CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2017, n. 20809
Accertamento – Credito d’imposta per nuovi investimenti in aree svantaggiate – Realizzazione limiti minimi di investimento – Ritardo non imputabile
Esposizione dei fatti di causa
1. L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società N.M.I. (…) s.r.l. un avviso di recupero di credito di imposta concesso a norma dell’art. 8 legge 388 del 2000 di cui aveva usufruito per gli anni di imposta 2002 e 2003. In particolare, e per quanto qui ancora interessa, l’avviso di recupero concerneva l’inapplicabilità della agevolazione relativamente alla realizzazione di un capannone commissionato alla Z. s.r.l. che non era stato rinvenuto. Contro l’avviso di recupero il fallimento della società N.M.I. (…) s.r.l. proponeva ricorso alla commissione tributaria provinciale di Palermo che lo accoglieva sul rilievo che il capannone non era stato realizzato a causa di un ritardo non dipendente dalla volontà della società contribuente poiché l’area era stata sottoposta a sequestro conservativo ed il termine di realizzazione dell’intervento poteva essere prorogato fermo restando il termine finale del 31.12.2016, come previsto dalla risoluzione n. 53/E del 3.5.2005 dell’agenzia delle entrate.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a due motivi. Il fallimento della società N.M.I. (…) s.r.l. si è costituito in giudizio con controricorso. Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte a norma dell’art. 380 bis. 1 cod. proc. civ..
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 8 della legge 388/2000 ed agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR ha errato nell’affermare che il termine di realizzazione dell’intervento poteva essere prorogato, qualora il ritardo dipendesse da cause indipendenti dalla volontà del contribuente, fermo restando il termine finale del 31.12.2016, poiché l’agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 53/E del 3.5.2005, aveva previsto come termine finale per la realizzazione delle opere il 31.12.2006 e la costruzione, nel caso che occupa, non aveva avuto luogo prima a causa del sequestro dell’area e poi per il fallimento della contribuente dichiarato il 7.2.2006.
4. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., poiché la CTR non ha considerato che il capannone industriale non è mai stato realizzato.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la corte che entrambi i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. L’art. 8, comma 1, della legge n. 388/2000 prevede che l’agevolazione per i titolari di reddito di impresa che effettuano investimenti in aree svantaggiate spetta purché gli investimenti siano effettuati a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31.12.2000 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31.12.2006. La risoluzione n. 53/E del 3.5.2005 dell’agenzia delle entrate, esplicativa della norma di legge, ha si previsto che i contribuenti, i quali avessero registrato un ritardo nell’avvio o nella realizzazione dell’investimento a causa dei tempi connessi con l’espletamento delle procedure amministrative, non incorrevano nella decadenza dal beneficio ma ha previsto, altresì, che restava ferma, in ogni caso, la necessità di rispettare, a pena di decadenza dal beneficio, il termine finale di realizzazione dell’investimento e di utilizzo del credito, fissato al 31 dicembre 2006, data in cui cessavano definitivamente gli effetti della disciplina agevolativa in questione.
Ne deriva che nel caso che occupa, ove l’intervento edilizio non ha avuto luogo entro il termine del 31.12.2006, l’agevolazione non spetta.
2. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per il dispiegarsi delle vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi euro 6.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
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