Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 1180 depositata il 22 marzo 2016
N. 01180/2016REG.PROV.COLL.
N. 05347/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5347 del 2015, proposto da:
BOS s.r.l., in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. con I. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Romano ed Eduardo Romano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ennio Luponio, in Roma, piazza Don Minzoni, n. 9;
contro
C. s.r.l., in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con A. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ernesto Sticchi Damiani e Giuseppe Ceceri, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26;
Consorzio di BSA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio eletto presso Studio Titomanlio-Abbamonte in Roma, Via Terenzio, n. 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione I, n. 3053/2015, resa tra le parti;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della C. s.r.l. e del Consorzio di BSA;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista la propria ordinanza 16 luglio 2015 n. 3226;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2015 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Romano Antonio, Ernesto Sticchi Damiani e Andrea Abbamonte, su delega dell’avvocato Luigi Maria D’Angiolella;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- La C. s.r.l., che, in A.T.I. con la A. s.r.l., aveva partecipato alla procedura aperta indetta dal Consorzio di BSA per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione, telecontrollo e automazione di impianti irrigui nel comprensorio interessato, classificandosi al secondo posto, ha impugnato presso il T.A.R. Campania, Napoli, i provvedimenti di aggiudicazione definitiva della gara alla BOS s.r.l. in A.T.I. con I. s.r.l..
2.- Il T.A.R. con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto il quarto motivo di ricorso, con il quale era stata lamentata la mancata estromissione della A.T.I. BOS s.r.l. – I. s.r.l. nonostante che non avesse effettuato la separata indicazione degli oneri di sicurezza interni o aziendali, imposto dall’art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006 (secondo quanto stabilito con la A.P. del Consiglio di Stato n. 3 del 2015 anche per le offerte relative agli appalti di lavori), con conseguente incertezza assoluta su un elemento essenziale. Ciò anche perché il disciplinare, nel caso di specie, imponeva l’onere di specifica indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, pena l’esclusione, e perché l’obbligo in questione non sarebbe insorto solo in occasione del procedimento di verifica dell’anomalia. Il T.A.R. ha invece respinto la richiesta di declaratoria di inefficacia del contratto e di diritto al subentro, non essendone stata dimostrata l’avvenuta stipula.
3.- Con il ricorso in appello in esame la BOS s.r.l., in proprio e quale mandataria dell’ATI con I. s.r.l., ha chiesto la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
a) A prescindere dalla circostanza che la causa era passata in decisione prima della pronuncia di detta sentenza n. 3 del 2015, quando la giurisprudenza era orientata nel senso che per gli appalti di lavori non fosse necessario indicare già in sede di offerta gli oneri per la sicurezza aziendale, sarebbe stato erroneamente ritenuto dal T.A.R. che l’offerta della ATI Bretto – I. fosse priva della indicazione degli oneri di sicurezza interni, essendo stata in effetti indicata la percentuale della sicurezza intrinseca per ogni voce della lista.
4.- Con atto depositato il 9 luglio 2015 si è costituito in giudizio il Consorzio di BSA, che ha dedotto che l’assunto contenuto in sentenza circa la mancata separata indicazione da parte dell’A.T.I BOS – I. s.r.l. degli oneri di sicurezza aziendali nella sua offerta sarebbe smentito dalle emergenze processuali, atteso che essa aveva indicato, espressamente per ogni categoria dell’appalto, i costi interni per la sicurezza del lavoro, peraltro per un importo superiore a quello indicato dalla A.T.I. C. – A. (che aveva poi aggiunto alla sua offerta una dichiarazione attestante che l’importo offerto teneva conto degli oneri di sicurezza specifici, valutati in € 3.500,00).
Il Consorzio ha poi contestato la fondatezza delle ulteriori censure contenute nel ricorso di primo grado ed assorbite dal T.A.R..
5.- Con controricorso depositato il 14 luglio 2015 la C. s.r.l. ha in primo luogo rimesso al collegio la valutazione della ammissibilità dell’unico motivo di appello, essendo stata dedotta in primo grado solo in sede di discussione orale la circostanza della avvenuta indicazione degli oneri di sicurezza nella colonna 11 della lista delle lavorazioni.
Nel merito ha, in particolare, dedotto che gli oneri aziendali che il T.A.R. ha escluso che fossero stati inseriti nell’offerta della originaria aggiudicataria non sarebbero stati quelli intrinseci alle singole lavorazione, ma i costi interni aziendali generalmente compresi nelle spese generali; infatti al punto II:2.1. del bando sarebbe fatto riferimento sia a lavori soggetti a ribasso, compresi gli oneri per il personale e la sicurezza intrinseca, e sia ad oneri specifici per la sicurezza non soggetti a ribasso; gli oneri per la sicurezza intrinseca individuati in detta colonna 11 sarebbero stati oneri operativi (cioè costi aggiuntivi riguardanti le misure di prevenzione connesse allo specifico appalto), mentre l’offerta economica sarebbe stata carente degli oneri gestionali della sicurezza (cioè quelli annui sostenuti dall’operatore economico in attuazione della normativa vigente).
La società resistente ha inoltre ribadito i seguenti ulteriori motivi di ricorso assorbiti in primo grado:
a) Violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 37 del d. lgs. n. 163 del 2006. Erronea applicazione dell’art. 92 del d.P.R. n. 207 del 2010. Violazione del disciplinare di gara.
Dalla domanda di partecipazione alla gara dell’A.T.I. aggiudicataria emergerebbe una quota complessiva di partecipazione all’A.T.I. del 95% (55% BOS s.r.l. e 40% I. s.r.l.), invece che del 100%, come invece dovuto ex art. 37 del d. lgs. n. 163 del 2006, con non corrispondenza tra la quota di partecipazione ai lavori e la quota di partecipazione all’A.T.I. e quindi con errore comportante discrasia che avrebbe reso incerta la regolare esecuzione dei lavori.
In violazione dell’obbligo previsto dal punto 2.f.2. del disciplinare di gara (e come emergerebbe dall’art. 37, comma 8, del d. lgs. n. 163 del 2006) né nella dichiarazione di impegno a costituire l’A.T.I. poi risultata aggiudicataria, né nell’offerta (o unitamente ad essa) le imprese componenti avrebbero reso la dichiarazione relativa alla propria quota di partecipazione al raggruppamento, ma avrebbero solo indicato la quota percentuale di partecipazione all’appalto nella categoria OG6.
E’ stata anche ribadita la eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, introdotto dalla l. n. 80 del 2014, nella parte in cui afferma che le disposizioni dei commi 8 e 9 si applicano anche alle procedure e ai contratti i cui bandi risultino già pubblicati all’atto della conversione del d.l. n. 47 del 2014.
b) Violazione del bando e del disciplinare di gara. Violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 207 del 2010.
Il bando di gara prevedeva la integrale subappaltabilità della categoria OS19 ma la dichiarazione di subappalto sarebbe stata resa solo dall’impresa mandataria e non anche da quella mandante, con inammissibilità, ex art, 37, comma 8, del d. lgs. n. 163 del 2006, dell’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria anche in assenza di configurabilità di un appalto necessario.
c) Violazione di legge per mancata e erronea applicazione dell’art. 49 del d. lgs. n. 163 del 2006. Violazione del disciplinare di gara.
Con l’ammissione dell’A.T.I. aggiudicataria sarebbe stata violata la clausola di cui al punto 5.1. lett. a) del disciplinare che conteneva il divieto di avvalimento frazionato.
d) Violazione dell’art. 4.1, lett. b) ed e.1) della parte prima del disciplinare di gara.
L’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria sarebbe stata caratterizzata anche da numerose anomalie con riferimento alla lista delle lavorazioni dei prezzi unitari di cui all’art. 4.1. lett. b) del disciplinare , con impossibilità di valutazione delle offerte migliorative in questione e dell’offerta nel suo complesso.
e) Violazione dell’art. 3.2 della parte seconda del disciplinare di gara (“valutazione dell’offerta tecnica”) in relazione ai criteri di ponderazione stabiliti dall’art. IV 2.1) del bando di gara. Eccesso di potere per disparità di trattamento ed irragionevolezza.
Con riguardo al primo, al secondo ed al terzo dei criteri di valutazione individuati dalla Commissione l’uso della discrezionalità tecnica sarebbe stato viziato da irragionevolezza, arbitrarietà ed erroneità fattuale.
6.- Con ordinanza 16 luglio 2015 n. 3226 la Sezione ha accolto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.
7.- Con memoria depositata il 14 luglio 2015 parte appellante ha insistito per l’accoglimento della domanda cautelare.
8.- Con memoria depositata il 17 luglio 2015 la C. s.r.l. ha ribadito le già formulate deduzioni in particolare con riguardo alla presenza nella lex specialis di esplicita clausola di esclusione per mancata indicazione degli oneri di sicurezza intrinseci. Ha quindi insistito per la reiezione dell’appello.
9.- Con memoria depositata il 12 novembre 2015 la appellante ha ribadito la fondatezza dell’appello ed ha contestato i motivi di ricorso di primo grado assorbiti in sentenza e riproposti in appello dalla C. s.r.l..
10.- Con memoria depositata il 19 novembre 2015 la sopra indicata società ha replicato alle avverse difese, insistendo per la reiezione dell’appello e chiedendo la conferma della impugnata sentenza, la declaratoria di inefficacia del contratto per la parte non ancora eseguita ed il subentro per la esecuzione dello stesso in tale parte.
11.- Alla pubblica udienza dell’1 dicembre 2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.
12.- Innanzi tutto il collegio deve verificare la fondatezza della eccezione della società resistente circa l’ammissibilità dell’unico motivo di appello per essere stata eccepita – nonostante l’avvenuto tempestivo deposito del relativo documento – solo in sede di discussione orale in primo grado la circostanza della avvenuta indicazione degli oneri di sicurezza nella colonna 11 della lista delle lavorazioni, con mancata tempestiva presa di posizione sul punto nell’ambito del giudizio di primo grado, secondo le previsioni dell’art. 104 del c.p.a..
12.1.- Va osservato in proposito che l’art. 104 comma 2, del c.p.a., esclude l’ammissibilità dei nuovi mezzi di prova e la produzione di nuovi documenti in appello a meno che il collegio li ritenga indispensabili ai fini del decidere o la parte dimostri di non aver potuto produrli in primo grado per causa non ad essa imputabile.
Nel caso di specie è la parte stessa che ha formulato l’eccezione che ammette l’avvenuta rituale produzione nel corso del giudizio di primo grado del documento relativo alla deduzione da parte della ricorrente dell’avvenuta indicazione nella colonna n. 11 della lista delle lavorazioni degli oneri di sicurezza prevista dalla lex specialis.
Quanto alla tempestività della deduzione di detta circostanza va rilevato che, a prescindere dalla regolarità della formulazione della difesa in primo grado, la sentenza impugnata è basata sostanzialmente sulla illegittimità della mancata estromissione della A.T.I. BOS s.r.l. – I. s.r.l. nonostante la mancata separata indicazione degli oneri di sicurezza interni o aziendali imposta dall’art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006.
Nel giudizio amministrativo l’appellante può e deve formulare, a pena d’inammissibilità, una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata, posto che l’oggetto di tale giudizio è costituito da quest’ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5013).
Sono pertanto pienamente ammissibili le censure formulate con il gravame di secondo grado in esame con cui è contestata la effettività della mancata indicazione all’atto della presentazione dell’offerta di tali oneri sostenuta nell’impugnata sentenza.
La eccezione è quindi insuscettibile di positiva valutazione.
13.- Nel merito l’appello è fondato.
14.- Con l’unico motivo di gravame è stato dedotto che, a prescindere dalla circostanza che la causa era passata in decisione prima della pronuncia di detta sentenza della A.P. del Consiglio di Stato n. 3 del 2015 (quando la giurisprudenza era orientata nel senso che per gli appalti di lavori non fosse necessario indicare già in sede di offerta gli oneri per la sicurezza aziendale), sarebbe stato erroneamente ritenuto dal T.A.R. che l’offerta della A.T.I. BOS s.r.l. – I. s.r.l. fosse priva della indicazione degli oneri di sicurezza interni.
Invero il disciplinare (al punto 4.1) disponeva che il prezzo offerto dovesse essere determinato mediante offerta a prezzi unitari utilizzando la lista vidimata dall’incaricato della s.a. e composta da dodici colonne, nell’undicesima delle quali andava indicata la percentuale della sicurezza intrinseca per ogni voce della lista, e nella dodicesima i prodotti degli importi indicati dall’offerente nell’ottava colonna per le percentuali di sicurezza introdotte nell’undicesima colonna.
A tanto avrebbe adempiuto l’A.T.I. BOS s.r.l. – I. s.r.l. e non sarebbe stata tenuta ad effettuare altre indicazioni, stante la predeterminazione delle modalità di indicazione degli oneri di sicurezza mediante compilazione di detta lista; inoltre l’A.T.I., dopo l’aggiudicazione definitiva, avrebbe stipulato il contratto, ha avuto la consegna dei lavori, che ha iniziato da due mesi, ha percepito l’anticipazione sull’importo totale, ha stipulato i contratti di fornitura del materiale necessario per un importo complessivo di € 1.923.442,99.
14.1.- Osserva la Sezione che con la sentenza è stato accolto il ricorso introduttivo del giudizio nell’assunto che l’A.T.I. aggiudicataria non avesse effettuato la separata indicazione degli oneri di sicurezza interni o aziendali imposta dall’art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006 (secondo quanto stabilito con la citata A.P. n. 3 del 2015) e che la circostanza avesse determinato incertezza assoluta su un elemento essenziale, considerato che il disciplinare imponeva l’onere di specifica indicazione degli oneri di sicurezza aziendali pena l’esclusione e che l’obbligo in questione non era insorto solo in occasione del procedimento di verifica dell’anomalia.
Ma, come dedotto dall’appellante, il disciplinare di gara, nella parte prima, al punto 4.1 disponeva che il prezzo offerto dovesse essere determinato mediante offerta a prezzi unitari, utilizzando esclusivamente la lista vidimata preventivamente dall’incaricato della s.a. e composta da dodici colonne; in particolare nell’undicesima colonna l’offerente era tenuto ad indicare la percentuale di sicurezza intrinseca per ogni voce della lista e nella dodicesima colonna a riportare i prodotti degli importi indicati nell’ottava colonna per le percentuali di sicurezza intrinseca introdotte nell’undicesima colonna.
L’A.T.I. BOS s.r.l. – I. s.r.l. aveva compilato regolarmente sia l’undicesima che la dodicesima colonna, indicando per ogni voce gli oneri per la sicurezza intrinseca sia in termini percentuali che in cifra assoluta, come dovuto, dal momento che l’indicazione de qua era prevista che fosse effettuata esclusivamente mediante utilizzazione della lista.
Erano quindi stati indicati espressamente per ogni categoria di lavoro dell’appalto i costi interni per la sicurezza intrinseca del lavoro.
Deve ritenersi che la indicazione effettuata da detta AT.I. fosse rispettosa dell’obbligo stabilito dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3 del 2015 circa l’obbligo, ex art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006, dei concorrenti nelle procedure di affidamento sia di servizi che di lavori, di specificare già nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta, anche in assenza di espressa comminatoria nella lex specialis.
Non ritiene infatti il collegio che sia la normativa di gara che dettea sentenza della A.P. imponesse anche la indicazione degli oneri di sicurezza aziendale specifici (come invece effettuato dalla ricorrente in primo grado, ora resistente, all’atto di presentazione della sua offerta).
Detta società sostiene in proposito sostanzialmente che gli oneri che il T.A.R. ha escluso che fossero stati inseriti nell’offerta economica sarebbero stati non quelli intrinseci alle singole lavorazioni, ma quelli interni aziendali, o gestionali, che vengono generalmente ricompresi nelle spese generali. Gli oneri intrinseci individuati in detta colonna 11 della lista delle lavorazioni non sarebbero altro che gli oneri operativi riguardanti le specifiche lavorazioni connesse a quel determinato appalto (cioè quelli che l’art. 131, comma 2, lettera c), del d. lgs. n. 163 del 2006 individua nel Piano Operativo per la Sicurezza).
Rileva il collegio che la sentenza impugnata, nell’accogliere il motivo di ricorso con cui era stata lamentata la mancata indicazione degli oneri di sicurezza interni o aziendali, fa riferimento alla sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2015, secondo la quale i concorrenti sono tenuti a specificare già nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro (più puntualmente “i costi di sicurezza interni che essi determinano in relazione alla propria organizzazione produttiva ed al tipo di offerta formulata”), pena l’esclusione dalla procedura; in seguito la sentenza rimarca la circostanza che nel caso di specie l’imperativo della specifica indicazione “degli oneri di sicurezza aziendali” era rafforzato dallo stesso disciplinare di gara, che prevedeva “non solo la regola ma anche la sanzione della esclusione in caso di sua inosservanza”.
Tanto premesso la Sezione osserva che l’art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che “Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza per i quali non sia ammesso ribasso d’asta in conformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conforme all’articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. In relazione a servizi e forniture, nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”. La norma fa quindi riferimento genericamente ai costi per la sicurezza, senza specificare se siano quelli intrinseci alle singole lavorazioni ovvero quelli interni aziendali, o gestionali.
A sua volta la sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2015 fa riferimento ai costi di sicurezza interni solo perché la commissione di gara, nel caso ivi contemplato, aveva disposto l’esclusione di alcune concorrenti nel rilievo che “l’offerta economica non riporta l’indicazione degli oneri della sicurezza interni o aziendali, la cui quantificazione spetta a ciascuno dei concorrenti in rapporto alla sua offerta economica”, affermando poi che “Ai sensi e per gli effetti degli artt. 86 e 87, comma 4 del Codice dei Contratti e dell’art. 26, comma 6 del d.lgs. n. 81/2008, viene riconosciuta ai costi per la sicurezza da rischio specifico la valenza di elemento essenziale dell’offerta, a norma dell’art. 46, comma 1-bis, del Codice dei Contratti, la cui mancanza rende la stessa incompleta e, come tale, suscettibile di esclusione (CdS, sez. III, sentenza n. 4622/2012) “.
Orbene, oltre agli artt. 86 e 87 del d. lgs. n. 163 del 2006 fa generico riferimento agli oneri di sicurezza anche l’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008, che stabilisce che “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. ..”.
Può quindi ritenersi che sia stata affermata la necessità, con la sentenza suddetta, sostanzialmente della indicazione degli oneri della sicurezza nella offerta economica, avendo essa fatto riferimento, stante il silenzio al riguardo della richiamata normativa, agli oneri di sicurezza interni aziendali, o gestionali, e non genericamente agli oneri di sicurezza, in cui sono compresi anche quelli intrinseci alle singole lavorazioni, solo perché nella fattispecie ivi esaminata si faceva riferimento alla mancata indicazione specificamente dei primi.
Pertanto può concludersi che nel caso di specie (in cui erano stati indicati, come prescritto dalla normativa di gara, nella ridetta colonna 11, gli oneri di sicurezza intrinseci) nessuna violazione dell’art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006 o della lex specialis (comportante l’esclusione dalla gara ex art. 4.1., lett. g), del disciplinare) fosse stata posta in essere dall’appellante.
Deve essere quindi accolto l’appello e riformata l’impugnata sentenza che aveva annullato i provvedimenti di aggiudicazione definitiva alla ATI BOS s.r.l. – I. s.r.l. della gara di cui trattasi in accoglimento del quarto motivo di ricorso, respingendolo.
15.- Tanto comporta, per il principio devolutivo dell’appello, la necessità della disamina dei motivi di censura dichiarati assorbiti dal giudice di primo grado, riproposti in appello dalla C. s.r.l., ai sensi dell’art. 101 comma 2, c.p.a., come consentito, con semplice memoria non notificata, ritualmente depositata entro il termine di sessanta giorni successivo a quello assegnato per il deposito del ricorso.
16.- Con il primo dei riproposti motivi di ricorso è stato dedotto che dalla domanda di partecipazione alla gara emergerebbe una quota complessiva di partecipazione all’ATI del 95% (55% BOS s.r.l. e 40% I. s.r.l.), invece che del 100%, come invece dovuto ex art. 37 del d. lgs. n. 163 del 2006, con non corrispondenza tra la quota di partecipazione ai lavori e la quota di partecipazione all’A.T.I. e con errore comportante discrasia che avrebbe reso incerta la regolare esecuzione dei lavori.
Dalla circostanza che la BOS s.r.l. aveva dichiarato di eseguire il 55% dell’intera opera (compreso il 100% della OS19) deriverebbe la conseguenza che essa dovrebbe eseguire un importo dei lavori pari ad € 2.316.517,50 (€ 767.804,41 OS19 + € 1.548.713,09 OG6) sicché non potrebbe eseguire il 55% della categoria prevalente OG6.
In conclusione la BOS s.r.l. “andrebbe a realizzare il 55% dell’intero appalto, che corrisponderebbe anche al 55% della categoria prevalente OG6 in quanto la categoria OS19, non posseduta”, dovrebbe “necessariamente essere ricompresa dalla categoria prevalente OG6” e la I. s.r.l. “andrebbe a realizzare il 45% della categoria prevalente, e di conseguenza solo il 36,80% dell’intero appalto”, con inammissibilità della domanda di partecipazione alla gara dell’A.T.I. aggiudicataria.
In violazione dell’obbligo previsto dal punto 2.f.2. del disciplinare di gara (e come emergerebbe dall’art. 37, comma 8, del d. lgs. n. 163 del 2006), né nella dichiarazione di impegno a costituire l’A.T.I. poi risultata aggiudicataria, né nell’offerta (o unitamente ad essa), le imprese componenti avrebbero reso la dichiarazione relativa alla propria quota di partecipazione al raggruppamento, ma avrebbero solo indicato la quota percentuale di partecipazione all’appalto nella categoria OG6.
Insufficiente sarebbe dunque stata la dichiarazione resa in sede di domanda di partecipazione, che vincola i componenti nei confronti della s.a. ma non tra di loro e non sarebbe condivisibile l’assunto di controparte che dalla documentazione a corredo sarebbe risultata la piena copertura delle quote A.T.I., non essendo specificato quale sarebbe stata la documentazione utile e non risultando dati correttivi dalla documentazione di gara.
Infondata sarebbe inoltre la tesi che la mancata dichiarazione circa la partecipazione all’A.T.I. non sarebbe stata prevista a pena di esclusione dalla lex specialis, in quanto il punto 2.f.2. del disciplinare richiedeva “la dichiarazione di impegno alla costituzione…corredato dall’indicazione della quota di partecipazione al raggruppamento…” e il punto 6.c.4 che “sono esclusi dalla gara … gli offerenti che, in caso di raggruppamento temporaneo, … hanno omesso di indicare le quote di partecipazione al raggruppamento temporaneo…”; sarebbe quindi assimilabile alla omessa dichiarazione l’insufficiente dichiarazione che non copra per intero le quote di partecipazione all’A.T.I..
E’ stata anche ribadita la eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, introdotto dalla l. n. 80 del 2014, nella parte in cui afferma che le disposizioni dei commi 8 (che prevede l’abrogazione del comma 13 dell’art. 37 del d. lgs. n. 163 del 2006 che disciplinava l’obbligo di corrispondenza tra quote di partecipazione all’A.T.I. e quelle di esecuzione dei lavori) e 9 si applicano anche alle procedure e ai contratti i cui bandi risultassero già pubblicati all’atto della conversione del d.l. n. 47 del 2014; la prevista retroattività sarebbe lesiva del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, dei principi dell’affidamento e di par condicio e comporterebbe la riviviscenza della disposizione già contenuta nel comma 13 del’art. 37 di detto d.lgs.. Inoltre la censura sarebbe rilevante perché la sostenuta materialità dell’errore nella dichiarazione delle quote di partecipazioni all’A.T.I. sarebbe incondivisibile.
16.1.- Le esposte censure sono, ad avviso del collegio, infondate per la ragione che è irrilevante la circostanza che dalla domanda di partecipazione la quota complessiva di partecipazione all’A.T.I. della BOS s.r.l. e della I. s.r.l. non risultava raggiungere il 100%, ma solo il 95%, dal momento che esse erano pienamente qualificate per i lavori da svolgere, come non contestato.
Peraltro deve ritenersi che la dichiarazione della I. s.r.l., contenuta nella domanda di partecipazione, di assunzione nell’ambito del raggruppamento in A.T.I. con la BOS s.r.l.. della quota di lavori del 45% e della quota di partecipazione del 40%, è evidente frutto di errore materiale, atteso che nella dichiarazione di impegno a costituire l’A.T.I. la partecipazione era stata assunta nella misura del 45%.
Comunque è dirimente la circostanza che con l’art. 12, comma 10, della l. n. 80 del 2014 (applicabile anche alle gare in corso, come quella di specie in cui l’aggiudicazione definitiva è stata disposta con deliberazione dell’1 ottobre 2014) è stato eliminato l’obbligo della corrispondenza tra quote di partecipazione e di esecuzione dei lavori.
Peraltro la questione di costituzionalità della retroattività di applicazione di detta legge ivi prevista sarebbe lesiva del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, è, ad avviso del collegio, a prescindere dalla sua rilevanza, manifestamente infondata.
Se è pur vero che l’art. 11 delle preleggi dispone, in via di principio, l’irretroattività della legge e, conseguentemente, la salvezza degli atti compiuti sotto l’impero della legge anteriore, tuttavia è rimesso alla discrezionalità del legislatore regolare lo stato dei rapporti pendenti, valutando la scelta tra retroattività ed irretroattività, con il solo limite che non siano contraddetti principi e valori costituzionali. Nella specie, il legislatore ha operato un contemperamento dell’interesse alla par condicio con quello tendente ad evitare esclusioni dalle gare per ragioni di tipo solo formale e non sostanziale, operando, nel senso di favorire la massima partecipazione alle gare (espressione del principio costituzionale della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione), con scelta discrezionale del tutto ragionevole.
17.- Con ulteriore motivo di primo grado riproposto in appello è stato dedotto che pur prevedendo il bando di gara la integrale subappaltabilità della categoria OS19, la dichiarazione di subappalto sarebbe stata resa solo dall’impresa mandataria e non anche da quella mandante, con inammissibilità, ex art. 37, comma 8, del d. lgs. n. 163 del 2006, dell’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria anche al di fuori della configurabilità di un appalto necessario.
La circostanza che detta categoria non sia più a qualificazione obbligatoria esonererebbe dall’onere di individuare sin dalla domanda l’impresa subappaltatrice, ma non da quello di dichiarare nello stesso momento la volontà di subappaltare e di dichiarare la percentuale del subappalto.
17.1.- Osserva in proposito il collegio che la circostanza non può essere assunta a motivo di esclusione, non essendo essa prevista come obbligatoria e a pena di esclusione dalla normativa di gara e di quella in materia, e tantomeno dalle norme indicate nell’epigrafe del motivo, cioè l’art. 109 del d.P.R. n. 207 del 2010 e l’art. 37, comma 8, del d. lgs. n. 163 del 2006.
Inoltre dalle rettifiche al bando di gara, al disciplinare ed agli allegati, apportate a seguito della mancata conversione in legge del d.l. n. 151 del 2013, la citata categoria OS19 non è qualificabile a qualificazione obbligatoria e non sussisteva quindi l’obbligo del subappalto (e di conseguenza, quello di rendere la dichiarazione relativa e le conseguenze collegate alla mancanza di tale dichiarazione).
Peraltro la dichiarazione era stata resa dalla mandataria e copriva quindi l’intero importo dei lavori relativo a detta categoria, senza necessità di una ulteriore dichiarazione della mandante.
Il motivo in esame è quindi insuscettibile di positiva valutazione.
18.- Con il terzo dei riproposti motivi è stato dedotto che nel caso di specie si sarebbe verificato un inammissibile cumulo tra quota del requisito posseduto dal concorrente BOS s.r.l. e quota del requisito posseduto dall’impresa ausiliaria mediante un apparente integrale avvalimento da parte della I. s.r.l.. Invero ai sensi di detta disposizione l’ammissibilità delle A.T.I. orizzontali avrebbe richiesto che comunque le imprese partecipanti al raggruppamento fossero munite di qualificazione propria.
18.1.- Rileva in proposto la Sezione che l’impresa ausiliaria era in possesso della qualificazione nella categoria OG6, classifica IV bis, che, con l’aumento del 20%, copriva l’importo dei lavori oggetto di appalto.
Comunque con sentenza della Corte giustizia UE, sez. V, 10 ottobre 2013 n. 94, è stato stabilito che gli art. 47, par. 2, e 48, par. 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi), letti in combinato disposto con l’art. 44, par. 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese.
Ciò comporta la disapplicazione delle norme in contrasto con detti principi e la legittimità delle determinazione che la stazione appaltante ha assunto al riguardo.
Le pronunce della Corte di Giustizia delle Comunità Europee hanno infatti efficacia diretta nell’ordinamento interno degli Stati membri, al pari dei regolamenti e delle direttive e delle decisioni della Commissione, vincolando il giudice nazionale alla disapplicazione delle norme interne con esse confliggenti. Sussiste, infatti, un obbligo per il giudice nazionale di interpretare le norme nazionali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario, senza dover transitare per il filtro dell’accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno. Si tratta in sostanza del principio della prevalenza del diritto comunitario, in forza del quale deve essere disapplicata qualsiasi disposizione della legislazione nazionale in contrasto con una norma comunitaria, indipendentemente dal fatto che sia anteriore o posteriore a quest’ultima, incombendo tale obbligo di disapplicazione sul giudice nazionale e su tutti gli organi dello Stato.
19.- Con il quarto dei riproposti motivi è stato dedotto che l’offerta dell’A.T.I. aggiudicataria sarebbe stata caratterizzata anche da numerose anomalie con riferimento alla lista delle lavorazioni dei prezzi unitari di cui all’art. 4.1. lett. b) del disciplinare, anche in considerazione della previsione di cui alla lett. e.1), operante quale obbligo di allegazione in presenza di offerte migliorative. Infatti la controinteressata, pur avendo presentato offerte migliorative, non avrebbe inserito una nuova lista relativa alle nuove voci per le migliori offerte.
Tanto avrebbe comportato l’impossibilità di valutazione delle offerte migliorative in questione e dell’offerta nel suo complesso.
Il mancato completamento della lista di lavorazione sarebbe più grave perché la BOS s.r.l. non avrebbe stilato alcun computo metrico o quadro di confronto attraverso i quali l’Ente avrebbe potuto desumere la quantità dell’offerta.
Tutto ciò dimostrerebbe l’assoluta carenza di chiarezza e di certezza dell’offerta dell’ATI aggiudicataria, che andrebbe anche per ciò esclusa.
19.1.- Va osservato al riguardo che può concordarsi con la A.T.I. resistente che il recupero delle tubazioni esistenti di qualsiasi materiale costituiva la descrizione della lavorazione e della fornitura riportata al n. 10, precompilata dalla s.a., e che la circostanza non era frutto di scelta della A.T.I., che aveva offerto un prezzo unitario per tutte le lavorazioni.
A nulla vale che essa A.T.I., con riguardo alle offerte migliorative, non avesse inserito una nuova lista, dal momento che il disciplinare non prevedeva l’obbligo di tale inserimento, sicché la circostanza non poteva comportare l’esclusione della relativa offerta.
20.- Con il quinto dei riproposti motivi è stato dedotto, con riguardo al primo dei criteri di valutazione individuati dalla Commissione (cioè l’organizzazione del lavoro e del cantiere), che la proposta migliorativa della ricorrente sarebbe stata sottostimata e che non sarebbe rintracciabile la ratio e la logica seguita dai commissari nella attribuzione dei punteggi, censurabile per le macroscopiche omissioni poste in essere.
Quanto al secondo dei criteri di valutazione, relativo alla qualità dei materiali e alle caratteristiche tecniche, non sarebbe comprensibile il maggior punteggio attribuito alla contro interessata, vertendo la sua proposta migliorativa solo sull’utilizzo di valvole di migliore qualità, a fronte della oggettiva pluralità di migliorie dei materiali utilizzati dalla ricorrente.
Con riguardo al terzo criterio di valutazione, relativo al valore tecnico delle opere aggiuntive proposte nelle migliorie, il novero delle proposte della ricorrente non prese in considerazione dalla commissione ai fini della valutazione della proposta migliorativa sarebbe numeroso e sarebbe incomprensibile l’alto punteggio attribuito alla A.T.I. aggiudicataria se rapportato a quello minore attribuito alla A.T.I. C. s.r.l..
Medesime considerazioni sarebbero effettuabili con riferimento all’ultimo criterio di valutazione, relativo ala livello e alla qualità del servizio di assistenza e manutenzione.
In conclusione l’uso della discrezionalità tecnica da parte della commissione di gara sarebbe stato viziato da irragionevolezza, arbitrarietà ed erroneità fattuale.
20.1.- Osserva in proposito il collegio che le censure sono attinenti all’esercizio di potere tecnico discrezionale della stazione appaltante, censurabile dal G.A. solo per manifesta irrazionalità, arbitrarietà ed erroneità in punto di fatto, nel caso di specie non dimostrate, considerato anche che dai verbali di gara, tenuto conto dei criteri prestabiliti, si evince in maniera adeguata l’iter logico seguito dalla Commissione per attribuire i punteggi alle concorrenti.
Va inoltre considerato che il motivo è volto a dimostrare il diritto della ricorrente ad un punteggio maggiore senza chiaramente e idoneamente evidenziare quali avrebbero dovuto essere i rispettivi punteggi in base ai criteri fissati al riguardo dalla lex specialis, con conseguente modifica della graduatoria idonea a consentirle l’aggiudicazione a suo favore della gara, sicché può ritenersi non superata la prova di resistenza.
Anche l’esaminato motivo è quindi non suscettibile di assenso.
21.- L’appello deve essere conclusivamente accolto e, respinti i motivi assorbiti con la sentenza impugnata riproposti in appello dalla C. s.r.l., in riforma della prima decisione, va respinto integralmente il ricorso introduttivo del giudizio (considerato che l’impugnata sentenza non è stata oggetto di appello incidentale nelle rimanenti parti con cui sono state dichiarate inammissibili le domande di accertamento di inefficacia del contratto e del diritto di subentro, comunque inaccoglibili a seguito della reiezione delle censure volte a dimostrare l’illegittimità della aggiudicazione alla attuale appellante).
22.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame, respinge i motivi assorbiti con la sentenza impugnata riproposti dalla C. s.r.l. e, in riforma della prima decisione, respinge integralmente il ricorso introduttivo del giudizio.
Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/03/2016
IL SEGRETARIO
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