FONDAZIONE STUDI CDL – Circolare 12 marzo 2020, n. 7
Coronavirus: chiuse le attività commerciali non di prima necessità – Chiarimenti, dubbi interpretativi e modulistica ai sensi del DPCM 11 marzo 2020
L’Italia “zona protetta” chiude gli esercizi commerciali non di prima necessità. Nella presente circolare, n. 7/2020, la sospensione delle attività e i settori coinvolti esplicitamente dal DPCM 11 marzo 2020: da quelli che restano operativi a quelli a rischio chiusura a causa della natura stessa della loro missione, che non consente di attenersi alle norme richieste come condizione per continuare a lavorare.
Ulteriore giro di vite del Governo nelle misure urgenti da adottare per il contenimento del contagio da COVID-19. Il combinato disposto di 3 decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicati l’8, il 9 e l’il marzo, entra nelle abitudini quotidiane di tutta Italia, ripensandole alla luce dell’unico obiettivo di contenere il contagio e di consentire così al Sistema Sanitario Nazionale di provvedere a tutti coloro che avranno bisogno di cure. Dopo l’estensione a tutto il Paese del “resto a casa” del 9 marzo (analizzato dalla Circolare n. 6 di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro), ora viene disposta la sospensione, dal 12 fino al 25 marzo, delle attività commerciali al dettaglio, con l’eccezione di quelle di vendita di generi alimentari e di prima necessità indicate nell’elenco di 24 attività (alcune con relativo codice Ateco) con l’allegato 1 al DPCM 11 marzo 2020. Chiusi pure i mercati ad esclusione degli esercizi dedicati alla vendita dei soli generi alimentari.
Stop anche alle attività dei servizi di ristorazione, escluse mense e catering continuativo su base contrattuale, così come gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete stradale e autostradale e all’interno delle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacustri e negli ospedali, purché sia garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
Restano aperte edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie, sempre garantendo la distanza di sicurezza interpersonale di un metro, e rimane consentita la ristorazione con consegna a domicilio, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto. Il significato di quest’ultimo inciso deve ragionevolmente intendersi riferito alle nuove indicazioni anti-contagio, considerato che il rispetto delle norme igienico-sanitarie rappresenta comunque un pre-requisito ordinario dello svolgimento di queste attività, anche a prescindere dalla situazione emergenziale.
Sospese pure le attività inerenti ai servizi alla persona, con l’eccezione di quelle riportate all’allegato 2 dell’ultimo DPCM, mentre restano garantiti, sempre nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari, assicurativi, nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agroalimentare, comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi.
Prescrizioni di prudenza particolarmente rigorose, dunque, che tendono a non privare del tutto la popolazione di beni e servizi essenziali, con indicazioni “anti-panico”, al fine di impedire gli assalti ai supermercati, ormai ricorrenti, pregiudizievoli per i fini di profilassi che il disegno governativo si propone e immotivati alla luce delle rassicurazioni in ordine al regolare circolo delle merci sul territorio nazionale e, conseguentemente, al rifornimento di tali beni su tutto il territorio nazionale.
Ulteriori previsioni sono poi disposte all’art. 1 co. 7 per tutte le attività produttive e professionali, senza una distinzione analitica per elenchi come nel caso delle attività commerciali e di servizi alla persona. Le misure previste, suggerite e fortemente raccomandate dal decreto, imperniate sul lavoro agile e sulle misure di sicurezza e igiene potenziate alla luce del rischio di contagio non si rendono facilmente praticabili in moltissimi settori produttivi, uno per tutti quello dell’edilizia, dove lo smart working risulta ontologicamente incompatibile. Distanze di sicurezza e altre misure più generiche sulla sospensione di reparti non essenziali rischiano di fare optare le imprese edili per una sospensione generalizzata immediata di tutte le attività con ricorso agli ammortizzatori sociali e conseguente danno a lungo termine sulle infrastrutture dell’intero sistema paese. In assenza di indicazioni dirette per tali settori, si rimanda all’analisi in seguito fornita in riferimento alle modalità di pianificazione e distribuzione della prestazione lavorativa disciplinata in particolare dall’art. 1 co. 7 lett. c, d, e del DPCM in commento.
Sul fronte della circolazione dei cittadini e dei lavoratori non vi sono particolari innovazioni rispetto al combinato disposto dei DPCM dell’8 e del 9 marzo scorso. Si segnala tuttavia che le prescrizioni dell’art. 1, co. 1, lett. a, del DPCM dell’8 marzo hanno destato numerosi interrogativi da parte dei cittadini, con particolare riferimento ai lavoratori e ai rispettivi datori di lavoro, anche a causa del repentino allargamento con DPCM 9 marzo delle regole applicative riservate da quello dell’8 marzo a una porzione contenuta del territorio nazionale (1 regione e 14 province) all’intera Italia.
In ordine alla giustificabilità dei movimenti all’interno del proprio comune di residenza, abitazione o domicilio, ad esempio, non risultano alla lettera prescrizioni che possano andare al di fuori della auto-certificazione richiedibile, anche estemporaneamente, dalle forze dell’ordine, e si ritiene sia sempre possibile potere uscire dalla propria abitazione per potere acquistare non solo generi alimentari ed essenziali, ma anche quotidiani e giornali (data l’apertura delle edicole disposta dall’ultimo DPCM), nonché generi di varia natura come le lampadine, dotazioni informatiche, televisive, articolo di igiene e profumeria, i cui rivenditori possono mantenere l’apertura (nel rispetto della distanza interpersonale fra gli avventori). In riferimento ai lavoratori in transito all’interno e all’esterno dei propri comuni, alla fine del presente documento si mette a disposizione un format di certificazione da parte del proprio di datore di lavoro, non previsto alla lettera dalle disposizioni vigenti, ma richiesto in alcune parti del territorio nazionale.
Le Faq pubblicate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Si riportano di seguito le domande e risposte diffuse il 10 marzo e aggiornate nella giornata dell’ll marzo dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
FAQ Decreto “Io Resto a Casa”
- Cosa si intende per “evitare ogni spostamento delle persone fisiche”? Ci sono dei divieti? Si può uscire per andare al lavoro? Chi è sottoposto alla misura della quarantena, si può spostare?
Si deve evitare di uscire di casa. Si può uscire per andare al lavoro o per ragioni di salute o per altre necessità, quali, per esempio, l’acquisto di beni essenziali. Si deve comunque essere in grado di provarlo, anche mediante autodichiarazione che potrà essere resa su moduli prestampati già in dotazione alle forze di polizia statali e locali. La veridicità delle autodichiarazioni sarà oggetto di controlli successivi e la non veridicità costituisce reato. È comunque consigliato lavorare a distanza, ove possibile, o prendere ferie o congedi. Senza una valida ragione, è richiesto e necessario restare a casa, per il bene di tutti. È previsto anche il “divieto assoluto” di uscire da casa per chi è sottoposto a quarantena o risulti positivo al virus.
- Se abito in un comune e lavoro in un altro, posso fare “avanti e indietro”?
Sì, è uno spostamento giustificato per esigenze lavorative.
- Ci sono limitazioni negli spostamenti per chi ha sintomi da infezione respiratoria e febbre superiore a 37,5?
In questo caso si raccomanda fortemente di rimanere a casa, contattare il proprio medico e limitare al massimo il contatto con altre persone.
- Cosa significa “comprovate esigenze lavorative”? I lavoratori autonomi come faranno a dimostrare le “comprovate esigenze lavorative”?
È sempre possibile uscire per andare al lavoro, anche se è consigliato lavorare a distanza, ove possibile, o prendere ferie o congedi. “Comprovate” significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al lavoro, anche tramite l’autodichiarazione vincolante di cui alla FAQ n. 1 o con ogni altro mezzo di prova, la cui non veridicità costituisce reato. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa. Sarà cura poi delle Autorità verificare la veridicità della dichiarazione resa con l’adozione delle conseguenti sanzioni in caso di false dichiarazioni.
- Come si devono comportare i transfrontalieri?
I transfrontalieri potranno entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa. Gli interessati potranno comprovare il motivo lavorativo dello spostamento con qualsiasi mezzo (vedi faq precedente).
- Ci saranno posti di blocco per controllare il rispetto della misura?
Ci saranno controlli. In presenza di regole uniformi sull’intero territorio nazionale, non ci saranno posti di blocco fissi per impedire alle persone di muoversi. La Polizia municipale e le forze di polizia, nell’ambito della loro ordinaria attività di controllo del territorio, vigileranno sull’osservanza delle regole.
- Chi si trova fuori dal proprio domicilio, abitazione o residenza potrà rientrarvi?
Sì, chiunque ha diritto a rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza, fermo restando che poi si potrà spostare solo per esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute.
- È possibile uscire per andare ad acquistare generi alimentari? I generi alimentari saranno sempre disponibili?
Sì, si potrà sempre uscire per acquistare generi alimentari e non c’è alcuna necessità di accaparrarseli ora perché saranno sempre disponibili.
- È consentito fare attività motoria?
Sì, l’attività motoria all’aperto è consentita purché non in gruppo.
- Si può uscire per acquistare beni diversi da quelli alimentari?
Si, ma solo in caso di stretta necessità (acquisto di beni necessari, come ad esempio le lampadine che si sono fulminate in casa).
- Posso andare ad assistere i miei cari anziani non autosufficienti?
Sì, è una condizione di necessità. Ricordate però che gli anziani sono le persone più vulnerabili e quindi cercate di proteggerle dai contatti il più possibile.
- L’accesso a parchi e giardini pubblici è consentito?
Sì, parchi e giardini pubblici possono restare aperti per garantire lo svolgimento di sport ed attività motorie all’aperto, come previsto dall’art. 1 comma 3 del DPCM, a patto che non in gruppo e che si rispetti la distanza interpersonale di un metro.
- Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli?
Sì, gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio.
Quadro sinottico delle disposizioni del DPCM 11 marzo 2020
Si sintetizza di seguito il quadro sinottico dei provvedimenti introdotti dal DPCM 11.3.2020 combinato coi provvedimenti dei precedenti 2 DPCM ad oggi in parte vigenti, nell’unica area nazionale “Italia Zona Protetta”, che producono i loro effetti dalla data del 12 marzo 2020 e sono efficaci fino al 25 marzo 2020.
ITALIA ZONA PROTETTA | |
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Spostamenti lavoratori dipendenti | Solo per comprovate esigenze lavorative (per le attività previste dal DPCM 11 marzo 2020) o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute, attestati mediante autodichiarazione rilasciata su moduli forniti alle forze di polizia; su alcuni territori viene richiesta una certificazione da parte del datore di lavoro (fornita in calce) |
Spostamento lavoratori autonomi | Solo per comprovate esigenze lavorative (per le attività previste dal DPCM 11 marzo 2020) o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute, attestati mediante autodichiarazione rilasciata su moduli forniti alle forze di polizia |
Spostamento delle merci | Considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci |
Attività produttive e professionali | Consentite, purché siano rispettate le raccomandazioni di cui all’art. 1 punti 7 e 8, del DPCM 11 marzo 2020 |
Attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione, di cui all’art. 1 punto 7 DPCM 11.03.2020 | Sospese |
Attività di ristorazione (tra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie e pasticcerie) | Sospese, ad esclusione delle mense e del catering continuativo di base contrattuale che garantiscano la distanza di sicurezza interpersonale di 1 metro |
Ristorazione con consegna a domicilio | Consentita esclusivamente nel rispetto delle norme igienico- sanitarie nell’ambito delle attività di confezionamento e di trasporto |
Esercizi di somministrazione di alimenti e bevande | Aperti se posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete stradale, autostradale e all’interno delle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacustri e negli ospedali (purché sia garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro) |
Attività commerciali al dettaglio | Sospese, ad eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 1 del DPCM 11 marzo 2020, sia nell’ambito di servizi commerciali di vicinato, sia nell’ambito delle media e grande distribuzione, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito alle predette attività e sempre nel rispetto della distanza interpersonale. |
Mercati | Chiusi, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari |
Edicole, tabaccai, farmacie, parafarmacie | Aperti, purché sia garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro |
Attività inerenti ai servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetisti etc.) | Sospese fatta eccezione per le attività elencate nell’allegato 2 al DPCM 11 marzo 2020 (lavanderia, anche industriale, tintorie, attività di pompe funebri e connesse) |
Aziende del trasporto pubblico locale, anche non di linea | Attive, ma il Presidente della Regione può predisporre la programmazione del servizio erogato, finalizzata alla riduzione e alla soppressione dei servizi, al fine di contenere l’emergenza sanitaria |
Servizi automobilistici interregionali e di trasporto ferroviario, aereo e marittimo | Attivi, ma il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, può disporre, al fine di contenere l’emergenza sanitaria, la programmazione finalizzata alla riduzione e alla soppressione dei servizi |
Servizi bancari, finanziari, assicurativi | Garantiti nel rispetto delle norme igienico-sanitarie |
Attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agroalimentare comprese le filiere che forniscono beni e servizi | Garantite nel rispetto delle norme igienico-sanitarie |
Modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti | Raccomandato il massimo utilizzo per tutte le attività non sospese, compatibili con tale modalità di resa della prestazione; assicurata dalle pubbliche amministrazioni in deroga ad accordi individuali e obblighi informativi |
Ferie, congedi retribuiti e strumenti della contrattazione collettiva | Utilizzo incentivato, in riferimento alle attività produttive ed alle attività professionali |
Le ulteriori disposizioni a supporto dell’utilizzo del lavoro agile e delle ferie
Il DPCM dell’11 marzo 2020 elegge il lavoro agile quale principale forma di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato nella gestione dell’emergenza Covid-19, dal momento che consente, ove applicabile, di mantenere la produttività aziendale e di tutelare il livello retributivo dei lavoratori (come sancito dall’art. 20 co. 1 della L. 81/2017 che ne statuisce l’invarianza retributiva rispetto ai lavoratori che svolgono la propria prestazione in sede) nella piena osservanza dei provvedimenti emanati in breve sequenza cronologica dall’esecutivo.
Il lavoro agile ricorre per ben tre volte nel tenore letterale del decreto entrato in vigore il 12 marzo.
La prima volta all’art. 1 co. 6 del DPCM, a proposito del pubblico impiego. Il decreto richiama dapprima l’ultravigente art. 1 co. 1 lett. e del DPCM emanato l’8 marzo 2020, il quale raccomanda la promozione, da parte dei datori di lavoro pubblici e privati, dell’utilizzo delle ferie e dei congedi ordinari durante il periodo di emergenza sanitaria in atto, richiamando indirettamente la possibilità (stabilita dall’art. 2109 del codice civile) da parte del datore di lavoro di determinare in modo unilaterale il godimento delle ferie da parte dei propri lavoratori subordinati. A valle di tale raccomandazione, il nuovo DPCM distingue le attività delle pubbliche amministrazioni in due macro categorie: nella prima vengono ricomprese tutte le attività (come quelle del Sistema Sanitario Nazionale) “strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza” che richiedono, per loro stessa natura, un espletamento dei servizi e delle prestazioni dei pubblici dipendenti nelle strutture pubbliche; nella seconda, tutte le restanti attività non coinvolte nella gestione dell’emergenza (ivi comprese, a titolo di esempio, quelle dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, dell’Agenzia delle Entrate, eccetera). Queste ultime pubbliche amministrazioni dovranno individuare le attività indifferibili che non potranno essere rese che in presenza e, per le restanti, “assicurare lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente”. In questi casi il ricorso al lavoro agile può avvenire “anche in deroga” agli accordi individuali e agli obblighi informativi previsti dalla L. 81/2017, così come le comunicazioni obbligatorie sul portale ministeriale Servizi.lavoro.gov.it, nonché la stessa informativa in materia di sicurezza (resa disponibile in formato telematico da INAIL sul proprio portale) da inviare al dipendente e ai relativi RLS. La deroga, riferita a tutti gli obblighi informativi degli articoli da 18 a 23 della norma del 2018, sembra includere anche le comunicazioni relative al potere di controllo e disciplinare. Si tratta di un ulteriore rafforzamento del ricorso al lavoro agile per ragioni emergenziali, considerato che nelle precedenti norme l’invito era formulato nella direzione di una possibile applicazione “anche in assenza”degli accordi che, adesso, anche se preesistenti, possono essere finanche pretermessi, unilateralmente, da parte della p.a., che anzi deve “assicurare” che ciò avvenga. Su tale specifico tema si ricorda come il Dipartimento di Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lo scorso 4 marzo 2020, con circolare n. 1, aveva ricordato come le amministrazioni potessero implementare modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura del lavoro agile con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro subordinato. La Circolare specificava poi che sarebbero state previste misure normative volte a garantire, mediante Consip S.p.A., l’acquisizione delle dotazioni informatiche necessarie alle pubbliche amministrazioni al fine di poter adottare le misure di lavoro agile per il proprio personale, di fatto concretizzate nell’art. 18 del D.L. 9/2018 che ha concesso procedure negoziate semplificate per dotare dei mezzi tecnologici necessarie le pubbliche amministrazioni.
Il lavoro agile si conferma anche nel settore privato poi misura principale per far fronte all’emergenza Coronavirus nella gestione del rapporto di lavoro, all’art. 1 co. 7 lett. a), in relazione alle attività produttive e professionali, espressamente escluse dalla sospensione, nonché al comma 10, che lo conferma quale sorta di principio generale, invitando al “massimo utilizzo” di questa modalità della prestazione di lavoro subordinato, “per tutte le attività non sospese”.
Il decreto amplia così significativamente il raggio d’azione che prima derivava dalla previsione dell’art. 2 co. 1 lett. r) del DPCM 8 marzo 2020 (ultrattiva anche nel DPCM del 9, entrato in vigore il 10 marzo scorso), che si limitava a disporre che il lavoro agile “potesse essere applicato” in modalità semplificata, senza accordo individuale, con un’unica comunicazione obbligatoria con file excel massivo e con invio telematico al dipendente e agli RLS della informativa sulla sicurezza ex art. 22 L. 81/2017 resa disponibile sul portale Inail, adempimenti già oggetto di analisi delle Circolari n. 5 e 6 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. La nuova previsione dell’art. 1 co. 7 lett. a) del DPCM 11 marzo 2020 raccomanda che “sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”. La norma in esame spinge i datori di lavoro del settore privato, analogamente a quanto previsto al comma precedente per le pubbliche amministrazioni, a verificare la potenziale compatibilità delle lavorazioni all’interno dei propri processi produttivi e di servizio con le peculiarità dello smart working, che consente di dare piena attuazione alla direttiva generale di rimanere nelle proprie case, anche per svolgere la prestazione lavorativa.
La formula adottata alla lett. a) del co. 1, con il riferimento al “proprio domicilio o in modalità a distanza”, pur non snaturando l’essenza del lavoro agile, che nelle intenzioni del legislatore del 2017 intendeva prevedere una
forma di lavoro subordinato con l’indifferenza del datore di lavoro rispetto al luogo di svolgimento, inserisce il richiamo iniziale al “proprio domicilio” evidentemente quale sintomo della preoccupazione del contenimento dello spostamento delle persone, obiettivo principale degli interventi che si stanno susseguendo così rapidamente. Circostanza che, accompagnata dalla alternativa della modalità a distanza, determina la preferenza “sanitaria”, ma non impedisce in modo assoluto soluzioni alternative, purché rispettose delle ulteriori prescrizioni. Rimane sempre vigente e di particolare attualità, la previsione di cui all’art. 22 co. 2 della Legge n. 81/2017 secondo cui il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali, evitando l’esposizione a qualsiasi rischio non necessario anche in riferimento all’emergenza epidemiologica in atto.
Tale inciso normativo non richiama nuovamente le modalità semplificate dell’art. 2 co. 1 lett. r) del DPCM dell’8 marzo scorso, ma senza tuttavia disporne l’abrogazione. Infatti, è di tutta evidenza che la precedente norma richiamata non appare in alcun modo in contrasto con l’ulteriore input di diffusione e semplificazione dello smart working operato dal DPCM dell’ll marzo e per questo ancora vigente (come previsto dall’art. 2 co. 2 del decreto stesso).
Va a latere notato come nessuna sanzione sia espressamente prevista per i datori di lavoro che scelgano di non applicare, anche in misura ridotta o alternata, il lavoro agile a favore dei propri dipendenti. D’altra parte, va altresì rilevato come la veemenza del testo normativo, anche alla luce delle disposizioni impartite alla pubblica amministrazione e delle molteplici iniziative di solidarietà digitale a contenimento dei costi IT, dovrà comunque spingere tutti i datori di lavoro a verificare, analizzando il proprio assetto organizzativo e i mezzi tecnologici a disposizione, la possibilità di implementare la prestazione di lavoro agile senza trascurare eventuali richieste o segnalazioni da parte dei lavoratori, con particolare riferimento alle categorie già destinatarie di diritto di priorità nell’assegnazione del lavoro agile o, ancora, di lavoratori immunodepressi o comunque con condizioni sanitarie di maggiore fragilità.
In ogni caso, pur in assenza di un esplicito apparato sanzionatorio in caso di mancata adozione del lavoro agile, peraltro tecnicamente poco praticabile, considerato che la norma a rigore non lo impone, ma lo “raccomanda” (art. 1, co. 7, lett. a) o “invita” all’utilizzo (art. 1, lett. 10), la decisa ed evidente presa di posizione del governo in tale direzione, consente di ritenere plausibile la sua pretendibilità anche da parte dei lavoratori qualora il difetto del ricorso al lavoro agile non appaia giustificato da ragioni organizzative o produttive oggettive, senza escludere la possibilità di una richiesta anche risarcitola, qualora l’alternativa si possa essere risolta in termini negativi della sfera giuridica ed economica dei lavorati interessati.
Tale lettura discende direttamente dall’applicazione del bilanciamento di interessi disposta dall’art. 41 della nostra Costituzione, il quale, se al c. 1 sancisce la libertà dell’iniziativa economica e la dell’imprenditore, al comma 2 ne comprime straordinariamente la libertà in tutte quelle occasioni in cui la propria azione possa anche solo potenzialmente “recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. In modo armonico rispetto a tale principio, l’articolo 2087 del codice civile impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro, potendo bene includere fra queste l’adozione, fortemente semplificata, del lavoro agile. Anche da parte dei lavoratori dipendenti, l’art. 20 del D.lgs. n. 81/2008 sancisce un obbligo a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone, colleghi e collaboratori.
In riferimento alle ferie, la lett. b dell’art. 1 co. 7 del DPCM in esame si propone di ampliare quanto già previsto dalle versioni previgenti. Se il DPCM dell’8 marzo disponeva infatti, all’art. 1, co. 1 lett. e) di “promuovere la fruizione dei periodi di congedo ordinario e di ferie”, la lett. b del co. 7 dell’art. 1 del presente DPCM dispone, per le stesse attività produttive e professionali sopra esaminate, di incentivare “le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva”. Rispetto alla più generale definizione di “congedi ordinari” apparsa nei precedenti decreti, il decreto spinge all’utilizzo di “congedi retribuiti”, richiamando le assenze indennizzate dal nostro ordinamento come il congedo straordinario per l’assistenza dei disabili, i permessi mensili e, ancora, il congedo parentale. L’elenco si arricchisce, accanto alle ferie e ai congedi, di tutti gli strumenti che la contrattazione collettiva (intesa nel senso più ampio già formulato dall’art. 51 del D.Lgs. 81/2015) può avere previsto o, ancora, prevedere all’occorrenza in questo regime emergenziale. Soprattutto nel caso di congedi richiedibili da parte del lavoratore, come quello dell’assistenza dei disabili, appare sottesa la logica di sensibilizzazione reciproca, da parte del datore così come del prestatore di lavoro, di arginare la sofferenza della organizzazione aziendale ricorrendo ad assenze indennizzate che non mortifichino, dall’altro lato, il potere reddituale del lavoratore stesso.
Altra raccomandazione destinata a ridurre gli spostamenti e la promiscuità delle persone è quella contenuta alla lettera c) del n. 7 dell’art. 1 co. 1, che per le attività produttive e per quelle professionali siano “sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione”. La scelta circa la indispensabilità dei reparti non può che ricadere in capo al datore di lavoro, sebbene il successivo n. 9) inviti a promuovere intese tra le organizzazioni sindacali a tali fini (limitatamente alle attività produttive), così come per la regolamentazione della limitazione “al massimo” degli spostamenti anche all’interno dei siti produttivi ed il contingentamento dell’accesso agli spazi comuni, raccomandato al n. 8).
Infine, quali regole generali, alla lettera d) del n. 7) co. 1 si inserisce la previsione circa l’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio, con l’individuazione della distanza di sicurezza interpersonale di un metro quale principale misura di contenimento e, nell’impossibilità di garantire tale misura, l’adozione di strumenti di protezione individuale. Alla lettera e), l’incentivazione di sanificazione dei luoghi di lavoro, “anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali”, col che, deve potersi dedurre, é introdotta, a prescindere dall’adozione delle nuove misure e deroghe in materia di ammortizzatori sociali, qui é comunque immediatamente inserita una causale specifica per la richiesta del ricorso, ad esempio alla CIG, quando giustificata dalla sanificazione dei luoghi di lavoro. Sul tema va altresì osservato che, in applicazione del D.L. 9/2020, l’istituto ha già adeguato il proprio portale telematico alle specifiche causali in esame (si riportano di seguito le schermate di richiesta della CIGO e di assegni ordinari); tuttavia, anche sulla base di specifico messaggio Hermes interno all’Istituto emanato in data 11.3.2020, si ritiene che le domande oggi presentabili secondo le modalità semplificare del D.L. 9/2020 siano riferite all’allegato 1 nella sua versione, pur se abrogata, disposta dal DPCM 1 marzo 2020. L’ambito territoriale in oggetto é stato ampliato a seguito dell’emanazione dei DPCM 8 marzo e 9 marzo 2020 che prevedono ulteriori disposizioni attuative del decreto legge 23 febbraio 2020 n. 6, ma esplicitamente ai soli fini del contenimento del contagio, ma tale ampliamento non riguarda le misure speciali di sostegno al reddito in favore di imprese e lavoratori. In attesa del decreto di riforma urgente degli ammortizzatori sociali le domande di CIGO, assegno ordinario e cassa in deroga, presentate da datori di lavoro al di fuori dei requisiti a oggi letteralmente previsti dall’art. 13-15. del D.L. 9/2020 potranno non avere buon esito.
Indicazioni specifiche saranno formulate, con Circolare apposita, in seguito all’emanazione del decreto legge già annunciato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro del Lavoro, dedicato agli ammortizzatori sociali e agli strumenti di supporto a lavoratori dipendenti e autonomi, nonché delle rispettive famiglie.
La sanificazione dei locali di lavoro richiama poi da vicino le misure di igiene, prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro del D.Lgs. 81/2008. Sul tema, in assenza di tempestive indicazioni a livello nazionale, si riporta tuttavia quanto disciplinato dalla Regione Veneto con documento redatto sulla base delle indicazioni dell’OMS finora diramate. Per i datori di lavoro non sanitari “non si ritiene giustificato l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi in relazione al rischio associato all’infezione da SARS- CoV-2 (se non in ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario, o comunque qualora il rischio biologico sia un rischio di natura professionale, già presente nel contesto espositivo dell’azienda)”, nel presupposto che il DVR abbia già preso in considerazione i normali protocolli igienici richiesti per evitare epidemie virali. La misura che si consiglia di adottare, invece, alla luce delle stringenti indicazioni del DPCM 11.3.2020, è l’apertura immediata di un comitato aziendale composto dal medico competente, management con particolare riferimento al Direttore delle Risorse Umane, da RLS e RSPP e dalle rappresentanze sindacali ove presenti, predisponendo un piano di intervento o una procedura per la gestione delle eventualità sopra esemplificate, adottando un approccio razionale e specifico nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione, basato sia sul singolo profilo del lavoratore sia sul contesto di esposizione.
Elenco delle attività di cui all’Allegato 1, DPCM 11.3.2020
COMMERCIO AL DETTAGLIO:
– Ipermercati
– Supermercati
– Discount di alimentari
– Minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimentari vari
– Commercio al dettaglio di prodotti surgelati
– Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici
– Commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacco in esercizi specializzati (codici ateco: 47.2)
– Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati
– Commercio al dettaglio apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (ICT) in esercizi specializzati (codice ateco: 47.4)
– Commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico
– Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari
– Commercio al dettaglio di articoli per l’illuminazione
– Commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici
– Farmacie
– Commercio al dettaglio in altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica
– Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati
– Commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale
– Commercio al dettaglio di piccoli animali domestici
– Commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia
– Commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento
– Commercio al dettaglio di saponi, detersivi, prodotti per la lucidatura e affini
– Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet
– Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato per televisione
– Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto per corrispondenza, radio, telefono
– Commercio effettuato per mezzo di distributori automatici
Elenco delle attività di cui all’Allegato 2, DPCM 11.3.2020
SERVIZI PER LA PERSONA:
– Lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia
– Attività delle lavanderie industriali
– Altre lavanderie, tintorie
– Servizi di pompe funebri e attività connesse
Certificazione per circolazione per comprovati motivi di lavoro
Carta intestata della società
DICHIARAZIONE PER SPOSTAMENTO PER COMPROVATI MOTIVI DI LAVORO
Il sottoscritto __________________, C. fiscale __________, rappresentante legale/procurato della Società __________________, con sede legale in ________________, comune di _______________(prov. ___), visti i DPCM dell’8 marzo 2020, del 9 marzo 2020 ed in particolare l’art.l, co.l, lett.a) del DPCM dell’8 marzo esteso all’intero nazionale dal 10 marzo, in cui si raccomanda di evitare ogni spostamento in entrata e in uscita, nonché all’interno dai territori della stessa nazione, salvo che per comprovate esigenze di lavoro, situazioni di necessità o di salute, nonché il DPCM dell’ll marzo 2020 contenenti ulteriori misure tese a combattere l’emergenza sanitaria in atto,
DICHIARA
che il sig/sig.ra ______________________, residente a __________________
comune ______________________(prov _________________), è un lavoratore dipendente della stessa con mansioni di _____________________________
Si specifica anche che l’espletamento di tali mansioni non è ritenuto altresì svolgibile in modalità o luoghi diversi che non siano la sede di lavoro aziendale.
Questi si trova pertanto nella necessità di recarsi quotidianamente, per esigenze lavorative, presso la sede aziendale sita in ______________________ comune _______________ (prov ______) dove sono assunti tutti i comportamenti e le prassi sanitarie utili per evitare la diffusione del contagio.
addì. _______
In fede _______________
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