Rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la seguente questione pregiudiziale: se l’art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva (UE) 2011/98 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, quale espressione concreta della tutela del diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale riconosciuta dall’art. 34, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, debba essere interpretato nel senso che nel suo ambito di applicazione rientri una provvidenza come l’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), e se, pertanto, il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva la provvidenza sopra citata, già riconosciuta agli stranieri a condizione che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
Leggi tuttoCORTE COSTITUZIONALE – Ordinanza n. 29 del 27 febbraio 2024 – Rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la seguente questione pregiudiziale: se l’art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva (UE) 2011/98 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, quale espressione concreta della tutela del diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale riconosciuta dall’art. 34, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, debba essere interpretato nel senso che nel suo ambito di applicazione rientri una provvidenza come l’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), e se, pertanto, il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che non estende agli stranieri titolari del permesso unico di cui alla medesima direttiva la provvidenza sopra citata, già riconosciuta agli stranieri a condizione che siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
il 29 Febbraio, 2024in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE, IMMIGRAZIONE
Jobs act: la tutela reintegratoria si applica ai casi di nullità del licenziamento previsti dalla legge anche se non “espressamente” – CORTE COSTITUZIONALE – Comunicato del 22 febbraio 2024
il 26 Febbraio, 2024in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE
CORTE COSTITUZIONALE – Comunicato del 22 febbraio 2024 Jobs act: la tutela reintegratoria si applica ai casi di nullità del licenziamento previsti dalla legge anche se non “espressamente” La Corte costituzionale (sentenza n. 22 del 2024) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola […]
Leggi tuttoCorte costituzionale sentenza n. 22 depositata il 22 febbraio 2024 – Illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), limitatamente alla parola «espressamente». Per cui il regime del licenziamento nullo è lo stesso, sia che nella disposizione imperativa violata ricorra anche l’espressa (e testuale) sanzione della nullità, sia che ciò non sia espressamente previsto, pur rinvenendosi il carattere imperativo della prescrizione violata e comunque «salvo che la legge disponga diversamente»
il 23 Febbraio, 2024in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE, licenziamenti
Illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), limitatamente alla parola «espressamente». Per cui il regime del licenziamento nullo è lo stesso, sia che nella disposizione imperativa violata ricorra anche l’espressa (e testuale) sanzione della nullità, sia che ciò non sia espressamente previsto, pur rinvenendosi il carattere imperativo della prescrizione violata e comunque «salvo che la legge disponga diversamente»
Leggi tuttoCORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 21 depositata il 20 febbraio 2024 – Inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23
il 22 Febbraio, 2024in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE
CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 21 depositata il 20 febbraio 2024 Tributi – Imposta municipale propria (IMU) – Corresponsione sugli immobili strumentali all’attività di impresa – Parziale deducibilità, nei limiti del venti per cento, ai fini dell’imposta sui redditi delle società e totale indeducibilità ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive – Denunciata violazione dei […]
Leggi tuttoCORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 7 depositata il 22 gennaio 2024 – Legittimità costituzionale delle norme sull’applicabilità e l’importo degli indennizzi in caso di licenziamenti collettivi illegittimi, contenute nel Dlgs 23/2015 , attuativo della legge delega 183 2014 , il cd Jobs Act. Non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 10 del d.lgs. n. 23 del 2015, sollevata, sotto il profilo della violazione dei criteri di delega, in riferimento agli artt. 76 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1, comma 7, lettera c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183e all’art. 24 della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30
il 25 Gennaio, 2024in CORTE COSTITUZIONALE, lavorotags: CORTE COSTITUZIONALE, licenziamenti
Legittimità costituzionale delle norme sull’applicabilità e l’importo degli indennizzi in caso di licenziamenti collettivi illegittimi, contenute nel Dlgs 23/2015 , attuativo della legge delega 183 2014 , il cd Jobs Act. Non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 10 del d.lgs. n. 23 del 2015, sollevata, sotto il profilo della violazione dei criteri di delega, in riferimento agli artt. 76 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1, comma 7, lettera c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183e all’art. 24 della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30
Leggi tuttoCORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 4 dell’ 11 gennaio 2024 – Illegittimità costituzionale delle leggi o atti aventi forza di legge quando la disposizione censurata, avendo introdotto una norma innovativa ad efficacia retroattiva, al fine specifico di incidere su giudizi pendenti in cui era parte la stessa amministrazione pubblica, e in assenza di ragioni imperative di interesse generale, si è posta in contrasto con i principi del giusto processo e della parità delle parti in giudizio, sanciti dagli artt. 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, nonché con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e certezza dell’ordinamento giuridico di cui all’art. 3 Cost.
il 18 Gennaio, 2024in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE
Illegittimità costituzionale delle leggi o atti aventi forza di legge quando la disposizione censurata, avendo introdotto una norma innovativa ad efficacia retroattiva, al fine specifico di incidere su giudizi pendenti in cui era parte la stessa amministrazione pubblica, e in assenza di ragioni imperative di interesse generale, si è posta in contrasto con i principi del giusto processo e della parità delle parti in giudizio, sanciti dagli artt. 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, nonché con i principi di eguaglianza, ragionevolezza e certezza dell’ordinamento giuridico di cui all’art. 3 Cost.
Leggi tuttoCORTE COSTITUZIONALE – Sentenza n. 209 depositata il 24 novembre 2023 – Il principio di legalità «caratterizza, qualifica e limita tutti i poteri amministrativi», che trova fondamento nell’art. 97 della Costituzione, e va letto non solo in senso formale, come attribuzione legislativa del potere, ma anche in senso sostanziale, «come determinazione del suo ambito, e cioè dei fini, del contenuto e delle modalità del suo esercizio»
il 28 Novembre, 2023in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE
Il principio di legalità «caratterizza, qualifica e limita tutti i poteri amministrativi», che trova fondamento nell’art. 97 della Costituzione, e va letto non solo in senso formale, come attribuzione legislativa del potere, ma anche in senso sostanziale, «come determinazione del suo ambito, e cioè dei fini, del contenuto e delle modalità del suo esercizio»
Leggi tuttoCORTE COSTITUZIONALE – Ordinanza n. 199 depositata il 3 novembre 2023 – La sanzione pecuniaria amministrativa per le violazioni sotto la soglia dei 10.000 euro, prevista dal comma 1-bis dell’art. 2 del d.l. n. 463 del 1983, come convertito e successivamente modificato, condividendo la medesima portata afflittiva della sanzione penale pur all’esito della depenalizzazione, mantiene natura sostanzialmente penale ed è pertanto soggetta ai «principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della “materia penale” – ivi compreso, dunque, il principio di retroattività della lex mitior
il 7 Novembre, 2023in CORTE COSTITUZIONALEtags: CORTE COSTITUZIONALE, SANZIONI
La sanzione pecuniaria amministrativa per le violazioni sotto la soglia dei 10.000 euro, prevista dal comma 1-bis dell’art. 2 del d.l. n. 463 del 1983, come convertito e successivamente modificato, condividendo la medesima portata afflittiva della sanzione penale pur all’esito della depenalizzazione, mantiene natura sostanzialmente penale ed è pertanto soggetta ai «principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della “materia penale” – ivi compreso, dunque, il principio di retroattività della lex mitior
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