 2000, ha disciplinato anche le autocertificazioni che possono essere rilasciate dai cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari.
In particolare, all’articolo 3 è stato definito l’ambito soggettivo di applicazione del D.P.R. n. 445 del 2000 prevedendo, ai commi 2 e 3, che il cittadino straniero non appartenente all’Unione europea possa utilizzare le dichiarazioni sostitutive, di cui agli articoli 46 e 47 del medesimo decreto, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani ovvero nei casi in cui la produzione delle stesse avvenga in applicazione di convenzioni internazionali fra l’Italia e il Paese di provenienza del dichiarante.
Al di fuori dei suddetti casi, pertanto, gli stati, le qualità personali e i fatti sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente Autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall’Autorità consolare italiana, che ne attesta la conformità all’originale, “dopo avere ammonito l’interessato sulle conseguenze penali della produzione di atti o documenti non veritieri” (cfr. il comma 4 del citato articolo 3).
A tale riguardo, si ricorda che l’articolo 33 del D.P.R. n. 445 del 2000 prevede, al comma 2, che: “Le firme sugli atti e documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello Stato sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero. Le firme apposte su atti e documenti dai competenti organi delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane o dai funzionari da loro delegati non sono soggette a legalizzazione”.
Al successivo comma 3 è precisato che: “Agli atti e documenti indicati nel comma precedente, redatti in lingua straniera, deve essere allegata una traduzione in lingua italiana certificata conforme al testo straniero dalla competente rappresentanza diplomatica o consolare, ovvero da un traduttore ufficiale”.
Infine, al comma 4, è previsto che: “Le firme sugli atti e documenti formati nello Stato e da valere nello Stato, rilasciati da una rappresentanza diplomatica o consolare estera residente nello Stato sono legalizzate a cura delle prefetture”.
Si ricorda, inoltre, che nei Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961, ratificata con la legge 20 dicembre 1966, n. 1253, relativa all’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, la legalizzazione di atti e documenti rilasciati da Autorità straniere è sostituita da un’altra formalità: l’apposizione della “apostilla”, che rappresenta una certificazione rilasciata in base ai termini della Convenzione che specifica le modalità attraverso le quali un documento emesso in uno dei Paesi sottoscrittori può essere certificato per scopi legali in tutti gli altri Stati sottoscrittori.
Alla luce di quanto esposto, laddove non risulti possibile il rilascio di autocertificazioni attestanti gli stati, le qualità personali e i fatti dei familiari residenti all’estero del lavoratore soggiornante di lungo periodo o titolare di un permesso unico di soggiorno, richiedente l’Assegno per il nucleo familiare, questi dovranno essere documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall’Autorità consolare italiana, che ne attesta la conformità all’originale o mediante apposizione di “apostilla”.
Analogamente, i redditi prodotti all’estero dai soggetti interessati e loro familiari, dovranno essere accertati sulla base delle indicate certificazioni rilasciate dalla competente Autorità estera.
4. Diritto e misura dell’Assegno per il nucleo familiare per familiari residenti in un Paese terzo
Alla luce di quanto sopra evidenziato, ai fini della verifica del diritto e della misura della prestazione per i familiari residenti all’estero, il richiedente dovrà corredare la domanda della documentazione necessaria che attesti la composizione e il reddito del nucleo familiare, secondo le seguenti indicazioni.
Nel caso di richieste di Assegno per il nucleo familiare presentate all’Istituto da cittadino di Paese terzo, titolare del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, per un nucleo composto da familiari residenti all’estero in Paese extracomunitario non in convenzione in materia di trattamenti di famiglia, devono essere presentati, al pari delle situazioni o fatti autocertificabili, i documenti, redatti nella forma descritta al paragrafo 3 della presente circolare, che attestino:
– lo stato civile del richiedente;
– lo stato di famiglia con l’indicazione dei rapporti di parentela dei componenti il nucleo familiare dichiarato ai fini dell’ANF;
– il legame di parentela (paternità/maternità dei minori, o maggiorenni inabili, componenti il nucleo per i quali si richiede l’ANF);
– i redditi dei familiari prodotti all’estero, espressi in euro, che se fossero prodotti in Italia sarebbero assoggettati al regime italiano dell’imposta sui redditi (Allegato n. 1), per il periodo di riferimento della domanda di ANF;
– eventuale situazione di inabilità di uno o più componenti del nucleo.
Si ricorda che, in aggiunta alla documentazione già indicata dalla normativa, deve essere inoltrata all’Istituto ulteriore documentazione nei seguenti casi:
a) l’inclusione di familiari nel nucleo del richiedente;
b) l’applicazione dell’aumento dei livelli reddituali;
c) il riconoscimento del diritto nei casi di abbandono del nucleo di uno dei coniugi.
Di seguito si riepilogano, per i lavoratori cittadini di Stato estero, titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, che richiedono la prestazione di ANF per componenti del nucleo residenti in Paese extracomunitario non convenzionato, i certificati o attestazioni rilasciati dalla competente Autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata, redatti nella forma descritta al paragrafo 3 della presente circolare, che attestino:
a) PER L’INCLUSIONE DI FAMILIARI NEL NUCLEO DEL RICHIEDENTE RIFERITO A:
– figli ed equiparati di coniugi/parti dell’unione civile legalmente separati o divorziati/sciolti dall’unione civile: lo stato civile del richiedente e le relative sentenze/ provvedimenti di affidamento dei minori;
– figli del coniuge/della parte dell’unione civile nati da precedente matrimonio/unione civile e per i figli naturali (propri o del proprio coniuge/della parte dell’unione civile) riconosciuti dall’altro genitore: i dati anagrafici del richiedente e dell’altro genitore e per i figli nati da precedente matrimonio/unione civile le sentenze/provvedimenti di affidamento dei minori;
– fratelli, sorelle, nipoti del richiedente orfani di entrambi i genitori, non aventi diritto a trattamento pensionistico: la condizione di orfani di tali familiari e l’assenza di un diritto alla pensione ai superstiti, specificando le generalità dei genitori;
– nipoti minori a carico (ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 180/1999) dell’ascendente richiedente:
– la discendenza del nipote in linea retta e il mantenimento abituale del/i minore/i;
– l’impossibilità dei genitori di provvedere al mantenimento del figlio in quanto non svolgono attività lavorativa e non possiedono redditi di alcuna natura;
– mancata percezione di analogo trattamento di famiglia;
– minori affidati a strutture pubbliche e collocati in famiglia;
– figli o equiparati di età compresa tra i 18 e i 21 anni, purché studenti o apprendisti, in nuclei con più di tre figli o equiparati di età inferiore a 26 anni:
– la qualità di studente o la qualifica di apprendista o la relativa documentazione quali il certificato di frequenza scolastica/universitaria o copia del contratto di apprendistato (o contratto similare);
In tale casistica va allegato anche il modulo per il riconoscimento di nucleo familiare numeroso (ANF/NN cod. SR61 compilato dal richiedente).
b) PER L’APPLICAZIONE DELL’AUMENTO DEI LIVELLI REDDITUALI RIFERITI A:
– familiari minorenni: certificazione medica relativa alla difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età;
– familiari maggiorenni: certificazione medica relativa all’inabilità per soggetti che si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi a un proficuo lavoro.
c) PER IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO NEI CASI DI ABBANDONO DEL NUCLEO DI UNO DEI DUE CONIUGI: lo stato di abbandono rilasciato dall’Autorità giudiziaria o altra pubblica Autorità nel Paese estero.
Per tutti i casi descritti nel presente paragrafo è necessario presentare la domanda di Autorizzazione ANF allegando la documentazione specificamente prevista dalla normativa per ogni tipologia (cfr. la circolare n. 34/2022).
5. Indicazioni ulteriori
Si ricorda che, in attuazione del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, che ha istituito dal 1° marzo 2022 l’Assegno unico e universale per i figli a carico, a partire dalla medesima data si producono i seguenti effetti sulla disciplina dell’ANF sopra richiamata:
a) non saranno più riconosciute le prestazioni di Assegno per il nucleo familiare e di Assegni familiari, riferite ai nuclei familiari con figli e orfanili;
b) continueranno, invece, a essere riconosciute le prestazioni di Assegno per il nucleo familiare e di Assegni familiari riferite a nuclei familiari composti unicamente dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, dai fratelli, dalle sorelle e dai nipoti, di età inferiore a diciotto anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti.
Pertanto, le domande per le prestazioni di Assegno per il nucleo familiare per componenti del nucleo residenti in Paese extracomunitario non convenzionato, riguardanti periodi decorrenti a partire dal 1° marzo 2022 (compreso) potranno essere presentate dai lavoratori cittadini di Stato terzo – titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno – esclusivamente in relazione a nuclei familiari senza figli.
Diversamente, le domande presentate – nel limite della prescrizione quinquennale – per periodi che terminano entro il 28 febbraio 2022, potranno fare riferimento al nucleo familiare composto anche dai figli (cfr. la circolare n. 34/2022).
Al riguardo, peraltro, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 67/2022 ricordando che il legislatore, con il decreto legislativo n. 230 del 2021 ha istituito l’Assegno unico e universale per i figli a carico, ha evidenziato che “le nuove norme in tema di assegno unico universale – prestazione […] erogata a decorrere dal 1° marzo 2022 – non incidono sui giudizi a quibus, concernenti fattispecie che si sono perfezionate nel vigore della disciplina anteriore”.
Pertanto, si evidenzia la necessità di riesaminare, alla luce del decisum della Consulta, le domande amministrative di ANF non ancora definite, già proposte da cittadini di Paesi terzi non comunitari, in possesso di permesso unico e lavoro o di permesso di soggiorno di lungo periodo, in relazione ai familiari residenti all’estero.
Alla luce di quanto esposto, ne consegue che:
– le domande di Assegno per il nucleo familiare presentate dai titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, attualmente in fase di istruttoria, qualora ricorrano i requisiti previsti dalla normativa vigente, dovranno essere gestite in relazione alle indicazioni riportate nella presente circolare;
– le eventuali istanze volte a ottenere il riesame delle domande respinte di Assegno per il nucleo familiare presentate dai titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo o di un permesso unico di soggiorno, e per le quali il relativo rapporto giuridico non possa considerarsi esaurito (ad esempio, per decadenza, giudicato, ecc.), potranno essere accolte, in autotutela, dalle competenti Strutture territoriali, previa apposita richiesta di integrazione istruttoria agli interessati e verifica della sussistenza degli altri requisiti prescritti dalla normativa vigente, nell’ambito della prescrizione quinquennale;
– con riferimento ai giudizi in corso, le Strutture territoriali, in raccordo, per quanto di competenza, con gli Uffici legali, porranno in essere, in autotutela, le attività necessarie per consentire la richiesta di dichiarazione della cessata materia del contendere e per la definizione degli eventuali giudizi di impugnazione.
Allegato 1
Redditi che concorrono alla formazione del reddito familiare ai fini ANF
Concorrono a formare il reddito familiare i redditi complessivi assoggettabili all’IRPEF e i redditi di qualsiasi natura, ivi compresi, se superiori a euro 1.032,91, quelli esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva Devono essere considerati i redditi prodotti nell’anno solare precedente il 1° luglio di ogni anno e che hanno valore fino al 30 giugno dell’anno successivo (cfr. circ. n.12/1990 par. 3).
Redditi da dichiarare:
1. Redditi imponibili IRPEF
Tra i redditi assoggettabili all’IRPEF devono essere compresi anche quelli a tassazione separata con esclusione dei trattamenti di fine rapporto e le anticipazioni sui trattamenti stessi, nonché, degli arretrati di integrazioni salariali riferiti ad anni precedenti a quello di erogazione.
Devono essere computati anche i redditi prodotti all’estero che, se prodotti in Italia, sarebbero di per sé assoggettati al regime italiano dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ed i redditi da lavoro conseguiti presso Enti internazionali residenti nel territorio della Repubblica non soggetti alla normativa tributaria italiana, oltre alle pensioni accordate da organismi esteri o enti internazionali.
I redditi da lavoro dipendente devono essere considerati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge.
2. Redditi esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva se superiori complessivamente ad € 1.032,91 Il limite annuo di euro 1.032,91, quale importo massimo oltre il quale devono essere calcolati ai fini ANF anche i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (al lordo delle relative ritenute erariali), va riferito alla somma dei redditi dei singoli componenti costituenti il nucleo familiare.
A titolo esemplificativo, tra i redditi da considerare se complessivamente superiori a euro 1.032,91 si citano:
– tra quelli esenti da imposta, le pensioni sociali, le pensioni e gli assegni agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti;
– tra quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, gli interessi dei depositi e conti correnti bancari e postali, gli interessi da CCT e da BOT, le vincite del lotto e dei concorsi a pronostici, ecc.