Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 17 sentenza n. 6 depositata il 4 gennaio 2018
ICI – PRESUPPOSTO IMPOSITIVO – CAVE E TERRENI ESTRATTIVI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La presente controversia ha come oggetto l’avviso di accertamento n. 13936 emesso dalla T. E. Italia s.r.l., concessionario del servizio di accertamento e riscossione dell’ICI – anno 2006. per conto del Comune di Guidonia Montecelio, nei confronti della XXX s.r.l. (notificato il 04.01.2013).
Nel ricorso introduttivo la società contribuente chiedeva, in via principale, l’annullamento dell’accertamento per carenza di legittimazione impositiva sui terreni soggetti a ICI, in quanto non rientranti tra gli immobili imponibili dalla legge istitutiva della stessa ICI; in subordine, chiedeva una congrua riduzione del valore di mercato attribuito ai terreni D/3 con conseguente rideterminazione dell’imposta dovuta.
La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 21618/19/15, ha accolto parzialmente il ricorso, riconoscendo la sussistenza del presupposto impositivo, ma rideterminando il valore venale dell’area e riducendo l’imponibile del 50%.
Avverso detta sentenza propone appello la T. E. Italia s.r.l. per chiederne la riforma, deducendo l’incongruità della sentenza di primo grado laddove ha ridotto il valore dell’area accertata.
Si costituisce in giudizio la società contribuente per chiedere, con le proprie controdeduzioni e con appello incidentale, il rigetto del gravame.
In particolare, con l’appello incidentale la società contribuente chiede che
l) venga ritenuta la non assoggettabilità all’ICI dei terreni destinati a cava;
1. venga ritenuta prescritta l’annualità 2006;
2. in subordine, che venga rettificato il valore a euro 10,50 al mq.
La causa viene trattata in pubblica udienza, essendo stata presentata regolare istanza in tal senso.
All’udienza odierna sono presenti il difensore del contribuente e il rappresentante dell’Ufficio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Questa Commissione ritiene che l’appello della T. E. Italia s.p.a. sia infondato e vada, pertanto, respinto. Al contrario merita accoglimento l’appello incidentale del contribuente, per i motivi appresso indicati.
E, invero, secondo il Comune di Guidonia Montecelio, le cave ed i terreni estrattivi sarebbero da classificare come aree edificabili. Seguendo tale logica, il valore dell’area sarebbe di molto superiore all’originario terreno agricolo, e quindi si potrebbe edificare un’immobile direttamente su una cava o su un terreno estrattivo con tutti i rischi annessi e connessi.
Tuttavia, alla fine della “concessione di estrazione accordata all’imprenditore”, il terreno dovrebbe essere sgomberato dagli immobili gravanti sul terreno concesso in uso; e, terminata l’escavazione, il terreno diverrebbe nuovamente terreno agricolo, quando invece prima era area edificabile.
Tale impostazione non può essere condivisa.
E, invero, nel caso di specie, il piano regolatore inserisce le aree destinate a cava all’interno della zona D, sottozona 03.
Per tale sottozona il piano regolatore testualmente prevede: “Sottozona D/3: tale zona interessa le aree attualmente occupate dalle industrie estrattive e dalle cave. Ove cessasse l’attuale destinazione a uso durante il periodo di validità del presente P.R.G. le aree della sottozona D/3 saranno soggette fino all’approvazione di una eventuale variante del P.R.G. alla normativa della sottozona E/2”.
Quindi, in definitiva, lo stesso piano regolatore non prevede l’edificabilità in tali aree se non per le strutture necessarie a realizzare l’attività estrattiva (1/50 per costruzioni strumentali e 1/10 di questo cinquantesimo per uffici) ed anzi lo stesso PRG prevede che al termine dell’escavazione le cave saranno soggette alla normativa prevista per la sottozona E2 (ossia terreni agricoli).
Quindi le ragioni della non edificabilità di fatto e della conseguente non imponibilità delle aree oggetto del presente accertamento, sono da ricercare all’interno dello stesso piano regolatore e non sono quindi legate al problema di mancanza di strumenti attuativi ovvero di mancanza di autorizzazioni regionali. Al riguardo, deve osservarsi che un’area per essere considerata imponibile ai fini ICI non deve essere “astrattamente edificabile”, ma deve essere: edificabile di diritto; edificabile di fatto.
Ora, le cave di travertino non sono palesemente edificabili di diritto, ma non sono neppure edificabili di fatto. (Il principio della “edificabilità di fatto”, riguarda, come è noto, i terreni edificabili per i quali non è stato approvato il piano regolatore dalla Regione e/o non sono ancora stati adottati i relativi strumenti attuativi).
Nel caso di specie ci si trova di fronte a terreni che non sono edificabili non solo per mancanza dell’adozione dei strumenti attuativi, ma anche perché di fatto non sono edificabili. Tale non edificabilità di fatto è certamente attuale ma è anche futura, in quanto detti terreni non saranno di fatto edificabili neanche successivamente. Terminata l’escavazione, infatti, come esplicitamente previsto dalle Note Tecniche di Attuazione (NTA) del P.R.G. del Comune di Guidonia Montecelio, una volta terminata l’escavazione, i terreni ricadenti in Zona 03 andranno a ricadere nella Zona E, riservata ai terreni agricoli. Con la conseguenza che, una volta esaurita l’attività estrattiva, le eventuali costruzioni realizzate dovranno essere rimosse e i terreni in questione ricadranno nella zona E/2 e precisamente in: “aree prevalentemente sistemate a verde di particolare pregio. In questa sottozona sono escluse nuove costruzioni e deve essere conservata l’attuale sistemazione a verde con divieto assoluto di abbattimento delle piante..(art. l0 del PRG).
L’art. 11 del Piano Regolatore Generale descrive poi la zona E – “Attività agricole”, la quale “comprende tutto il territorio comunale destinato alla conservazione dell’aspetto caratteristico del paesaggio e alla conservazione e sviluppo delle attività primarie”.
Quindi dalla stessa lettura del piano regolatore generale in vigore e dal corretto inquadramento dei terreni oggetto del presente contenzioso nella zona D/3 e nella zona E ne discende la loro inedificabilità totale.
In proposito, non sembra inutile ricordare che, ai sensi dell’art. l, comma 2, del d.lgs. 30.12.1992, n. 504, il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili “è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”.
Ora, le cave, per la loro intrinseca natura non sono certamente immobili, ma neppure possono includersi, in ragione della loro destinazione alla ricerca e alla coltivazione di sostanze minerali nella categoria di terreni agricoli e, da ciò deve dedursi la non assoggettabilità all’imposta.
Si deve, pertanto, concludere che i terreni destinati a cava costituiscono una categoria di terreni a sé e non rientrano nelle categorie di immobili per i quali la legge istitutiva dell’ICI ha previsto la tassazione.
Sulla base delle dedotte considerazioni, l’appello principale dell’Ufficio deve essere respinto e deve essere accolto l’appello incidentale del contribuente e, per l’effetto, deve essere annullato l’avviso di accertamento impugnato.
Le spese di lite possono essere compensate tra le parti tenuto conto della peculiarità della presente controversia e del fatto che sulla materia trattata non si è ancora formato un orientamento giurisprudenziale univoco.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione 17a, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così dispone:
“Respinge l’appello principale dell’Ufficio. Accoglie l’appello incidentale del contribuente. Spese compensate”.
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