Corte di Cassazione sentenza n. 7976 del 21 maggio 2012
INFORTUNIO E AMPUTAZIONE DELLA MANO – CONDANNA AL RISARCIMENTO DEI DANNI – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO
massima
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Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento e, in difetto, di tali caratteri. Il comportamento imprudente del lavoratore, quando non presenti i caratteri estremi sopra indicati, può invece rilevare come concausa dell’infortunio, ed in tal caso la responsabilità del datore di lavoro può essere proporzionalmente ridotta.
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FATTO
1. La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 859 del 2010, pronunciando sull’appello proposto dalla società (Omissis) spa, nei confronti di (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), e la società (Omissis) srl, in ordine alla sentenza n. 283/08 emessa dal Tribunale di Vasto, accoglieva in parte l’impugnazione, e condannava l’appellata (Omissis) a restituire alla società appellante la somma da questa corrispostole in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre interessi legali dal 18 ottobre 2008 al saldo, previa esclusione della somma di euro 33.639,00 riconosciuta a titolo di danno morale e maggiorata degli interessi legali a decorrere dalla pronuncia di primo grado.
Respingeva l’appello incidentale.
2. Il Tribunale di Vasto aveva accolto, in parte, la domanda, proposta da (Omissis), di condanna al risarcimento dei danni della propria datrice di lavoro società (Omissis) srl, quale responsabile dell’infortunio occorsole il (Omissis), che le aveva provocato l’amputazione della mano destra.
La (Omissis) srl aveva chiamato in garanzia la società (Omissis).
Alla suddetta causa era stata poi riunita quella promossa nei confronti della società (Omissis) srl dai parenti conviventi dell’infortunata, volta ad ottenere il riconoscimento di tutti i danni non patrimoniali riflessi (biologici, morali ed assistenziali), da essi subiti a causa dell’infortunio in questione. Il giudice di primo grado riteneva la corresponsabilità della (Omissis) nella causazione dell’infortunio nella misura del 50%, rigettava la domanda risarcitoria del danno patrimoniale per non essere stato provato un maggior danno rispetto alle somme già erogate dall’Inail a tale titolo, determinava il danno biologico in euro 271.514,00 e il danno morale in euro 67.879,00 e condannava la (Omissis) srl e la società di assicurazioni al pagamento della somma (pari al 50% del totale delle prime) di euro 169,696,00, oltre rivalutazione ed interessi. Liquidava, inoltre, il danno non patrimoniale da compromissione del rapporto parentale nella somma di euro 60.000,00, posta a carico della (Omissis) srl e, quindi, della società (Omissis).
3. Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre (Omissis), prospettando quattro motivi di ricorso.
4. Resiste con controricorso la società (Omissis) spa.
5. La suddetta società ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
6. Anche la ricorrente ha depositato memoria, con la quale si è costituito per la stessa un ulteriore difensore, con procura speciale che, in quanto apposta a margine della comparsa medesima, deve ritenersi inammissibile ratione temporis.
La possibilità di apposizione della procura speciale in tale atto è stata, infatti, introdotta unicamente dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, comma 9, lettera a), con riguardo i giudizi instaurati a decorrere dal 4 luglio 2009 (articolo 58, primo comma, della predetta legge).
7. Non ha svolto difese la società (Omissis) srl.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli articoli 2087 e 1227 c.c.
Ad avviso della (Omissis), la Corte d’Appello, nel ritenere la corresponsabilità di essa ricorrente nella causazione dell’infortunio nella misura del 50%, non avrebbe verificato né se l’imprese avesse adottato le misure idonee ad impedire alla lavoratrice il comportamento dannoso, nè se l’impresa avesse provato di aver impartito alla lavoratrice idonee istruzioni e di averla diffidata dal tenere il comportamento dannoso, così violando le suddette disposizioni.
2. Con il secondo motivo d’impugnazione è dedotta omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio:
a) la lavoratrice era neo assunta, l’omessa installazione della prolunga metallica che avrebbe impedito l’amputazione della mano;
b) l’assenza di avvisi o cartelli atti a segnalare il pericolo di amputazione della mano;
c) l’assenza di istruzioni circa il funzionamento del macchinario.
L’esame di tali circostanze avrebbero dimostrato che l’impresa non aveva adottato misure idonee ad impedire alla lavoratrice il comportamento dannoso.
La (Omissis) era stata assunta con contratto a termine il 4 marzo 2002 e fino alla data dell’incidente, avvenuto il (Omissis), aveva operato solo in due, tre occasioni con la macchina dannosa, e solo per lavorazioni che non davano problema di ostruzione degli scarti. Da ciò emergeva l’inesperienza della lavoratrice, circostanza che avrebbe richiesto che le fossero impartire precise istruzioni.
Non vi era motivazione sulla mancanza di prolunga metallica, la quale, nelle altre macchine presenti in azienda, impediva che si inserissero le mani all’interno. Da ciò si poteva dedurre che l’impresa non aveva adottato misure volte ad impedire un comportamento dannoso.
Sussisteva, poi, la mancanza di motivazione, sull’assenza di cartelli che mettessero in evidenza il pericolo, così emergendo che l’impresa non aveva diffidato la lavoratrice a porre in essere il comportamento dannoso. Nè, alcun passo della motivazione era dedicato alla circostanza che le istruzioni venivano rese da persona che non rivestiva la carica di addetto alla sicurezza sul lavoro e alle informazioni minime offerte alla lavoratrice.
2.1. I primi due motivi d’impugnazioni, devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati e devono essere rigettati.
Occorre precisare che il primo motivo di ricorso si traduce in una censura motivazionale, in quanto le norme si assumono violate per la mancata verifica, nel caso di specie, di quanto dalle stesse previsto.
Come questa Corte ha più volte affermato, le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (Cass., ex multis, n, 18603 del 2003, n. 19494 del 2009, n. 4656 del 2011) e, in difetto di tali caratteri. Il comportamento imprudente del lavoratore, quando non presenti i caratteri estremi sopra indicati, può invece rilevare come concausa dell’infortunio, e in tal caso la responsabilità del datore di lavoro può essere proporzionalmente ridotta. (Cass., n. 12253 del 2003, n. 7328 del 2004).
La valutazione in ordine alla imprevedibilità del comportamento del lavoratore in quanto anomalo e non richiesto dal datore di lavoro (rischio elettivo) è riservata al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove logicamente e sufficientemente motivata (Cass., n. 2451 del 2011).
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione, con motivazione congrua e logica dei suddetti principi di diritto.
Il concorso di colpa dell’infortunata è stato ritenuto sussistente dalla Corte d’Appello, in ragione delle concrete modalità dell’incidente, che sono richiamate ponendo in evidenza il carattere anomalo del comportamento tenuto dalla (Omissis), autonomo ed estraneo alle proprie mansioni lavorative, che consistevano nello svuotare un bidone di scarti oramai riempito.
Il giudice di secondo grado, posto che restava ferma la responsabilità del datore di lavoro, ex articolo 2087 c.c., ritenuta anche in sede penale, e considerato che l’imprudenza e la distrazione di per sè non interrompono il nesso causale tra la condotta datoriale e l’evento, incidendo sotto il diverso profilo della quantificazione del danno, riteneva che le risultanze processuali e, in particolare, l’esito della prova per testi, ponevano in evidenza il suddetto comportamento anomalo, consistente nell’introdurre il braccio destro all’interno del macchinario per oltre quaranta centimetri. Per fare ciò, la lavoratrice si era dovuta inginocchiare a terra, ponendo in essere un’operazione indubbiamente anomala. Si trattava di un’operazione mai posta in essere dai colleghi di lavoro, alcuni in servizio da 15 anni che avevano fatto rilevare come non fosse possibile infilare la mano nel macchinario se non chinandosi a terra. Era, altresì, emerso che la condotta della lavoratrice non era giustificabile e richiesta dalle esigenze della lavorazione, che non aveva mai comportato che il macchinario in questione dovesse essere pulito con le mani, posto che la pressione della forza centrifuga era tale che gli scarti venivano espulsi verso l’esterno e non era mai capitato che la macchina si bloccasse.
L’accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’Appello, condotto in conformità alla disciplina sopra richiamata, è congruamente motivato, e, pertanto, si sottrae ai suddetti vizi.
3. Con il terzo motivo di impugnazione è prospettata insufficiente e contraddittoria motivazione circa la statuizione relativa alla liquidazione del danno morale subito dalla ricorrente (Omissis).
Afferma quest’ultima, nel richiamare la giurisprudenza di legittimità, che la motivazione sul punto evidenzierebbe una valutazione meramente astratta e simbolica che non tiene conto delle modalità dell’infortunio e della colpa grave del datore di lavoro e delle conseguenze psichiche permanenti. Inoltre la Corte d’Appello pur avendo ritenuta congrua una percentuale di 1/2 di quanto liquidato come danno biologico avrebbe liquidato il danno morale in misura di 1/4
Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. Ed infatti, con riguardo al danno morale, la Corte d’Appello dopo avere ha affermato che tale voce di danno viene di norma riconosciuta in una percentuale compresa tra 1/4 e 1/2 di quanto liquidato a titolo di danno biologico, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, ha ritenuto congrua l’applicazione di tale ultima percentuale (giova precisarlo tra 1/4 e 1/2) in relazione proprio alle circostanze del caso concreto, come riportate nel corpo della motivazione.
Non è dunque ravvisabile il suddetto vizio essendo assistita la statuizione della Corte d’Appello da congrua motivazione che ha tenuto conto della fattispecie e non è entrata in contraddizione, come invece asserito dalla ricorrente, con riguardo alla percentuale applicata.
4. Con l’ultimo motivo di ricorso è dedotta insufficiente motivazione circa l’esclusione del risarcimento del danno patrimoniale subito dalla (Omissis).
La Corte d’Appello si sarebbe limita a ritenere corretta la decisione del Tribunale, e a sostenere che la lavoratrice non avrebbe provato che l’incidenza delle lesioni sulla capacità lavorativa specifica abbia comportato anche una concreta riduzione della capacità di guadagno, mentre tale valutazione avrebbe dovuto essere fatta dal giudice e, comunque, la prova può essere anche presuntiva, di tal che la perdita del braccio destro per una persona destrorsa come la ricorrente di per sè sola dava certezza di tale ridotta capacità.
4.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Occorre precisare che la Corte d’Appello rigettava il motivo di appello incidentale relativo all’erroneità della motivazione nell’esclusione del risarcimento del danno patrimoniale subito dalla (Omissis), in quanto quest’ultima non aveva adempiuto all’onere probatorio della maggiore retribuzione persa rispetto alla rendita percepita a causa dell’infortunio, visto che la stessa aveva solo un lavoro stagionale iniziato da poco, mentre l’INAIL aveva liquidato, a titolo di danno patrimoniale la somma di euro 99.940,70.
Il giudice dell’appello, quindi, perveniva ad affermare che la lavoratrice non aveva provato che l’incidenza delle lesioni sulla capacità lavorativa specifica avesse comportato anche una concreta riduzione della capacità di guadagno in base a circostanze concrete, di cui dava atto con adeguata e logica motivazione, di cui, peraltro, non è menzione specifica nel motivo di ricorso.
5. Il ricorso, pertanto, deve esser rigettato.
6. Le spese seguono la soccombenza della società (Omissis) spa e sono liquidate come in dispositivo.
Nulla spese per la società (Omissis) srl che non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti della società (Omissis) che liquida in euro quaranta per esborsi, euro duemila per onorario, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. Nulla spese nei confronti della società (Omissis) srl.
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