CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 ottobre 2020, n. 22174
Tributi – Credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate – Art. 8 della Legge n. 388 del 2000 – Investimenti agevolabili – Immobili – Condizioni
Fatti della causa
1. L’Agenzia delle Entrate notificava alla srl S.&P. provvedimento di recupero di agevolazioni ex art. 8 della l. 23 dicembre 2000, n. 388, fruite dalla società in riferimento all’acquisto, alla ristrutturazione e, in alcuni casi, alla trasformazione in uffici, di immobili in Comune di Iglesias e in Comune di Quartu Sant’Elena, che l’Agenzia sosteneva essere stati dalla società locati a terzi. La società impugnava l’avviso di fronte alla commissione tributaria regionale di Cagliari e, rimasta soccombente, proponeva appello alla commissione tributaria regionale della Sardegna. Quest’ultima, con sentenza n.102 in data 4 ottobre 2013, riteneva che, in forza dell’art.7, comma 1bis, d.l 30 settembre 2005, n. 203 convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, presupposti dell’agevolazione sussistessero per gli immobili in Comune d Iglesias e non sussistessero per gli immobili in Quartu Sant’Elena. La commissione, preliminarmente, dichiarava infondata l’eccezione sollevata dall’Agenzia secondo cui la società S.&P., solo in appello, contravvenendo all’art.57 d.lgs.546/92, aveva dedotto di non aver ceduto in locazione i locali (gli appartamenti) ad uso ufficio ma di averli sempre gestiti in proprio tramite contratti di “office residence”. Con riguardo agli immobili di Iglesias – due locali commerciali e due uffici inserita nel “Centro Commerciale naturale Centro Città” -, affermava che l’espressione, usata dall’art.7cit., di “complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale”, doveva essere interpretata “in senso più estensivo” così da comprendere, cioè, “strutture” in cui i locali erano “accomunati in uno spazio ben circoscritto, [che] accomunano sinergie di scopo sfruttando fattori comuni e operando con comuni finalità per fornire servizi che un centro commerciale offre così come nelle ipotesi delle Città Mercato, con manifestazioni comuni, eventi comuni, servizi comuni che agevolano fa clientela e promuovono una comune finalità di vendita e servizi affermava che detti immobili erano “strumentali per natura” dovendo tale caratteristica essere loro riconosciuta “in quanto determinata sulla base delle risultanze catastali… sin dall’origine … C/1 e A/10”; aggiungeva infine doversi ritenere irrilevante che gli immobili fossero stati locati separatamente essendo rilevante invece che fosse stata mantenuta per tutti la destinazione allo svolgimento ad attività d’impresa ai sensi dell’art.55 TUIR. Con riguardo agli immobili in Quartu Sant’Elena -un locale a destinazione commerciale e due appartamenti- la commissione diceva trattarsi di immobili che, in ragione della categoria catastale, erano da qualificarsi come strumentali per destinazione e non per natura e relativamente ai quali “manca del tutto il concetto di “complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale” in quanto non è stato provato nessun elemento che possa caratterizzare tale situazione … non si riscontrano fatti e circostanze dove si rilevino fattori comuni e comuni finalità, rilevabili da pattuizioni o situazioni di fatto, derivanti da una volontà ben precisa per creare sinergie di scopo con manifestazioni comuni, eventi comuni, servizi comuni, che agevolano la clientela e promuovono una comune finalità di vendita e servizi … non rilevando la semplice casualità di trovarsi in un determinato spazio circoscritto (centro storico), perché essa possa determinare, con la vicinanza di attività commerciali, il nascere automatico di un complesso immobiliare unitario polifunzionale, anche se per pubblicità o motivazioni di politica comunale alla zona venga dato il nome di “Centro Commerciale Naturale””.
2. Contro la sentenza hanno proposto ricorso sia, per prima, l’Agenzia delle Entrate sia, successivamente, la contribuente.
Motivi della decisione
1. “L’impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti d’impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti” (Cass. n. 26723 del 13/12/2011). Il ricorso dell’Agenzia è il principale; il ricorso della contribuente, validamente ed autonomamente proposto dopo che il primo ricorso sia stato già notificato, si converte, riunito a questo (art.335 c.p.c.), in ricorso incidentale.
2. Il ricorso principale è indirizzato a quanto la commissione ha affermato rispetto agli immobili di Iglesias ed è articolato su due motivi. Con il primo, l’Agenzia lamenta falsa applicazione dell’art.57 del d.lgs. 546/92, sostenendo che la commissione ha errato nel ritenere proposta già nel ricorso originario e dunque senz’altro ammissibile in appello, l’eccezione della contribuente secondo cui gli appartamenti non sarebbero stati locati a terzi ma gestiti direttamente tramite contratti c.d. di “office residence”; con il secondo motivo, l’Agenzia lamenta falsa applicazione dell’art.8 comma 7,legge 23 dicembre 2000, n.388, e dell’art.7, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2005, n.203. convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n.248, sostenendo che la commissione ha errato nel ritenere sussistenti i presupposti applicativi dell’art.7, posto che, da un lato, l’appartamento non era stato accatastato in categoria A/10 fino dall’origine (come si legge nella sentenza) bensì solo “successivamente alla richiesta dell’agevolazione avvenuta in data 2/2/2004 ed alla ultimazione dello stesso investimento avvenuta il 20/12/2006”, dall’altro lato, gli immobili non potevano dirsi un “complesso immobiliare unitario polifunzionale” in quanto “le attività svolte[vi] non erano legate da alcun vincolo funzionale e non era riscontrabile tra esse alcuna sinergia di scopo o convenienza economica”.
3. La società S.&P. propone, con riguardo a quanto la commissione ha affermato rispetto agli immobili di Quartu Sant’Elena, cinque motivi di ricorso. Con il primo, la società lamenta falsa applicazione dell’art.8 commi 1,2 3 7, legge 23 dicembre 2000, n.388, e dell’art.7, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2005, n.203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, per avere la commissione inquadrato la fattispecie sub art.7 “prescindendo del tutto dalla circostanza che i suddetti immobili fossero o meno locati a terzi ancorché la società avesse fatto presente” che l’unità “a/ primo piano” era stata “utilizzata ad attività di office residence, … attività [che] consiste nella messa a disposizione della clientela di locali attrezzati con il supporto di una serie di servizi che vanno dal servizio di pulizia, custodia e manutenzione dell’ufficio, al servizio di segreteria e di assistenza al processo gestionale”. Con il secondo motivo di ricorso, la società lamenta falsa applicazione dell’art.8, commi 1, 2, 3 e 7, della legge 23 dicembre 2000, n.388, e dell’art.7, comma 1-bis, del d.l. 30 settembre 2005, n.203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, per avere la commissione erroneamente affermato che gli immobili erano strumentali per destinazione e non per natura. Con il terzo motivo di ricorso, la società lamenta falsa applicazione dell’art.8 commi 1,2, 3 e 7, della legge 23 dicembre 2000,n.388, e dell’art.7, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2005,n.203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n.248, per avere la commissione affermato che gli immobili non costituiscono un complesso unitario polifunzionale quando invece avrebbe dovuto affermare il contrario visto che gli immobili facevano parte di un “centro commerciale naturale”, per tale intendendosi, ai sensi dell’art. 1 della I.regionale della Sardegna 18 maggio 2006, n.5, un “insieme di attività commerciali, artigianali e di servizi che svolgono attività integrate secondo un indirizzo comune e sono individuati giuridicamente nella forma del consorzio o dell’associazione”. Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso, la società lamenta che la commissione abbia omesso di pronunciare (quarto motivo) o di dare spiegazione della decisione presa (quinto motivo) riguardo alla circostanza, dedotta da essa ricorrente, che l’immobile oggetto dell’investimento in Quartu Sant’ Elena, menzionato anche nel primo motivo, non era stato locato a terzi bensì direttamente utilizzato per attività di “office-residence”.
4. Merita ricordare il quadro normativo di riferimento. Ai sensi del comma 1 dell’art.8,comma 1, l. 388/2000, ai soggetti titolari di reddito d’impresa, esclusi gli enti non commerciali, che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006, effettuassero nuovi investimenti -come definiti nel successivo comma 2- nelle aree territoriali “svantaggiate”, era attribuito un credito d’imposta; ai sensi del secondo periodo del comma 7 del medesimo articolo 8, “se entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti”; in base all’art.7, comma Ibis, d.l. 30 settembre 2005,n.203 convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, “La disposizione di cui aI secondo periodo del comma 7 dell’articolo 8 della legge 23 dicembre 2000, n.388, si interpreta nel senso che gli immobili strumentali per natura, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui ai decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,n. 917, i quali costituiscono un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale, qualora siano locati a terzi, non si intendono destinati a struttura produttiva diversa, a condizione che gli stessi vengano destinati allo svolgimento di attività d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del citato testo unico”.
4. Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate è inammissibile in quanto si dirige contro una affermazione che non costituisce la ratio della decisione impugnata. Un’affermazione, anzi, non solo incidentale ma contraria alla ratio. La commissione ha espressamente affermato che “l’intera vertenza deve essere incentrata sulla questione nodale che consiste nell’accertare se gli immobili oggetto di agevolazione fanno parte di un complesso immobiliare unitario polifunzionale”. Con il che la commissione ha fatto riferimento al citato art.7, d.l.203/2005, il quale ha per presupposto la locazione degli immobili a terzi (e quindi la loro utilizzazione diretta da parte non del fruitore delle agevolazioni ma di terzi).
5. Il secondo motivo è fondato. Questa Corte ha sottolineato che “è sotteso alla agevolazione di cui all’art. 8 l. 388/2000, che i beni acquistati vengano utilizzati dall’acquirente ammesso al regime di favore, ed all’interno della sua struttura produttiva operante in area svantaggiata” (Cass. 13422/2016) ed “il co. 7 dell’art.8 cit. ha natura antielusiva, volta ad evitare l’immissione solo temporanea dei beni nell’impresa all’unico fine di fruire dell’agevolazione, con loro successiva destinazione (nell’arco temporale preso a riferimento dalla legge) ad una diversa struttura produttiva” (Cass. 20411/14). L’art.7, comma 1-bis, del d.l. 203/2005, convertito dalla l. 248/2005, è norma che esclude la possibilità di recupero di crediti che, in sua assenza, sarebbero recuperabili ai sensi della suddetta norma antielusiva. L’art. 7 è dunque, negli effetti, una norma, in senso lato, agevolativa. Vale per essa il principio costantemente affermato da questa Corte, per cui deve essere esclusa l’interpretazione analogica o estensiva delle norme agevolative in quanto norme che fanno eccezione al regime impositivo ordinario. La commissione ha ritenuto che gli immobili in Iglesias fossero “un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale”, solo perché essi erano inseriti in un centro commerciale. E ciò sulla base di una interpretazione dichiaratamente “in senso più estensivo” del concetto di complesso unitario polifunzionale. Tale interpretazione, contrastante con il principio sopra ricordato, non è ammessa. L’art.7, parlando di immobili che “costituiscono un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale” e non di immobili posti all’interno di un complesso immobiliare polifunzionale, in tanto avrebbe potuto essere applicato nel caso di specie in quanto gli specifici immobili della società P.&I. fossero stati tra loro legati da un vincolo funzionale ossia se fossero stati destinati a finalità diverse ma connesse. Il che non solo non è mai stato accertato ma neppure risulta essere mai stato dedotto e, conseguentemente, neppure essere stato oggetto di dimostrazione da parte della società (che dell’allegazione e, come specificato da Cass. 13422/2016- della prova era onerata). Né rileva che tale centro commerciale fosse un “centro commerciale naturale” ai sensi della l. reg. Sardegna 5/2006. La legge regionale, recante la “disciplina dell’esercizio dell’attività commerciale ne1 territorio della Sardegna”, all’art. 1 stabiliva che era tra le finalità della legge medesima quella (di cui alla lettera g) di “favorire la nascita di centri commerciali naturali, intesi come insieme di attività commerciali, artigianali e di servizi, di cui all’articolo 36, che svolgono attività integrate secondo un indirizzo comune e sono individuati giuridicamente nelle forme del consorzio o dell’associazione; possono aderire alla formazione dei centri commerciali naturali H comune, gli enti pubblici e privati e le associazioni di categoria; il centro commerciale naturale ha la finalità di valorizzare e riqualificare il commercio nelle aree urbane in armonia con il contesto culturale, sociale, architettonico, con particolare riferimento al rilancio economico-sociale dei centri storici”. La legge regionale sul commercio e la legge statale tributaria hanno ambiti e finalità evidentemente diversi, sicché il requisito dell’integrazione di attività secondo un indirizzo comune richiesto per 1 l’inserimento in un simile centro commerciale non è di per sé significativo per il riconoscimento delle caratteristiche di “complesso immobiliare polifunzionale” ai sensi del citato art.7.
6. Per quanto concerne il ricorso incidentale valgono le seguenti considerazioni.
Il primo motivo ed il quarto e quinto motivo che, al di là dei riferimenti normativi delle rispettive rubriche, veicolano doglianze identiche a quella veicolata con il primo, sono fondati. La società ha, fino dal ricorso introduttivo (come evidenziato nel ricorso per cassazione, pagina 17 ss.), sostenuto di non aver mai dato in locazione a terzi l’unità posta “al primo piano” dell’immobile oggetto dell’investimento in Quartu Sant’Elena, e di avere invece sempre mantenuto la gestione diretta di tale unità utilizzandola, mediante contratti denominati di “temporary shop and office”, per la propria “attività di office- residence” consistente nel mettere detta unità a disposizione di imprese-clienti con “fornitura di servizi quali quelli di segreteria, di assistenza gestionale, manutenzione, custodia e pulizia locali”. La commissione ha trascurato di esaminare il contenuto concreto di tale forma di gestione e di verificare se, in base al principio di prevalenza causale, detti contratti fossero o non riconducibili allo schema della locazione. Ha così trascurato di verificare, per la indicata unità, la sussistenza dei presupposti applicativi del comma 7, dell’art.8 della l. 388/2000; sussistenza che, se verificata, precluderebbe l’applicazione dell’art.7, comma 1-bis, del d.l. 203/2005.
7. Il secondo e il terzo motivo di ricorso che, strettamente connessi, possono essere esaminati in modo congiunto, sono infondati. Ai fini dell’applicazione dell’art.7, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2005, n.203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e quindi della persistenza del diritto al credito di imposta di cui all’art.8 commi 1, legge 23 dicembre 2000, n.388 nonostante la locazione degli immobili a terzi, è richiesto che detti immobili oltre ad essere strumentali per natura (sul concetto di strumentalità si vedano, con specifico riguardo all’art.8, l. 388/2000, Cass. 18072/2016, Cass. 28535/2013, nonché, in termini generali, tra molte Cass. 33522/2018; Cass. 29469/2008 e Cass. 12999/2007), costituiscano “un complesso unitario polifunzionale”. La commissione ha escluso la ricorrenza del primo presupposto quanto alle unità immobiliari denominate “appartamenti” e del secondo presupposto quanto a tutte le unità immobiliari (appartamenti e locale commerciale). Per ragioni di economia si osserva che il terzo motivo, con cui la sentenza impugnata viene censurata per avere la commissione escluso questo secondo presupposto sul rilievo che non era stato provato che tra gli immobili in questione vi fossero “fattori comuni e comuni finalità, rilevabili da pattuizioni o situazioni di fatto, derivanti da una volontà ben precisa per create sinergie dì scopo con manifestazioni comuni, eventi comuni, servizi comuni, che agevolano la clientela e promuovono una comune finalità di vendita e servizi … non rilevando la semplice casualità di trovarsi in un determinato spazio circoscritto (centro storico), perché essa possa determinare, con la vicinanza di attività commerciali, il nascere automatico di un complesso immobiliare unitario polifunzionale, anche se per pubblicità o motivazioni di politica comunale alla zona venga dato il nome di “Centro Commerciale Naturale”, è infondato. La censura si basa sull’assunto che la sussistenza del presupposto in parola avrebbe dovuto essere ritenuta per certa in ragione della circostanza che i tre immobili facevano parte di un “centro commerciale naturale” come definito ai sensi della I.regionale della Sardegna 18 maggio 2006, n. 5, art. 1.
Al superiore punto 5 si è già dato conto della infondatezza dell’assunto.
8. A conclusione dell’esame dei ricorsi, risultano da accogliere il secondo motivo del ricorso principale, il primo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale; deve essere dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale; sono da rigettare il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale. In relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non vi sono accertamenti in fatto da svolgere ed è possibile pronunciare nel merito con rigetto dell’iniziale ricorso della contribuente, non sussistendo i presupposti perché la stessa possa fruire dell’agevolazione di cui all’art. 8, I. n. 388 del 2000 -e conseguentemente essendo legittimo il recupero dell’ordinaria imposizione-, riguardo all’investimento concernente sia gli immobili siti in Iglesias sia quelli siti in Quartu S. Elena, con esclusione, quanto a questi ultimi, della sola unità posta “al primo piano”, oggetto del contratto denominato “prestazioni di office-residence”. In relazione all’investimento concernente tale immobile è necessario invece rinviare alla commissione tributaria della Sardegna, per nuovo esame.
9. Il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso principale;
accoglie il primo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale;
dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale;
rigetta il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale;
in relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata;
decidendo nel merito, rigetta l’iniziale ricorso della contribuente, con esclusione dell’agevolazione richiesta per l’immobile di cui in motivazione, in relazione alla cui spettanza rinvia la causa alla commissione tributaria regionale della Sardegna per nuovo esame;
rimette al giudice di rinvio anche la liquidazione delle spese dell’intero giudizio.
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