CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 ottobre 2017, n. 23211
Comparto scuola – Successione di contratti a termine – Progressione stipendiale dei dipendenti di ruolo – Anzianità di servizio complessivamente maturata
Rilevato che
la Corte di Appello di Torino ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca avverso la sentenza del giudice di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto il diritto di C.S. – assunta come docente con una successione di contratti a termine – alla medesima progressione stipendiale spettante ai dipendenti di ruolo secondo la contrattazione collettiva nazionale in base all’anzianità di servizio complessivamente maturata, con conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle relative differenze retributive;
per la cassazione di tale decisione il Ministero propone ricorso con unico motivo, cui resiste la Speranza con controricorso; è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
Ritenuto che
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata; la sentenza impugnata si fonda sul principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento con il d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (in particolare: art. 6), richiamando i pertinenti precedenti della Corte di giustizia dell’Unione europea ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato;
con l’unico articolato motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 106, dell’art. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124, dell’art. 526 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 nonché violazione della direttiva 99/70/CE, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., sul rilievo che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicché agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal d.lgs. n. 368 del 2001 e sussistono dunque “ragioni oggettive” idonee a giustificare il diverso trattamento economico, considerato che il ricorso ai contratti a termine per il reclutamento del personale scolastico risponde ad esigenze obiettive di gestione del rapporto di lavoro; il motivo non è fondato;
come già affermato da questa Corte (Cass. 07/11/2016, n. 22558; Cass. 23/11/2016, n. 23868; Cass. 29/12/2016, n. 27387; Cass. 05/01/2017, n. 165, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in quanto del tutto condivise), «La clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dal CCNL succedutisi nel tempo. Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato»;
pertanto, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte, né il motivo di ricorso prospetta argomenti che possano indurre a disattendere l’orientamento ormai consolidato sul punto;
pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.; la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e dalla Corte di legittimità soltanto dopo il deposito del ricorso, giustificano la compensazione delle spese del giudizio; non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato l’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 14/03/2014, n. 5955; Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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