Corte di Cassazione sentenza n. 3322 del 12 febbraio 2013
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – RINUNZIE E TRANSAZIONI – ATTO SOTTOSCRITTO DAL LAVORATORE – DICHIARAZIONE LIBERATORIA – QUALIFICAZIONE QUALE QUIETANZA O TRANSAZIONE – CONDIZIONI RISPETTIVE – INDIVIDUAZIONE
massima
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Ai fini della qualificazione di una dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla parte come quietanza o piuttosto come transazione, occorre considerare che la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa costituisce, di regola, una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto concreta una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale, laddove nella dichiarazione liberatoria sono ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto soltanto quando, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale era stata respinta la domanda di P.T. diretta ad ottenere la condanna di G.V. al pagamento di determinate somme dovute al ricorrente a titolo di compenso per lavoro straordinario e computo dello straordinario nel trattamento di fine rapporto, ritenendo che l’esame della domanda fosse precluso per effetto della transazione che era intervenuta tra le parti dopo la cessazione del rapporto di lavoro e non era stata impugnata dal lavoratore nel termine di cui all’art. 2113 c.c. A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta osservando che non potevano esservi dubbi sulla qualificazione dell’atto come rinuncia-transazione a determinati diritti nascenti dal rapporto di lavoro – e tra questi il compenso per lavoro straordinario e il computo dello stesso nel trattamento di fine rapporto – e che non sussisteva il denunciato vizio di ultrapetizione, perché, pur avendo sostenuto che al documento in questione dovesse attribuirsi il valore di una conciliazione sindacale, il convenuto, nella memoria difensiva di primo grado, aveva comunque eccepito anche l’inammissibilità della domanda per intervenuta transazione.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione P.T. affidandosi a tre motivi di ricorso cui resiste con controricorso G.V., che ha proposto anche ricorso incidentale (fondato su tre motivi) condizionato all’accoglimento di quello principale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti, ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.
1.- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia il vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla interpretazione della memoria difensiva del convenuto nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che con la stessa fosse stata proposta anche una eccezione di inammissibilità della domanda per intervenuta transazione (e non solo per effetto della conciliazione sindacale).
2.- Con il secondo motivo si denuncia il vizio di ultrapetizione per essersi la Corte d’appello pronunciata su una eccezione di decadenza di impugnativa della transazione ex art. 2113, comma 2, c.c., che non era stata espressamente dedotta nella memoria difensiva.
3.- Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1965 e 2113 c.c., nonché vizio di motivazione, in relazione alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’atto sottoscritto dal lavoratore dovesse qualificarsi come atto di rinuncia-transazione, ex artt. 1965 e 2113 c.c., anziché come quietanza a saldo.
4.- Il primo motivo è infondato. Deve considerarsi, infatti, che “l’interpretazione della domanda giudiziale è operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua e adeguata, avendo pertanto riguardo all’intero contesto dell’atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione letterale nonché del contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire, senza essere condizionato al riguardo dalla formula adottata dalla parte stessa” (cfr. ex plurimis Cass. n. 14751/2007, Cass. n. 17760/2006, Cass. n. 21208/2005 e, da ultimo, Cass. n. 12944/2012). Lo stesso potere di qualificazione giuridica spetta al giudice del merito per quanto concerne le eccezioni proposte, tenuto conto che la volontà di opporre un’eccezione non deve essere manifestata in modo espresso, ma si presta ad essere desunta anche da un non equivoco comportamento processuale della parte (Cass. n. 11907/2002), ovvero dall’insieme delle sue difese, secondo un’interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 20870/2009).
5.- Nella specie, la Corte territoriale ha rilevato che con la memoria difensiva di primo grado il convenuto aveva inteso opporre il documento sottoscritto dal lavoratore in sede sindacale sia quale conciliazione sindacale sottratta all’impugnazione prevista dall’art. 2113 c.c., sia quale atto di transazione (o rinuncia) impugnabile solo nel termine previsto dal secondo comma dello stesso articolo – osservando, in particolare, che il resistente aveva eccepito in via preliminare la “inammissibilità della pretesa per intervenuta transazione” ed aveva evidenziato che “alla stregua della menzionata transazione, inoppugnabile ai sensi degli artt. 2113, comma 4, c.c. e 411 c.p.c. … e comunque non impugnata nemmeno con l’odierna avventata iniziativa giudiziaria … la domanda va rigettata senza ulteriore esame” – e tale plausibile valutazione, che tiene conto dell’intero contesto dell’atto e del suo contenuto sostanziale, non è assoggettabile alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente non contraddittoria.
Il primo motivo deve essere pertanto rigettato.
6.- Il secondo motivo, con il quale si denuncia il vizio dì ultrapetizione per essersi la Corte d’appello pronunciata su una eccezione di decadenza che non era stata espressamente dedotta nella memoria difensiva, è evidentemente assorbito dal rigetto del primo.
7.- Il terzo motivo è infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. n. 2146/2011) che, ai fini della qualificazione di un dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla parte come quietanza o piuttosto come transazione, occorre considerare che la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa costituisce, di regola, una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e, pertanto, concreta una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale, laddove nella dichiarazione liberatoria sono ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto soltanto quando, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti.
8.- Non si è discostata da tali principi la Corte territoriale con l’affermazione che, nel caso all’esame, non potevano sorgere dubbi circa la qualificazione dell’atto come “rinuncia-transazione” in ordine a diritti rivenienti dal rapporto di lavoro, posto che “ferma restando la esattezza dell’osservazione circa la esistenza nell’atto in questione di larghe parti prestampate, prassi universalmente diffusa e non per questo fonte di nullità o inefficacia alcuna, resta il fatto che il lavoratore ha firmato un atto nel quale vi è indicazione precisa del rapporto di lavoro intercorso con la controparte, delle pretese che in relazione a tale rapporto il lavoratore coltivava (straordinario e computo dello stesso nel trattamento di fine rapporto) e la rinunzia alle predette pretese e a qualsivoglia altra scaturente dal rapporto di lavoro a fronte della percezione della somma espressamente nell’atto indicata” (v. pag. 4 della sentenza impugnata).
9.- La Corte territoriale ha, dunque, ritenuto che, sulla base del tenore letterale e del senso complessivo dell’accordo, non potessero residuare dubbi circa la consapevole volontà delle parti di voler dirimere ogni controversia, anche futura, facendosi reciproche concessioni mediante il versamento, da parte del datore di lavoro, della somma indicata nell’atto di transazione e la rinuncia, da parte del lavoratore, a far valere sia le pretese relative ai titoli indicati nello stesso atto (tra le quali rientravano specificamente il compenso per lavoro straordinario e il trattamento di fine rapporto), sia ulteriori pretese derivanti dall’intercorso rapporto di lavoro, sul presupposto che la somma percepita fosse volta a compensare proprio la rivendicazione delle suddette pretese.
10.- Si tratta evidentemente di una valutazione di fatto, riservata al giudice del merito, come tale non censurabile nel giudizio di cassazione in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria; anche perché le censure espresse con il terzo motivo, oltre a non individuare chiaramente il “fatto controverso” in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, si risolvono poi in una mera contrapposizione rispetto a tale valutazione di merito operata dalla Corte d’appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di motivazione di quest’ultima.
11.- In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato. Il ricorso incidentale, la cui proposizione è espressamente condizionata all’accoglimento di quello principale, resta assorbito dal rigetto di quest’ultimo.
12.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate facendo riferimento alle disposizioni di cui al d.m. 20 luglio 2012, n. 140 e alla tabella A ivi allegata, in vigore al momento della presente decisione (artt. 41 e 42 d.m. cit.).
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il principale, assorbito l’incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in euro 40,00 oltre euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
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