AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 gennaio 2022, n. 28
Contratto di locazione di due unità immobiliari accorpate
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’interpellante riferisce di essere comproprietario, con altri membri della sua famiglia di due unità commerciali accatastate, in un primo tempo, separatamente e rispettivamente in categoria C/3 e C/1.
L’unità immobiliare che era classificata come C/3 è stata posta in locazione dal XXXX, con contratto più volte prorogato e ancora in essere, che avrà scadenza nel 2022.
Nell’anno 2019, lo stesso inquilino del locale di categoria C/3 ha preso in locazione anche l’unità di categoria C/l, adiacente al primo.
Per tale seconda locazione, è stato stipulato un ulteriore contratto, registrato in data YYY, al quale è stato applicato il regime sostitutivo della ” cedolare secca”, in quanto consentito dalla normativa vigente anche per gli immobili di categoria catastale C/1.
L’interpellante evidenzia che ” Nel corso del corrente anno, (…), a seguito di lavori di accorpamento, gli immobili anzidetti (Cl e C3) sono stati accatastati unitariamente (con regolare procedura edilizia) in un’unica unità immobiliare di categoria C3, senza che però venissero modificati i contratti di locazione originari”.
Premesso che “Non è intenzione delle parti (…) procedere alla cessazione dei due contratti (che hanno scadenze, prescrizioni e obblighi diversi, essendo stati stipulati in tempi successivi) ed alla rinegoziazione di un unico contratto di locazione complessivo”, l’interpellante chiede:
– “se, ai fini fiscali, i due contratti di locazione in essere possano essere considerati entrambi idonei a produrre due redditi sottoposti a regimi di tassazione diversi (ordinaria per quanto riguarda l’immobile C3 e a “cedolare secca” per l’immobile C1), validi e operativi sino a naturale scadenza e/o risoluzione”;
– se la possibilità di mantenere in vigore i due contratti distintamente e con diverse tipologie di tassazione in presenza di una variazione di categoria catastale “possa essere prorogata nel tempo anche alle scadenze successive, alla condizione che (…) vengano costantemente rinnovati dalle parti”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante, invocando l’autonomia contrattuale delle parti di un contratto che “non può essere compressa da una norma fiscale, pur se agevolativa per il contribuente”, ritiene che non sussistano “disposizioni normative o interpretazioni ministeriali (…) tali da imporre né l’assoggettamento di entrambi i contratti ad un unico regime fiscale (nel caso presente quello determinato dalla categoria catastale dell’immobile risultante dall’accatastamento unitario dei due ex locali e cioè la categoria C3) e neppure alla risoluzione dei contratti originari ed alla stipula di un nuovo contratto unitario”, potendo gli stessi essere assoggettati a due regimi fiscali diversi.
L’interpellante è dell’avviso, inoltre, che il comportamento proposto possa proseguire anche negli anni successivi (alla condizione che i singoli contratti vengano costantemente rinnovati), sino alla eventuale decisione, condivisa con l’inquilino, di voler risolvere i contratti in essere.
A quel punto, e solo con la stipula di un nuovo unico contratto, la locazione verrà assoggettata alla tassazione vigente a quella data”.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Come chiarito nella circolare n. 27/E del 13 giugno 2016, la categoria catastale dell’unità immobiliari dipende, di norma, dalle caratteristiche intrinseche del fabbricato che le ospita e dalla destinazione dell’unità, ordinariamente compatibile con dette caratteristiche.
Del pari, le caratteristiche estrinseche, ed in particolare l’ubicazione e i servizi territoriali disponibili, ne determinano essenzialmente il livello di redditività (classe), che può ordinariamente modificarsi nel tempo.
L’attribuzione di una determinata classe, come affermato nella medesima circolare, “è finalizzata a perseguire una maggiore perequazione fiscale immobiliare nell’ambito del contesto territoriale analizzato”.
Tenuto conto di quanto chiarito nella circolare richiamata, in sostanza, nella fattispecie rappresentata dall’interpellante non è intervenuta soltanto una variazione dei dati catastali relativi alle due unità immobiliari, ma a seguito di interventi di accorpamento posti in essere è risultata una nuova unità immobiliare, che costituisce oggetto diverso del contratto di locazione rispetto a quelli determinati nei due atti attualmente in vigore.
Con l’accorpamento delle due unità immobiliari, oggetto ciascuno di separati contratti di locazione, gli immobili cessano la loro esistenza in condizioni di indipendenza l’uno dall’altro. Inoltre, l’attribuzione di un’unica e diversa, seppure solo per uno degli immobili, categoria catastale comporta, sotto il profilo catastale, l’esistenza di nuova unità immobiliare, prima inesistente, con caratteristiche nuove e autonome.
Sotto il profilo fiscale, a seguito dell’accorpamento delle due unità immobiliari di categoria catastale C/1 e C/3, all’immobile ottenuto è stata attribuita la categoria catastale C/3 che, come noto, è esclusa dalla normativa di favore recata dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, la cui applicazione è stata invece estesa, dall’articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, agli immobili di categoria C/1, per i soli contratti stipulati nel 2019.
Pertanto, mantenere in essere i contratti stipulati prima dell’accorpamento comporterebbe l’applicazione, sia pure parziale, di un regime fiscale agevolato, ad una categoria catastale che ne risulta esclusa (C/3).
Tenuto conto che l’oggetto dei contratti in essere non risulta più corrispondente a quello dedotto in ciascun dei due contratti che l’interpellante intenderebbe non voler risolvere, si ritiene necessario procedere alla relativa cessazione esistenti e alla stipula di un nuovo contratto di locazione che rispecchi l’attualità della situazione esistente.
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