Corte di Cassazione sentenza n. 4674 del 25 febbraio 2013
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – CONTRATTO DI LAVORO A TERMINE – ART. 1 DEL D.LGS. N. 368/2001 – RAGIONI DI CARATTERE TECNICO, PRODUTTIVO, ORGANIZZATIVO O SOSTITUTIVO – SPECIFICAZIONE IN APPOSITO ATTO SCRITTO – ONERE A CARICO DEL DATORE DI LAVORO – ADEMPIMENTO – ACCERTAMENTO DA PARTE DEL GIUDICE DI MERITO – CRITERI – ACCORDI COLLETTIVI RICHIAMATI NEL CONTRATTO DI LAVORO – UTILIZZABILITÀ – SINDACABILITÀ IN CASSAZIONE – LIMITI
massima
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L’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall’art. 1 del D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto.
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FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 20-1-2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Castrovillari, in accoglimento della domanda proposta da E.S. nei confronti della s.p.a. P.I., dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le parti per il periodo 1-10-2002/31-12-2002, con conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato, e condannava la società alla riammissione in servizio del E.S. e al pagamento in suo favore delle retribuzioni maturate dal 1-4-2004.
La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.
Il E.S. restava contumace.
La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 23-4-2007, rigettava l’appello.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con dodici motivi (gli ultimi due erroneamente indicati come “XII” e “XIII”, in mancanza di un “XI”).
Il E.S. è rimasto intimato.
La società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto, va rilevato che in ordine logico vanno dapprima esaminati i motivi quarto e quinto che assumono rilievo preliminare rispetto a tutti gli altri.
Con il quarto motivo la società deduce che, avendo il giudice di primo grado affermato la nullità del termine apposto al contratto de quo per la carenza di prova del nesso di causalità in concreto tra la previsione posta a fondamento dell’assunzione e l’assunzione medesima, in tal modo implicitamente riconoscendo la specificità e validità della previsione contrattuale de qua, in mancanza di appello incidentale da parte del E.S., si sarebbe formato il giudicato su tale punto preliminare.
Con il quinto motivo, premesso che con il ricorso introduttivo il E.S. aveva fondato la domanda soltanto sulla genericità della previsione contrattuale e che con l’appello era stato dedotto che la pronuncia di primo grado era incorsa nel vizio di ultrapetizione, la ricorrente lamenta che la Corte di merito ha omesso ogni pronuncia al riguardo.
Entrambi i motivi non meritano accoglimento.
Premesso che, nel caso in esame, la sentenza di primo grado nulla ha affermato in ordine alla specificità della ragione indicata in contratto, fondando la decisione sul rilievo che nulla era stato dedotto – prima ancora che provato – “in ordine alla riconducibilità in concreto delle esigenze indicate, e relative alla situazione nazionale, alla specifica assunzione” de qua e rilevato che tale decisione è stata appellata dalla società, osserva il Collegio che nella fattispecie non si è formato alcun giudicato implicito sulla sussistenza della detta specificità.
Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, “in tema di giudicato implicito, qualora il giudice decida esplicitamente su una questione, risolvendone in modo implicito un’altra, rispetto alla quale la prima si ponga in rapporto di dipendenza, e la decisione venga impugnata sulla questione risolta espressamente, non è possibile sostenere che sulla questione risolta implicitamente si sia formato un giudicato implicito, in quanto l’impugnazione sulla questione dipendente preclude la formazione di tale giudicato, il quale suppone il passaggio in giudicato della decisione sulla questione dipendente espressamente decisa” (v. Cass. 9-6-2010 n. 13833, Cass. 29-4-2009 n. 10027, Cass. 7-11-2005 n. 21490).
Né può ritenersi che la Corte d’Appello sia incorsa in ultrapetizione, nell’aver affermato, in primo luogo, la insussistenza della specificità della ragione indicata, atteso che, in mancanza di un giudicato sul punto, era questo il requisito che doveva essere, prima di ogni altro, dimostrato dal datore di lavoro e verificato in giudizio.
Vanno poi esaminati il sesto e il settimo motivo, riguardanti, appunto, la asserita specificità della ragione giustificatrice del termine indicata nel contratto (investendo tutti gli altri motivi questioni consequenziali o comunque logicamente successive, rispetto all’accertamento della sussistenza o meno di tale specificità).
In particolare la ricorrente deduce che nella specie tale ragione ben poteva essere specificata per relationem con il richiamo agli accordi sindacali indicati in contratto ( peraltro tutti depositati ed anche allegati al ricorso per cassazione) e lamenta altresì vizio di motivazione sul punto.
Premesso che il contratto de quo è stato stipulato per il periodo 1-10-2002/31-12-2002 “ai sensi della vigente normativa, per sostenere il livello di servizio del recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tuttora in fase di completamento, di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio, 17 aprile, 30 luglio e 18 settembre 2002, che prevedono, al riguardo, il riposizionamento degli organici della società”, come è stato enunciato da Cass. 1-2-2010 n. 2279 e va qui ribadito, “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr. sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/2007 ed altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem ” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale).
In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto”.
Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresì chiarito che, “seppure nel nuovo quadro normativo….non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale”.
Orbene la sentenza impugnata, in contrasto con tali principi e con motivazione insufficiente, limitandosi a rilevare semplicemente il carattere “astratto” e “generico” della causale indicata, in realtà ha omesso di esaminare specificamente gli elementi emergenti dal contratto de quo, attraverso i richiami agli accordi collettivi ivi contenuti, alla luce delle deduzioni della società, al fine di valutarne l’effettiva sussistenza nonché la sufficienza sul piano della ricorrenza o meno del requisito di cui al secondo comma dell’art. 1 del decreto legislativo citato.
Vanno così accolti il sesto e il settimo motivo, restando assorbiti tutti gli altri, che investo questioni consequenziali o comunque logicamente successive all’accertamento della specificità della ragione giustificatrice del termine (in tali sensi v. fra le altre Cass. 12-8-2011 n. 17257) e la impugnata sentenza va cassata, con la precisazione che, ove il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Reggio Calabria, valuti come sufficientemente specificata la causale del contratto de quo, l’onere probatorio relativo alla effettiva ricorrenza nel concreto degli elementi così individuati graverà sulla società datrice di lavoro
Il giudice di rinvio statuirà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il quarto e il quinto motivo, accoglie il sesto e il settimo motivo, assorbiti tutti gli altri, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Reggio Calabria.
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