Corte di Cassazione sentenza n. 4564 del 22 febbraio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – PRESTAZIONI ASSISTENZIALI – INAIL – INFORTUNIO SUL LAVORO – CARCINOMA DEL COLON
massima
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Il congiunto non ha diritto a prestazioni assicurative per la morte del suo parente, avvenuto per carcinoma del colon, dovuto a patologia derivante dall’infortunio sul lavoro, a seguito del quale egli aveva riportato disturbi viscero-funzionali con sindromi subocclusive.
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FATTO – DIRITTO
1 – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380 bis e 375 c.p.c.:
“1 – Con sentenza depositata il 12.7.10 la Corte d’appello di Calamaro rigettava il gravame interposto da (Omissis) e (Omissis) e (Omissis) contro la pronuncia con cui il Tribunale di Paola aveva respinto la loro domanda intesa al riconoscimento che il decesso – avvenuto il (Omissis) – del proprio congiunto (Omissis) per carcinoma del colon era dovuto a patologia derivante dall’infortunio sul lavoro occorsogli il (Omissis), a seguito del quale egli aveva riportato disturbi viscero-funzionali con sindromi subocclusive.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono la (Omissis) e le (Omissis).
2.1. – Resiste con controricorso l’INAIL.
3. – Con unico motivo di doglianza si denuncia vizio di motivazione nella parte in cui la gravata pronuncia, nel condividere le conclusioni del CTU secondo cui le alterazioni al transito intestinale non potevano considerarsi concausa di tumore al colon retto, aveva trascurato che la lesione neurologica patita dal dante causa delle ricorrenti a seguito di infortunio sul lavoro aveva a sua volta determinato la paralisi della motilità intestinale, la cui cronicità aveva provocato la neoplasia o ne aveva quanto meno accelerato, aggravato o favorito l’insorgere, il che bastava – in virtù del principio di equivalenza causale – a riconoscere all’infortunio un’efficacia concausale nel decesso del lavoratore.
4. – Il ricorso è inammissibile perché, in sostanza, sollecita soltanto una diversa lettura delle risultanze probatorie e, in particolare, dell’elaborato del CTU condiviso dall’impugnata sentenza, operazione preclusa in sede di legittimità.
4.1. – Infatti, per costante insegnamento di questa S.C., in materia di prestazioni assicurative derivanti da determinate patologie, il difetto di motivazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi.
4.2. – Al di fuori di tale ambito la censura anzidetto costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 26558/11; Cass. 29.4.09 n. 9988 e 3.4.08 n. 8654).
4.3. – Nello specifico, si tenga presente che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema (da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi), il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex articolo 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di impunto (ora, dopo la novella di cui al Decreto Legislativo n. 40 del 2006, di un “fatto”) decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico -formale la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i’ fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).
4.4. – Invece, con il ricorso in esame non si deducono vizi logico-formali che si concretino in deviazioni dalle nozioni della scienza medica o si sostammo in affermazioni manifestamente illogiche o scientificamente errate, ma si effettuano solo osservazioni concernenti il merito di causa, non deducibili innanzi a questa S.C. 5. – Per tutto quanto sopra considerato, si PROPONE la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1″.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia, salvo che per la formula terminativa, ritenendosi applicabile quella di rigetto. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo, cui non ostano le osservazioni svolte nella memoria ex art. 378 c.p.c., depositata dai ricorrenti, che in realtà insistono su un dissenso diagnostico circa le cause di insorgenza della patologia e su un vizio relativo all’accertamento dei fatti piuttosto che alla motivazione, vizio verificabile soltanto previo esame e valutazione diretta delle risultanze di causa e, quindi, solo attraverso un’operazione preclusa in sede di legittimità.
3 – Conseguentemente, il ricorso va respinto.
4 – Le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 50,00 per esborsi e in euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
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