CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 dicembre 2017, n. 31223
Tributi – Irpef – Eventi sismici – Rimborso
Rilevato che
1. Con la sentenza impugnata la CTR sicula rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Catania che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso il diniego tacito opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90% delle imposte IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dalla contribuente, residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della legge n. 289 del 2002, art. 9, comma 17.
1.1. Rilevava il giudice di appello, sulla scorta dello jus superveniens (costituito dalla legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665) e dell’orientamento espresso da questa Corte nella ordinanza n. 10242 del 2013, in tema di decorrenza del termine per presentare la relativa istanza, la sussistenza sub specie dei presupposti per il rimborso al contribuente delle maggiori imposte versate.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con due motivi l’Agenzia delle entrate e la contribuente replica con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) risulta regolarmente costituito il contraddittorio, a seguito del quale l’Agenzia ricorrente ha depositato memorie con richiesta di rimessione della causa alla pubblica udienza della Quinta Sezione civile cui demandare la verifica di applicabilità al caso di specie (e ad altri numerosi ricorsi pendenti su analoga questione) dello ius superveniens rappresentato dall’art. 16-octies, comma 1, della legge n. 123 del 2017, di conversione con modifiche del d.l. n. 91 del 2017.
4. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della legge n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e della legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel ritenere spettante alla contribuente il rimborso delle ritenute operate dal datore di lavoro della medesima, in quanto dalla ratio dell’intervento legislativo, siccome evidenziato dalle risoluzioni dell’amministrazione finanziaria n. 23/E del 2005 e n. 247/E del 2008, il predetto rimborso spettava in via esclusiva al sostituto d’imposta che aveva assolto gli obblighi tributari.
2. Il motivo è palesemente infondato alla stregua dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (che muove da Cass. Sez. U., n. 15031 e n. 15032 del 2009) secondo cui «in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (c.d. “sostituito”)» (Cass. 16105/2015; cfr. Cass. n. 14911/2007, n. 5653/2014, n. 23142/2017), «rimanendo quest’ultimo, comunque, il contribuente/debitore principale e come tale beneficiario diretto del provvedimento agevolativo di che trattasi» (Cass. n. 17472 e n. 17473 del 2017), al riguardo dovendosi escludere il diverso, ma non vincolante, parere contenuto nelle circolari dell’Amministrazione.
2.1. Va, quindi, ribadito il principio che il lavoratore, che si identifica con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta.
2.2. Principio che ha recentemente trovato l’avallo del Legislatore che con l’art. 16-octies, comma 1, lett. b), della legge n. 123 del 2017, di conversione con modifiche del d.l. n. 91 del 2017, ha modificato l’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014 specificando espressamente che tra «i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, […], che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni» e che «hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, […] al rimborso di quanto indebitamente versato», sono «compresi i titolari di redditi di lavoro dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite». E nel senso dell’effettiva spettanza del rimborso ai lavoratori dipendenti si è espressa anche l’Agenzia delle entrate nel provvedimento direttoriale prot. n. 195405/2017 del 26/09/2017, emesso ai sensi del terzo periodo del novellato comma 665 dell’art. 1 legge 190/2014, che prevede che «Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre 2017, sono stabilite le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma».
2.3. Al riguardo va rilevato che, invariata la previsione del limite di spesa fissato nella misura «pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017» , la novella introdotta dalla legge n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, si è limitata a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati «nei limiti della spesa autorizzata dal presente comma» (primo periodo del comma 665 modificato dalla lettera a) del citato art. 16-ocities, comma 1), ovvero nei limiti dei suddetti 90 milioni di euro complessivi per il triennio 2015-2017, stabilendo che «in relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute» e che «a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi» (quinto periodo del comma 665 come introdotto dalla lettera b) del citato art. 16-ocities, comma 1), demandando al direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione di un provvedimento (quello indicato al precedente punto 2.2) che stabilisca «le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma», in precedenza riservando il citato comma 665 al Ministro dell’economia e delle finanze l’emanazione di un «decreto» con cui stabilire «i criteri di assegnazione dei predetti fondi».
2.4. Orbene, ritiene il Collegio che il delineato jus superveniens, attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sulla questione, della quale è investita la corte con il ricorso in esame, del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è il controricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza. Inoltre, costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (es. tra le tante Cassazione civile, sez. trib., 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA). Il che rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali 1 principi di diritto già consolidatamente enunciati in materia da questa Corte e, dunque, “decidibile” l’odierno ricorso con rito camerale a mente degli artt. 375 e 380-bis cod. proc. civ., senza la necessità della celebrazione della pubblica udienza, pur sollecitata dalla difesa erariale.
3. Il secondo motivo, con cui la ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., nonché 36, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 546 del 1992, lamenta l’omessa pronuncia della CTR sul motivo di appello dedotto con riferimento alla medesima questione posta con il primo motivo (ovvero la spettanza del rimborso IRPEF al sostituto d’imposta piuttosto che al sostituito), va rigettato in applicazione dell’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale «alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata», come si è detto esaminando il primo motivo di ricorso, «di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che [come nel caso di specie] non richiede ulteriori accertamenti di fatto» (Cass. n. 16171 del 2017; n. 2313 del 2010).
4. Conclusivamente, quindi, i motivi di ricorso vanno rigettati con compensazione delle spese processuali per l’incidenza sulla decisione di orientamenti giurisprudenziali sopravvenuti al ricorso.
5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta i motivi di ricorso e compensa le spese processuali.
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