AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 455 dell’ 8 novembre 2023
Attività di distribuzione di gas – Passaggio dal gestore uscente al gestore entrante – Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (c.d. ”Decreto Letta) e relativa disciplina attuativa – Trasferimento di azienda/ramo d’azienda non soggetto a IVA
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa S.p.A. (in seguito, ”Istante”, ”Società” o ”Gestore Uscente”) riferisce di:
essere stata costituita nel 2002 a seguito della trasformazione e scissione dell’allora azienda speciale, Beta;
essere partecipata per lo 0,13% da Kappa S.p.A. e per la restante parte, direttamente e indirettamente, da Comuni, situati prevalentemente nella propria Provincia;
occuparsi oltre che della realizzazione e manutenzione delle infrastrutture, anche della gestione diretta e della distribuzione del gas naturale in 34 Comuni. L’attività di distribuzione consiste nel trasporto di gas attraverso le reti di gasdotti locali finalizzata alla riconsegna ai clienti finali. In particolare, fra le attività svolte, figurano l’attivazione, disattivazione e riattivazione della fornitura, la verifica dei gruppi di misura e la verifica della pressione di fornitura su richiesta del cliente finale nonché l’esecuzione di lavori semplici e complessi (realizzazione allacci d’utenza e di nuove reti di distribuzione);
aver assunto, nel 2013, la gestione della distribuzione del gas a seguito del conferimento di ramo d’azienda a suo favore da parte della consorella, Teta S.p.A., attuale gestore del servizio idrico integrato per la Provincia. Mediante tale atto, quest’ultima società ha trasferito l’attività di distribuzione del gas naturale laddove la proprietà dei relativi assets era già di proprietà dell’Istante. In altri termini con questa operazione, la proprietà degli assets atti alla distribuzione del gas e l’attività di distribuzione stessa venivano a riunirsi nuovamente in capo al medesimo soggetto giuridico (i.e. l’Istante).
La Società rappresenta altresì di essere coinvolta in qualità di Gestore Uscente nell’operazione di affidamento del servizio di distribuzione del gas, disciplinato, in primis, dal decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (c.d. ”Decreto Letta”) e dal relativo decreto attuativo (DM 12 novembre 2011, n. 226), che impongono agli enti locali di affidare il servizio di distribuzione del gas solo mediante gara pubblica per periodi non superiori a 12 anni, con cessazione anticipata delle concessioni previgenti.
Il Comune Gamma, in qualità di Stazione Appaltante, ha quindi pubblicato un ”Bando di gara per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale nell’ambito territoriale Gamma”. Tale bando prevede:
l’affidamento del servizio per una durata di 12 anni;
il passaggio di proprietà dal Gestore Entrante del compendio mobile, immobile costituenti la rete del gas;
l’obbligo di riassumere il personale inerente al servizio di distribuzione del gas naturale;
gli oneri a carico dell’impresa aggiudicataria, senza specificare se fra gli stessi vi sia l’IVA o l’imposta di registro.
Tale procedura di gara comporta la necessaria valutazione delle reti oggetto di trasferimento con conseguente fissazione di un prezzo, determinato secondo due diversi criteri (VIR e RAB), tra loro alternativi.
In quanto Gestore Uscente, l’articolo 15, comma 5, del Decreto Letta riconosce alla Società un rimborso, in questo caso determinato con il criterio VIR (Valore Industriale Residuo) e pagato dal Gestore Entrante a titolo di corrispettivo per il passaggio della proprietà dei beni (costituenti la rete del gas). In particolare, l’Istante afferma di aver ”ereditato” l’attività di distribuzione del gas a seguito delle varie vicende storiche che hanno interessato i vari soggetti susseguitesi nel tempo (fin dal 1983) che hanno di fatto realizzato e gestito la relativa infrastruttura nella propria Provincia. La Società rappresenta di essersi quindi trovata nella situazione di svolgere detta attività senza ”un termine di scadenza predeterminato in quanto non è presente una concessione per la distribuzione del gas naturale” e nel suo caso, l’articolo 15, comma 5, del d.lgs. n. 164 del 2000 prevede quanto segue «5. (…) Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest’ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore ai sensi del comma 8 dell’articolo 14, …», calcolato in base a uno dei citati criteri.
Ciò posto, l’Istante chiede se questo valore di rimborso, nel suo caso determinato con il metodo (VIR), sia soggetto a IVA. A tal proposito chiede altresì di qualificare il complesso di beni e rapporti de quo come un’azienda o ramo d’azienda piuttosto che come trasferimento di singoli beni.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che il valore di rimborso sia soggetto a IVA anziché a imposta di registro sulla base delle seguenti argomentazioni:
1. il VIR non rappresenta altro che un criterio per determinare l’importo del rimborso, ovvero un indennizzo, legato alla cessione della rete gas al termine del periodo concessorio, rilevante ai fini IVA ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito, ”Decreto IVA”). In particolare, il caso in esame rientra fra le ”obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte” perché l’indennizzo/rimborso costituisce proprio il provento derivante all’Istante quale conseguenza dell’essersi accollata delle specifiche obbligazioni, cioè gli obblighi di trasferire gli assets della rete del gas, di agevolare il trasferimento del personale presso il Nuovo Gestore nonché l’obbligo di non proseguire nel servizio concessorio;
2. l’operazione non può essere configurata come cessione di ramo d’azienda perché l’obbligo della riassunzione dei dipendenti in capo alla cessionaria è disposto ex lege e risponde meramente all’esigenza della salvaguardia dell’occupazione (si rimarca, infatti, che ai sensi del D.M. del 21.04.2011 non trova applicazione la direttiva 2001/23/CE sul trasferimento di imprese o parti di esse);
3. il trasferimento dei beni strumentali è reso cogente da specifiche disposizioni di legge (cfr. D.Lgs. 164/2000 e seguenti interventi normativi) e non certo per la libera volontà delle parti, né tantomeno tale trasferimento risulta oggetto di una specifica contrattazione tra le parti stesse (come occorso, invece, nel 2013 tramite il conferimento del ”ramo). In ultimo:
non c’è subentro nei rapporti contrattuali dal cedente al cessionario. I rapporti sorti a valle del trasferimento degli assets saranno, infatti, disciplinati, direttamente dalla stazione appaltante con il cessionario;
manca l’unitarietà del corrispettivo che ricomprenda oltre ai beni anche l’elemento immateriale dell’azienda o del ramo di azienda secondo la sua organizzazione e capacità di produrre profitti.
A supporto di tali considerazioni, la Società richiama anche i chiarimenti forniti nella risoluzione 104/E/2010 e nella risposta all’interpello n. 108 del 2021.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In merito agli aspetti qualificatori del presente interpello, si osserva che la risposta all’istanza in esame è resa in base agli elementi, ai documenti e ai fatti forniti dal Gestore Uscente, qui assunti acriticamente, con riserva di eventuale riscontro nelle opportune sedi.
Numerosi documenti di prassi chiariscono che la nozione di azienda rilevante ai fini fiscali coincide con quella prevista dalla disciplina civilistica di cui all’articolo 2555 del codice civile che qualifica l’azienda come «il complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa», da intendersi dunque ”quale universitas (n.d.r. totale o parziale) di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa” (cfr. tra le tante, Circolare Min. Finanze n. 320 del 19 dicembre 1997, Risoluzioni 3 aprile 2006, n. 48/E, 13 dicembre 2007, n. 371/E, 31 ottobre 2008, n. 417/E, 10 aprile 2012, n. 33/E, nonché risposte nn. 536 e 637 del 2021).
Anche la giurisprudenza di legittimità, nell’evidenziare che l’azienda è un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, individua nell’organizzazione di tale complesso la sua connotazione essenziale (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., n. 5087 del 5 marzo 2014). Nell’ambito della cessione d’azienda, la suprema Corte ha avuto modo di precisare che si deve trattare di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa, di per sé, idoneo a consentire l’inizio o la prosecuzione di quella determinata attività. Ne deriva che, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia poter essere rilevato che, nel complesso di quelli ceduti, permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario (così anche Corte di Cassazione, n. 9575 dell’11 maggio 2016, che ha confermato Corte di Cassazione n. 21481 del 9 ottobre 2009; Corte di Cassazione n. 1913 del 30 gennaio 2007).
Alla luce di ciò, i fattori rivelatori dell’esistenza dell’azienda o del ramo d’azienda possono individuarsi nell”’organizzazione”, nei ”beni” e nel loro fine, ossia ”per l’esercizio dell’impresa”. Questi elementi devono essere funzionalmente legati da un rapporto di complementarità strumentale tale da costituire un ”unicum” destinato all’esercizio dell’impresa.
Resta inteso che non si possono fissare a priori e in via generale e astratta, quali e quanti beni e rapporti sono necessari per contraddistinguere un’azienda poiché non assume esaustiva rilevanza il semplice complesso di ”beni”, in sé e per sé stesso considerato: vanno obbligatoriamente considerati anche i ”legami” giuridici e di fatto tra gli stessi, nonché la destinazione funzionale del loro insieme.
Con riferimento al caso di specie, il bando di gara e la bozza del contratto di servizio per lo svolgimento dell’attività di distribuzione del gas naturale, in conformità alla disciplina di settore, regolano il rapporto tra il Gestore Uscente e quello entrante, per quanto qui d’interesse, nel modo seguente:
il nuovo gestore deve corrispondere all’Istante, all’atto della sottoscrizione del relativo verbale di consegna del servizio, la somma complessiva di circa € 59 milioni a titolo di rimborso a fronte del quale acquisisce, per la durata dell’affidamento, la proprietà degli impianti di distribuzione o di una loro porzione;
il nuovo gestore deve subentrare nelle obbligazioni finanziarie del Gestore Uscente relative agli investimenti realizzati nel precedente periodo di affidamento o indennizzarlo per la estinzione delle obbligazioni finanziarie, a scelta del gestore entrante, oltre a subentrare nei contratti pubblici e privati dello stesso Gestore Uscente relativi allo svolgimento del servizio di distribuzione e connessi alla proprietà degli impianti, quali servitù e concessioni di attraversamento.
In sede di documentazione integrativa, inoltre, l’Istante afferma che:
1. gli assets oggetto di trasferimento comprendono gli assets pervenuti, nel 2013, tramite atto di conferimento del ramo d’azienda a seguito del quale come già evidenziato nel quesito ha ereditato la gestione della distribuzione del gas dalla consorella, Teta S.p.A. Con tale atto, in particolare, quest’ultima società ha trasferito l’attività di distribuzione del gas naturale all’Istante, che era già proprietaria dei relativi assets cosicché la proprietà degli assets atti alla distribuzione del gas e l’attività di distribuzione venivano a riunirsi nuovamente in capo al medesimo soggetto giuridico (i.e. l’Istante);
2. ”nessun elemento già utilizzato per il servizio di distribuzione permarrà in capo alla società istante dal momento che tale attività, per disposizione di legge, non potrà più essere svolta dal gestore uscente”;
3. ”Il conferimento del 2013 è stato trattato in neutralità fiscale ex articolo 176 del TUIR (n.d.r. avente a oggetto i conferimenti d’azienda o di rami d’azienda) e la società conferitaria non ha optato per l’imposizione sostitutiva”.
Nei documenti e nelle informazioni sopra riportati sono riscontrabili gli elementi che contraddistinguono un trasferimento d’azienda o di un ramo d’azienda, nel senso chiarito dalla Corte di Giustizia UE, come, tra l’altro, commentato da questa Agenzia nella risposta n. 546 del 2020, cui si rimanda per ogni ulteriore dettaglio.
In base a tale risposta, in particolare, ”Ciò che effettivamente rileva ai fini della applicazione dell’IVA, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, è (…):
la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C-497/01 del 27 novembre 2003, punti 40 e 44);
e che (n.d.r. questo complesso di beni) mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C-444/10 del 10 novembre 2011, punto 25)”.
Nel caso di specie risultano soddisfatti entrambi i requisiti sovraesposti.
In tal senso depone anche l’obbligo da parte del gestore entrante di assumere il personale del gestore uscente, previsto dal decreto ministeriale 21 aprile 2011 in attuazione dell’articolo 28, comma 6 del Decreto Letta. In particolare, l’articolo 2 del citato decreto ministeriale dispone «…il passaggio diretto ed immediato al gestore subentrante, …» del «personale addetto alla gestione degli impianti di distribuzione del gas naturale oggetto di gara e una quota parte del personale che svolge funzioni centrali di supporto all’attività di distribuzione e misura degli impianti stessi».
Ai fini che qui interessano poco rileva la circostanza evidenziata dalla Società che l’intera operazione prospettata non avvenga per libera volontà delle parti ma ex lege, che ne regola nel dettaglio anche le relative modalità, ivi compresa la determinazione dell’indennizzo/corrispettivo spettante al gestore uscente.
Va infatti tenuto in debito conto che la distribuzione locale del gas è un servizio pubblico reso di fatto in regime di monopolio naturale non essendo economicamente sostenibile una duplicazione delle strutture. È quindi inevitabile un intervento del legislatore avvenuto in primis con il Decreto Letta che peraltro recepisce una direttiva comunitaria per evitare un’interruzione del servizio nella fase di passaggio dal vecchio al nuovo gestore oltre che per compensare la mancata concorrenza a valle (i.e. sul mercato) con l’introduzione di una competizione a monte, rappresentata dall’obbligo di affidamento tramite gara pubblica, cui si aggiunge la durata massima di 12 anni dell’affidamento del servizio allo scadere dei quali «…le reti, nonché gli impianti e le dotazioni dichiarati reversibili, (n.d.r. non di sua proprietà del gestore uscente oppure oggetto di devoluzione gratuita alla fine dell’affidamento) rientrano nella piena disponibilità dell’ente locale…» (cfr. articolo 14, comma 4, del Decreto Letta oltre che, paragrafo articolo 6.1 della bozza di contratto).
In ultimo si osserva che non è del tutto corretto quanto sostenuto dal Gestore Uscente che, a supporto della soluzione prospettata, cita la mancata applicazione della direttiva 2001/23/CE sul trasferimento di imprese o parti di esse, chiarita dal decreto ministeriale 21 aprile 2011, nelle premesse.
A ben vedere, sempre nelle premesse al citato decreto la mancata applicazione della direttiva 2001/23/CE è giustificata dal suo diverso ambito di applicazione, più ampio di quello dello stesso decreto, avente invece ad oggetto il solo trasferimento del personale che, per quanto prima chiarito, isolatamente considerato non configura un’azienda o un ramo d’azienda. In particolare, nelle premesse è specificato quanto segue: ”Ritenuto che, benché la direttiva 2001/23/CE non sia applicabile in quanto ha come ambito di applicazione il trasferimento di imprese o di parti di imprese, purché l’entità economica trasferita conservi la propria identità, mentre il solo trasferimento del personale oggetto del presente decreto non permetterebbe di conservare la identità dell’entità economica di partenza, non comprendendo il trasferimento di mezzi, di sale operative, di procedure e sistemi informatici con cui il personale opera, tuttavia la stessa direttiva fornisca indicazioni generali per l’emanazione del presente decreto, in particolare sulla previsione di fornire una adeguata informazione ai lavoratori e di introdurre specifiche misure per il mantenimento dei diritti dei lavoratori;…”.
In conclusione, quanto sino a ora rilevato induce a ritenere che il trasferimento decritto dall’Istante non sia rilevante ai fini IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA avendo detta operazione per oggetto non singoli beni, bensì un ”universitas (n.d.r. totale o parziale) di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa” in capo al Gestore Entrante, nel senso prima chiarito, e che detta caratteristica fosse anche preesistente al trasferimento stesso. Ne consegue l’attrazione di tale fattispecie nell’ambito dell’imposta di registro in virtù del principio c.d. di ”alternatività” IVA/registro recato dall’articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
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