Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 2515 depositata il 9 marzo 2023
avvalimento interno al raggruppamento : condizioni
FATTO
1. Con bando pubblicato sulla Guue il 24 dicembre 2019, T. s.p.a. indiceva procedura di gara finalizzata all’istituzione di accordi quadro con singolo operatore per l’affidamento dei servizi di pulizia del materiale rotabile e degli impianti industriali della stessa T..
Risultava aggiudicataria per il lotto n. 4, qui controverso, la seconda classificata – a fronte del numero massimo di lotti aggiudicati alla prima in graduatoria – Ati capeggiata da R.M.. s.p.a.
L’aggiudicazione veniva successiva revocata in ragione di alcuni errori di calcolo nell’attribuzione dei punteggi, e poi nuovamente disposta in favore della medesima Ati.
2. Avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli altri atti di gara proponeva ricorso la successiva classificata in graduatoria, D.S. s.r.l., formulando varie censure di legittimità, nonché domandando accesso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. all’offerta tecnica dell’Ati controinteressata e ai giustificativi dalla stessa presentati a corredo dell’offerta economica.
3. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza di T., di R.M.. e del Consorzio Stabile XXX (mandante dell’Ati aggiudicataria) – i quali proponevano anche ricorso incidentale condizionato avverso la lex specialis di gara – respingeva sia il ricorso incidentale, sia il ricorso principale.
4. Avverso la sentenza ha proposto appello la D.S. deducendo:
I) erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 48, 83 e 89 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e falsa applicazione della lex specialis (ed in particolare dei paragrafi III.1.2 e III.1.8 del bando di gara; paragrafo VI, lett. a) del disciplinare di gara); violazione dei principi di par condicio; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifeste e per carenza di motivazione; erroneità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;
II) erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 97 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e falsa applicazione della lex specialis (ed in particolare dei paragrafi V.2, VI, lett. a) e g) e VII.1 del disciplinare di gara, nonché dei capitolati tecnici e relativi allegati); violazione dei principi di par condicio; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifeste e per carenza di motivazione; erroneità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;
III) erroneità della sentenza: illegittimità derivata;
IV) erroneità della sentenza per violazione dell’art. 116 Cod. proc. amm.; omessa pronuncia sulla domanda di accesso ai documenti proposta da D.S..
5. Si sono costituite in giudizio per resistere all’appello T., R.M.. e il Consorzio Stabile XXX.
6. R.M.. e il Consorzio Stabile XXX hanno proposto a loro volta appello incidentale condizionato – cui le altre parti resistono – formulando il seguente motivo di doglianza:
difetto di motivazione, carenza di istruttoria e mancata valutazione di elementi essenziali del ricorso di primo grado sulla dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 48, 83 e 89 d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, tassatività delle cause di esclusione; violazione e falsa applicazione degli artt. 39 Cod. proc. amm. e 100 Cod. proc. civ., nonché degli artt. 39 Cod. proc. amm., 115 Cod. proc. civ. e 64, comma 2, Cod. proc. amm.; erroneo e/o omesso esame degli atti e dei documenti di causa.
7. Con sentenza non definitiva n. 6010 del 2022 questa Sezione ha accolto il preliminare quarto motivo dell’appello principale relativo all’accesso agli atti, ordinando all’amministrazione l’esibizione delle giustificazioni presentate dalla R.M.. in allegato all’offerta economica.
8. La D.S. ha conseguentemente proposto motivi aggiunti ex art. 104, comma 3, Cod. proc. amm. – cui le altre parti resistono – deducendo l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 97 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e falsa applicazione della lex specialis (ed in particolare dei paragrafi V.2, VI, lett. a) e g) e VII.1 del disciplinare di gara, nonché dei capitolati tecnici e relativi allegati); violazione dei principi di par condicio; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifeste e per carenza di motivazione; erroneità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
9. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 9 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari – salvo quanto di seguito esposto in relazione alle singole doglianze – stante il rigetto nel merito dell’appello principale e motivi aggiunti, con conseguente improcedibilità di quello incidentale.
2. Col primo motivo di gravame l’appellante principale denuncia il travisamento del corrispondente motivo di ricorso in primo grado, col quale la D.S. aveva contestato non già la possibilità di far ricorso ad avvalimento, bensì che attraverso tale avvalimento interno la mandataria-ausiliaria sarebbe rimasta nella specie priva dei requisiti (non frazionabili) di capacità economico-finanziaria di cui all’art. III.1.2 del bando di gara avendoli prestati alla mandante ausiliata.
Dalla documentazione d’offerta non emerge infatti che il prestito dei requisiti dalla mandataria sia parziale (e tale non avrebbe potuto essere, trattandosi di requisiti non frazionabili), e che sia correttamente integrato per entrambe le imprese del raggruppamento.
Allo stesso modo, non v’è evidenza dello svolgimento d’istruttoria da parte della stazione appaltante in relazione alla prestazione (eventualmente) parziale del requisito in rilievo, nonché rispetto al fatto che la mandataria-ausiliaria ne disponesse in misura “capiente” per poterlo ritenere soddisfatto contemporaneamente in capo ad entrambi i componenti del Rti: una siffatta verifica, laddove eseguita, avrebbe peraltro dato un esito negativo, stante il possesso del detto requisito da parte dell’ausiliaria in misura insufficiente per poterlo soddisfare congiuntamente in capo ad entrambe le imprese.
Né sarebbe possibile invocare al riguardo il modello proprio dell’avvalimento “di garanzia”, con mantenimento dei requisiti in capo al “garante”, versandosi piuttosto nella specie in un’ipotesi assimilabile a quella delle certificazioni, che richiedono l’effettiva disponibilità del requisito in capo al singolo operatore economico.
Parimenti erroneo sarebbe il capo di sentenza che, nel rigettare il primo motivo di ricorso incidentale proposto dalle controinteressate, ha ammesso il possesso cumulativo del suddetto requisito economico-finanziario fra i diversi operatori appartenenti a un Rti: il detto requisito non è infatti frazionabile fra i vari componenti del Rti alla luce delle previsioni della lex specialis, e in specie dell’art. III.1.2 del bando che esprime un regime di per sé autosufficiente al riguardo, imponendo il possesso del detto requisito da parte di ciascuno degli operatori costituti in Rti.
2.1. Il motivo non è condivisibile, seppure con le precisazioni e correzioni motivazionali che seguono.
2.1.1. Si controverte in ordine al possesso in capo al Rti controinteressato dei requisiti di capacità economico-finanziaria previsti dal bando all’art. III.1.2.
Si tratta, nella specie, dei seguenti due requisiti: “1. Raggiungimento della soglia minima di riferimento prevista al paragrafo 6 della Procedura di Valutazione EconomicoFinanziaria (disponibile sul sito www.acquistionline.T..it) per i bilanci depositati relativi agli esercizi 2017 e 2018” e “2. certificazione dei bilanci d’esercizio degli anni 2017 e 2018 da parte di una società di revisione iscritta al Registro dei Revisori Legali tenuto presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (decreto legislativo n. 39/2010) abilitata all’esercizio della revisione legale dei conti”.
Per ciascuno dei detti requisiti era previsto che “in caso di partecipazione alla gara da parte di operatori economici di cui all’art. 45, comma 2, lettere d), e), f) e g) del D.Lgs. 50/2016, il requisito [dovesse] essere posseduto e comprovato da tutti i membri di detti operatori economici”.
A differenza di quanto ritenuto dalla sentenza (la cui motivazione va dunque corretta sul punto) la lex specialis è chiara nel richiedere – con specifica clausola del bando – l’integrazione del requisito del raggiungimento della soglia minima di riferimento, nonché della certificazione dei bilanci, “da tutti i membri” del Rti, e dunque da ciascuno di essi: si tratta, a ben vedere, di previsione speciale rispetto a quella dell’art. III.1.8 (che prevede, in caso di Rti, la soddisfazione dei requisiti in misura minima del 40% dalla mandataria, e per il residuo dalle mandanti, ciascuna in misura non inferiore al 10%), il quale peraltro pure si riferisce testualmente ai requisiti ex art. III.1.2, con aporìa superabile proprio ritenendo la prevalenza dell’esplicita e completa prescrizione (speciale) del requisito in capo a ciascun membro del Rti, ai sensi del detto art. III.1.2.
Il che, come correttamente dedotto dall’amministrazione, non esclude che il requisito (soggettivamente richiesto in capo a ciascun componente del Rti) fosse oggettivamente frazionabile e passibile di soddisfazione – in difetto di diversa indicazione risultante dalla lex specialis – a mezzo di avvalimento, totale o parziale.
In particolare, è pacifico fra le parti, ed emerge dalla stessa Procedura per la valutazione economico finanziaria definita dalla stazione appaltate, che la soglia prevista per l’integrazione del requisito è legata a indici di bilancio, le cui grandezze possono ben formare oggetto (parziale o totale) di prestito, in termini di avvalimento di garanzia, assicurando conseguentemente il superamento della detta soglia, mentre il secondo requisito (i.e., la certificazione dei bilanci) è da ritenere accessorio e ancillare al primo, e cioè collegato alle grandezze (quantitative) di bilancio prestate, che devono essere anche qualitativamente certificate (mediante certificazione dei bilanci, appunto), ciò che vale di per sé alla soddisfazione del detto requisito.
Il che implica la possibilità di integrare i requisiti (anche) con avvalimento interno al Rti, purché ne sia assicurata la capienza del primo, e cioè a condizione che l’ausiliaria ne sia provvista in misura sovrabbondante e sufficiente alla sua soddisfazione in capo ad entrambi gli operatori (cfr., in proposito, Anac, delibera n. 1343 del 20 dicembre 2017; n. 1140 del 22 dicembre 2020), oltre ad avere bilanci sottoposti a certificazione (in relazione al secondo requisito, nei termini suindicati), profilo qui non contestato in relazione ai bilanci della mandataria-ausiliaria per gli anni interessati.
Né v’era la necessità al riguardo d’una specificazione contrattuale della parziarietà del prestito dei requisiti, tanto più in caso di avvalimento (interno) di garanzia che – pur non potendo consentire, per il sol fatto di essere “di garanzia”, di prescindere dalla soddisfazione dei requisiti in capo a ciascuno dei componenti del Rti nella misura prescritta, nel rispetto del canone quantitativo della “capienza” applicabile al primo dei detti requisiti (profilo su cui pure va corretta la motivazione della sentenza, la quale esclude che vi sia una “dismissione” del requisito da parte dell’ausiliaria per il solo fatto che s’è in presenza di un avvalimento di garanzia) – non richiede l’indicazione specifica dei mezzi e delle risorse messe a disposizione.
In tale contesto, è evidente la diversità d’un siffatto avvalimento rispetto a quello vertente su requisiti di natura squisitamente soggettiva e portato esclusivamente qualitativo, quale la certificazione di qualità, per cui non è consentito il frazionamento (cfr. Cons. Stato, V, 13 settembre 2021, n. 6271).
Nel quadro così delineato, al di là dell’eccepita inammissibilità per novità della doglianza formulata dalla D.S. in ordine al profilo dell’incapienza dei requisiti ai fini dell’adeguata loro soddisfazione in capo a entrambi gli operatori, è assorbente rilevare come la detta doglianza non sia adeguatamente supportata e dimostrata dall’appellante.
Quest’ultima muove infatti da un errore di prospettiva, e cioè che occorrerebbe nella specie, per poter confermare la legittimità del provvedimento impugnato, l’espressa evidenza sull’effettuazione da parte dell’amministrazione di un’istruttoria (e sul relativo favorevole esito, con adeguata motivazione) circa il suddetto profilo della “capienza” dei requisiti, e dunque sul fatto che la mandataria-ausiliaria ne fosse in possesso in misura tale da poterne assicurare il prestito alla mandante senza perderli in proprio (il che rileva in specie, come osservato, sul primo dei requisiti, avente carattere “portante”, atteso che il secondo è da ritenere qui ex se soddisfatto dall’incontestata certificazione dei bilanci e relative grandezze rientranti nell’avvalimento).
In senso inverso, va osservato che gravava sulla ricorrente l’onere di fornire adeguata prova della carenza del requisito in capo al Rti aggiudicatario, atteso che alla stessa incombeva ex art. 2697 Cod. civ. la dimostrazione dei fatti posti a fondamento della dedotta illegittimità del provvedimento: a ben vedere, non giova infatti all’appellante l’invocare il difetto d’istruttoria o motivazione in cui la stazione appaltante sarebbe incorsa, atteso che si discorre in specie del possesso d’un requisito speciale in capo all’aggiudicataria, rispetto a cui spettava alla ricorrente dimostrare con adeguata prova l’assenza in capo al Rti controinteressato.
Il vizio che può infatti assumere rilievo al riguardo è quello della carenza del requisito, che va dimostrata come tale, senza che possa utilmente invocarsi in proposito il (solo) difetto d’istruttoria o di motivazione da parte dell’amministrazione (cfr. del resto, in generale, la giurisprudenza che afferma come non sia necessaria una specifica motivazione per la valutazione di ammissibilità delle offerte da parte dell’amministrazione, fra cui Cons. Stato, V, 19 febbraio 2021, n. 1500; 5 maggio 2020, n. 2850; III, 21 ottobre 2022, n. 9002; e ciò al di là delle competenze comunque spettanti alla stazione appaltante nella verifica dei requisiti a seguito dell’aggiudicazione ex art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016).
Una siffatta (piena e adeguata) prova non è stata fornita dall’appellante, che muove dalla prospettiva – di cui s’è detto – per cui spettava all’amministrazione fornire evidenza di un’adeguata istruttoria e motivazione sulla questione, quando invece ciò che qui rileva è la soddisfazione o meno del requisito da parte della controinteressata, con conseguente e corrispondente (necessaria) prova incombente sulla ricorrente.
Né una siffatta prova può essere rinvenuta nella nota del 28 settembre 2021 versata agli atti del primo grado: si tratta infatti, a ben vedere, di una mera relazione interna proveniente dalla stessa parte, e cioè dalla D.S. (la quale pone in risalto peraltro essa stessa come si trattasse di un “mero esercizio”, richiamando il “principio di prova” così offerto: ciò a fronte dell’erroneo assunto che occorreva l’evidenza inversa del buon esito di un’istruttoria svolta dall’amministrazione anziché la piena prova, da parte della ricorrente, dei fatti fondanti l’illegittimità del provvedimento, sub specie di effettiva carenza del requisito in capo alle controinteressate), e peraltro nel merito si limita a indicare quali sarebbero gli indici di cui ai “livelli di affidabilità” di R.M.. per i bilanci 2017 e 2018 (i.e., rispettivamente 24 e 23 a fronte di una soglia minima prescritta di 18, in un contesto in cui peraltro il punteggio costituisce effetto delle grandezze di bilancio, perciò interessate dal prestito).
Il che non vale, nel complesso, a fornire dimostrazione specifica e puntuale – a fronte, tra l’altro, delle avverse contestazioni di merito sul punto (cfr., fra le altre, ad es., memoria T. ex art. 101, comma 2, Cod. proc. anm., pag. 10 e 11-12; memoria cautelare controinteressate, pag. 16-18) – che il prestito in parte qua dei requisiti ne determini l’insufficienza in capo all’ausiliaria; dimostrazione che l’appellante avrebbe dovuto (e potuto) fornire in termini specifici, in un contesto in cui era suo preciso onere, a fronte della valutata ammissibilità dell’offerta del Rti controinteressato da parte dell’amministrazione (che non richiede, di suo, autonoma o puntuale motivazione) dimostrare l’illegittimità per carenza del presupposto di siffatta valutazione.
3. Col secondo motivo, integrato dai successivi motivi aggiunti, l’appellante si duole dell’erroneo rigetto del terzo motivo di ricorso in primo grado, con cui aveva dedotto l’abnormità del ribasso (pari al 95%) offerto dalla controinteressata per il servizio di pulizia degli impianti industriali, e il connesso difetto d’istruttoria per omessa verifica di anomalia: al riguardo, il giudice di primo grado avrebbe trascurato che i due servizi oggetto d’affidamento (e i relativi ribassi offerti, nonché le basi d’asta) erano distinti, presentando addirittura differenti CSA, sicché non aveva senso misurare il valore dell’uno rispetto all’importo totale dell’affidamento, come se si fosse in presenza (anziché di un’autonoma offerta su tale servizio) di una voce di costo interna all’appalto.
In tale contesto, la stazione appaltante avrebbe dovuto attivare la verifica sull’anomalia dell’offerta ed eseguire il controllo del rispetto dei minimi salariali ex art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016; d’altra parte, le rese orarie a tal fine emergenti dalla documentazione di gara della controinteressata risulterebbero irrealizzabili.
Allo stesso modo, non varrebbe richiamare in senso inverso il principio di globalità e sinteticità nella verifica di anomalia dell’offerta, considerato che nella specie la suddetta verifica non era stata effettuata, rappresentando dunque un potere amministrativo non ancora esercitato.
A ciò si aggiunga inoltre che la doglianza formulata afferiva non solo alla sostenibilità dell’offerta, ma anche alla regolarità del confronto concorrenziale, considerato che attraverso il ribasso (in tal modo) espresso, la controinteressata aveva conseguito un sub-punteggio pari a 6 punti che le aveva permesso appunto di precedere in graduatoria l’appellante.
D’altra parte, a diversamente ragionare, si giungerebbe al paradosso per cui la stessa offerta economica complessiva, a seconda della modulazione dei ribassi per i due servizi, potrebbe condurre all’attribuzione di punteggi assai diversi: il che vale a confermare come ciascuno dei due ribassi debba essere considerato e verificato in maniera autonoma a distinta.
In tale contesto, l’appellante si duole anche dell’omessa motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado in relazione ai suddetti profili.
3.1. Con motivi aggiunti la D.S. ha integrato le censure deducendo che dalla documentazione ostesa dall’amministrazione a seguito dell’accoglimento dell’istanza d’accesso sarebbe emerso come le giustificazioni a corredo dell’offerta economica consistano semplicemente nell’indicazione della percentuale sul totale rappresentata da ciascuna voce di costo: il che confermerebbe la fondatezza del secondo motivo d’appello sull’inattendibilità dell’offerta del Rti R.M.. e la correlata alterazione del confronto concorrenziale.
Parimenti confermata risulterebbe così la denunciata illegittimità della mancata verifica, da parte dell’amministrazione, dell’attendibilità dell’offerta della controinteressata.
3.2. Le doglianze, da esaminare congiuntamente per stretta connessione, non sono condivisibili.
3.2.1. Occorre premettere che, benché il disciplinare di gara richiedesse l’indicazione per il lotto in esame di due distinti ribassi sui servizi offerti (cfr. disciplinare, sub art. V.2), l’offerta economica rimaneva unitaria (in un contesto, peraltro, di connessione e omogeneità funzionale fra i servizi, rispettivamente di pulizia del materiale rotabile e degli impianti industriali), pervenendo a un unico punteggio finale (sub art. VII.1 del disciplinare), come tale rilevante – in assenza di diverse indicazioni nella lex specialis – anche ai fini dell’apprezzamento dell’anomalia ex art. 97, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016.
Il che è peraltro coerente con la concezione unitaria dell’offerta economica e della sua valutazione di sostenibilità, profilo sostanziale che precede e fonda i corrispondenti principi sull’effettuazione della verifica di anomalia in termini sintetici e globali.
Per questo, la richiesta di due distinti ribassi rappresentava semplicemente la modalità di formulazione dell’offerta economica, che restava unica e veniva apprezzata in termini complessivi, anche a fini di anomalia (peraltro a fronte dell’indicazione, nel disciplinare, di un unico valore, rispettivamente, per il costo della manodopera e gli oneri di sicurezza: cfr. l’art. I).
Alla luce di ciò, la prestazione prevista sugli “impianti industriali”, rimessa a un proprio Capitolato speciale (oltreché a una distinta descrizione del servizio nell’ambito dell’offerta tecnica), configura nient’altro che una componente dell’offerta (il cui sub-punteggio economico partecipa ex art. VII.1 del disciplinare a quello complessivo e finale), come tale apprezzabile – sul profilo dei costi – quale voce insieme alle altre.
Correttamente, pertanto, la sentenza ha valutato che trovassero qui applicazione i principi sull’anomalia – il cui apprezzamento è di carattere sintetico e globale, non già parcellizzato (inter multis, cfr. Cons. Stato, V, 26 luglio 2022, n. 6577; 22 marzo 2022, n. 2079; 28 febbraio 2022, n. 1412; sul relativo corollario della possibile compensazione fra sovrastime e sottostime di singole voci di costo, cfr. Cons. Stato, V, 15 dicembre 2021, n. 8358; 20 ottobre 2020, n. 6334) – che concerne non già i singoli servizi e ribassi, bensì la sostenibilità complessiva dell’offerta.
Né vale il richiamare la circostanza che la verifica di anomalia non era stata nella specie eseguita dall’amministrazione, sicché non potrebbe farsi applicazione dei relativi principi trattandosi di potere non ancora esercitato: da un lato, come anticipato, l’accertata infondatezza delle censure incentrate sull’entità del ribasso applicato dalla controinteressata per il servizio di pulizia degli impianti deriva dalla (preliminare) definizione e concezione (unitaria) dell’offerta economica a mente della lex specialis; dall’altro è la stessa ricorrente a muovere doglianze che denunciano l’anomalia dell’offerta, le quali possono dunque ben essere avversate in forza di (omogenee e speculari) considerazioni sulla sua sostenibilità nel quadro dell’unitarietà per cui l’offerta si connota, in un contesto nel quale compete comunque alla ricorrente dimostrare l’irragionevolezza della valutazione amministrativa di ritenere non anomala (né bisognevole della corrispondente verifica) l’offerta. In tale contesto, anche l’attivazione facoltativa della verifica di anomalia rientra del resto nella sfera di discrezionalità della stazione appaltante (Cons. Stato, V, 26 aprile 2021, n. 3373), in specie non irragionevolmente esercitata.
Alla luce di quanto suesposto, non emergono dunque dalle deduzioni dell’appellante circostanziati e specifici elementi dimostrativi dell’insostenibilità dell’offerta complessiva (che erano necessari da parte della ricorrente, quanto meno in termini di illegittimità o manifesta irragionevolezza della mancata attivazione della verifica di anomalia) neanche a fronte delle critiche circa le rese di produttività oraria rispetto alla pulizia degli impianti industriali, doglianza che confluisce pur sempre nella (indimostrata) insostenibilità dell’offerta.
Allo stesso modo, la lamentela in ordine alla mancata verifica del costo della manodopera è apodittica e di per sé non conducente, considerato che l’appellante non adduce alcun elemento da cui possa ricavarsi la concreta violazione dei minimi salariali, in un contesto in cui il costo della manodopera è stato separatamente indicato dalla controinteressata e la stazione appaltante non ne ha rilevato profili d’incongruità.
In tale contesto, quanto alle denunciate criticità di ordine concorrenziale, le stesse attengono semmai al confezionamento della lex specialis in relazione alla conformazione dei punteggi (cfr. disciplinare, art. VII.1 e relativa tabella), che andava specificamente impugnata e censurata in parte qua.
Né consentono di pervenire a diversa conclusione i rilievi integrativi formulati dall’appellante con i motivi aggiunti, atteso che non assume di per sé rilievo – al fine di dimostrare l’inattendibilità dell’offerta – il fatto che i giustificativi allegati all’offerta economica consistessero in una rappresentazione in quote percentuali delle voci di costo (che l’Ati R.M.. ha esposto per macro-voci aggregate), in linea peraltro con quanto previsto dal disciplinare, il quale richiedeva al riguardo di “allegare nel campo ‘Giustificazioni Offerta’ documentazione relativa all’incidenza delle seguenti voci rispetto all’offerta formulata: costo del lavoro, costo di materiali e prodotti, costo per investimenti, costi generali; costo per attrezzature e macchinari, costi per la sicurezza, eventuali altri costi e utile” (cfr. art. V.2).
Mentre, anche qui, non vale a dimostrare l’illegittimità dell’azione amministrativa il mero richiamo alla carenza istruttoria della stazione appaltante in difetto di elementi evidenziali concreti che lascino ravvisare la sussistenza di ragioni di non sostenibilità dell’offerta, tali non essendo quelle suindicate invocate dall’appellante.
4. L’infondatezza dei motivi che precedono comporta di per sé il rigetto del terzo motivo di gravame, con cui si invoca l’omesso esame del quarto motivo in primo grado ai fini dell’accertamento dell’illegittimità derivata di tutti i successivi atti di gara e della delibera n. 86 del 27 aprile 2021 recante l’aggiudicazione definitiva.
5. Il rigetto dell’appello principale implica poi, ex se, l’improcedibilità per carenza d’interesse di quello incidentale (con assorbimento delle speculari eccezioni preliminari), espressamente subordinato all’ipotesi “di ritenuta fondatezza del primo motivo dell’appello” principale.
6. In conclusione, per le suesposte ragioni, vanno respinti l’appello principale e i motivi aggiunti, e dichiarato improcedibile l’appello incidentale.
6.1. La complessità della fattispecie e la soccombenza reciproca delle parti nel complessivo contenzioso, comprensivo anche della precedente sentenza non definitiva, giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli e motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, respinge l’appello principale e i motivi aggiunti e dichiara improcedibile l’appello incidentale;
Compensa integralmente le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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